21 Febbraio

21 febbraio 2013

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21 febbraio (tardo pomeriggio)
 […] Ora sono io ad arretrare, a cercare di spegnere la mia mente che s’è accesa con troppo fervore. Presto o tardi si parlerà anche della mia scomparsa. Ascolto da vivo i discorsi – compiaciuti o dolenti – che si faranno su di me dopo la mia morte. Il passato non torna. Possibile – mi chiedo stoltamente, o con ingenuità fanciullesca – che tutto ciò che ho vissuto, debba averlo vissuto una sola volta, e così in fretta, senza avvertirne la veloce fuga all’indietro?

Luca Canali, Diario segreto di Giulio Cesare, 1994, Mondadori, pp. 94, 100

L’autore immagina che Giulio Cesare, negli ultimi quaranta giorni della sua vita, abbia registrato le giornate e le notti in un diario, dove si parla di Roma e del suo governo, di famiglia e di memorie. Il 21 febbraio è una giornata di quiete: ricorrono le celebrazioni Ferali, quando “tutte le famiglie ricordano i loro defunti”. Dopo aver portato doni alla tomba della figlia e della prima moglie, e aver salutato Cicerone, Cesare è solo in casa, a riflettere sul tempo, che “avanza inavvertito come un sicario”. 

Dicono del libro
“Abbandonata la terza persona dei commentari guerreschi, nelle pagine di questo apocrifo Cesare si racconta senza reticenze, con asciutta immediatezza. Il diario si apre il 6 febbraio dell’anno 710 dalla fondazione di Roma (44 a.C.), mentre l’ultimo foglio reca la data fatidica del 15 marzo”
(dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Mercoledì 21 febbraio, Visita di Lapointe in rue de Turenne. L’agente nota la valigia…”
Georges Simenon, L’amica della signora Maigret

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“… Un biglietto sulla scrivania. La scrittura assomiglia alla sua: Questo sono io con Augustine, 21 febbraio 1943…” Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata
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“… Quello che Jacob R. mangiò per colazione il mattino del 21 febbraio 1877. Patate fritte con cipolle. Due fette di pane nero…” Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata« »

21 febbraio (tardo pomeriggio)
 […] Ora sono io ad arretrare, a cercare di spegnere la mia mente che s’è accesa con troppo fervore. Presto o tardi si parlerà anche della mia scomparsa. Ascolto da vivo i discorsi – compiaciuti o dolenti – che si faranno su di me dopo la mia morte. Il passato non torna. Possibile – mi chiedo stoltamente, o con ingenuità fanciullesca – che tutto ciò che ho vissuto, debba averlo vissuto una sola volta, e così in fretta, senza avvertirne la veloce fuga all’indietro?

Luca Canali, Diario segreto di Giulio Cesare, 1994, Mondadori, pp. 94, 100

L’autore immagina che Giulio Cesare, negli ultimi quaranta giorni della sua vita, abbia registrato le giornate e le notti in un diario, dove si parla di Roma e del suo governo, di famiglia e di memorie. Il 21 febbraio è una giornata di quiete: ricorrono le celebrazioni Ferali, quando “tutte le famiglie ricordano i loro defunti”. Dopo aver portato doni alla tomba della figlia e della prima moglie, e aver salutato Cicerone, Cesare è solo in casa, a riflettere sul tempo, che “avanza inavvertito come un sicario”. 

Dicono del libro
“Abbandonata la terza persona dei commentari guerreschi, nelle pagine di questo apocrifo Cesare si racconta senza reticenze, con asciutta immediatezza. Il diario si apre il 6 febbraio dell’anno 710 dalla fondazione di Roma (44 a.C.), mentre l’ultimo foglio reca la data fatidica del 15 marzo”
(dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

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