16 Dicembre

16 dicembre 2013

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Che per seimila anni, e nessuno sa per quanti milioni di secoli prima, le grandi balene abbiano continuato a sfiatare su tutto il mare e a spruzzare e vaporare i giardini dell’abisso come tanti annaffiatoi e vaporizzatori, e che per qualche secolo passato migliaia di cacciatori siano stati vicinissimi alla fontana della balena a osservarne gli spruzzi e le sfiatate:  che tutto questo sia avvenuto e, intanto, fino a questo benedetto minuto (l’una e quindici primi e un quarto di secondi pomeridiani del 16 dicembre, A. D. 1851) permanga ancora un mistero se queste sfiatate sono, dopo tutto, davvero acqua o nulla più che vapore, è certo una cosa notevole

Herman Melville, Moby Dick o la Balena, 1851, tr. it. C. Pavese, ed. cons. Adelphi, 1994, p. 395

La lotta ingaggiata dal capitano Achab con la balena bianca, che gli ha strappato una gamba, è una resa dei conti fra titani: da una parte il baleniere mutilato, dall’altra un enorme cetaceo, Moby Dick, dalla forza formidabile. Tutto quello che riguarda le balene è epico, nel racconto che di questa lotta fa il marinaio Ismaele, imbarcato sulla baleniera di Achab, il Pequod. Le lance, gli attrezzi, gli uomini, i rituali della caccia, le leggende. Capitolo dopo capitolo, Ismaele illustra le abitudini e il carattere dei branchi e descrive il grande corpo dell’animale in tutti i dettagli. La fontana,  cioè  lo spruzzo che i cetacei emettono dallo “sfiatatoio” in cima alla testa, è l’oggetto di questa pagina. Siamo introdotti nell’apparato respiratorio della balena, nelle credenze dei marinai che temono il contatto con la “sfiatata”, nell’immagine dell’animale che “naviga solenne in un calmo mare tropicale, col capo enorme e dolce sovrastato da un baldacchino di vapori, originati dalle sue contemplazioni inesprimibili”. È un 16 dicembre, mentre Ismaele riflette sulla sfiatata delle balene ed era dicembre anche all’inizio della narrazione, quando lo stesso Ismaele aveva trovato alloggio allo “Spouter-Inn”, la Locanda dello Sfiatatoio.  

Dicono del libro
“Il primo capitolo di Moby Dick comincia con una dichiarazione non umana, ma angelica. Call me Ishmael: chiamatemi Ismaele, non già mi chiamo Ismaele. Non ha importanza il nome del protagonista narratore, ma ciò che egli simboleggia. Ismaele è l’uomo che si sa dotato di una superiorità non riconosciuta dal mondo: il primogenito di Abramo è un bastardo cacciato nel deserto, fra altri reietti; là impara a sopravvivere a questa morte, in perfetta solitudine, indurito contro le avversità”. Élemire Zolla

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Adelphi, op. cit)

Altre storie che accadono oggi

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“… sposata il 16 dicembre 1810 con Charles, figlio ed erede di Charles Musgrove…”
Jane Austen, Persuasione

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“… Chi, in quella grigia mattina del 16 dicembre 19.., si fosse introdotto furtivamente, e a proprio rischio e pericolo, nella camera in cui si svolge la scena…”
Achille Campanile, Se la luna mi porta fortuna

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“… Il 16 dicembre cominciavano per tradizione i preparativi per le feste di Natale, si chiudevano i conti colonici…”
Paolo Volponi, Il sipario ducale

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“… Mi chiamo Jason Taverner – disse all’impiegato. – Sono nato a Chicago, al Memorial Hospital, il 16 dicembre 1946…”
Philip K. Dick, Scorrete lacrime, disse il poliziotto

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“… Perché dovevo  dirlo. Almeno una volta. Anche al nulla. Era il 16 dicembre. Il freddo mi congelava le ossa…”
Jean-Claude Izzo, Solea

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“… Giornate così, dal tredici dicembre a questo venerdì sedici, piene di strani gerundi…”

Matteo Cellini, Cate, io (segnalazione di Feedbooks Italia)

pittura

“Le date… più passa il tempo e più divengono belle”
Alighiero Boetti (nato il 16 dicembre 1940)

15 Dicembre

15 dicembre 2013

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Il 15 dicembre era il centesimo compleanno del decano. Le sue figliole avevano lungamente atteso quel giorno, e avevano sempre desiderato festeggiarlo come se il loro caro padre fosse ancora tra i suoi discepoli. […] 
Grandi fiocchi di neve cadevano fitti, e i solchi lasciati dalla slitta erano rapidamente cancellati. Il generale Loewenhielm sedeva impassibile a fianco di sua zia, col mento affondato nell’alto bavero di pelliccia del pastrano. Quando il folletto dai capelli rossi ch’era al servizio di Babette aprì la porta della stanza da pranzo, e gli ospiti ne varcarono la soglia lentamente, questi non si tennero più per mano e rimasero in silenzio. Ma era un dolce silenzio, perché in ispirito essi si tenevano ancora per mano, cantando. Babette aveva messo una fila di candele in mezzo alla tavola, e quelle fiammelle brillavano contro le giacche e le vesti nere, e contro l’unica uniforme scarlatta, e si riflettevano nei chiari occhi umidi

Karen Blixen, Il pranzo di Babette, 1958, tr. it. P. Ojetti, in Capricci del destino, Feltrinelli 1984, p.22, 34

Arrivata a casa delle sorelle Martina e Filippa nel 1871, dopo i fatti della Comune di Parigi, la cuoca francese Babette Hersant è al loro servizio da dodici anni. Nel paesino norvegese di Berlevaag, la vita è andata avanti tranquilla, regolata dalle abitudini di una comunità timorata di Dio che con gli anni ha accettato la presenza della straniera, senza però penetrarne mai del tutto il mistero. La data intorno alla quale i destini dei protagonisti si intrecciano è un 15 dicembre, anniversario della nascita del padre di Martina e Filippa, il decano, fondatore della setta religiosa a cui la comunità di Berlevaag si ispira. Le sorelle vorrebbero festeggiare quel giorno in modo sobrio e degno della memoria del padre, che avrebbe compiuto 100 anni. Intanto è accaduto l’imprevedebile: Babette ha vinto 10.000 franchi a una lotteria francese e ha chiesto  il permesso di partire per il suo paese. “Potevano sperare che ella sarebbe rimasta con loro oltre il 15 dicembre?” si chiedono le sorelle, non immaginando il piano che Babette ha in mente per la festa: la replica di un pranzo raffinatissimo a cui parteciperanno degli ospiti inattesi, chiudendo il cerchio di avvenimenti lontani.

