28 Febbraio

28 febbraio 2015

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“Oggi quanti ne abbiamo del mese?” domandò Dantès a Jacopo che era venuto a sedere vicino a lui dopo aver perduto di vista il castello d’If.  
“Il 28 febbraio”, rispose questi. 
“Di che anno?” domandò ancora Dantès.
“Come di che anno?… Voi domandate di che anno?”
“Si,” rispose il giovane, “vi domando di che anno”
“Avete dimenticato in che anno siamo?”
“Che volete? E’ stata così grande la paura di questa notte,” disse ridendo Dantès, “in cui poco è mancato che non perdessi la vita, che la mia memoria ne è rimasta sconvolta; vi domando dunque di quale anno siamo noi ai 28 di febbraio?”
“Dell’anno 1829”, rispose Jacopo.
Erano 14 anni precisi, giorno per giorno, che Dantès era stato arrestato. Era entrato nel castello d’If  a 19 anni, e ne usciva a 33. Un doloroso sorriso passò sulle sue labbra

Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo1844-46, tr. it. E. Franceschini, BUR, 2006, pp. 153-154

Fuggito dal castello d’If, dove è stato tenuto ingiustamente prigioniero molti anni, e salvato in mare da un bastimento di contrabbandieri a cui dice di essere un naufrago, Edmond Dantès ha perso la cognizione del tempo e la prima notizia che chiede riguarda proprio la data. Nel febbraio di quattordici anni prima – 1815 -aveva avuto inizio la narrazione, con l’arrivo di Dantès a Marsiglia, il suo fidanzamento, il complotto dei suoi nemici e l’arresto.

 

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27 Febbraio

27 febbraio 2015

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27 febbraio
Solo ventidue giorni ci dividono dalla primavera. Giuro che il 21 marzo mi toglierò i panni invernali e, quale che sia il tempo, ci fosse anche una tempesta di neve, me ne andrò a spasso per il Jackson Park senza cappello e senza guanti

Saul Bellow, L’uomo in bilico, 1944, tr. it. G. Monicelli, Mondadori 1976, p.130

In attesa di prendere servizio nell’esercito, fra il 1942 e il 1943, Joseph, il protagonista del libro, registra gli avvenimenti, i cambi di prospettiva, la nuova misura del tempo derivante da questa attesa. In aprile verrà chiamato sotto le armi, “affrancato da ogni dovere di decidere di me stesso” e nei due mesi che precedono questo cambio di stato, passa da grandi temi – come la libertà o la responsabilità – ad annotazioni sul carattere di singoli irripetibili giorni di quel periodo.

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26 Febbraio

26 febbraio 2015

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“Siamo già nel golfo”, mi disse uno dei miei compagni quando mi alzai per far colazione, il 26 febbraio.

Il giorno prima avevo avuto un po’ di paura per le condizioni del tempo nel golfo del Messico. Ma il cacciatorpediniere, anche se si muoveva un poco, scivolava via dolcemente. Pensai tutto contento che i miei timori erano infondati e salii in coperta. Il profilo della costa era svanito. Solo il mare verde e il cielo azzurro si stendevano intorno a noi

Gabriel García Márquez, Racconto di un naufrago, 195 (1970), tr. it. C. Acutis, Mondadori 1987, p.29

“Racconto di un naufrago che andò per dieci giorni alla deriva in una zattera senza mangiare né bere, che fu proclamato eroe dalla patria, baciato dalle reginette di bellezza e reso ricco dalla pubblicità, e poi aborrito dal governo e dimenticato per sempre”: il lungo sottotitolo di questo libro percorre tutte le fasi della vicenda del marinaio Velasco, imbarcato sul cacciatorpediniere Caldas alla volta di Cartagena. Il 26 febbraio 1955 è nel golfo del Messico, e tutto deve ancora succedere.

