Il Musée du Temps di Besançon

Il Musée du Temps di Besançon. Un luogo speciale per cercatori di tempo, raccontato da Alma Gattinoni e Giorgio Marchini, che lo hanno visitato nell’agosto del 2017.
Con grande curiosità abbiamo visitato il Musée du Temps di Besançon nello Jura francese. La città ha dedicato i tre piani del nobile Palazzo Granvelle per celebrare un’arte che ha segnato per secoli lo spazio cittadino, dall’alto artigianato delle boîtes, involucri preziosi contenenti meccanismi di orologeria provenienti dalla Savoia, dall’Haut-Doubs o dalla Svizzera, alla fabbricazione degli orologi stessi. Un’evoluzione di materiali, forme e tecniche, che viene ricostruita con una selezione di esempi, dai quadranti solari più antichi alle clessidre, ai globi celesti, agli orologi da parete, da tavolo, da tasca, da polso, da fabbrica, fino alla rivoluzione del quarzo e agli orologi atomici. Ricca la suggestione di stili delle varie epoche, suadenti gli echi di ticchettii che si rincorrono da una stanza all’altra, palpabile la preoccupazione estetica di oggetti che nel passato più che la precisione inseguivano il prestigio e la singolarità e che ora sono testimoni sopravvissuti agli assenti proprietari. Varianti particolari sono concentrate nel Cabinet de curiosités con pezzi sorprendenti come i tableaux-montres, che integrano in quadri dipinti congegni segna-tempo con meccanismi funzionanti, o nella Salle de la Tenture, tra le rappresentazioni artistiche, una serie di arazzi dedicata a Carlo V, in bilico tra smania di potere e consapevolezza della precarietà del tempo umano.

Ma la chicca forse più rilevante aspetta il visitatore al terzo e ultimo piano, quando sale i gradini che lo conducono alla sommità della torre. Qui ha l’avventura di vedere realizzato il Pendolo di Foucault, osservarne il movimento ipnotico e capire il legame tra la battaglia del Seicento di Galileo e l’esperimento parigino del 1851.
Formidabile passeggiata nei corridoi del tempo e nelle pieghe del desiderio umano di sondare il suo mistero e dominarlo, misurandolo. Effetto-domino di infinite soluzioni, strumentazioni tecniche e trovate geniali per imbrigliare l’essenza sfuggente del tempo fino a “fabbricarlo”. Colpisce la ricchezza di esempi ordinati cronologicamente nella Galerie de la mesure du temps del primo piano, ma anche in tutte le altre sale del secondo e del terzo. L’evoluzione stessa dell’estetica oltre che della tecnica rende evidente il passare dei secoli e riserva continue sorprese, accompagnate da agili didascalie per cogliere le principali fasi di questa meravigliosa sfida. “Il sole mente, l’orologio dice il vero” recita uno dei tanti slogan. Si potrebbe aggiungere: quando la scienza, la tecnica e l’economia si coniugano con la bellezza generano poesia.

Alma Gattinoni e Giorgio Marchini sono autori – fra l’altro – del volume Dare tempo al tempo. Variazioni sul tema nella poesia italiana del Novecento (Giulio Perrone editore, 2016). 

#TempoinVerso: Interferenze poetiche al Macro di Roma

Il 23 settembre 2016 – al Museo Macro di Roma – ha avuto luogo #TempoinVerso, uno degli appuntamenti partecipativi che hanno accompagnato la mostra Dall’Oggi al Domani. 24 ore nell’arte contemporanea, allestita dal 29 aprile al 2 ottobre 2016 presso la Sala Bianca del Museo di via Nizza.

#TempoinVerso. Interferenze poetiche a regola d’arte – questo il titolo completo dell’evento – è un itinerario di connessioni tra alcune delle opere in mostra, tutte dedicate al Tempo, e una scelta di poesie, tratte dall’antologia Dare tempo al tempo. Variazioni sul tema nella poesia italiana del Novecento (Giulio Perrone Editore, 2016, qui recensione nel blog), a cura di Alma Gattinoni e Giorgio Marchini, con prefazione dello scrittore e critico Paolo di Paolo, che ha condotto con Antonella Sbrilli il pomeriggio al Macro.