Dicono del libro
“…non meno avvincente risulta la figura femminile al centro di Il pranzo di Babette, la cuoca comunarda che, al crollo dei suoi ideali rivoluzionari, è costretta a sacrificare tutto e a vivere esule (lei, ‘grande artista’) a contatto con un mondo grigio e frugale. Ma il potere visionario di Babette trionfa, paradossalmente e orgogliosamente, sulle miserie della quotidianità”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Natale, Capodanno, la Befana, quando verso il 15 dicembre comincio a sentire parlare di feste, tremo…”
Alberto Moravia, Il picche nicche

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“… Dopo il telegiornale della sera di lunedì 15 dicembre, Vivés uscì dalla fiaschetteria e si ritirò nell’ufficio della Cooperativa come se volesse meditare sui suoi fogli…”
Paolo Volponi, Il sipario ducale

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“… una mattina (poteva essere il quindici o il sedici dicembre) mi decisi ad alleviare la gravità dei suoi dubbi…”
Paul Auster, Mr Vertigo

pittura

Andrea Mastrovito, Martin Creed sunning himself on December 15 in Monfalcone, 2006

14 Dicembre

14 dicembre 2013

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Questo era avvenuto il 2 dicembre. Una settimana più tardi Bismarck giunse a Varzin e Innstetten previde che fino a Natale, e forse più oltre, egli non avrebbe più avuto una giornata di quiete. Il principe aveva una predilezione per lui ancora fin dai tempi di Versailles, e lo invitava spesso alla sua tavola, sia quando v’erano visite che da solo, perché Innstetten, parimenti notevole per la sua presenza ancora giovanile e l’acuta intelligenza, era anche nelle grazie della principessa.
Il 14  venne il primo invito. Nevicava, ed Innstetten decise di compiere in slitta le due ore di viaggio fino alla stazione, dove lo attendeva poi ancora un’ora di treno fino a Varzin.
“Non aspettarmi, Effi. Prima di mezzanotte non potrò essere di ritorno. E può darsi che si facciano le due o anche più tardi. Ma non verrò a disturbarti. Sta bene. e arrivederci a domattina”. Con queste parole montò sulla slitta e i due cavalli color isabella si diressero al galoppo attraverso la città alla stazione. Era il primo lungo distacco, quasi dodici ore. Povera Effi, come avrebbe passato la sera?

Theodor Fontane, Effi Briest, 1895, tr. it. E. Linder, Garzanti 1981, p.57

Effi Briest, una giovane ragazza tedesca spensierata e vivace, si è sposata con il barone von Innstetten, di parecchi anni più grande di lei. Dopo un viaggio di nozze in Italia, si è trasferita col marito nella cittadina settentrionale di Kessin, in un ambiente con poche distrazioni, e in una casa in cui stenta ad ambientarsi. A dicembre, il marito è richiamato fuori casa da impegni di lavoro ed Effi si trova ad affrontare da sola un tempo completamente vuoto, scandito dal ticchettio dell’orologio nella sala e dalla sola compagnia del cane.  La notte del 14 dicembre Effi sperimenta la paura di trovarsi in balia delle sue immaginazioni – fantasmi, presenze, suggestioni – che le impediscono sia di leggere, sia di addormentarsi, provocando, il giorno dopo, i rimproveri del marito e un’inquietudine che segnerà le vicende successive. 

Dicono del libro
Nel centenario della nascita, Thomas Mann rende omaggio a Fontane celebrando il suo capolavoro, Effi Briest: «Non si usa forse dire che nessuna costruzione prodotta dalla mano dell’uomo può essere perfetta? E invece, per quanto si possa essere propensi a esortare gli uomini alla modestia, l’affermazione è sbagliata, la cosa perfetta esiste: sognando, l’uomo che è artista ogni tanto la produce. Sono casi, come si è detto, fortunati e rarissimi; perché accada si rende necessaria un’incredibile benevolenza e grazia delle circostanze, fin le più sottili: ma se tutto torna, ecco che la cosa si forma, e il cristallo risulta puro. Fontane ha potuto godere nella sua vecchiaia la felicità e la malinconia di questa combinazione, che porta alla luce qualcosa di assoluto e di sommo».”

(Dalla scheda del libro nel sito Garzanti)

Altre storie che accadono oggi

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“… Nella notte tra il 13 e il 14 di dicembre le morte caserme del vicolo Brest-Livoskji si rianimarono…”
Michail Bulgakov, La guardia bianca

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“… Foglia d’oro (ginkgo): caduta da un libro, La verità su Terra, che Aqua mi ha dato prima di ritornare ala sua Casa. 14.XII.69…”
Vladimir Nabokov, Ada

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“… Qualche minuto dopo le 5 del pomeriggio di domenica 14 dicembre la Mercedes di Giocondini prendeva la salita del Pincio…”
Paolo Volponi, Il sipario ducale

13 Dicembre

13 dicembre 2013

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Alle ore 6 e 10 minuti del 13 dicembre la Mercedes di piazza dello chauffeur Giocondo Giocondini si staccava solenne dal portone degli Oddi-Semproni, percorreva, ancora con la prima marcia, l’ultimo tratto di via Ca’ Fante e poi entrava con cautela ma facilmente, a fari abbaglianti, nella discesa del Pincio. Lì tutti i viaggiatori guardarono in alto, tra i rami ancora neri degli ippocastani, per vedere cosa prometteva il tempo. Il cielo non si vedeva, mentre biancheggiava di fronte, e poi sul lato sinistro, il campo tra le Vigne e la Fortezza, apertissimo e alzato proprio come la lavagna civica di Subissoni: la neve sopra era intatta, anche se non arrivava dappertutto, appoggiata come uno scialletto, traforato e sfrangiato là dove il suo filo, specie ai margini, non riusciva a coprire qualche piccola gobba o qualche arbusto. – Il tempo lo vedremo bene a Fossombrone