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25 Febbraio

25 febbraio 2015

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Il mattino del 25 febbraio 1848, si sparse a Chavignolles la notizia, portata da uno  che veniva da Falaise, che Parigi era coperta di barricate; e l’indomani sull’ingresso  dell’edificio comparve l’avviso che era stata proclamata la Repubblica. Questo grande avvenimento impressionò i benestanti. Ma quando si apprese che la  Corte di Cassazione, la Corte d’appello, la Corte dei conti, la Camera di Commercio,  l’Ordine dei notai, quello degli avvocati, il Consiglio di Stato, l’Università, i generali e persino il signor de la Rochejacquelein avevano dato la loro adesione al governo   provvisorio, le fronti si spianarono; e, visto che nella capitale si piantavano alberi della libertà, il consiglio municipale decise che anche a Chavignolles bisognava  piantarne. Nella sua esultanza per il trionfo del popolo, Bouvard ne offrì uno;  quanto a Pécuchet la caduta della monarchia confermava a puntino le sue previsioni:  non poteva che rallegrarsene. Felice di riceverne l’ordine, Gorju s’affrettò a sradicare uno dei pioppi che costeggiavano il prato oltre la Montagnetta; e lo   trasportò fino al Pas de la Vaque, all’entrata del borgo, dove lo si doveva piantare

Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet, 1881 (post.),  tr. it. C. Sbarbaro, Einaudi 1964, p.122

Nel gennaio del 1839, Bouvard ha eredito una rendita, avvenimento che ha consentito a lui e all’amico Pécuchet – entrambi impiegati parigini di mezza età –  di trasferirsi a Chavignolles, fra Caen e Falaise, per dedicarsi a imprese agrarie e a progetti enciclopedici. Gli anni trascorrono e arriva il 1848, con la rivolta – nel mese di febbraio – delle opposizioni liberali e repubblicane alla monarchia di Luigi Filippo. Avvenimenti di cui, in questo romanzo postumo, Flaubert immagina l’arrivo a Chavignolles,  nello stesso febbraio del ’48.  

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24 Febbraio

24 febbraio 2015

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Il giorno pare proprio un riassunto dell’anno. La notte è l’inverno, la mattina e la sera sono la primavera e l’autunno, e il mezzogiorno è l’estate. Lo scricchiolio e il rimbombo del ghiaccio indicano un cambiamento di temperatura. Una bella mattina, seguita a una notte fredda (il 24 febbraio 1850), andai a Flint’s Pond per passarvi la giornata, e con sorpresa osservai che quando colpivo il ghiaccio con la testa della scure, esso  risuonava come un gong per molte pertiche intorno

Henry D. Thoreau,  Walden ovvero vita nei boschi, 1854,  tr. it. P. Sanavio, Rizzoli, Milano, 1994, p. 376

Le date registrate da Thoreau, nei due anni di vita solitaria nei boschi intorno al lago di Walden, riportano soprattutto quello che accade alla natura, quello che succede alle acque e ai ghiacci, alle foglie, agli alberi. La terra, con la sua atmosfera e i suoi cicli ricorrenti, è la protagonista di queste pagine, in cui l’autore costruisce tavole di corrispondenza fra le scansioni del tempo umano e terrestre, interno ed esterno: “Per noi, spunta solo quel giorno in cui siamo svegli. Ce n’è, di giorno, che ancora deve albeggiare!”

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23 Febbraio

23 febbraio 2015

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Così alla fine Anthony entrò, per mezzo di una lettera del nonno, nel Sanctum Americanum dove sedeva il presidente delle Wilson, Hiemer e Hardy al suo ‘tavolo sgombro’ e ne uscì impiegato. Doveva prendere servizio il 23 febbraio. Quest’orgia di due giorni era stata organizzata in tributo a questa circostanza  importante, perché quando Anthony avesse cominciato a lavorare avrebbe dovuto andare a letto presto durante tutta la settimana. […] E ora la mattina: a loro di addizionare gli assegni incassati qua e là in circoli, negozi, ristoranti. A loro di dare aria all’alta stanza azzurra per scacciarne il fetore rancido del vino e delle sigarette, di raccogliere i bicchieri rotti e spazzolare le stoffe macchiate delle poltrone e dei sofà; di dare a Bounds i vestiti e gli abiti da mandare in tintoria; infine di condurre i loro corpi mezzo febbricitanti e soffocati e il loro spirito sbiadito e depresso nell’aria fredda di febbraio, in modo che la vita potesse continuare e  l’indomani mattina alle nove Wilson, Hiemer e Hardy avessero i servigi di un uomo  vigoroso

