22 Agosto

22 agosto 2013

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Così arrivò il ventidue di agosto e così vennero le tre Notti di Ferro.
La prima Notte di Ferro. Alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna. Col fucile e col cane me ne vado nel bosco, accendo un focherello e il bagliore della fiamma si insinua fra i tronchi dei pini. Non c’è brina.
La prima Notte di Ferro! dico fra me. E una gioia violenta per il tempo e il luogo mi confonde e mi scuote stranamente

Knut Hamsun, Pan, 1894, tr. it. E. Pocar, in Pan. L’estrema gioia, Mondadori, 1941, p. 88-89

Il tenente Glahn ricorda l’estate del 1855 , quando “il tempo passava molto veloce, senza confronto più veloce di adesso”. Nella foresta norvegese di betulle, popolata di animali ma anche carica di silenzi, Glahn ha trascorso un tempo speciale, in ascolto della natura e di sé stesso. Più adatto alla vita solitaria che alle relazioni umane e amorose, Glahn è sensibile a ogni manifestazione della natura, alle lievi variazioni di luce e calore che accompagnano il cambiamento della stagione. La notte del ventidue agosto – la prima delle notti di agosto in cui comincia ad apparire il primo ghiaccio – il sole tramonta alle nove e Glahn si prepara a passarla all’aperto, mentre un aurora boreale “passa sopra il cielo del Nord”. Lo scrittore norvegese Knut Hamsun – premio Nobel nel 1920 – era nato nel 1859, il 4 agosto. 

Dicono del libro
“… abbiamo raccolto in questo volume due delle opere più significative: il romanzo lirico Pan (1894) e il racconto polemico L’estrema gioia (1912). Nel primo il poeta ha fatto uso dell’arte di un Björnson nel descrivere la vergine natura nordica con l’acume di un Dostojevski nell’analizzare l’anima umana, ma creando nell’insieme una visione mistica in cui palpita e vive Pan, il Tutto”.
(Dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… finché la morte non spezzi il mio cuore A. D. 1603, questo 22 Agosto Phi. Chandos…”
Hugo von Hofmannsthal, Lettera di Lord Chandos

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“… le vigilie di un viaggio sono una preziosa parte del viaggio. Il nostro in Europa cominciò, di fatto, l’altro ieri, il 22 agosto…”
Jorge Luis Borges, Il 22 agosto 1983

21 Agosto

21 agosto 2013

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Presa in consegna dal “braccio secolare”, Antonia fu trasferita, il 21 agosto, nella Torre dei Paratici che era l’antica torre del Broletto, cioè del palazzo del Comune di Novara prima che questo si riducesse ad essere com’è ora: soffocato dagli edifici che gli sono cresciuti addosso nel corso dei secoli, e senza torre. All’epoca della nostra storia, invece, il Broletto era un palazzo indipendente, attorno a cui correvano le strade; e la Torre dei Paratici, che s’alzava a sud, nella sua parte superiore era una prigione… aerea, di due stanze sovrapposte e raggiungibili per mezzo di una scala esterna, piuttosto ardimentosa. Speciali immagini devote, in quelle due stanze, avevano il compito di redimere i detenuti. Al piano superiore, destinato alle donne, era dipinto un Cristo morto in braccio alla Madonna, mentre al piano di sotto, dov’erano tenuti prigionieri gli uomini, c’era il patrono dei carcerati, San Leonardo: entrambi gli affreschi, però, erano ricoperti di nomi, date, graffiti osceni, ed entrambi si vedevano poco, perché non c’erano finestre in quelle due stanze, soltanto feritoie che d’inverno venivano chiuse con la paglia, e allora buonanotte! Si restava al buio. D’estate poi le feritoie si riaprivano, e ci si tornava a vedere: ma chi entrava ai Paratici, qualunque fosse la stagione in cui ci arrivava, doveva attendere un po’ di tempo prima che i suoi occhi s’adattassero alla penombra; e così anche successe a Antonia

Sebastiano Vassalli, La chimera, 1990, Einaudi 1990, p.282

In un agosto senza pioggia, col sole che “riaffiorava all’alba da un mare di vapore” , trascorrono gli ultimi giorni di vita di Antonia, una ragazza di vent’anni vissuta al principio del Seicento  in un piccolo centro agricolo della “bassa”, di cui non resta traccia. Trovatella lasciata alla Casa di Carità di San Michele fuori le Mura a Novara, adottata da una coppia di contadini del paese di Zardino, Antonia  si è rivelata troppo bella e intelligente per non suscitare invidie, maldicenze e infine l’accusa di stregoneria, in quell’estate di siccità e paura. Processata, torturata e dichiarata colpevole, il 21 agosto è condotta in prigione dove, in attesa dell’esecuzione, perde il conto dei giorni e delle notti e si rifugia nei sogni, dove nessuno la chiama strega e dove il tempo non si è ancora richiuso. 

Dicono del libro
“In un villaggio padano del Seicento, cancellato dalla storia, si consuma la tragica vita di Antonia, strega di Zardino. Dalla nebbia del passato riemergono situazioni e personaggi a volte comici e persino grotteschi, a volte colmi di tristezza”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…. sua madre, Divina Arriaga, l’aveva registrata come colombiana, nata a Saint-Malo il 21 di agosto del 1937, figlia illegittima di un tale Stanislas Czartoryski…”
Marvel Moreno, In dicembre tornavano le brezze

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“…un editore di Milano che mi ha detto che son molto convinti e devono darmi una risposta entro fine luglio: oggi è il ventuno di agosto…”
Paolo Nori, Bassotuba non c’è

20 Agosto

20 agosto 2013

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Il dì 20 di agosto del 1849 all’una e mezza del pomeriggio l’Austria doveva essere distrutta: così era stato deciso nel “Circolo della pistola”. Non so più neanche di che cosa si fosse resa colpevole l’Austria allora, ma posso affermare senza il minimo dubbio che la decisione era stata presa dopo matura riflessione. Non c’era ormai niente da fare, la cosa era stata deliberata e giurata e l’esecuzione era stata affidata alle mani esperte di Jan Zizka da Trocnov, di Prokop Holy di Prokupek e di Mikulas da Husi, ossia a me, a Peppino Rumpal, il figlio del salumaio, a Cecchino Mastny, il figlio del calzolaio, e a Tonino Hochmann, quello che veniva dai dintorni di Rakonikov e studiava a spese del fratello, contadino benestante. […] Racconto con perfetta sincerità: mi sentivo proprio male. Veramente un certo malessere mi serpeggiava in corpo già da parecchi giorni e cresceva in proporzione di quanto si avvicinava il 20 di agosto

Jan Neruda, Come fu che il dì 20 di agosto 1849, all’una e mezza del pomeriggio, l’Austria non fu distrutta, 1878, tr. it. J. Vesela Torraca, in I racconti di Mala Strana, Marietti, 1982,  pp.105, 112

Quattro ragazzini di Praga,  amici che trascorrono insieme le giornate di un anno di metà Ottocento, decidono di organizzare – per il 20 di agosto – l’insurrezione della città e la distruzione dell’Austria. Con  nomi di battaglia presi dai condottieri hussiti del Quattrocento, predispongono un piano d’attacco, a cui manca solo la polvere da sparo, che deve arrivare da fuori, portata da un venditore ambulante.  Quando sorge la mattina “del memorabile giorno”, il narratore – angosciato di fronte a un gioco troppo serio –  si ritrova a desiderare che “non albeggiasse, che la luce non venisse e che la natura lo saltasse addirittura, quel solo, quell’unico giorno!”. La polvere da sparo non arriverà e  il 20 agosto passerà in effetti senza avvenimenti memorabili, se non l’attesa e l’agitazione dei ragazzi nella giornata estiva.