Paolo Volponi, Il sipario ducale, 1975, ed. cons. Garzanti, 1979, p. 43

È il 13 dicembre del 1969, il giorno dopo l’attentato alla Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, in piazza Fontana.  A Urbino, dove si svolge la storia del Sipario ducale, la notizia si è diffusa nelle case, nei caffè, nelle fiaschetterie, provocando reazioni visibili e invisibili nella vita della città e dei suoi abitanti. Un forte colpo, le bombe del 12 dicembre lo provocano nel professor Gaspare Subissoni, anarchico visionario, e nella sua compagna Vivés, conosciuta durante la guerra di Spagna. Dal giorno dopo divorano i giornali in cerca di informazioni e Vivés si lancia in un’indagine delle cause dell’attentato, progettando anche un viaggio a Milano, che non potrà compiere. Parallela si svolge la vicenda della nobile famiglia Oddi-Semproni, chiusa nel suo palazzo e nelle sue antiquate abitudini. Il 13 dicembre, gli Oddi-Semproni partono con l’autista per un viaggio di piacere verso la Puglia, mentre Vivés discute delle bombe di Milano con i facchini dell’ente comunale dei consumi, e la neve ricopre le strade trasformandole in lavagne bianche su cui scrivere.

Dicono del libro
“Il sipario ducale
è stato, nel ’75, l’avvio di una nuova fase nella narrativa di Volponi. Lo scrittore abbandonava la forma anche esteriormente piu diretta della prima persona, non per dimettere, ma anzi per offrirsi una maggior libertà di intervento e di giudizio. Tutto ciò sembrava richiesto da una materia incandescente, anche temporalmente concentrata (la storia dura nella misura classica di pochi giorni) in una data: quella cruciale del 12 dicembre 1969, con lo scoppio della bomba in piazza Fontana a Milano. Tuono che echeggia, qui, nella remota Urbino, microcosmo rinascimentale velato da un sipario che tutto copre, e attutisce forse, ma sotto cui fermentano l’utopia e la ribellione. L’evento agisce su due mondi diversi: quello del giovane conte Oddino Oddi-Semproni, attorniato da un insensibile coro di zie, e quello di una coppia di anarchici, il professore Gaspare Subissoni, visionario insoddisfatto, e la sua compagna Vivés”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Nashe si rese conto che sarebbe stato possibile riportarsi a zero il giorno del suo compleanno, che cadeva il 13 dicembre…”
Paul Auster, La musica del caso

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“… Il 13 dicembre erano quasi arrivati a Shoshone e continuavano a salire verso il tetto delle Montagne Rocciose…”
Stephen King, L’ombra dello scorpione

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“… il 13 dicembre 1930 era la giornata inaugurale della sagra all’aperto che teniamo ogni anno…”
Fannie Flagg, Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop

 

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Santa Lucia, Francesco De Gregori, Lucio Dalla (segnalazione di @laurauras, @ayradw)

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“… Il 13 dicembre Santa Lucia…”
Al Bano, 13 Storia d’oggi (segnalazione di @lauraleuzzi)

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“… È per te il 13 dicembre…”
Jovanotti, Per te (segnalazione di @benedetta_)

#libromanzia

Consultare i libri a scopo divinatorio: si è sempre fatto, utilizzando volumi realizzati apposta (i libri delle sorti), con un repertorio di sentenze finali a cui si giunge tramite l’uso di calcoli e strumenti (carte, dadi, monete, bastoncini, ruote), oppure interrogando Omero, la Bibbia, Virgilio, Shakespeare, Ariosto.

Look_book

Valerio Eletti, ex-libris, china su carta, 1979

Nel  film Career Girls (in italiano Ragazze) del regista britannico Mike Leigh, due studentesse che dividono una casa, Annie e Hanna, e la loro amica Claire, per sapere cosa le attende nelle loro giornate incerte e malandate, interrogano Cime tempestose, usando una vecchia edizione del romanzo di Emily Brontë. Perché il responso sia efficace è importante evocare due volte con convinzione il nome della scrittrice: “Ms Brontë, Ms Brontë” e poi porre il quesito. La prima frase (più o meno) su cui cade l’occhio è il responso. La scena è una versione recente e fai-da-te di una pratica antica, testimoniata dalla letteratura stessa: bibliomanzia o libromanzia. (a.s.)

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12 Dicembre

12 dicembre 2013

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Era il 12 dicembre del 1902, l’indomani li avrebbero liberati, da un’ora all’altra, senza preavviso, per  evitare che all’uscita del carcere, si organizzassero delle manifestazioni. Diciannove quanti erano, quattro o sei per volta, si abbracciarono e si strinsero le mani.
“Domattina ci si ritrova nei cantieri.”
“Ci sarà lavoro?”
“Ce lo daranno?”
“Speriamo”

Vasco Pratolini, Metello, 1955, ed. cons. Mondadori, 1965, pp. 349-350

Arrestato nell’estate del 1902 per uno sciopero al cantiere edile, durante il quale sono scoppiati dei gravi disordini, il muratore fiorentino Metello Salani ha compiuto trent’anni in carcere. È la seconda volta che va in galera. Fra i due arresti, Metello, che ha un carattere indipendente che non si tira indietro, ha maturato una coscienza politica e una maturità umana. Si è sposato con Ersilia e ha avuto un figlio di nome Libero. La notizia del rilascio arriva il 12 dicembre e quando esce dalle Murate,  Ersilia, incinta di sei mesi, lo aspetta fuori, sotto un cielo “pulito e compatto, con tutte le stelle e tre quarti di luna”. In mezzo alle grandi date della storia d’Italia e della città di Firenze,  risaltano – nella comunità di Metello – anche le date  degli scioperi e delle  vittorie salariali ottenute a caro prezzo, le date degli arresti e  quelle delle liberazioni, come questo 12 dicembre, quando i lavoratori si salutano dicendosi:  “Anche questa è passata”. 