 Francis Scott Fitzgerald, Belli e dannati, 1922, tr. it. F. Pivano, Mondadori 1973, pp. 183-184

Mentre in Europa si combatte la prima guerra mondiale e negli Stati Uniti comincia ad affermarsi il cinema, scorre la storia del giovane ereditiero americano Anthony Patch e di sua moglie Gloria Gilbert. Le date, nella loro vita, riguardano appuntamenti, feste, viaggi, nei quali la coppia trascorre un tempo d’ozio e di ricerca del divertimento. L’aderenza al calendario è vaga e dipende dai postumi delle feste, che a volte durano diverse giornate consecutive: “che giorno è? Martedì. Martedì? Lo spero. Se è mercoledì devo presentarmi a prendere servizio in quel posto idota”.  Poiché la rendita diminuisce, Anthony ha deciso di provare a fare qualcosa – a lavorare –  e ha chiesto aiuto al nonno Adam. Indirizzato verso la carriera in borsa, deve prendere servizio il 23 febbraio. Nei due giorni che precedono questa data, ha luogo una lunga festa d’addio alla vita non lavorativa, anche se l’impiego, col suo ritmo quotidiano, non durerà a lungo.

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22 Febbraio

22 febbraio 2015

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Si versò un bicchierino di liquore ed entrò nello studio per compiere il rito serale di cambiare la data sul calendario dello scrittorio. Sabato, 21 febbraio. Santo Cielo!  Era domenica mattina! Domenica, 22 febbraio. Esattamente otto giorni dal dannato affare alla Hanging Rock. Albert, appena terminato di accudire ai cavalli, si buttò tutto vestito sulla branda non rifatta e si addormentò. Gli pareva di avere posato la testa sul guanciale solo da un momento ed era già completamente sveglio e fissava il minuscolo quadrato di luce grigia alla finestra; intanto gli avvenimenti del giorno prima, non più confusi per la stanchezza fisica come lo erano la sera precedente, si collocavano ordinatamente al loro posto come i pezzi di un rompicapo. Ma mancava uno dei pezzi chiave. Qual era? E dove andava sistemato esattamente nel disegno? 

Joan Lindsay, Picnic a Hanging Rock, 1967, tr. it. M.V. Malvano, Sellerio 1993, p.101

L’uomo che cambia la data sul calendario dello scrittoio è il colonnello Fitzhubert, lo zio di Mike, il giovane aristocratico che, con l’amico stalliere Albert, ha visto per l’ultima volta le ragazze scomparse ad Hanging Rock la settimana prima. Durante un picnic organizzato dal collegio Appleyard nel giorno di San Valentino, Miranda, Marion, Irma, Edith e un’insegnante di matematica si sono allontanate in direzione della grande roccia vulcanica, mentre gli orologi sono tutti fermi a mezzogiorno. Solo Edith è tornata indietro, sconvolta da qualcosa che non è in grado di spiegare. Il giovane Mike non si dà pace e continua la ricerca solitaria delle ragazze, mentre lo zio lo aspetta a casa e si accorge che è passato un altro giorno dallo strano accadimento.“Non esiste un solo attimo su questo globo rotante che non sia, per milioni di individui, non misurabile con i comuni sistemi di computo del tempo: un frammento di eternità per sempre privo di rapporto con il tempo e l’orologio”.

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21 Febbraio

21 febbraio 2015

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21 febbraio (tardo pomeriggio)
 […] Ora sono io ad arretrare, a cercare di spegnere la mia mente che s’è accesa con troppo fervore. Presto o tardi si parlerà anche della mia scomparsa. Ascolto da vivo i discorsi – compiaciuti o dolenti – che si faranno su di me dopo la mia morte. Il passato non torna. Possibile – mi chiedo stoltamente, o con ingenuità fanciullesca – che tutto ciò che ho vissuto, debba averlo vissuto una sola volta, e così in fretta, senza avvertirne la veloce fuga all’indietro?