Dicono del libro
I racconti di Mala Strana (1878) sono il suo capolavoro; un capolavoro di umanità e di humour, un epico ritratto del famoso e incantevole quartiere praghese che diviene un concentrato del mondo, la saga picaresca e familiare di una piccola realtà borghese innalzata all’universalità del quotidiano”.

(Dalla bandella dell’ed. Marietti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Nella notte dal 19 al 20 agosto 1928 calò sulla Russia un freddo inaudito, mai verificatosi a memoria d’uomo in questa stagione…”

Michail Bulgakov, Uova fatali

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“… In ragione della sua violenza stessa, quell’estate fu breve. Un po’ dopo il venti Agosto si riunirono le prime timide nuvole, piovve qualche goccia isolata tiepida come sangue…”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

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“… Il 20 agosto, Nussie Ibrahim seguì mia madre nella clinica di Pedder Road, e il piccolo Sonny seguì me nel mondo – ma era restio a venir fuori…”
Salman Rushdie, I figli della mezzanotte

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“… Il 20 agosto arriva galleggiando sulla corrente una mucca…”
Lars Gustafsson, Preparativi di fuga (I pescatori)

 

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“…. 20 agosto. Dalla finestra entra il mormorio delle onde misto alle risate degli ultimi nottambuli…”
Roberto Bolaño, Il Terzo Reich

19 Agosto

19 agosto 2013

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19 agosto 17**

Ieri lo straniero mi ha detto: “Avrete senz’altro capito, capitan Walton, che ho sofferto grandi e incomparabili disgrazie. In un primo tempo ero determinato a portare la memoria di questi dolori nella tomba; ma voi mi avete convinto a mutare proposito. Voi cercate sapienza e saggezza, come anch’io ho fatto un giorno; spero ardentemente che l’esaudimento dei vostri desideri non si trasformi in un serpente che vi aggredisca, come è accaduto per me.” […] Aggiunse che avrebbe iniziato il racconto il giorno successivo, quando fossi stato libero. Lo ringraziai con calore. Ho deciso di registrare ogni sera, quando i miei doveri non mi reclamano imperiosamente, ciò che mi narra durante il giorno, riportando per quanto possibile le sue stesse parole. Se sarò troppo impegnato, ne prenderò almeno degli appunti. Il manoscritto ti darà sicuramente grande piacere; ma anch’io, che lo ascolto dalle sue stesse labbra, con quale interesse e affetto lo rileggerò un giorno, nel futuro! Già ora, all’inizio di questo compito, la sua voce ben modulata mi risuona all’orecchio; i suoi occhi lucidi si fissano su di me, con dolce malinconia 

Mary Shelley, Frankenstein, 1818, tr. it. M. P. Saci, F. Troncarelli, Garzanti 1991, p.29

Scritto in Svizzera nell’estate inclemente del 1816, umida e piovosa, Frankenstein di Mary Shelley (che il 30 agosto di quell’anno avrebbe compiuto diciannove anni), è un romanzo che si compone di lettere, resoconti, confessioni di tre personaggi: l’esploratore e scienziato Robert Walton, il dottor Frankenstein e la creatura. Walton, in viaggio verso il Polo Nord, si imbatte fra i ghiacci in un naufrago che gli racconta le terribili esperienze che lo hanno condotto fin là. È il dottor Frankenstein, colui che ha creato la vita componendo membra di uomini morti. Il 19 agosto è la data dell’ultima lettera che Walton scrive alla sorella raccontandole dell’incontro con Frankenstein, prima che la parola passi a questi e alla “strana, ossessiva storia” della sua creazione. 

 

Dicono del libro
“Il 1816 è conosciuto come ‘l’anno senza estate’. A causa dell’eruzione del vulcano Tamboro in India e delle polveri penetrate nella stratosfera, i mesi estivi furono freddi e spesso piovosi. In quell’estate vide la luce Frankenstein, terrificante storia di un mostro scritta da una giovane donna di appena diciannove anni (…) La narrazione dell’avventura di Frankenstein, l’inventore, e della sua creatura, scaturisce dall’abile intrecciarsi di tre storie, di tre destini che si incrociano”.

(Dal profilo storico-critico di M. P. Saci nell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 19 agosto. Il vento si mantiene costante, l’ittiosauro non è più emerso, né abbiamo incontrato altri mostri…”

Jules Verne, Viaggio al centro della Terra

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“… Il 19 agosto Prokop Holy consegnò a Pohorak sei fiorini interi, di cui due come mancia regale…”
Jan Neruda, Come fu che il dì 20 di agosto….

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“… Quando uscì, la guerra era una realtà, e fiorì in continue sparatorie fino al 19 agosto 1903…”
Jorge Luis Borges, Monk Eastman, il procuratore di iniquità

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“… Il 19 agosto non era la data stabilita per la caduta del meteorite?…”
Jules Verne, La caccia al meteorite

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“… al ristorante sul lago, un diciannove agosto, giorno del mio compleanno, dopo una passeggiata con Alfredo, vedo lei assorta…”
Marisa Volpi, La casa di via Tolmino

 

18 Agosto

18 agosto 2013

 

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Quella domenica 18 agosto è, fra i giorni della mia vita, uno dei tre o quattro che mi recito da cima a fondo, quando voglio cercare di raggiungere l’estasi di rivivermi. Mi spiego: io col passato ho rapporti di tipo vizioso, e lo imbalsamo in me, lo accarezzo senza posa, come taluno fa coi cadaveri amati. Le strategie per possederlo sono le solite, e le adopero tutt’e due. Dapprincipio mi visito da forestiero turista, con agio, sostando davanti a ogni cocciopesto, a ogni anticaglia regale; bracconiere di ricordi, non voglio spaventare la selvaggina. Poi metto da parte le lusinghe, l’educazione, lancio a ritroso dentro me stesso occhi crudeli di Parto, lesti a cogliere e a fuggire. Dagli attimi che dissotterro – quanti ne ho vissuti apposta per potermeli ricordare!- non so cavare pensieri, io non ho una testa forte, e il pensiero o mi spaventa o mi stanca. Ma bagliori, invece… bagliori di luce e ombra, e quell’odore di accaduto, rimasto nascosto con milioni d’altri per anni e anni in un castone invisibile, quassopra, dietro la fronte… Sento a volte che basterebbe un niente, un filo di forza in più o un demone suggeritore… e sforzerei il muro, otterrei, io che il Non Essere indigna e l’Essere intimidisce, il miracolo del Bis, il bellissimo Riessere

Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore, 1981, ed. cons. Bompiani, 1992, p. 75

 

I giorni dell’estate del 1946, al sanatorio della Rocca nei pressi di Palermo, passano come i gradini della “scala mobile di una Rinascente”, che si assottigliano inesorabilmente e spariscono uno dopo l’altro. Di tutti i giorni che il narratore trascorre nella casa di cura, in compagnia di altri ammalati di tubercolosi – ai quali è destinato a sopravvivere – uno, in particolare, torna nei suoi ricordi. Domenica 18 agosto è la data dell’incontro con la giovane Marta per una passeggiata in città, fra chioschi di granite, viali di palme e confidenze via via più intime, che porteranno ad altri rari ma intensi appuntamenti. Una giornata degna di essere rivissuta, richiamata al presente come un bis a teatro.

