Lento e lontano nel futuro 2

di Sandra Muzzolini

“L.T.A.P., Long-term Art Projects”, è un network di progetti indipendenti tra loro ma tutti destinati a compiersi in un orizzonte di tempo molto lontano. Sono progetti artistici che si concluderanno tra decenni o anche tra secoli e chi li ha ideati ha messo in conto di non poterne seguire l’evoluzione, ma di doverli affidare ai posteri.
Il network è stato fondato da Michael Münker, uno degli organizzatori del progetto “Le lettere di Utrecht”: a partire dal 2012 ogni sabato pomeriggio una nuova lettera incisa in una mattonella di pietra viene posta lungo una via della cittadina olandese e progressivamente le lettere diventano parole e le parole diventano versi. È una poesia collettiva potenzialmente infinita: gli autori dei versi si alternano e gli abitanti contribuiscono con donazioni per l’acquisto delle mattonelle. Possiamo immaginare che sia rivolto ad essi uno dei versi finora composti, che così recita. “Sei, lo sai, il centro di questa storia. Questa è eternità. Dura. Ha il tempo.”

Fanno parte del network alcuni progetti di cui si è parlato nel precedente post (Lento e lontano nel futuro 1), come “Future Library” e quello della cittadina di Halberstadt in cui viene eseguita la composizione Organ 2/ASLSP (As Slow As Possible).

Un altro progetto musicale a lungo termine è “Longplayer”, una composizione musicale per campane tibetane che è in produzione all’interno del faro di Trinity Buoy Wharf  a Londra e che è stata concepita per durare 1.000 anni. Iniziata alla mezzanotte del 31 dicembre 1999, continuerà a suonare fino alla fine del 2999 e ricomincerà da capo all’inizio del nuovo millennio. Il compositore Jem Finer chiarisce che questo non è solo un progetto di musica: nelle fasi della sua complessa realizzazione il gruppo che lo ha affiancato si è confrontato su temi filosofici e su questioni di fisica, di meccanica quantistica e di cosmologia. L’idea era quella di creare un continuum, una musica sospesa in un eterno presente e che allo stesso tempo riecheggi il passato – anche grazie all’uso delle suggestive campane tibetane in bronzo – e si proietti nel futuro.
Più lontano ancora è l’appuntamento con la conclusione del progetto “Zeitpyramide”, ovvero Piramide del tempo, un’opera d’arte pubblica della cittadina tedesca di Wemding che dovrebbe essere portata a termine nel 3183. L’artista Manfred Laber, scomparso nel 2018, ha affidato alla cittadina il compito di collocare sul terreno una piramide costituita da 64 blocchi di cemento, 8 per lato alla base con serie di blocchi più alti all’interno; il primo è stato posato nel 1993 e il successivo a distanza di 10 anni, per cui al momento ci sono solo 4 blocchi, quattro parallelepipedi con la base quadrata di circa 1 metro e 20 e alti circa 1 metro e 80. Per la comunità del luogo questi blocchi di cemento hanno già assunto la valenza di segni del tempo che passa, sono diventati una sorta di calendario: ricordano a quali precedenti cerimonie hanno partecipato e ora ci portano i loro figli o nipoti e collocano i loro ricordi in tempi contrassegnati dalla presenza di una o due o tre pietre.
Gli ideatori di questi progetti a lungo termine si sono naturalmente posti il problema di possibili rischi futuri, messi in luce dal responsabile della Fondazione che cura l’esecuzione per organo nella chiesa di Halberstadt: attacchi terroristici o guerre, cambiamento climatico, estinzione dell’umanità stessa. Le conseguenze prodotte dai cambiamenti climatici si faranno sicuramente sentire nella cittadina di Utrecht, che è a pochi metri sul livello del mare: la poesia sul selciato è destinata ad essere sommersa.

Questi progetti però si fondano su un’idea positiva e propositiva di continuità con le generazioni future, un senso di responsabilità nei confronti dei posteri. Parlando del progetto “Future Library”, Margaret Atwood, che è stata la prima scrittrice a fornire un suo libro alla biblioteca di Oslo, lo ha definito ottimista proprio perché presuppone che fra 100 anni saremo ancora qui.

Sandra Muzzolini

L’immagine di apertura è un modello della Piramide del Tempo, dal sito
wemding.de/poi/manfred_laber_1932-2018-39161/

Altri link suggeriti: 

https://www.linkiesta.it/2018/03/le-strade-di-utrecht-sono-lastricate-con-i-versi-di-una-poesia-in-prog/   

https://www.milliongenerations.org/index.php?title=LTAP

 