Luca Canali, Diario segreto di Giulio Cesare, 1994, Mondadori, pp. 94, 100

L’autore immagina che Giulio Cesare, negli ultimi quaranta giorni della sua vita, abbia registrato le giornate e le notti in un diario, dove si parla di Roma e del suo governo, di famiglia e di memorie. Il 21 febbraio è una giornata di quiete: ricorrono le celebrazioni Ferali, quando “tutte le famiglie ricordano i loro defunti”. Dopo aver portato doni alla tomba della figlia e della prima moglie, e aver salutato Cicerone, Cesare è solo in casa, a riflettere sul tempo, che “avanza inavvertito come un sicario”. 

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20 Febbraio

20 febbraio 2015

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Fu come se gli avessero assegnato una nuova data di nascita: 20 febbraio 1967. Fu come venire al mondo un’altra volta solo per passare notti insonni con lo sguardo rivolto alle gocce di pioggia che scivolavano luccicando lungo il vetro della finestra. E mentre la madre era nell’altra stanza che dormiva tranquilla in tutta la sua diversità, Homer se ne stava disteso sul letto ad ascoltare il ritmo del proprio respiro, il ritmo che accompagnava il buio tristissimo di quelle ore in cui tutto era immobile a parte la pioggia che veniva giù e le gocce che scivolavano luccicando lungo il vetro della finestra, un unico e immenso momento di eternità. Non dormendo mai

 Tommaso Pincio, Un amore dell’altro mondo, Einaudi 2002, p. 30

La narrazione segue la storia parallela e intrecciata di due giovani: Homer B. Alienson (Boda di secondo nome) e Kurt (che ha un amico immaginario che si chiama Boda). Mentre una serie di indizi porta via via il lettore a individuare in Kurt la figura del musicista Cobain, la storia fa avvicinare e allontanare i due personaggi, rendendo immaginari i dati reali e plausibili quelli immaginari. Quest’oscillazione fra finzione e realtà è puntellata da dettagli importanti, come la data del 20 febbraio 1967 (il giorno di nascita del “vero” Kurt Cobain), richiamata nel libro come una data spartiacque nell’esistenza del personaggio Homer. Le alterazioni del ritmo sonno-veglia e della percezione del tempo prodotte dalle droghe sono una parte cospicua della storia: “venne sfiorato dal dubbio che il sistema potesse alterare il corso del tempo, rallentarlo, incastrarlo, arrestarlo, fino a un punto in cui i giorni, anziché passare come si crede cha facciano, finissero per rovinare uno sull’altro in un gigantesco tamponamento”.

 

Dicono del libro
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19 Febbraio

19 febbraio 2015

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19 febbraio
Che triste giornata è stata oggi povero monsieur Armand! Stamattina Marguerite si sentiva soffocare, il medico le ha fatto un salasso, e le è tornato un filo di voce. Il medico le ha consigliato di far venire un prete. Lei ha acconsentito, e lui stesso è andato a chiamarne uno alla chiesa di Saint-Roch.
Nel frattempo, Marguerite mi ha chiamato vicino al suo letto, pregandomi di aprire l’armadio, poi mi ha indicato una cuffietta, una lunga camicia tutta guarnita di pizzi, e mi ha detto con voce fioca: “Dopo essermi confessata morirò, allora mi vestirai con una civetteria da moribonda”

Alexandre Dumas figlio, La signora delle camelie, 1848, tr. it. L. Collodi, Newton Compton, 1994, p. 251

È l’amica Julie Duprat a scrivere le ultime lettere di Marguerite Gautier, la signora delle (o dalle) camelie, al suo innamorato Armand Duval, da cui è stata separata da una serie di circostanze melodrammatiche. Convinta dal padre del giovane a lasciarlo, Marguerite è malata, sull’orlo del fallimento, sofferente per il distacco. Il romanzo è iniziato nel marzo del 1874, alla vendita

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all’asta dei beni di Marguerite e la vicenda è ricostruita attraverso confessioni, carte, diari e tante lettere, spesso trascritte una dentro l’altra, con le loro date rivelatrici (“e voi dove siete, mentre scrivo queste righe?”).