Vai a Cartolina per un 18 agosto

Dicono del libro
“Iniziata in tempi remoti e riscritta più volte, Diceria dell’untore incontrò subito, quando fu data alle stampe, nel 1981, un unanime consenso di critica e pubblico, sanzionato dalla vittoria nel Supercampiello dello stesso anno. Stupiva l’esordio tardivo e riluttante dell’autore, la sua distanza dai modelli correnti, la composita ragione narrativa, tramata di estasi e pena, melodramma e ironia; non senza il contrappunto di una sotterranea inquietudine religiosa, come di chi si dibatte tra la fatalità e l’impossibilità della fede… Stupiva, infine, l’oltranza lirica della scrittura, disposta a compromettersi con tutte le malizie della retorica, senza per ciò vietarsi di accogliere con partecipe abbandono l’impeto dei sentimenti più ingenui. La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, fra due malati, un amore-duello sulla frontiera del buio”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Bompiani, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il diciotto d’agosto il sole splendeva e tutti ne apprezzavano ancor più la provvida giocondità dopo i tristi giorni piovosi…”
George Eliot, Adam Bede

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“… Il pomeriggio di quel giorno (il mio diario tascabile mi dice che era martedì 18 agosto), almeno sei o sette tamburi rullarono da vari punti…”
Arthur Conan Doyle, Il mondo perduto

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“…. Ecco qui. Il 18 agosto, capisci, è il 18 agosto 1936… C’è una piccola stazione, come quella di Grafenegg, la vedi?…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… E Phili non può più muoversi dal 18 agosto, mentre noi non possiamo più ripassare da questo 18 agosto…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… Strappai ai miei editori un anticipo di un migliaio di dollari e il 18 agosto ripartii per la Francia…”
Frederic Prokosch, Voci

17 Agosto

17 agosto 2013

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Joan rovistò nella sua valigia aperta e tornò a galla con una manciata di ritagli di giornali. Il primo mostrava l’ingrandimento fotografico di una ragazza con occhi ombreggiati di nero e labbra nere aperte in un largo sorriso. Non riuscivo a immaginare dove mai fosse stata presa una simile fotografia, poi notai gli orecchini e la collana di Bloomingdale che mandava raggi bianchi e splendenti a imitazione di stelle.
Scomparsa una studentessa universitaria. Angosciata la madre.
L’articolo sotto la fotografia diceva che questa ragazza era sparita di casa il 17 agosto, che indossava una gonna verde e una camicetta bianca, che aveva lasciato un biglietto in cui diceva di andare a fare una lunga passeggiata 

Sylvia Plath, La campana di vetro, 1963, tr. it. D. Menicanti, Mondadori 1979, pp.174-5

Nell’estate afosa del 1953 – iniziata negli Stati Uniti con l’esecuzione dei coniugi Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dell’Unione Sovietica– la giovane Esther è tornata nella casa materna, alla periferia di Boston, dopo un mese passato a New York con una borsa di studio. Non è stata ammessa alla scuola per scrittori e, una volta a casa, non riesce a dormire né a leggere; vede gli anni della sua vita “lungo una strada come pali telegrafici collegati da fili, diciannove pali”, dopo i quali i fili pendono nel vuoto. L’incertezza sul suo talento di scrittrice e la mancanza di sonno – con i giorni “abbaglianti come un lungo viale bianco di infinita desolazione” – la trascinano nella depressione. Dalla campana di vetro in cui si sente rinchiusa, finisce nello studio di uno psichiatra, sul lettino dell’elettroschock, finché non tenta il suicidio – camuffandolo da fuga – in un giorno di quell’estate: la vicenda è riportata dai giornali del 17 agosto, in cui Esther, nella clinica dove è ricoverata, si vede ripresa in una vecchia foto. 

Dicono del libro
“E se il Giovane Holden fosse stato una ragazza? In un albergo di New York per sole donne Esther, diciannovenne di provincia, studentessa brillante, vincitrice di un soggiorno offerto dalla rivista di moda più sofisticata, incomincia a sentirsi ‘come un cavallo da corsa in un mondo senza piste’. Intorno a lei, sopra di lei, l’America degli anni Cinquanta chiude una campana di vetro da cui sfugge a poco a poco l’aria”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… prese congedo dalla moglie il giorno 17 agosto 1703, due mesi circa dopo il mio arrivo…”
Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver

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“… giunsero finalmente all’isola di Santa Maria il 17 agosto, alle sei di sera, e calarono l’ancora presso la nave americana Gioia dello Scapolo…”
Herman Melville, Benito Cereno

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“… Di tutte le notti di festa del 17 agosto alle quali ho partecipato nel corso degli anni a Graffenegg, quella fu la più animata e la più lunga…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… A poco a poco, il tempo della narrazione raggiunse il tempo della mia vita effettiva, il 17 agosto, con un caldo atroce…”
Michel Houellebecq, La possibilità di un’isola

16 Agosto

16 agosto 2013

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– Vuoi dire di Elvis Presley in persona?
– Sì, ho lavorato con lui per una decina di giorni, durante le riprese di un film in Messico.
(…)
– Senti, ma quanti anni hai, allora, se hai lavorato niente meno che con il Re? È morto da moltissimi anni, no? Cinquanta? – Mi scappava ancora da ridere, fui in grado di trattenermi per fortuna.
Notai subito che stava recuperando un po’ della sua civetteria. Mi sgridò ancora, per prima cosa.
– Non esagerare. Il prossimo 16 agosto saranno trentaquattro, credo. Non credo di più – 

Javier Marías, Gli innamoramenti, 2011, tr. it. G. Felici, Einaudi, 2012, pp. 292, 293

Dicono del libro
“In un caffè di Madrid, ogni mattina, María Dolz osserva due sconosciuti, un uomo e una donna, affascinata dalla loro felicità. Come se fossero personaggi amati di un romanzo augura alla coppia ‘ tutto il bene del mondo’, spera che la loro storia sia felice. Ma la possibilità di un lieto fine viene spezzata in modo brutale dall’omicidio dell’uomo, Miguel Desvern, ucciso in modo a quanto pare del tutto casuale. Qualche tempo dopo, tuttavia, questa vicenda tragica ma apparentemente chiara, torna a coinvolgere María, facendo vacillare le sue certezze, spingendola a chiedersi se la realtà spiata da lontano in quel caffè non fosse che la maschera di un’altra, più nascosta e sfuggente”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Oggi è il 16 agosto, ragione per cui è tutto regolare…”
Guy de Maupassant, Bel-Ami

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“… Un giorno di quel mese, scrissi su un foglietto: ‘Non ho speranza, ma ancora fiducia. Fede?’ C’è anche la data: 16-8-’84…”
Lalla Romano, Nei mari estremi

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“… Era il 16 d’agosto del 1943 – lunedì – e nei ricordi della famiglia Peruzzi è rimasto impresso perché il giorno dopo, il 17, era l’anniversario del matrimonio…”
Antonio Pennacchi, Canale Mussolini