Dicono del libro

Metello rievoca gli anni 1875 e il 1902, quando la classe operaia della giovanissima nazione, alla luce delle nuove dottrine socialiste, si univa al generale fermento di rivendicazioni che già scuotevano la società europea dell’ultimo Ottocento”:
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 12 dicembre 1747. Eventi straordinari si sono stranamente intrecciati alla mia vita…”
 Elisabeth Gaskell, La Clarissa

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“… Un giorno, il 12 dicembre 1845, verso le 9 di mattina, la cuoca gli aveva portato su in camera da letto una lettera…”
Gustave Flaubert, L’educazione sentimentale

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“… il famoso colpo che trafisse il braccio al marchese di Gavaudan il 12 dicembre del 1885…”
Gabriele D’Annunzio, Il piacere

 

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“… E con occhi ispirati le due sorelle Oddi-Semproni, ognuna dalla sua finestra, guardavano quella notte del 12 dicembre ’69 disporsi nel loro giardino in rima gli alberelli…”
Paolo Volponi, Il sipario ducale

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“… Il 12 dicembre ’69, alle ore 16,47 le bombe (una bomba?) sono (è?) esplose a Milano presso la Filiale della Banca Nazionale Agricoltura in piazza Fontana (N?)…”
Paolo Volponi, Il sipario ducale

11 Dicembre

11 dicembre 2013

 

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Mercoledì 11 dicembre Quandt arrivò più tardi del solito e assai eccitato. Mentre rincasava da scuola aveva avuto un vivace alterco con un carrettiere, il quale aveva frustato crudelmente il proprio cavallo, che non riusciva a trascinare il pesante carico su per un’erta. Quandt gli aveva rivolto le proprie rimostranze, chiamando a testimoni di tanta inumana crudeltà alcuni passanti. Allora quell’omaccio l’aveva aggredito brandendo la frusta e urlandogli di andare all’inferno e non immischiarsi in faccende che non lo riguardavano. — Grazie al cielo so come si chiama e ne farò rapporto al tenente di polizia, — concluse Quandt, e non si stancò di ripetere più e più volte come quel villano avesse continuato a tirare per la cavezza lo sfortunato ronzino, le cui vene si gonfiavano come corde sotto le magre costole. — Mascalzone — borbottava, — gl’insegnerò io a tormentar così un animale

Jacob Wassermann, Caspar Hauser, 1908, tr. it. L. Magliano, Rizzoli 1961, p.365

Un mercoledì undici dicembre di un anno dell’Ottocento, nella cittadina tedesca di Ansbach, il maestro di scuola Quandt racconta  un episodio che gli è capitato tornando a casa. Lo racconta a tavola, dove siedono la moglie e un giovane, che la famiglia ospita in casa da alcuni mesi. Il nome del giovane è Caspar Hauser e la sua storia misteriosa sta per giungere al termine, proprio in quel mese di dicembre. Di origini ignote, Caspar Hauser aveva fatto la sua comparsa a Norimberga nel 1828: un ragazzo sbucato dal nulla,  segregato fino ad allora nel buio di una stanza, ignaro della lingua e delle abitudini dei suoi contemporanei. Da allora, Caspar è stato ospite di diverse famiglie e oggetto di indagini e illazioni sulla sua provenienza, che lo danno a volte come un principe spodestato, a volte come un impostore. “Enigma del suo tempo”, Caspar Hauser passa gli ultimi mesi della sua vita in casa del maestro Quandt, un uomo pedante e di poca umanità. Il cavallo maltrattato di cui il maestro racconta quel giorno ricorda l’unica compagnia che Caspar Hauser ha avuto negli anni di segregazione, un cavallino di legno con cui ha trascorso un periodo indefinito, quando ancora – fuori della società – non aveva una cognizione del tempo. 

Dicono del libro
“È l’opera che segna la maturità artistica di Jacob Wassermann, lo scrittore tedesco tanto vicino a Thomas Mann: racconto che ha tutti gli aspetti del fantastico, nonostante sia attinto alla realtà storica. La vicenda centrale del libro, quella del giovane Caspar Hauser, la cui nascita e la cui morte furono avvolte nel mistero, e nel quale si credette di ravvisare un principi vittima di oscuri intrighi dinastici, ispirò non pochi drammi, liriche e romanzi: dei quali ultimi questo è indubbiamente il più suggestivo”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Era l’undici di dicembre. nella grande anticamera tappezzata in color cuoio scuro…”
Jens Peter Jacobsen, Maria Grubbe

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“… 11 dicembre Ho camminato, per un buon tratto, camminato…”
Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio

10 Dicembre

10 dicembre 2013

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Altri avrebbero potuto farci un libro di fantasia, un romanzo, intorno alle vicende che accaddero a Vigàta la sera del dieci dicembre milleottocentosettantaquattro, quando il teatro “Re d’Italia”, appena inaugurato, venne distrutto dalle fiamme poche ore dopo lo spettacolo d’apertura. Certamente al proposito d’un romanziere non poche occasioni si sarebbero prestate a sostenerne la robusta immaginazione, perché già da subito molti punti parvero oscuri, e proprio perché appresso non chiariti, lasciarono libero campo anche alle più avventate e deliranti supposizioni.
È per me quasi un dovere non cedere alle lusinghe dell’immaginazione, proprio perché io stesso, che all’epoca non avevo compiuto dieci anni, diedi per primo l’allarme a Montelusa

Andrea Camilleri, Il birraio di Preston, 1995, ed. cons. Sellerio, Palermo, 2000, p. 222

La sera di “mercoledì addì 10 dicembre” – come annunciano i manifesti affissi sui muri – viene inaugurato il nuovo teatro di Vigàta, con la discussa rappresentazione dell’opera Il birraio di Preston del compositore Luigi Ricci. Su questa contrastata inaugurazione, e sulla data del 10 dicembre 1874, convergono le storie dei protagonisti maggiori e minori: il prefetto venuto dalla Toscana, il questore, il delegato all’ordine pubblico, e poi i malavitosi, i latitanti, i nobili decaduti, gli onorevoli, le mogli e anche un bambino di dieci anni, Gerd Hoffer, che apre e chiude circolarmente il racconto. È lui, in “una notte che faceva spavento”, ad avvisare il padre, ingegnere minerario e pompiere, che una strana luce emana da Vigàta: si tratta dell’incendio che devasta il teatro la sera dello spettacolo. E alla fine – in un capitolo che è l’ultimo, ma anche il primo –  è il bambino ormai cresciuto a dare una ennesima versione dei fatti accaduti quel 10 dicembre e raccontati, nel corso del libro, da diversi, compresenti, punti di vista. 