Dicono del libro
“Scritto nel 1848, quando l’autore non aveva che ventiquattro anni, il romanzo La signora delle camelie ha prodotto subito un mito, che occuperà l’immaginario di intere generazioni e riempirà le scene, sia quelle del teatro di prosa, sia quelle del teatro d’opera, e successivamente gli schermi del cinema. Lo stesso Dumas ne fece una versione teatrale, affidandola a Sarah Berhnardt. Pochi anni dopo Giuseppe Verdi saprà farne una trasposizione sublime, in musica, con La Traviata“.
(dalla quarta di copertina dell’ed. Newton Compton, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 19 febbraio. Dàtemi questa soddisfazione, almeno. Riconoscetelo. Ho il diritto o no di dare del farabutto al mio destino?…”
Achille Campanile, Il diario di Gino Cornabò

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“… 19 febbraio. … Quello che non capisco è perché, da qualche giorno, mi scruta con ironia…”
Raymond Queneau, Il diario intimo di Sally Mara

18 Febbraio

18 febbraio 2015

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D’altro canto, e posta per così dire in disparte dietro la risoluzione di morire, ce n’era un’altra, più segreta, e che al canonico aveva gelosamente nascosto, quella di morire di propria mano. Ma anche qui gli restava ancora un’immensa e schiacciante libertà: egli poteva liberamente attenersi a quella decisione o rinunciarvi, fare i gesto che termina tutto o al contrario accettare la mors ignea per nulla differente dall’agonia di un alchimista che si appicchi il fuoco alla lunga veste venuta inavvedutamente a contatto colle braci del proprio athanor. La scelta tra l’esecuzione o la fine volontaria, sospesa fino all’ultimo a una fibrilla della sua sostanza pensante, non oscillava più tra la morte e una specie di vita, come era accaduto per l’accettare o il rifiutare di ritrattarsi, ma concerneva il mezzo, il luogo e il momento esatto. Spettava a lui decidere se sarebbe finito sulla Piazza Grande tra gli schiamazzi o tranquillamente tra quei muri grigi. A lui, quindi, di ritardare o di affrettare di qualche ora l’azione suprema, di scegliere, se lo voleva, di vedere sorgere il sole d’un certo 18 febbraio 1569, o di finir oggi stesso prima che fosse notte fonda

Marguerite Yourcenar, L’opera al nero, 1968, tr. it. M. Mongardo, Feltrinelli 1986, p. 278

Nella città di Bruges, nel febbraio del 1569, il filosofo e medico Zenone, accusato di eresia ed empietà, è in prigione, in attesa che venga eseguita la condanna a morte. Ha ricevuto una visita in cui gli è stato proposto di ritrattare e avere salva la vita. Benché questa proposta rimetta in gioco il futuro, Zenone ha deciso di non accettare. Anzi, la sua decisione è quella di darsi la morte prima che lo vengano a prendere per l’esecuzione, prima che sorga il “sole d’un certo 18 febbraio 1569”.
In una nota al testo, l’autrice Yourcenar commenta che al momento del suicidio del personaggio Zenone, Giordano Bruno – che sarebbe stato mandato al rogo il 17 febbraio del 1600 – avrebbe avuto circa vent’anni.
Zenone ha meditato spesso sul tempo, ricombinando le cifre degli anni, immaginando il futuro “di cui si sapeva una sola cosa, cioè che sarebbe arrivato” e ragionando sulla misura umana del tempo: “La terra girava ignara del calendario giuliano o dell’era cristiana, tracciando il suo cerchio senza principio né fine come un anello perfettamente liscio”.

Dicono del libro
L’opera la nero è la storia di un personaggio immaginario, Zenone, medico, alchimista, filosofo, dalla nascita illegittima a Bruges nei primi anni del Cinquecento fino alla catastrofe che ne conclude l’esistenza.

Altre storie che accadono oggi

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“…Veramente il signor Jarmarka era tuttora scapolo, ma proprio il 18 febbraio compivano venticinque anni dal giorno in cui, per poco, non s’era sposato…”
Jan Neruda, I racconti di Mala Strana

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“… Comunque la mostra inaugura il diciotto febbraio, il giorno della nascita di André Breton…”
Richard Kadrey, Addio Houston Street, addio

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“… Il rovescio della Kaleidoscope non aveva abbattuto il suo morale, come annunciava il ‘Los Angeles Record’ il 18 febbraio 1929…”
Paul Auster, Il libro delle illusioni

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“… le nove e un quarto

del 18 febbraio? Sissignore – disse, sollevando il braccio per controllare la data sul suo orologio digitale…”
Murakami Haruki, Tutti i figli di Dio danzano