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“… Erano le due meno un quarto del 16 agosto, anche i parenti più prossimi erano arrivati, l’organista della chiesa improvvisava…”
Torgny Lindgren, Il pappagallo di Mahler

15 Agosto

15 agosto 2013

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Io sono nato  nella città di Bombay… tanto tempo fa. No, non va bene, impossibile sfuggire alla data: sono nato nella casa di cura del dottor Narlikar il 15 agosto 1947. E l’ora? Anche l’ora è importante. Bè, diciamo di notte. No, bisogna essere più precisi… Allo scoccare della mezzanotte, in effetti. Quando io arrivai le lancette dell’orologio congiunsero i palmi in un saluto rispettoso. Oh, diciamolo chiaro, diciamolo chiaro; nell’istante preciso in cui l’India pervenne all’indipendenza, io fui scaraventato nel mondo. Ci fu chi boccheggiò. E, fuori della finestra, folle e fuochi d’artificio. Pochi secondi dopo, mio padre si ruppe un alluce; ma questo incidente era una bazzecola se paragonato a quel che era accaduto a me in quel tenebroso momento: grazie infatti alle tirannie occulte di quelle lancette dolcemente ossequianti, io ero stato misteriosamente ammanettato alla storia, e il mio destino indissolubilmente legato a quello del mio paese. Nei tre decenni successivi non avrei avuto scampo 

Salman Rushdie, I figli della mezzanotte, 1980, tr. it. E. Capriolo, Garzanti 1987, p.11

Fra mezzanotte e l’una del 15 agosto 1947, mentre l’India, dopo il lungo dominio inglese, diventa indipendente, entro le frontiere del nuovo stato nascono mille e uno bambini, dotati di poteri e potenzialità straordinarie. Uno di loro – il narratore di questa storia mitica e allegorica – è Saleem Sinai, nato a Bombay in una famiglia benestante. La sua dote è vedere nei pensieri delle persone e collegare telepaticamente le menti degli altri bambini della mezzanotte. Scoprirà questo suo potere verso i dieci anni, così come scoprirà di non essere esattamente il figlio dei suoi genitori. Intanto, la storia dell’India procede, fra partizioni, conflitti di religione, ascesa di nuovi leader; una storia che non si può riassumere (come la vita di Saleem) e che ha inizio alla metà del sacro mese di agosto, mese di ricorrenze nazionali e feste religiose.  

 

Dicono del libro
“Sinai, l’eroe di questo straordinario romanzo picaresco tradotto in più di 15 lingue, è nato a Bombay il 15 agosto 1947 allo scoccare della mezzanotte., nel momento in cui l’India proclama l’indipendenza. Come lui, tutti i ‘mille e uno’ bambini della mezzanotte possiedono doti straordinarie: forza erculea, capacità di rendersi invisibili e di viaggiare attraverso il tempo, bellezza soprannaturale. Ma lui soltanto può penetrare nel cuore e nel cervello di altri esseri umani”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… anche stasera, 15 agosto 1821, mio compleanno, verso le 10 mi sono distolto dalla mia passeggiata notturna fino in fondo a via Oxford, per rivederla passando…”
Thomas de Quincey, Confessioni di un mangiatore d’oppio

 

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“… Ero venuto per riposarmi un quindici giorni e càpito che è la Madonna d’agosto…”
Cesare Pavese, La luna e i falò

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“… Siamo al 15 agosto. La canicola dura da tre settimane. Il caldo è insopportabile sia dentro che fuori…”
Agota Kristof, La prova

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“… Il 15 agosto del 1901 Lello scrisse sul suo quaderno che Alfonsa aveva partorito una bambina…!
Clara Sereni, Il gioco dei regni

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“… Il 15 agosto del ’45 a Castiglion del Lago si tenne la regata, la prima del dopoguerra..”
Marco Rufini, Il lago

 

14 Agosto

14 agosto 2013

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Il generale tirò fuori la lettera, lisciò con cura il foglio di carta e sotto la luce forte, con gli occhiali sul naso, lesse ancora una volta quelle brevi righe ben allineate, vergate con una grafia appuntita. Intrecciò le mani dietro la schiena e proseguì la lettura. Sul muro c’era un calendario con cifre grandi come pugni. Quattordici agosto. Il generale rovesciò la testa all’indietro e si mise a contare. Quattordici agosto. Due luglio. Calcolava il tempo trascorso tra un giorno remoto e il giorno presente. Quarantun anni, disse infine a fior di labbra

Sándor Márai, Le braci, 1942, tr. it. M. d’Alessandro, Adelphi, 1998, p. 13

Dicono del libro
“Dopo quarantun anni, due uomini, che da giovani sono stati inseparabili (una di quelle amicizie maschili non meno intense del rapporto fra due gemelli monozigoti), tornano a incontrarsi in un castello ai piedi dei Carpazi. Uno ha passato quei decenni in Estremo Oriente, l’altro non si è mosso dalla sua proprietà. Ma entrambi hanno vissuto in attesa di quel momento. Null’altro contava per loro. Perché? Perché condividono un segreto che possiede una forza singolare”

(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 14 agosto seguente, sposavo l’onnipotente ordinatrice della nuit du tournesol..”
André Breton, L’amour fou

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“… il 14 agosto spalancai le porte del mio chalet a un gruppo interessante: scrittori e sottoscrittori delle edizioni Probeta…”
Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares, Il dio dei tori

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“… Una sera il temporale mi ha sorpreso nel sonno, un temporale terribile. Era il quattordici agosto….”
Agota Kristof, La prova

 

13 Agosto

13 agosto 2013

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Lui, chino sul baule, rimestava tra le carte con le mani come se stesse impastando. E quell’impasto era dotato di vita, perché mescolandolo scopriva nomi e visi conosciuti. Di quel mondo ormai scomparso aveva fatto parte anche lui, all’epoca in cui era arrivato, appena diciannovenne, in compagnia dell’altro. Blonde Mary l’aveva vista ballare al Sunburne Palace, ormai appesantita dagli anni, prima che tornasse al suo paese d’origine, la Francia. E aveva conosciuto i primi pionieri, quelli che avevano fondato la città e scoperto le miniere.
Peggy Clum uggiolava al telefono, e poiché tutte le finestre erano aperte, lui la sentì raccontare non solo la faccenda di Paquita ma anche quella dei chiodi e delle vecchie carte. Di tanto in tanto lei ridacchiava.“John, tesoro…”. Il telefono squillò di nuovo; lui si raddrizzò, con la fronte aggrottata e una leggera fitta al petto.
Su una lettera ingiallita aveva letto una data: 13 agosto 1909.