Dicono del libro
“Camilleri inventa poco delle vicende che trasforma sulla pagina in vorticosi caroselli di persone e fatti – qui il fatto vero, conosciuto dalla celebre Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1875-76, è il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanissetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanissetta con una sconosciuta opera lirica, Il birraio di Preston“.

(Dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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 “… Si mise in viaggio già il 10 dicembre. Prima della partenza disse all’amministratore: Sarò di nuovo qui in febbraio…”
Joseph Roth, La milleduesima notte

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“…Il 10 dicembre, verso mezzogiorno l’oceano si quietò di colpo nel suo moto instancabile…”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso (segnalazione di Valeria Reali)

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“… Si stava suicidando a due settimane da Natale…”
George Saunders, Dieci dicembre

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“… 10 dicembre 1943 Sfilo queste pagine dalla fodera interna dell’uniforme, dove le tengo nascoste…”

Ruth Ozeki, Una storia per l’essere tempo

 

9 Dicembre

9 dicembre 2013

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Il 9 dicembre, alle sei e venti di mattina, mentre una bufera d’acqua e vento infieriva sulla campagna, una Uno turbo FTI nera (vestigia di un’epoca in cui, per qualche lira in più rispetto al modello base, ci si comprava una bara motorizzata che filava come una Porsche, beveva come una Cadillac e si accartocciava come una lattina di cocacola) imboccò lo svincolo che portava dall’Aurelia a Ischiano Scalo e proseguì su una strada a due corsie che tagliava i campi di fango. Superò la Polisportiva e il capannone del Consorzio agrario ed entrò in paese

Niccolò Ammaniti, Ti prendo e ti porto via, 1999, ed. cons. Mondadori 2000, p. 19

Graziano Biglia, quarantaquattrenne playboy che vive alla giornata, torna al suo paese in Maremma dopo due anni di assenza.  È partito all’alba del 9 dicembre da Roma, nonostante un temporale, per raggiungere Ischiano Scalo e comunicare alla madre, la signora Gina, che – dopo anni irregolari e sbandati – ha deciso di sposarsi. Le nozze dovrebbero celebrarsi in Giamaica e la promessa sposa, Erica – una cubista conosciuta in discoteca l’estate prima – dovrebbe arrivare a Ischiano Scalo a breve, trattenuta a Roma da un provino. Da questo 9 dicembre si dipana una storia i cui poli – oltre Graziano ed Erica – sono i dodicenni Pietro e Gloria e la professoressa Flora Palmieri. Una storia che avrà il suo epilogo dopo sei mesi, nel giugno di un anno dell’ultimo decennio del Novecento, in cui si condensano e si intrecciano, con colpi di scena e salti temporali, i destini degli adulti e dei ragazzi. 

Dicono del libro
“A Ischiano Scalo il mare c’è ma non si vede. È un paesino di quattro case accanto a una laguna piena di zanzare. Il turismo lo evita perché d’estate s’infuoca come una graticola e d’inverno si gela. Questo è lo scenario nel quale si svolgono due storie d’amore tormentate. Ammaniti crea e dissolve coincidenze, è pronto a catturare gli aspetti più grotteschi e più sentimentali, più comici e inquietanti della realtà”.

(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 9 dicembre. Sono alla diciannovesima minestra di capellini… ma continuo nelle mie vendette…”
Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca

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“… Il 9 dicembre secondo alcuni, il quindici marzo secondo altri, perse la ragione…”
Manuel Scorza, Il cavaliere insonne

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“… Finì settembre, in un lampo passò l’autunno, e poi venne l’inverno. Il 7 novembre era il compleanno di Sumire, e il 9 dicembre era il mio…”
Murakami Haruki, La ragazza dello Sputnik

 

8 Dicembre

8 dicembre 2013

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Ciò che adesso importava era sopravvivere. Da quel giorno in poi, decisi, non sarei mai più stato povero. Avrei lavorato sodo per Coletti e la Toyo Fish Company. Avrei messo da parte ogni penny. Avrei tenuto in tasca gli spiccioli e messo i dollari in banca. Avrei ricoperto il mio corpo e la mia vita di denaro. Sarei stato adamantino. Non mi sarei fatto più male. Ero ancora giovane. L’8 dicembre, di lì a un mese, avrei compiuto vent’anni. C’era un sacco di tempo. Tutto, finalmente, stava andando per il verso giusto. Sorrisi recitando il Padre nostro 

John Fante, La confraternita dell’uva, 1977 (pubblicazione in volume), tr. it. F. Durante, Einaudi, 2004, p. 91

Dicono del libro
“il romanzo ha per protagonista la figura granitica, ingombrante, di un padre, il vecchio tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America, almeno questo crede di essere. Un immigrato di prima generazione, Nick Molise, nel quale, come nel gruppo di suoi compaesani, Fante racchiude il ritratto più nitido della prima generazione italoamericana. Un mondo di uomini di testarda virilità, guardati con inorridita inquietudine dagli americani persuasi che gli italiani fossero creature di sangue africano, che tutti girassero con il coltello e che la nazione fosse ormai preda della mafia”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… l’unica cosa ricordata era la solenne promessa dell’otto dicembre…”
Jacob Wassermann, Caspar Hauser

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“… Da Jorge Adano  a Damasa Figuera, 8 di questo immortale Dicembre (stesso oscuro luogo)…”
Anna Maria  Ortese, Il porto di Toledo

7 Dicembre

7 dicembre 2013

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“Cosa significa psionici? Diversi dipendenti del signor Runciter hanno usato questo termine”.
“Poteri parapsichici” disse Joe. “Forze mentali che agiscono direttamente, senza l’intervento di nessun agente fisico”.
“Poteri mistici, intende dire? come conoscere il futuro e altre cose del genere? Il motivo per cui gliene parlo è che alcuni di quei signori hanno accennato al futuro come se esistesse già. Non con me; ne parlavano fra di loro, e ho udito per caso… sa come succede.  Siete per caso dei medium?”
“È un modo come un altro per definirci.”
“Cosa prevedete per la guerra in Europa?”Joe disse: “Germania e Giappone saranno sconfitti. Gli Stati Uniti entreranno in guerra il 7 dicembre 1941.” Poi ripiombò nel silenzio

Philip K, Dick, Ubik, 1969, tr. it. G. Montanari, ed. cons. Fanucci, 1998, pp. 413-414


Dicono del libro
“PKD scrisse Ubik nel 1968-69, in una delle ricorrenti fasi difficili della sua vita e le tracce sono visibili, evidenti; forse la stessa conclusione ambigua è figlia della sua difficoltà a scegliere, a decidere chi doveva prevalere tra Jori e Ubik, tra il divoratore di anime e l’influenza salvatrice”.