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“… era una mattina orribile, il mercoledì delle Ceneri, sulla discesa della Courtille…”
Alfred de Musset, Le confessioni di un figlio del secolo

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“…Poi che ora so che il tempo è sempre il tempo E che lo spazio è sempre ed è soltanto spazio…”
Thomas Stearns Eliot, Mercoledì delle ceneri

 

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“… Quella non è una donna, è un mercoledì di ceneri, stermina il buonumore di chiunque…”
Jorge Amado, Dona Flor e i suoi due mariti

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“… Tanto per cominciare, mercoledì delle Ceneri sulla Centoventicinquesima Strada…”
John Cheever, Una specie di solitudine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

17 Febbraio

17 febbraio 2015

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Esteban Werfell prese la penna – che era di legno, e che usava esclusivamente per redigere il suo diario – e la intinse nel calamaio.
17 febbraio 1958, scrisse. La sua calligrafia era accurata, elegante. Al di là della finestra il cielo era diventato completamente grigio, e una pioggia sottile, invisibile, scuriva l’edera che rivestiva la casetta dei cigni. Quella visuale lo fece sospirare. Avrebbe preferito un tempo diverso. Non gli piaceva che il parco fosse deserto. Sospirò di nuovo. Poi intinse la penna e si chinò sul quaderno

Bernardo Atxaga, Esteban Werfell, in Obabakoak, 1989, tr. it. S. Piloto di Castri, Einaudi, 1991, p. 7

Il pomeriggio del 17 febbraio, sotto un “cielo nuvoloso, bianco e grigio”, il protagonista del racconto si accinge a scrivere su un quaderno dalla copertina rigida. È il dodicesimo quaderno delle sue riflessioni e delle sue memorie, in cui ripercorre un episodio dell’adolescenza, avvenuto molti anni prima, e il cui significato ha compreso da poco. Ha a che fare con il padre, con una ragazza tedesca con la quale si è scritto per tanti anni (o almeno ha creduto di farlo),  con una lontana immaginazione e soprattutto con il corso del tempo, che – al pari della memoria –  nasconde, seleziona e rivela la rete delle cose accadute.

Dicono del libro
“Obabakoak  è un nome composto dal toponimo Obaba e dal suffisso koak, che in lingua basca sta a indicare un’appartenenza. Letteralmente Obabakoak significa le cose, le vicende, le Storie di Obaba, luogo immaginario, piccolo villaggio sperduto fra i monti, isolato e dimenticato dal resto del mondo. Sinonimo di solitudine, metafora dei Paesi Baschi. Obaba funge da mitico fondale dei racconti del libro, racconti scritti fra memoria e gioco combinatorio”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il diciassette (febbraio) uscimmo col proposito di esaminare meglio il vallone di granito…”
Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym

 

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“… La grande attesa di Toio si volgeva ora all’ultimo di carnevale, al corso dei carri allegorici e delle carrozze…”
Giani Stuparich, Cuore adolescente

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“…Oggi è martedì grasso , ma a Bouville questo non significa gran che…”
Jean-Paul Sartre, La nausea

 

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“… La notte del 17 febbraio 1904, il prigioniero è stato visto da due testimoni. Un altro ha fatto il colpo, un altro me…”
James Joyce, Ulisse

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“… 17 febbraio. Ma ora che ci penso … Mary avrà un baby…”
Raymond Queneau, Il diario intimo di Sally Mara

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“… Era il 17 febbraio 1989…nella regione della Cerdana in mezzo al vasto rilievo dei Pirenei, una tempesta doveva aver spadroneggiato…”
Peter Handke, Un’altra storia di liquefazione (Epopea del baleno)

 

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“…Torchia seguì la stessa sorte della sua opera.Condannato per magia e stregoneria,morì sul rogo il 17 febbraio 1667…”
Arturo Pérez-Reverte, Il Club Dumas

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… Qualche biografo sostiene che il 17  febbraio sia la vera data di nascita di Frédéric Chopin.Ma nell’intreccio delle date ci si può perdere, si può uscire di senno…”
Roberto CotroneoPresto con fuoco