Due giorni esatti prima dell’imboscata in cui aveva rischiato di lasciare la pelle mentre tornava al ranch. Più in basso, tra le righe quasi cancellate, decifrò un nome

Georges Simenon, Il ranch della Giumenta perduta, 1948, tr. it. A. Berello, Adelphi 2010. p. 25

Dicono del libro
“Scritto nel settembre del 1947 (pochi mesi prima di La neve era sporca, in un momento di grande felicità creativa) durante il soggiorno di Simenon in Arizona, La Jument-Perdue apparve a stampa l’anno seguente”.
 (Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… queste lettere non presentano un grande interesse, tranne una datata a Cartagena il 13 agosto del 1824…”
Jorge Luis Borges, Guayaquil

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“… C’era stato, al posto loro, qualche nuovo arrivo, di sinistrati del secondo bombardamento di Roma (il 13 agosto) o di fuggiaschi del sud…”
Elsa Morante, La Storia

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“… Il 13 agosto, giorno in cui compì vent’anni, la contessina Marianna attraversò lo stradone di terra battuta che conduceva alla villa…”
Francesca Sanvitale, Madre e figlia

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“… Spero che ogni essere umano abbia avuto in vita sua un 13 agosto 1925; perché quella giornata, più che una data, era una meraviglia…”
Amélie Nothomb, Igiene dell’assassino

12 Agosto

12 agosto 2013

 

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Erano otto anni che Ruth Young, il dodici agosto, perdeva la voce. La prima volta era capitato quando aveva traslocato in casa di Art, a San Francisco. Per diversi giorni, dalla bocca non le erano usciti altro che sibili, un po’ come un bollitore dimenticato sul fornello. Lì per lì, aveva pensato che si trattasse di un virus, o forse di un’allergia a qualche muffa strana che cresceva solo lì. L’anno successivo, proprio quando cadeva il primo anniversario della loro convivenza, aveva perso di nuovo la voce e Art, scherzando, aveva alluso alla possibile natura psicosomatica di quella laringite. E lei aveva cominciato a chiedersi di cosa si trattasse esattamente. Si ricordò che una volta, da bambina, quando si era rotta un braccio, per alcuni giorni aveva perso la voce.  Come mai? Nel secondo anniversario della loro convivenza, Ruth e Art erano andati ad ammirare le stelle, nel Parco Nazionale dei Monti Tetons. A sentire il dépliant del parco, “durante il picco delle Perseidi, attorno al dodici agosto, il cielo è solcato da centinaia di stelle cadenti o filanti”

Amy Tan, La figlia dell’aggiustaossa, 2001, tr. it. L. Noulian, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 17

Le stelle cadenti visibili nelle notti di agosto, a cui si affidano i desideri, sono invece – per la vecchia madre cinese di Ruth – legate ai fantasmi, e non vanno guardate. Ruth, cresciuta negli Stati Uniti, editor di libri di successo, è figlia della combattiva LuLing, che non ha mai imparato bene la lingua inglese e che porta con sé le storie della famiglia d’origine, racchiuse in un diario scritto in cinese. Anche nella sua casa americana, LuLing mantiene acceso il contatto con i morti della sua stirpe, attraverso riti e oggetti magici. Nel corso della storia, Ruth viene via via in contatto con i segreti della sua famiglia, e con la dimensione prodigiosa dell’esistenza, che si rivela attraverso i segni più impensati, come – per lei –  la perdita ricorrente della voce ogni 12 di agosto, in corrispondenza con il periodo delle stelle cadenti.

Dicono del libro
“LuLing e Ruth. Madre e figlia. Cina e Stati Uniti. Due persone, due mondi si affrontano e si intersecano in un delicato arazzo di affetti e rancori. Ruth, quarantasei anni, è cinese solo nelle fattezze: la sua professione, la lingua, il modo di interpretare la realtà sono quelli di un’americana di oggi. LuLing ha più di settant’anni. La tragica occupazione nipponica precedente la Seconda guerra mondiale e una serie di disgrazie familiari l’hanno costretta a lasciare il suo paese. Pur avendo vissuto per mezzo secolo negli Stati Uniti, è profondamente legata alla terra d’origine: le sue paure, le ansie e le superstizioni sono ancora quelle di una figlia dell’Impero Celeste”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Così io sono seduto qui, oggi 12 Agosto 1766, in casacca viola e ciabatte gialle, senza né parrucca né berretto in capo, il più tragicomico avveramento della sua profezia…”
Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo

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“… Era uscito per salutare… era a capo scoperto sotto il sole… era tornato in casa… era sabato 12 agosto…”
Muriel Spark, La porta di Mandelbaum

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“… questa settimana farai il bar-mitzvah… agosto… 12 di agosto… sì”…”
David Grossman, Ci sono bambini a zigzag (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… ci aveva lavorato per altri cinque mesi prima di presentare la versione definitiva il 12 agosto, in una proiezione privata…”
Paul Auster, Il libro delle illusioni 

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“… si bevve la cioccolata calda il dodici di agosto e poi andò in processione a portare il santissimo…”

Marco Malvaldi,Odore di chiuso

 

11 Agosto

11 agosto 2013

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Faceva già caldo, i pochi alberi rimasti sulla piazza, avevano il fogliame bruciato dal sole e dal fumo dei treni e facevano ben poca ombra. Ma io pensavo solo ai camioncini e non mi importava del caldo. Dopo una mezz’ora, Jacqueline mi disse che aveva sete e avrebbe bevuto volentieri una gazzosa, il tempo c’era. Le dissi di andare a prenderla da sola, non dovevo lasciarmi sfuggire gli operai; lei ci rinunciò e comprò due gelati. Li mangiammo in fretta: ci colavano tra le dita, erano troppo dolci e ci fecero venire più sete. Era l’11 agosto

Marguerite Duras, Il marinaio di Gibilterra, 1952, tr. it. L. Prato Caruso, Feltrinelli, 1993, pp. 9-10

In una delle prime estati del dopoguerra, una coppia di francesi viaggia in Italia. Nel caldo torrido dell’11 agosto, a Pisa, i due giovani trovano un passaggio sul camioncino di un operaio che li invita in un paesino sulla costa tirrenica. Lì  – racconta – si può pescare, passeggiare per il porto e incontrare la leggendaria signora che vive sullo yacht bianco chiamato Gibilterra. Il racconto esercita sul giovane francese una potente attrazione che lo porterà davvero a incontrare la signora del Gibilterra e a imbarcarsi sul suo yacht per un viaggio dalle innumerevoli soste e fughe, che lo allontana per sempre dalla vita precedente.

Dicono del libro
“Un impiegatuccio borghese, scontento del lavoro che fa, della donna con la quale vive, trova il coraggio, durante i giorni di ferie trascorsi a Firenze in un agosto torrido, di prendere una decisione che meditava da tempo: piantare la sua compagna e il lavoro. Mette in atto questa decisione pochi giorni dopo, a Rocca, un paesino vicino a Sarzana. E come per premiare il suo coraggio, il caso sembra finalmente accorgersi di lui”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“La matura perfezione di questa giornata -/ l’undici agosto ma è come fosse settembre…”
Attilio Bertolucci, L’undici agosto

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“… L’ingenuità della donna, incapace di decifrare quei documenti e del tutto indifferente al ritorno ossessivo di quella data… Cuando saò grande tuciderò Ange 11 gosto 1944”
Michel Tournier, Mezzanotte d’amore

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“… ‘Sento molto la tua mancanza, Ana’ questa fu la prima cosa che mi disse l’11 agosto, a sorpresa, all’ora della siesta…”
Almudena Grandes, Atlante di geografia umana

10 Agosto

10 agosto 2013

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Successe il dieci agosto. Per San Lorenzo il cielo è pieno di stelle cadenti, ne contai tredici tornando a casa. Trovai la porta chiusa, e io bussai. Poi bussai di nuovo, con più forza, perché la luce era accesa. Lei mi aprì e restò sulla porta, ma io la scostai con un braccio. Parto domani, disse, la persona che aspettavo è tornata. Sorrideva come se mi ringraziasse, e chissà perché pensai che pensava al mio canto. In fondo alla stanza una figura si mosse. Era un uomo anziano e si stava vestendo. Che cosa vuole?, le chiese in quella lingua che io ora capivo. È ubriaco, disse lei, una volta faceva il baleniere ma ha lasciato l’arpione per la viola, durante la tua assenza mi ha fatto da servo. Mandalo via, disse lui senza guardarmi. C’era un riflesso chiaro sulla baia di Porto Pim. Percorsi il golfo come se fosse un sogno, quando ci si trova subito all’altra estremità del paesaggio