Tempo è forse una delle parole più importanti e ricorrenti nel linguaggio dell’uomo. Non è forse vero che ogni nostra azione (o progetto) è tesa ad esorcizzare l’angoscia dell’impermanenza delle cose? Con questa riflessione dei curatori del volume ha avuto inizio il gioco di accostamenti, dove la parola gioco sottolinea l’importanza dell’elemento creativo attraverso il quale, liberandosi dalle rigide griglie del reale, si accede a quella dimensione dello spazio-tempo dove l’immaginazione e la fantasia generano nuove connessioni prima non individuate.
2016-23-settembre-macro-poesia
Una decina di poesie, selezionate dai curatori fra le 130 raccolte nell’antologia (in un ordine alfabetico che va da Accrocca  a Zeichen) sono state avvicinate ad altrettante opere in mostra, fra cui le fotografie quotidiane di Roman Opalka, le sequenze di date di Hanne Darboven, il diario del XX secolo di Daniela Comani, i calendari di Alighiero Boetti: questo artista fa da trait-d’union fra la mostra (il cui titolo è una delle frasi di 16 lettere fatte ricamare da lui) e l’antologia di Gattinoni e Marchini, il cui titolo è anch’esso una frase sul tempo scelta da Boetti per uno dei suoi quadrati magici.

A questo link –  2016-settembre-23-macro-interferenze-poetiche – è  scaricabile la presentazione in pdf, con tutti gli accostamenti proposti.
Le letture, nel pomeriggio del 23 settembre, sono state fatte dai curatori del volume, da Paolo di Paolo e dagli ospiti.
Gabriella Palli Baroni ha introdotto e letto la poesia di Attilio Bertolucci Gli anni (da Lettere da casa, 1951), dove risalta – casualità –  un’atmosfera settembrina di primo autunno.
Claudio Damiani ha letto una sua poesia tratta dalla raccolta Attorno al Fuoco (2006), accostata – per l’occasione –  all’opera di Enrico Benetta, una grande clessidra in cui lo scorrere della sabbia è sostituito dal coagularsi di caratteri bodoniani, lettere e cifre che raddensandosi alle due estremità opposte della struttura protendono l’una verso l’altra senza mai raggiungersi (qui la recensione dell’opera sul blog).
Gabriella Sica ha letto 8 marzo,  tratta dalla sua raccolta Poesie Familiari (2001) e stavolta l’opera accostata era Compleanno, di Bertozzi e Casoni. La scultura in ceramica policroma dei due artisti cristallizza il tempo nei resti di una festa: nella torta di un compleanno trascorso è inserito un teschio di animale, nel vuoto di una fetta di dolce mancante, che lascia in bocca l’amaro sapore di un presagio di morte. Sica stessa introduce la poesia sottolineando la strana coincidenza dell’opera di Bertozzi e Casoni con il suo testo, composto proprio nell’ultimo compleanno di suo padre.
In questa rete di emergenze e di coincidenze, la serendipity ha voluto che  l’accostamento conclusivo mettesse vicini una intensa poesia di Vito Riviello, Tempo a pensare, da Apparizioni, e un’opera verbo-visiva di Lamberto Pignotti, una conversazione fra angeli musicanti,  in cui si legge: «Perché dobbiamo fare proponimenti proprio il 1° gennaio? Cosa c’è di male nel 16 maggio o nel 23 settembre?».
L’incontro si conclude con un invito ai presenti a ricercare altre interferenze che colgano – nei mezzi delle arti visive e in quelli della parola – gli aspetti elusivi del tempo, restituendoli all’esperienza percettiva di chi guarda e ascolta.