I 21 giugno del conte Rostov: una nota di Sandra Muzzolini

Su Twitter negli ultimi mesi molti lettori, scrittori e blogger hanno fatto notare la rilevanza – in tempi di lockdown –  della vicenda narrata dallo scrittore statunitense Amor Towles nel libro A Gentleman in Moscow (2016). Il Washington Post a fine marzo 2020 ha incluso il romanzo di Towles in una lista di dieci letture raccomandate per i giorni di quarantena.
Il libro racconta la storia del Conte Rostov: condannato nel 1922 da un tribunale bolscevico per essersi “arreso alle corruzioni della sua classe sociale”, Rostov viene scortato attraverso i cancelli del Cremlino che danno sulla Piazza Rossa fino all’Hotel Metropol, dove dovrà trascorrere il resto dei suoi giorni agli arresti domiciliari.
Gentiluomo colto, appassionato di libri e di musica, arguto e brillante nella conversazione e perfetto anfitrione, Rostov non si scoraggia, convinto che un uomo deve saper governare le circostanze, non essere governato da esse. Costretto a rinunciare alla suite 317 che aveva occupato negli ultimi quattro anni, si ritrova confinato in una angusta stanza dell’ultimo piano dove non riesce nemmeno a collocare tutte le sue cose. Qui vivrà per una trentina d’anni, fedele ai riti e allo stile di un mondo aristocratico che vede dissolversi stando al riparo di questa prigione dorata che è l’hotel Metropol, un mondo a sé che solo a tratti viene raggiunto dagli echi della storia.
La data del 21 giugno, giorno della condanna di Rostov e dell’inizio del suo soggiorno forzato al Metropol, ricorre altre volte nella storia. Il 21 giugno 1923 il conte si sta preparando ad incontrare Mishka, l’amico poeta che rappresenta il suo contatto con il mondo esterno, e si chiede se sia opportuno celebrare l’anniversario del suo primo anno agli arresti, se abbia senso tenere il conto del tempo che passa, come fanno i naufraghi su isole deserte.

Il narratore ci offre poi il 21 giugno del 1946 un altro sguardo sulla Piazza Rossa, sul Cremlino e la cattedrale di San Basilio, e sulle ragazze vestite a fiori nell’ultimo giorno di primavera. Il quarto libro si apre il 21 giugno del 1950 ed all’inizio del quinto libro veniamo a conoscenza di un evento che si svolgerà a Parigi il 21 giugno 1954, un concerto a cui dovrebbe partecipare una persona cara al conte, uno degli incontri felici della sua vita al Metropol. Agli accadimenti di questa giornata sono dedicate le ultime pagine del romanzo.

Ed ecco un brano significativo:
At half past six on the twenty-first of June 1922, when Count Alexander Ilych Rostov was escorted through the gates of the Kremlin onto Red Square, it was glorious and cool. Drawing his shoulders back without breaking stride, the Count inhaled the air like one fresh from a swim. The sky was the very blue that the cupolas of St. Basil’s had been painted for. Their pinks, greens, and golds shimmered as if it were the sole purpose of a religion to cheer its Divinity. Even the Bolshevik girls conversing before the windows of the State Department Store seemed dressed to celebrate the last days of spring.
“Hello, my good man,” the Count called to Fyodor, at the edge of the square. “I see the blackberries have come in early this year.”
Giving the startled fruit seller no time to reply, the Count walked briskly on, his waxed moustaches spread like the wings of a gull. Passing through Resurrection Gate, he turned his back on the lilacs of the Alexander Gardens and proceeded toward Theatre Square, where the Hotel Metropol stood in all its glory. When he reached the threshold, the Count gave a wink to Pavel, the afternoon doorman, and turned with a hand outstretched to the two soldiers trailing behind him.
“Thank you, gentlemen, for delivering me safely. I shall no longer be in need of your assistance.”

Qui il link al sito dell’autore; l’edizione italiana Neri Pozza tradotta da Serena Prina e poi una curiosità: c’è anche chi ha suggerito di accompagnare la lettura con dello stufato cucinato secondo una tradizionale ricetta lettone, uno dei piatti preferiti del Conte, e prontamente il Book Club Cookbook ha pubblicato una foto del piatto e il link alla ricetta.

Sandra Muzzolini (@sandra_mzz)

23 Aprile: libri nel tempo

Il 23 aprile si celebra la giornata mondiale del libro e questa data è stata scelta dalla rivista “Alfabeta2” per pubblicare l’intervista all’artista Katie Paterson, l’autrice del progetto Future Library. Un progetto partito nel 2014 e destinato a compiersi a cento anni da allora, nel 2114. L’avvio è la piantagione di una foresta di 1.000 abeti norvegesi nelle vicinanze di Oslo, il compimento sarà il taglio di quegli alberi e la loro trasformazione nella carta che servirà a stampare un’antologia di testi che vengono scritti – un anno dopo l’altro – dalle autrici e dagli autori invitati.

Ogni anno, nel pieno della primavera, il testo viene consegnato (su carta e in digitale), durante una cerimonia nella foresta, senza rivelare nulla della sua natura, del contenuto, dello stile, della lunghezza.
Un’opera sulla fiducia: nelle tante persone e istituzioni coinvolte al proseguimento dell’impresa; nella continuità dell’esperienza della lettura; nella presenza futura dei libri.
Sandra Muzzolini, nel post 100 libri futuri, aveva parlato su diconodioggi.it di questo progetto al suo avvio, nel 2014.
Qui il sito di Future Library
Qui il pezzo di Laura Leuzzi e Antonella Sbrilli su “Alfabeta2”, La biblioteca del futuro. Una conversazione con Katie Paterson

Easter Monday

Il 6 aprile 2015, Lunedì dell’Angelo (Lunedì di Pasqua, Pasquetta),

Sandra Muzzolini segnala su Twitter un dipinto dell’artista americano (nato in Olanda) Willem De Kooning, dal titolo Easter Monday, appunto Lunedì di Pasqua. Eseguito fra il 1955 e il 1956, il quadro (un olio su tela con inserto di giornale) è conservato al Metropolitan Museum di New York. Fu esposto nel 1956 nella Sidney Janis Gallery di New York insieme ad altre tele di grandi dimensioni, definite dal critico Thomas Hess “abstract urban landscapes”. Deve il suo titolo (anche) alla data in cui fu terminato ed esposto (il 2 aprile 1956, Lunedì di Pasqua). Per altre interpretazioni, vedi qui.

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