Antonio Tabucchi, Donna di Porto Pim. Una storia, in Donna di Porto Pim e altre storie, 1983, ed. cons. Sellerio 1988, p.85


Il dieci agosto è la data centrale nel racconto Donna di Porto Pim. La donna di Porto Pim, località nell’isola di Faial, nell’arcipelago delle Azzorre, si chiama Yeborath ed è la padrona del locale Bote, dove il giovane Lucas Eduino – figlio di un baleniere dell’isola – canta le melodie della tradizione portoghese. La notte, per tante notti, raggiunge la donna nella sua casa bianca, fino alla sera di San Lorenzo, quando lei lo saluta, lo lascia per un altro, scatenando in Lucas una reazione fatale, per tutti i protagonisti della storia.

Dicono del libro
“Le isole di Tabucchi sono paesaggi che digradano rapidi verso la tentazione metafisica, le sue balene azzurre sirene che cantano di lontananze che appartengono all’essere e non allo spazio e al tempo, le sue gesta di caccia e i suoi naufragi hanno per scenario i campi magnetici e le analogie potenti e misteriose delle parole”.
(Dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

Stelle cadenti Ceccotti 2003

Sergio Ceccotti, Stelle cadenti, olio su tela, 2003

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“… San Lorenzo, io lo so perché tanto / di stelle per l’aria tranquilla / arde e cade…”
Giovanni  Pascoli, X agosto

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“… ed io oggi (10 agosto 1761) faccio in parte le spese della reputazione di quest’uomo…”
Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo

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“… ed era il 10 agosto quando mi disse che la cosa era compiuta e il nuovo acceleratore era una nuova realtà sulla terra…”
Herbert G. Wells, Il nuovo acceleratore

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“… ne abbiamo 10 di agosto, oggi, 10 di agosto e non manca che poco più di un mese, un mese e mezzo al tuo ritorno…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Tutto questo mi pare di avertelo già scritto in quella lettera che ti ho mandato verso il 10 agosto, giusto?…”
Murakami Haruki, Norwegian Wood

9 Agosto

9 agosto 2013

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Gli eserciti  nemici che si trovavano nelle foreste vergini dello Horican passarono la notte del 9 agosto 1757 come se fossero stati nel più bel campo d’Europa. Mentre i vinti erano silenziosi, torvi e afflitti, i vincitori si abbandonavano al trionfo. Ma ci sono limiti tanto per il dolore quanto per la gioia, e molto prima che cominciassero i turni di guardia del mattino, il silenzio di quei boschi sconfinati era rotto soltanto da un gaio richiamo di qualche esultante giovane francese dei picchetti avanzati o da un’intimazione minacciosa dal forte, che vietava rigidamente l’accostarsi di qualunque passo nemico prima del momento convenuto. Nemmeno questi occasionali suoni minacciosi si udirono più nell’ora smorta che precede il giorno, momento nel quale un ascoltatore avrebbe invano cercato una prova della presenza di quelle forze armate che erano assopite sulle sponde del “lago sacro” 

James Fenimore Cooper, L’ultimo dei Mohicani, 1826, tr. it. F. Pivano, Einaudi, 1992, p. 174

Nell’antica provincia di New York, sulla riva meridionale del lago George, Francesi e Inglesi combattono per il possesso dei territori nordamericani. Il 9 agosto 1757 si è concluso l’assedio al forte William Henry, a sfavore degli Inglesi. Questi, al comando del colonnello Munro, hanno trattato la resa coi Francesi, alleati degli indiani Uroni. Nell’umida notte del 9 agosto aspettano di abbandonare il forte con gli onori militari. Ma li attende un’imboscata e il rapimento delle figlie del colonnello alla cui ricerca, in mezzo alle foreste, partono la guida Natty Bumppo e il giovane mohicano Uncas. L’episodio storico dell’assedio al forte William Henry si svolse dal 3 al 9 agosto del 1757.

 

Dicono del libro
L’ultimo dei Mohicani (1826) è il secondo dei cinque romanzi che compongono la serie delle avventure di Natty Bumppo (qui Occhio di Falco), il mitico eroe che la fantasia di James Fenimore Cooper fece rivivere nel Nord America, sulle rive del Lago Sacro, tra il 1740 e il 1806, al tempo dell’ultima guerra tra Francia e Inghilterra. Nelle tormentate vicende belliche , tra agguati, imboscate, incendi e scorrerie, sullo sfondo di una natura grandiosa e incontaminata, Occhio di Falco troneggia imponente al di sopra dell’odio degli avversari bianchi e di colore che partecipano alla guerra”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 9 d’agosto verso sera, inquieto, si era portata una seggiola nel vano di una finestra del Quirinale…”
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo

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“… Il nove di agosto, quando ancora non era arrivata la prima lettera da Bruxelles, José Arcadio Secondo chiacchierava con Aureliano…”
Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

8 Agosto

8 agosto 2013

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E veniamo ora al meccanismo dei delitti di Nigger Island. Acquistare l’isola, usando come intermediario Morris per coprire le mie tracce, fu facile. L’uomo era un esperto in queste cose. Esaminando tutte le informazioni che avevo raccolto sulle vittime designate, mi riuscì di offrire a ciascuna l’esca più adatta. Neppure uno dei miei piani fallì. Tutti gli ospiti arrivarono a Nigger Island l’8 agosto. La piccola compagnia comprendeva me stesso  

Agatha Christie, Dieci piccoli indiani, 1939, tr. it. B. Della Frattina, Mondadori 1994, p.204

L’otto di agosto (8-8)  è la data di arrivo degli ospiti del signor Owen nella sua residenza di Nigger Island, isolotto che diventa irraggiungibile dalla costa del Devon in caso di tempesta. Gli invitati  non si conoscono fra di loro, ma quella sera stessa – nella casa dove dieci statuine di porcellana poggiano sul tavolo e alla parete delle stanze è incorniciata  la filastrocca “e poi non ne rimase nessuno” – avranno modo di apprendere da una registrazione di essere stati chiamati lì per qualche ambiguo crimine commesso in passato. Mentre il mare tempestoso di agosto interrompe i collegamenti con la terraferma, si mette in moto il sadico meccanismo dei delitti punitivi, che verrà spiegato per intero solo da un manoscritto in bottiglia, rinvenuto in mare da un peschereccio. 
Dicono del libro
“Dieci persone estranee l’una all’altra sono state invitate a soggiornare in una splendida villa a Nigger Island senza sapere il nome del generoso ospite. Eppure, chi per curiosità, chi per bisogno, chi per opportunità, hanno accettato l’invito”.
(Dalla bandella dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… ricordandom’io pur testé che la festa di san Lorenzo sia di qui a due dì…”
Boccaccio, Decameron

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“… Era l’8 agosto, data festiva e patriottica per la città, che commemorava l’episodio del ’48, e i carabinieri avevano avuta la sveglia due ore prima…”
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo

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“… L’otto di agosto, ignara di tutto, sono in Palazzo, intenta alle solite cure di corte…”
Maria Bellonci, Rinascimento privato

7 Agosto

7 agosto 2013

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Se qualche dubbio era rimasto a zia Eloisa riguardo al fatto che l’uomo fosse una specie destinata a sparire dalla Terra, esso fu cancellato definitivamente quel 7 agosto 1945 quando, ancora a letto, mezzo addormentata fra i suoi gatti birmani, bevendo il suo primo tamarindo della giornata, lesse sul giornale locale che una bomba atomica era stata sganciata sopra Hiroshima. Non pensò che la demenza umana fosse giunta al parossismo – era già successo infinite volte nella storia – bensì che fosse ormai impossibile fermare il processo che conduceva la specie al suicidio, ovvero non c’era il tempo necessario per cambiare radicalmente la struttura di una società che, elevando la violenza a modalità d’azione, preparava nell’ignoranza la propria rovina. Richiuse il giornale 

Marvel Moreno, In dicembre tornavano le brezze, 1987, tr. it. M. Molteni, ed. cons. Giunti, 1991 p. 17

La storia di una grande famiglia colombiana è raccontata, in questo romanzo, dalla parte delle donne  e segue il corso di diverse generazioni (nonne, figlie, nipoti) e ramificazioni (zie, prozie, amiche). Il tempo scorre in modo irregolare, con ritorni e soste, tanto che a volte si ha l’impressione che “non correva né passava”. Le date riguardano feste e traumi, matrimoni e morti, ricorrenze religiose e nazionali o – come in questo caso – eventi storici (la bomba su Hiroshima il 6 agosto del 1945)  la cui eco arriva nella città di Barranquilla, confermando l’attrazione degli uomini per la distruzione agli occhi smagati delle donne di casa, come la zia Eloisa, che legge la notizia di Hiroshima, il 7 di agosto.

Dicono del libro
“A Barranquilla, città del Caribe colombiano, dove l’aria si impregna di calore e profumi intensi, di colori violenti e odori grevi, dove le razze e la tradizioni umane si mescolano in un amalgama di passioni e tensioni, torna la memoria di Lina, ormai da anni emigrata a Parigi. Testimone e compartecipe di molte vicende, Lina si fa narratrice dei destini intrecciati di uomini e donne di molte generazioni”.

(Dalla bandella dell’ed. Giunti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Lasciai Auxerre il 7 agosto, data che non dimenticherò mai. Avevo percorso circa due leghe…”
Donatien Alphone François De Sade, Justine

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“… Capo Confort fu segnalato la mattina del 7 agosto. La terra groenlandese termina un po’ più a est…”
Jules Verne, La caccia al meteorite

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“… 7 agosto: primo giorno d’autunno. Per una volta tanto sono vissuto nel presente!…”
Palinuro, La tomba inquieta

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“… Ma Arthur Banning non trovava mai la donna dei suoi sogni. Esattamente alle 3,27 di venerdì 7 agosto finii la storia…”
John Fante, La strada per Los Angeles

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“… tra la poca corrispondenza accumulata sotto la porta trovai una lettere di Sensini con la data del 7 agosto. Era una lettera d’addio…”
Roberto Bolaño, Chiamate telefoniche

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Lucio Battisti, 7 agosto di pomeriggio (segnalazione di Giorgia Nespola)

6 Agosto

6 agosto 2013

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6 agosto. Si ebbe quel giorno la benedizione di una pioggia fitta e continua che durò da mezzogiorno sin quasi all’imbrunire. Rimpiangemmo allora amaramente la perdita della nostra brocca e della nostra damigiana; dappoiché, nonostante i mezzi insufficienti di cui ci trovavamo a disporre per raccogliere l’acqua, avremmo certo potuto riempire l’una o l’altra, se non proprio tutte e due. Riuscimmo, in ogni modo, a calmare gli ardori della nostra sete lasciando che le camicie si impregnassero d’acqua per spremerci quindi in bocca, torcendole, il liquido benefico. Fu intenti a questo che trascorremmo la giornata

Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym, 1838, tr. it. E. Vittorini, ed. cons. Mondadori, 1990, p. 132

Nell’inquietante viaggio del giovane Arthur Gordon Pym, imbarcatosi di nascosto sulla baleniera Grampus, le date fissano eventi come l’ammutinamento dei marinai, le tempeste, la discesa in terre enigmatiche e pericolose, la perdita delle provviste, con la conseguente ricerca disperata dell’acqua da bere. La pioggia del 6 agosto, in una zona a sud dell’equatore, è una benedizione, che prelude all’avvistamento – il giorno successivo – di una goletta. L’acqua raccolta ingegnosamente durante la pioggia australe diventa quasi un modo di tenere la scansione del tempo, nel lungo vagare del protagonista per mari e terre che ancora sfuggono alla misura.

Dicono del libro
“Gordon Pym, il protagonista di questo lungo racconto, cacciandosi nella stiva di una baleniera, si imbarca inconsapevolmente in una serie di avventure stravaganti. Per mezzo di Pym, l’autore rappresenta le sue ossessionanti fantasie. Questo è un viaggio senza ritorno oltre il più lontano confine della ragione, ‘la cui meta è la distruzione’.”

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Siamo nell’estate del 1957, in agosto, a Hiroshima. Una francese di una trentina d’anni è in questa città. È venuta qui per recitare in un film sulla Pace…
Marguerite Duras, Hiroshima mon amour

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“… finché il 6 agosto 1824, in un palco dalle funeree cortine che prefigurava quello di Lincoln, una pallottola desiderata entrò nel petto del traditore e dell’eroe…”

Jorge Luis Borges, Tema del traditore e dell’eroe

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“… un contratto in base al quale prendeva in affitto per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 6 agosto 1940, la casa posta al n.460 di Hill Drive…”
Ellery Queen, Il paese del maleficio

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“… Napoli, 6 agosto 1901. Sua eccellenza trascorreva le sue giornate stando seduto davanti alla finestra a guardare il cielo..”
Sebastiano Vassalli, Il cigno

5 Agosto

5 agosto 2013

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E, a dir il vero, il sole, la solitudine, le notti passate sotto il roteare delle stelle, il silenzio, lo scarso nutrimento, lo studio di argomenti remoti, tessevano attorno a me come una incantazione che mi predisponeva al prodigio.
Questo avvenne la mattina del cinque Agosto, alle sei. Mi ero svegliato da poco ed ero subito salito in barca, pochi colpi di remo mi avevano allontanato dai ciottoli della spiaggia e mi ero fermato sotto un roccione la cui ombra mi avrebbe protetto dal sole che già saliva, gonfio di bella furia, e mutava in oro e azzurro il candore del mare aurorale. Declamavo, quando sentii un brusco abbassamento dell’orlo della barca, a destra, dietro di me, come se qualcheduno vi si fosse aggrappato per salire. Mi voltai e la vidi

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La Sirena, 1956-57, in I racconti, ed. cons. Feltrinelli, 1993, pp. 117-118

A Torino, nel 1938, un giovane giornalista siciliano conosce il senatore catanese Rosario La Ciura, illustre studioso di greco, autore di scritti da cui trapela un senso “quasi carnale dell’antichità classica”. Nel corso di alcuni incontri, il giovane raccoglie le considerazioni dell’uomo, i suoi ricordi nitidissimi della Sicilia e infine il racconto di un evento prodigioso, che risale all’estate eccezionalmente calda del 1887. L’allora ventiquattrenne Rosario La Ciura, già laureato in lettere antiche, si prepara al concorso per una cattedra universitaria di letteratura greca. Studia come un pazzo, nutrendosi di olive nere e caffè, e per salvarsi dal caldo infernale, si trasferisce nella casa di un amico, ad Augusta, in un paesaggio dove i libri di greco sembrano mettere in comunicazione il presente con il mito. Ed è proprio nel mare di Augusta che il giovane studioso entra in contatto con la creatura che dà il titolo al racconto, la sirena Lighea, la mattina del 5 di agosto.