16 Febbraio

16 febbraio 2015

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Il dì 16 febbraio, alle sei di mattina, il signor Vorel aveva dunque aperto il suo negozio “All’Angelo verde”. Già dal giorno prima ogni cosa era al suo posto e il negozio riluceva addirittura tutto bianco e nuovo. Negli scompartimenti e nei sacchi faceva bella mostra la farina, più bianca del muro imbiancato di fresco e brillavano i ceci più gialli degli scaffali intorno, verniciati di arancione. I vicini e le vicine, quando passavano accanto, guardavano dentro con attenzione e qualcuno faceva anche un passo indietro, per vedere ancora una volta. Ma nel negozio non entrava nessuno. “Verranno, verranno”, si disse alle sette il signor Vorel 

Jan Neruda, Come il signor Vorel si affumicò la pipa, 1876, tr. it. J. Vesela Torraca in I racconti di Mala Strana, Marietti 1982, pp. 83-84

Questo racconto breve è ambientato a Praga, in un anno imprecisato intorno al 1840, ma in un giorno ben definito, il 16 febbraio, di cui vengono ripercorse tutte le ore, dalle sei del mattino, quando il signor Vorel apre il negozio di farine, fino all’arrivo della prima e unica cliente. Costruito su figure e situazioni tipiche del quartiere praghese di Mala Strana, il racconto si appoggia alla data, come a un dettaglio significativo per la narrazione: “Il dì 16 febbraio 1840 o qualche anno in più…”.

Dicono del libro
“I Racconti di Mala Strana (1878) sono il suo capolavoro: un capolavoro di umanità e di humour, un epico ritratto del famoso e incantevole quartiere praghese che diviene un concentrato del mondo, la saga picaresca e familiare di una piccola realtà borghese innalzata all’universalità del quotidiano”
(dalla terza di copertina dell’ed. Marietti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“..Ivria era morta un 16 di febbraio, una giornata in cui a Gerusalemme pioveva a dirotto…”
Amos Oz, Conoscere una donna

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“… La notte fra il 16 e il 17 febbraio fu una notte benedetta…”
Victor Hugo, I miserabili

15 Febbraio

15 febbraio 2015

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Iniziai quel disperato viaggio il 15 febbraio 1715 alle  ore nove del mattino. Il vento era assai favorevole; da principio feci uso soltanto delle mie pagaie, ma poi considerando che mi sarei presto stancato e che il vento avrebbe potuto cadere, m’attentai a issare la mia vela; e così, con l’aiuto della marea, me ne venni innanzi alla velocità di una lega e mezzo all’ora, per quello che potei calcolare. Il mio padrone e i suoi amici rimasero sulla spiaggia fino a quando non m’ebbero perduto di vista; e più volte udii il ronzino sauro (che mi aveva sempre voluto bene) gridar da lontano: Hnuy illa nyha maiah Yahoo, Fai buon viaggio gentile Yahoo

Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver, 1726, tr. it. G. Celati, Feltrinelli  1997, p. 282

Lemuel Gulliver, dopo studi di medicina, si è dedicato ai viaggi e ha  già conosciuto gli strani regni di Lilliput, Laputa, Brobdingnag, valutandone le forme di governo e di convivenza. Dopo un periodo trascorso a casa, nel settembre del 1710  si è  imbarcato come capitano sulla nave mercantile Avventura, da cui  è stato fatto sbarcare dai marinai  ammutinati. È approdato così nel paese degli Houyhnhnm, cavalli dai modi civili,  che si distinguono per saggezza e razionalità da certe bestie, chiamate Yahoo, usate per i lavori pesanti e assai simili – nella conformazione fisica – agli uomini. È rimasto in questo paese per diversi anni, nella casa di un cavallo sauro che lo tratta con simpatia, ma ora una decisione dell’Assemblea Generale ha deliberato la sua espulsione. Gulliver lascia con dispiacere la terra degli Houyhnhn, dove aveva potuto vivere in modo naturale, e torna  nella società inglese, con le sue regole, la sua scansione del tempo e la sua scrittura.