«Questa piazza è un orologio vasto / una macchina accordata  / che si misura lenta nel tempo.  / È un bosco pietrificato / una scogliera, / la meridiana muta della mente.»
Valerio Magrelli, Ora serrata Retinae – Rima Palpebralis

Sara Fiorelli

Donare tempo al tempo: l’antologia di Alma Gattinoni e Giorgio Marchini

È stata la poetessa Wislawa Szymborska a suggerire che il calendario è il libro best-seller per eccellenza, puntuale, di elevata tiratura, umile ed epico al tempo stesso. E proprio con un calendario – un calendario dell’anno nuovo messo in valigia come un talismano –  si conclude l’antologia Dare tempo al tempo. Variazioni sul tema nella poesia italiana del Novecentogattinoni marchini curata da Alma Gattinoni e Giorgio Marchini (Giulio Perrone Editore, 2016).

L’immagine del calendario viene da una poesia di Valentino Zeichen (A Mireille) in cui l’autore ricorda l’uso scaramantico di un calendario all’inizio dell’anno nuovo, come amuleto di “un ricambio / di giorni futuri”. È l’ultima poesia fra quelle scelte dai due curatori per accompagnare i lettori in un vero viaggio nel Tempo, non nel passato o nel futuro, ma nelle parole – molto presenti – con cui la poesia italiana ha cercato di tradurre “il grande enigma del tempo”, catturandolo “con una rete che vorrebbe accerchiarlo e invece si fa sempre più larga, fino ad abbracciare il mondo”.

La poesia di Zeichen è ultima, in questa antologia di centotrenta componimenti di altrettanti autori nati nel XX secolo, perché il cognome del poeta inizia con la Z e conclude la sequenza alfabetica scelta come criterio e ordine di apparizione dei protagonisti. In un’antologia di poesie sul tempo, è escluso l’ordine cronologico, perché il susseguirsi degli anni – di nascita degli autori, di stesura e pubblicazione delle poesie – non è che uno dei possibili segni del tempo, quello della linearità, del prima e del dopo. Il criterio alfabetico – con la possibilità di accedere da un punto qualunque, in una interrogazione quasi ipertestuale – sgancia i testi poetici dalla linea diritta della storia e li sistema invece nei riquadri con le lettere degli alfabetieri, che possiamo spostare a piacere, ricombinare, sistemare – volendo –  in quadrati. Non per niente il titolo del libro di Alma e Giorgio si richiama a uno dei quadrati magici di Alighiero Boetti, dove le sedici lettere della frase “Dare tempo al tempo” sono scritte in quattro righe verticali, consentendo variazioni e percorsi imprevisti e personali.

Come bussola per la lettura, c’è il lungo e articolato commento dei curatori, dal titolo Per un alfabeto poetico del tempo, che ripercorre tutte le presenze poetiche dell’antologia e le lega insieme con accortezza, accostando citazioni poetiche e commento in prosa, perché risaltino le rime interne fra un poeta e un altro, i ritorni (di temi, di parole) fra poeti distanti, le felici coincidenze risaltanti dalla contiguità.

Come nell’opera di Boetti evocata dal titolo si leggono, zigzagando dal basso all’alto, le parole  “permeato” e “date”, così nell’antologia si incontrano tutte le misure del tempo, insieme – come nota nella prefazione Paolo di Paolo – con i segni del tempo atmosferico. E poi le date, i segnatempo, le sveglie, le memorie sinestetiche, gli avverbi del tempo quotidiano, tutto reso ancora più pregnante dalla sostanza metrica, e dunque temporale, del linguaggio poetico.
A suggello di questa opera rigorosa e accostevole, sta in copertina un collage del grande poeta visivo Jiří Kolář, dal titolo Omaggio all’alfabeto (1990).

Il 23 settembre 2016, nella sala Cinema del Macro di Roma (ore 17-19), presentazione del volume con gli autori, Paolo di Paolo, Claudio Damiani, Gabriella Palli Baroni, Gabriella Sica. Interferenze poetiche a regola d’arte. #TempoinVerso
(Antonella Sbrilli @asbrilli)