Dicono del libro
“Ma il racconto più celebre della raccolta è senza dubbio La Sirena (precedentemente con il titolo imposto dalla vedova dell’autore, Lighea), scritto dopo una gita lungo la costa meridionale della Sicilia. Al centro della favola, al limite tra il reale e il surreale, si accampa un personaggio formidabile: il vecchio professor La Ciura, il quale, da giovane, conobbe l’amore della Sirena, e non poté più gustarne altro”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 5 agosto il litorale era completamente deserto. Convinti che la flotta tedesca avrebbe presto dato l’assalto al Canale della Manica…”
Rosamond Lehmann, Le ragazze dai capelli rossi

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“… La giovane coppia si sposò per la prima volta il 5 agosto 1744, quando Joseph aveva appena otto anni e Sarah sei…”
Jonathan Safran Foer, Ogni cosa è illuminata (segnalazione di Sandra Muzzolini)

pittura

Sassetta, Madonna della neve, 1430-32, Firenze, Uffizi
nella predella: è rievocata la nevicata miracolosa del 5 agosto a Roma, sull’Esquilino, nel luogo dove successivamente sorgerà la basilica di S. Maria Maggiore

Masolino da Panicale, Miracolo della neve, 1428 ca., Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte

4 Agosto

4 agosto 2013

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Tutte le particolarità del giorno terribile gli tornarono alla memoria: – l’annunzio improvviso portato alle Torrette di Sarsa, verso le tre del pomeriggio, da un corriere ansante che balbettava e piagnucolava; il viaggio fulmineo, a cavallo, sotto la gran canicola, su per le coste infiammate, e nella corsa i sùbiti mancamenti di forza che lo facevano pericolare; e poi la casa tutta piena di singhiozzi, piena d’uno strepito di porte sbattute dalla raffica, piena del rombo ch’egli aveva nelle arterie; e infine l’entrata impetuosa nella stanza, la vista del cadavere, le tende che si gonfiavano e garrivano, il tintinnio dell’acquasantiera su la parete… – Il fatto era avvenuto nella mattina del 4 agosto, senza alcuna preparazione sospetta. Il suicida non aveva lasciata nessuna lettera, neppure per il nipote.  Il testamento, nel quale costituiva erede suo unico Giorgio Aurispa, era già pronto da tempo 

Gabriele D’Annunzio, Trionfo della morte, 1894, ed. cons. Mondadori 1977, pp.173-74

Giorgio Aurispa, il giovane abruzzese protagonista del romanzo, ha lasciato Roma – la città dove ha conosciuto l’amante Ippolita Sanzio – e si trova nella casa di Guardiagrele, a dirimere una lite fra i genitori. Fra tutti i componenti della sua famiglia d’origine, ha sentito un legame profondo con il defunto zio Demetrio, da cui è stato scelto come erede. In questa pagina, Giorgio visita la stanza dello zio, ricordando le sue doti di musicista, e ne rievoca il suicidio, avvenuto un 4 di agosto. L’attrazione per la morte, di cui parla il titolo del romanzo, accompagna tutte le giornate del protagonista, anche quelle trascorse con l’amante Ippolita, e dirige i suoi pensieri, la memoria e l’attitudine a rivivere “ore di vita già vissute”.

Dicono del libro
“Terzo e ultimo dei ‘Romanzi della Rosa’, Trionfo della morte ci presenta varie situazioni fortemente legate alla biografia di D’Annunzio (…) i travagli del protagonista raggiungono la loro conclusione tragica anche in seguito a violente esperienze intellettuali – che si accentrano sul tema ossessivo della Morte – riferite morbosamente all’arte di Wagner e al pensiero di Nietzsche: due ‘modelli’, allora, per lo spirito di D’Annunzio”.
(Dalla quarte di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… La notizia fu recata il 4 (agosto) a Bakùnin quasi insieme da Alceste Faggioli e dallo Storto…”
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo

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“… Si trattava quindi del duecentosedicesimo giorno dell’anno 1823. Homboe cercò il calendario: la lettera era stata  impostata a Copenaghen il 4 agosto 1823…”
Denis Guedj, Il Teorema del Pappagallo

3 Agosto

3 agosto 2013

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“E poi lo ricordo bene (come se fosse oggi) il pomeriggio del tre agosto 1902… Una madre può parlare a cuore aperto con un figlio grande… Quanti anni hai adesso?”
“Quarantasette…”.
“Hai la tua età!… Il pomeriggio del tre agosto 1902, dopo che sì, insomma, saresti nato tu, io cantavo come un cardellino, e lui invece aveva la fronte diafana che gli si vedeva trasparire il mal di testa come un serpente attorcigliato al povero cervello..”

Vitaliano Brancati, Paolo il caldo, 1955 (postumo), ed. cons. Mondadori, 1976, p. 204

Paolo Castorini, discendente di una nobile famiglia catanese, è nato il 3 agosto del 1902, ed è segnato – nell’indole – da un’accesa sensualità, un fuoco che richiama il clima rovente del mese di agosto nella città ai piedi dell’Etna. Attratto dalle donne, sin da ragazzo intreccia un’avventura dopo l’altra, in questo dimostrandosi opposto al padre, uomo solitario e dedito agli studi, morto suicida. Anche a Roma, dove si trasferisce, Paolo il caldo è schiavo della sua ossessione sessuale. Quando torna a Catania, il giorno del suo quarantasettesimo compleanno, la madre rievoca la sua nascita, il 3 agosto, “un pomeriggio in cui il vento africano soffiava arroventato”.

Dicono del libro
Paolo il caldo è la storia di un giovane meridionale invasato di ‘gallismo’ che cerca prima in Sicilia e poi a Roma lo sfogo alla propria sensualità. Sullo sfondo delle sue avventure, ora tragiche ora grottesche, sta il decadimento fisico di una famiglia, mentre nel gioco della sensibilità amorosa, nelle delizie e nelle inquietudini della carne s’insinua l’esperienza della corruzione e della vecchiaia, il senso del peccato e della morte”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Poi, il tre di agosto, hanno portato un prigioniero, alla cittadella, e io ho cominciato a dirmi che aveva molte qualità…”
Stendhal, La Certosa di Parma

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“… Capitano Ezekiel Hardy che sulla punta della sua lancia fu ucciso da un capodoglio sulle coste del Giappone il 3 agosto 1833…”
Herman Melville, Moby Dick

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“… Alla tigre dei simboli ho opposto / quella vera, del sangue, fiammeggiante, / quella che decima tribù di bufali / e oggi, 3 agosto del ’59, / sopra il pascolo stende la sua lenta / ombra, senonché questo nominarla…”
Jorge Luis Borges, L’altra tigre