(Dall’introduzione di S. Cofferati all’ed. Fanucci, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 7 dicembre 1942, anniversario dell’entrata in guerra del Giappone, emanò un proclama in cui dichiarava che, in onore a quella data, si assumeva la responsabilità di abolire tutte le punizioni…”
Pierre Boulle, Il ponte sul fiume Kwai

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“… Io qui, su questo vagone, di questa eterna giornata che è il 7 dicembre…”
Roberto Pazzi, La città volante

6 Dicembre

6 dicembre 2013

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Il sei di dicembre dell’anno passato, te ne ricorderai e se non te ne ricordi non importa, fece un tempo da diavoli. A guardare la montagna poi, era uno spavento; e anche di quaggiù si sentiva la romba della bufera che mugolava fra i castagni, mandando fino a noi qualche foglia secca insieme col sinibbio che strepitava sui vetri delle finestre come la grandine. Io son fatto peggio delle gru: più cattivo è il tempo, e più sento il bisogno d’essere in giro. E volli uscire con lo schioppo in cerca di qualche animale

Renato Fucini, Le veglie di Neri (Vanno in Maremma) 1844, ed. cons. Newton Compton, 1993, p. 44

Mentre è a caccia di beccaccini, un sei di dicembre particolarmente freddo e tempestoso, Raffaello incontra una famiglia di montanari che – a piedi, malvestiti e con poche provviste – affrontano il viaggio verso Talamone, per passarvi il resto dell’inverno. Padre, madre, due ragazzi e una bambina piccola hanno davanti a loro una settimana di cammino. Raffaello, dopo aver scambiato qualche parola col capofamiglia sul brutto tempo, regala dei soldi a uno dei figli, che non ha mai visto in vita sua una banconota. Quell’incontro rimane vivo nella memoria di Raffaello, che dopo un anno lo racconta – davanti a un piatto di pappardelle con la lepre – e ne ricorda con precisione il gelido nevischio (il sinibbio) e la data, il sei dicembre dell’anno passato.

Dicono del libro
“Vicende semplici, ma cariche di significati umani e sociali, ambientate nelle paludi, nei campi e nelle borgate della maremma toscana: questi famosi racconti di Neri Tanfucio (pseudonimo anagrammato di Renato Fucini) conservano a tutt’oggi una straordinaria vitalità, grazie all’essenzialità del modulo narrativo e alla naturalezza di un linguaggio immediato, popolare e disinvolto”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Newton Compton, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Dove si trovavano essi in quel momento, alle otto del mattino di quel giorno che in Terra era chiamato il 6 dicembre? Certamente vicino alla Luna…”
Jules Verne, Intorno alla luna

 

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“…I ragazzi ricevettero una cena abbondante quella sera del 6 dicembre 184* al Leone Rosso…”

Mary Mapes Dodge, Pattini d’argento

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“… Oggi sei dicembre…”
Marta sui Tubi, Sei dicembre (segnalazione di Francesco Raiola @mrjones1981)

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Vinicio Capossela, Sante Nicola (segnalazione di Sara Marchini)

5 Dicembre

5 dicembre 2013

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Il 5 dicembre fu una splendida giornata. Alla base H. vidi le scintillanti sagome argentee della squadriglia da combattimento degli aerei supersonici F 104, allineati sul campo di volo. Gli addetti al controllo si stavano occupando dello 016 che mi avrebbe ospitato. (…)
Le due e mezza. Lo 016 si immise dolcemente nella pista di decollo, poi si arrestò per provare al massimo i motori. Traboccavo di felicità. La gioia di partire verso un mondo in cui non sarei stato importunato dagli affanni quotidiani e terrestri, di potermi separare completamente da essi in quell’attimo, non era paragonabile alle sensazioni della partenza di un aereo di linea, che si limita a trasportare un’esistenza borghese. Quanto intensamente avevo desiderato, quanto ardentemente avevo atteso questo istante! Alle mie spalle c’era quello che già conoscevo, di fronte a me l’ignoto: questo istante era simile a una sottilissima lametta da barba

Yukio Mishima, Sole e acciaio, 1968, tr. it. L. Origlia, Guanda 1982, pp.84-85

Nel Giappone del dopoguerra, il protagonista di Sole e acciaio, in un lungo monologo, illustra la sua visione di sé e della realtà, la sua  lotta contro l’irreversibilità del tempo, all’insegna del coraggio e del pericolo. Nell’epilogo, c’è il racconto dell’esperienza più significativa del suo percorso: il volo su un aereo  F 104, lanciato oltre la velocità del suono, a quarantacinquemila piedi di altezza nella limpida giornata del 5 dicembre. Chiuso nel suo abitacolo, con la sensazione  di una corrispondenza perfetta fra esterno e interno, fra la sua mente e l’aereo, fra l’aereo e il pianeta, il narratore attraversa lo spazio e il tempo ruotando intorno al cratere del monte Fuji. 

Dicono del libro
“L’autore racconta la scoperta della propria identità fisica, l’interesse per la pratica delle arti marziali e la ricerca di un “linguaggio del corpo”; la testimonianza di un’appassionata indagine nella propria identità di uomo, oltre ogni limite, oltre ogni convenzione”.

