9 Giugno

9 giugno 2013

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Io dico che, secondo l’usanza d’Arabia, l’anima sua nobilissima si partio ne la prima ora del nono giorno del mese; e secondo l’usanza di Siria, ella si partio nel nono mese dell’anno, però che lo primo mese è ivi Tisirin primo, lo quale a noi è Ottobre; e secondo l’usanza nostra ella si partio in quello anno de la nostra indizione, cioè de li anni Domini, in cui lo perfetto numero nove volte era compiuto in quello centinaio nel quale in questo mondo ella fue posta, ed ella fue de li cristiani del terzodecimo centinaio. Perché questo numero fosse in tanto amico di lei, questa potrebbe essere una ragione: con ciò sia cosa che, secondo Tolomeo e secondo la cristiana veritade, nove siano li cieli che si muovono, e secondo comune oppinione astrologa, li detti cieli adoperino qua giuso secondo la loro abitudine insieme, questo numero fue amico di lei per dare ad intendere che ne la sua generazione tutti e nove li mobili cieli perfettissimamente s’aveano insieme

Dante Alighieri, Vita nuova, XXIX (XXX), 1292-1293 (ed. Garzanti 1993, pp. 55-56)

La Beatrice di Dante è identificata, storicamente, con la figlia di Folco Portinari, morta nel giugno del 1290. Nella Vita nuova, Beatrice – incontrata per la prima volta quando il poeta ha nove anni e di nuovo a distanza di nove anni – è evocata come immagine dell’amore, cortese e cristiano, e come tramite di una riflessione sulla vocazione poetica e profetica dell’autore. Al numero nove, simbolo di perfezione in quanto prodotto del tre (la Trinità) per sé stesso, “si legano sia la figura di Beatrice che le vicende raccontate nella Vita Nuova”. Nel paragrafo XXIX, la data della morte della donna è restituita – comparando diversi calendari – attraverso questa cifra: secondo l’usanza d’Arabia, Beatrice è spirata nella prima ora del nono giorno di quello che – secondo l’usanza di Siria – è il nono mese dell’anno. Poiché i mesi “secondo l’uso siriano” si contano da ottobre, il nono mese è giugno; quanto al giorno, è passato il tramonto dell’8 e, “secondo l’usanza d’Arabia”, è la prima ora del giorno nono. “Questa donna fu accompagnata da questo numero del nove, a dare ad intendere ch’ella era uno nove, cioè uno miracolo”, una “perfetta armonia numerica”.

Dicono del libro
“la prima opera certa deve considerarsi la Vita nuova (1292-93), composta di rime (25 sonetti, 4 canzoni, 1 ballata, 1 stanza di canzone) e di capitoli in prosa poetica, cui è affidata la duplice funzione di svolgere l’itinerario autobiografico da cui nascono i versi e di commentarli retoricamente. L’esile vicenda s’incentra intorno a un’esperienza d’amore idealizzata, quella del poeta per Beatrice, che Dante narra d’aver incontrato la prima volta a nove anni e d’aver rivisto soltanto nove anni dopo, quando salutandolo l’aveva lasciato smagato e confuso. Da questi incontri si snoda l’intimo memoriale, dapprima profano e ‘cortese’, poi sempre più agiografico, finché la morte di Beatrice non trasforma l’amata e quell’amore in mito cristiano, in Amore assoluto e mezzo di elevazione a Cristo”.
(dall’introduzione di E. Sanguineti all’ed. Garzanti, op. cit.)