April 2020 Aprile

20 aprile 2013

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La mattina del 20 aprile del 1857, il guardiano del semaforo di Diamond-Harbour, segnalava la presenza d’un piccolo legno che doveva essere entrato nell’Hugly durante la notte, senza aver fatto richiesta di alcun pilota. Sembrava un veliero malese, dalle dimensioni straordinarie delle sue vele, la cui superficie era immensa, però lo scafo non era precisamente simile a quello dei prahos, non essendo provvisto di bilancieri per appoggiarsi meglio sulle onde quando le raffiche aumentano di violenza, né avendo al centro quella tettoia che chiamasi attap. Anzi era costruito, a quanto pareva, con lamine di ferro anziché di legno, non aveva la poppa bassa, la tolda era sgombra e poi stazzava tre volte di piú dei prahos ordinari, i quali di rado hanno una portata di cinquanta tonnellate. Comunque fosse, era un bellissimo veliero, lungo, affilato, che a vento largo, o, meglio ancora, con vento di poppa doveva filare meglio di tutte le navi a vapore che allora possedeva il governo anglo-indiano. Era insomma una vera nave da corsa

Emilio Salgari, Le due Tigri, 1904, Fabbri, 2005, pp. 5-6

Le date – nei romanzi di Salgari – individuano i giorni a tutto tondo, nel loro legame con la geografia, la latitudine, le condizioni meteorologiche, gli eventi naturali. E spesso nell’incipit è richiamato un giorno, che contribuisce a inquadrare la narrazione in un contesto temporale. In questo caso – come nota Antonio Faeti – è importante anche l’anno scelto per l’ambientazione storica: “è il 1857, l’anno in cui l’India si ribellò al dominio inglese e dichiarò guerra agli stranieri con una vampata di eroismo in cui ritrovò lo spirito delle proprie guerresche tradizioni.”

 

Dicono del libro
“La prima edizione del romanzo Le due Tigri fu pubblicata a Genova, dall’editore Donath, nel 1904, quando Salgari aveva quarantadue anni. Il volume aveva una copertina straordinaria: c’erano due tigri con il volto umano, una agonizzava e l’altra lanciava un grido di trionfo e di vittoria. I due potenti e nobilissimi animali, grazie agli acquerelli del bravissimo Alberto Della Valle, alludevano davvero al duello finale in cui la Tigre della Malesia, Sandokan, affrontava fieramente, con una lieta baldanza, il nemico irriducibile, il signore dei thugs, la Tigre dell’India, Suyodhana”
(dalla postfazione di A. Faeti all’ed. Fabbri, op. cit.)