(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Persino nell’autunno avanzato vidi, un anno (un 5 dicembre), ondulazioni sullo specchio, e pensando che improvvisamente stesse per mettersi a piovere fitto… mi affrettai a dare mano ai remi…”
Henry D. Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi

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“… giovedì, 5.12 Partenza la mattina prestissimo…”
Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio

 

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“… Non ho ancora detto che il giorno dopo era il 5 dicembre, e cioè il mio compleanno…”
Elsa Morante, L’isola di Arturo (segnalazione di @Ilaria_Restivo)

4 Dicembre

4 dicembre 2013

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Il signor Ruche rimase ancora un istante sulla terrazza. Ormai era calata la notte. Dimenticando l’indagine, Grosrouvre e la Biblioteca della Foresta, ripensò a Khayyām, al quale si era sentito subito così vicino. Gli tornarono alla mente due date. “Nato il 18 giugno 1048, morto il 4 dicembre 1131.” Khayyām era morto a quasi ottantaquattro anni. La stessa età di Grosrouvre. E… Si raddrizzò sulla sedia, aggrappandosi alla balaustra. Nel freddo e nella notte di Parigi, esclamò al vento del nord: “La mia stessa età!”
Il signor Ruche era nell’ottantaquattresimo anno di età. In quell’istante seppe con certezza che per quell’anno non gli sarebbe accaduto nulla. Si sentì eterno, almeno per qualche anno ancora

Denis Guedj, Il teorema del pappagallo, 1998, tr. it. L. Perria, Longanesi, 2000 p. 281

Il signor Ruche, un vecchio libraio parigino che si muove su una sedia a rotelle, ha avuto da giovane un amico – poi espatriato in Brasile – che  gli ha affidato decine di casse di libri sulla matematica, da rimettere in ordine. Nella sua libreria Mille e una pagina, Ruche ripercorre i testi, scoprendovi non solo nozioni che non conosceva e nuovi punti di vista, ma anche una rete di coincidenze e di corrispondenze fra la sua vita, quella dell’amico Grosrouvre e le esistenze di grandi scienziati del passato. In una fredda giornata invernale, Ruche è alle prese con il matematico e poeta persiano al-Khayyām, il cui nome significa il figlio del venditore di tende. Fu esperto di polinomi e di astronomia, tanto che partecipò anche all’elaborazione di un nuovo calendario, e fu anche astrologo. È per questo che si conoscono – “cosa assai rara all’epoca” –  le date precise della sua nascita e della sua morte, avvenuta nel 1131, un 4 dicembre, data che rivela al libraio un’altra, sorprendente coincidenza. 

Dicono del libro
“La matematica diventa in questo libro protagonista di un romanzo. Un libraio in pensione, per scoprire le strane circostanze della morte di un amico che gli ha lasciato in eredità una biblioteca interamente dedicata alle scienze matematiche, deve rimettersi a studiare aritmetica, algebra, trigonometria e logica, materie che ha sempre detestato fin da quando era studente di filosofia”
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 4 dicembre. Ti prego – vedi, per me è finita, non resisto più!…”
Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther

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“Parigi, 4 dicembre 17** Risposta della marchesa di Merteuil scritta in calce alla stessa lettera: Ebbene! Guerra sia!”
Choderlos de Laclos, I legami pericolosi

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“… Un diario? disse Nikolaj con una sfumatura d’ironia e prese in mano il quaderno. Vi si trovava scritto in francese: 4 dicembre…”
Lev Tolstoj, Guerra e Pace

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“… mercoledì, 4.12 Una mattina fresca, d’immacolata chiarezza. Tutto nella foschia in pianura, ma i suoni della vita giungono fin qui….”

Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio

3 Dicembre

3 dicembre 2013

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Certe volte gli era stata affidata persino la rettifica degli articoli di fondo del Times, che erano scritti interamente in neolingua. Srotolò la comunicazione che aveva messa da parte prima. Diceva:
times 3. 12. 83. Riproduz ordogior gf bispluserrata nonesisper riscrinter pristes supautor anteinclucoll

In archelingua (ovvero nella lingua normale) tale comunicazione si poteva rendere così:
La riproduzione dell’Ordine del Giorno del Grande Fratello pubblicata nel Times del 3 dicembre 1983 è del tutto insoddisfacente e allude addirittura a persone che non esistono. Riscriverlo da capo e sottoporre tale prima stesura all’autorità superiore prima di includerla nella collezione. Winston lesse per intero l’articolo incriminato. L’Ordine del Giorno del Grande Fratello era dedicato principalmente a lodare l’operato di una organizzazione conosciuta con la sigla SSFG che riforniva sigarette e altri generi voluttuari ai marinai della Fortezza Galleggiante

George Orwell, 1984, 1949, tr. it. G. Baldini, Mondadori, 1989, p. 48

Nella società futura dominata dal Grande Fratello e dalle sue tecniche pervasive di controllo, Londra  è una delle province dell’iperstato di Oceania, in conflitto permanente con Eurasia. La lingua ufficiale è la Neolingua, che deve via via sostituire l’Archelingua, eliminando ogni possibilità di pensiero eretico e indipendente. Winston Smith, un uomo di quasi qurant’anni, è impiegato al Ministero della Verità con il compito di correggere i documenti non conformi alle direttive del regime. In aprile, con un gesto di autonomia che egli stesso non sa spiegarsi, Winston ha cominciato a scrivere un diario, azione non vietata ma punibile con la morte. Per chi sta correndo il pericolo di scrivere il diario? si chiede Winston, immaginando un tempo in cui “quel che è fatto non può essere disfatto”, come accade invece negli uffici del Ministero, in cui  le notizie – per esempio quelle del Times del 3 dicembre – vengono riscritte e rimesse in circolo: “Non appena tutte le correzioni  che si rendevano necessarie a ogni numero del Times  erano state messe insieme e verificate, quel numero veniva ristampato di nuovo, la copia originale distrutta, e la copia corretta collocata nelle collezioni al suo posto”, alterando così per sempre il passato e la memoria. 

Dicono del libro
“L’azione si svolge in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre un’esistenza sovversiva. Scritto nel 1949, il libro è considerato una delle più lucide rappresentazioni del totalitarismo”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Entrò la Bordin. Era il 3 dicembre 1851. Aveva un giornale in mano…”
Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet

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“… La data?  chiese Holmes aprendo la sua agenda. Sparì il 3 dicembre 1878, quasi dieci anni fa…”
Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro

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“… su quell’angolo di strada faceva un freddo tremendo, era il 3 dicembre…”
Almudena Grandes, Atlante di geografia umana Winston

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“… Creature astrali che giocano, 3 dicembre 1919…”
Aldous Huxley, Giallo cromo

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“… Il tre dicembre del ’39 a stare al mondo volli provar…”
Francesco Guccini, Il 3 dicembre del ’39 (segnalazione di Antonio Zangara @anfesibena)

2 Dicembre

2 dicembre 2013

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Nell’anno 1918, e precisamente nei giorni intorno al 15 giugno, si svolgeranno in Germania feste solenni per il trentesimo anno di regno dell’imperatore Guglielmo II, feste che dovranno  attestare al mondo intero la grandezza e la potenza germaniche. Quantunque manchino ancora parecchi anni a tale data, si sa da fonti degne di fede che si stanno già facendo preparativi, per ora naturalmente non ufficiali. Ora tu ben sai che nello stesso anno il nostro augusto Imperatore celebrerà il settantesimo giubileo della sua ascesa al trono e che l’anniversario cade il 2 dicembre. La troppa modestia che distingue sempre noi austriaci nelle questioni riguardanti la nostra Patria m’ispira il timore che si prepari per noi, diciamolo pure, una nuova Königgrätz, vale a dire che i tedeschi con il loro metodo mirante all’effetto, ci prevengano, così come allora adottarono il fucile ad ago prima che noi pensassimo a una sorpresa da parte loro. […] Poiché il 2 dicembre non si può naturalmente far cadere prima del 15 giugno, si è avuta la felice idea di estendere i festeggiamenti a tutta l’annata 1918, facendone l’anno giubilare del nostro Imperatore della Pace

Robert Musil, L’uomo senza qualità, 1930-1933, tr. it. A. Rho, ed. cons. Einaudi 1972, vo. I, p. 73

Siamo nel 1913, a qualche anno di distanza dalla “magica data della svolta del secolo”, quel passaggio fra l’Ottocento e il Novecento, che aveva seminato illusioni di grandi novità, come se il tempo tornasse giovane. Nell’Austria imperial-regia, con i suoi vasti territori, le tante popolazioni, la struttura burocratica, le aperture  liberali,  vive Ulrich Anders, un uomo di trentadue anni, la cui “intelligenza affascinata dall’esattezza scientifica e dall’infinita indeterminatezza della realtà, dissolve ogni decisione in lucida ironia”. Su iniziativa del padre, Ulrich viene nominato segretario di un comitato che deve organizzare – con largo anticipo – i festeggiamenti del settantesimo anno di regno del vecchio imperatore Francesco Giuseppe, salito al trono il 2 dicembre del 1848. L’anniversario cade dunque nel 1918, lo stesso anno in cui in Germania si celebra l’imperatore Guglielmo II. In vista di questa competizione fra le due scadenze, si mette in moto a Vienna una azione parallela, un meccanismo complesso quanto vago di decisioni che non giungeranno mai allo scopo, segnando quella data, il 1918, la dissoluzione dell’impero austro-ungarico.

 

Dicono del libro
“L’uomo senza qualità, il romanzo al quale Musil lavorò per gran parte della vita, è un’insuperabile rappresentazione delle grandi crisi del Novecento. Nella Vienna alle soglie del primo conflitto mondiale, il protagonista Ulrich, per una sorta di malattia dell’anima o del carattere, non sa né vuole dare corpo e forma alle proprie inclinazioni. Preda di un’intelligenza affascinata dall’esattezza scientifica e dall’infinita indeterminatezza del reale, Ulrich si presta con lucida ironia a quell’infinito gioco di simulazioni che Musil orchestra con vertiginosa intelligenza”.
(Dalla scheda del libro nel sito Einaudi)

Altre storie che accadono oggi

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“… Quanto a Muffat, figlio tardivo di un generale fatto conte da Napoleone I, naturalmente si era trovato in auge dopo il 2 dicembre…”
Emile Zola, Nanà

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“… Sui giornali Kazuo leggeva spesso una nuova espressione: guerra fredda. Era in voga dal due dicembre dell’anno precedente…”
Yukio Mishima, Una stanza chiusa a chiave

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“… Era – finalmente una data a cui appigliarci – la sera del 2 dicembre del 1642. Uscivano da un teatro…”
Umberto Eco, L’isola del giorno prima

 

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“… Due anni dopo scoppiò un’altra rivolta, il 2 dicembre del 1649 e quella volta ci si immischiarono pure dei grandi baroni…”
Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa

 

I Dicembre

1 dicembre 2013

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Il primo dicembre 1987, dopo aver osservato a lungo le figure intagliate nel legno del portale della cattedrale di Spalato, tra cui Giovanni, triste, che all’ultima Cena reclina il capo sulla spalla di Gesù, e allo stesso tempo cerca conforto anche con una mano – variante sul tema – nella manica del suo maestro, il viaggiatore scese alla passeggiata della spiaggia, illuminata dal sole, dove vide un decrepito lustrascarpe, che disoccupato ormai da lungo tempo, iniziava a pulire le proprie scarpe. A dire il vero ne avevano anche bisogno. E quell’uomo le lustrava scrupolosamente, come avrebbe fatto per chiunque altro – non era capace altrimenti -, con calma, riflessivamente, un lembo di pelle alla volta. E le sue scarpe, tanto amorevolmente passate, alla fine cominciarono a rilucere, per poi splendere all’ombra della palma sotto cui era seduto

Peter Handke, Il lustrascarpe di Spalato, 1990, in Epopea del baleno, tr. it. L. Salerno, Guanda 1993, p.11

Dicono del libro
“Il volo di una farfalla in una mattina di primavera; l’incontro di un turista con un lustrascarpe nei dintorni della cattedrale di Spoleto; una fitta nevicata sulla città portuale di Aomari, nel nord del Giappone; un luminoso frullar di lucciole in una notte di maggio, a Cormons, in Friuli: Peter Handke osserva i fenomeni naturali e l’aspetto fisico degli eventi e anche il più piccolo accadimento trova nelle pagine di questo libro una rifrazione luminosa. La descrizione è così particolareggiata da far pensare a un microscopio sempre in funzione”.
(Dalla scheda del libro sul sito ibs)

 

 

 

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il primo di dicembre fu per le povere ragazze una giornata d’inverno davvero oscura. Di fuori soffiava un vento gelato e l’anno sembrava si preparasse alla morte…”
Louisa May Alcott,  Piccole donne

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“… I° dicembre, 1969. Non si può combattere una guerra senza acronimi…”
Don DeLillo, Underworld