Dicono del libro
“Gulliver è un esploratore di mondi alla ricerca dell’ordine sociale migliore possibile; e tutto studia, e tutto annota, attraverso  il filtro deformante di una lente che di volta in volta miniaturizza, ingigantisce, spiazza rispetto alle misure convenzionali”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Una riscrittura di questa pagina dell’artista Aldo Spinelli

Altre storie che accadono oggi

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“… All’alba del 15 (febbraio) si arrampicavano di nuovo sul tetto per cantare la canzone…”
Yasunari Kawabata, Il paese delle nevi

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“… Che giorno è oggi?- 15 febbraio – Se fossimo in marzo potremmo festeggiare la Settimana Santa. – Se lei vuole che siamo in marzo, chi può opporsi?..”
Manuel Scorza, Il cavaliere insonne

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“…Per le abitanti di Appleyard College, la domenica 15 febbraio fu una giornata di ossessionante incertezza: metà sogno, metà realtà…”
Joan Lindsay, Picnic a Hanging Rock

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“… Vadinho, il primo marito di Dona Flor, morì a Carnevale, una domenica mattina, mentre ballava un samba vestito da baiana…”
Jorge Amado, Dona Flor e i suoi due mariti

 

14 Febbraio

14 febbraio 2015

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Sull’imbrunire, il pomeriggio di San Valentino, Boldwood sedeva a cena come il solito, accanto a un radioso fuoco di vecchi ceppi. Sulla mensola del focolare, a lui davanti, si trovava un orologio, sormontato da un’aquila con le ali spiegate, e sulle ali dell’aquila era posata la lettera che Batsceba gli aveva spedito. Lo sguardo dello scapolo la fissava con tanta continuità, che il grosso sigillo rosso era divenuto una macchia di sangue sulla retina del suo occhio, e mentre mangiava e beveva, non faceva che rileggerci nella fantasia le parole che vi erano sopra, sebbene fossero troppo lontane per la sua vista.
“Sposami”

Thomas Hardy, Via dalla pazza folla, 1874, tr. it. P. Jahier e M.-L. Rissler Stoneman, Garzanti, 1973 81989), p. 107

Nel tempo  della campagna inglese, i giorni sono identificati dai mutamenti delle stagioni e della luce, dalle feste religiose, dal nome dei santi,  fra cui – in questa storia di innamoramenti – ha un posto d’onore san Valentino, con la sua tradizione di inviare lettere e biglietti. La bella e giovane Batsceba ha inviato uno di questi messaggi, per scherzo, al signor Boldwood, provocando, come conseguenza, una vera proposta di matrimonio, una delle molte che costellano questa storia:“Di nuovo il messaggio di San Valentino! … Non avrei mai dovuto sognarmi di mandarvi quel messaggio”. 

Dicono del libro
“Pubblicato anonimo, a puntate, sul Cornhill Magazine, ebbe subito fortuna: e ha continuato a mantenerla, se  qualche anno fa il cinema inglese ne ha voluto visualizzare, si deve dire con gusto ma senza quella forza calma e quel mistero che ne formano l’incanto, la storia. Che non è priva di punte drammatiche, che procedendo verso l’epilogo assume tinte tragiche, ma alla fine si ricompone: l’equilibrio della piccola comunità rurale che ne è lo scenario, fermo e cangiante, nel succedersi delle stagioni”.
(Dall’introduzione di A. Bertolucci, ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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” 
Quale acrostico con abbreviazione del suo nome (Poldy) aveva mandato a Miss Marion (Molly) Tweedy, il 14 febbraio 1888?”
James Joyce, Ulisse

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“… Il 14 febbraio era la “festa della caccia agli uccelli”, una festa di bambini che esprimeva lo spirito più autentico di questo paese della neve…”
Yasunari Kawabata, Il paese delle nevi

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 “…La cosa non lo turbò minimamente. Ci sposammo una settimana dopo, il giorno di San Valentino…”
Truman Capote, L’arpa d’erba

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“… Il 14 febbraio Kimura parlò a mio marito della Polaroid…”
Junichiro Tanizaki, La chiave

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“… Che cosa non darei per il ricordo / D’un portone di villa segreta / Che mio padre spingeva ogni sera / prima di smarrirsi nel sonno / E spinse per l’ultima volta / Il quattordici febbraio del 38…”
Jorge Luis Borges, Elogio del ricordo impossibile

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“… Come regalo per il giorno di San Valentino Jerry le confezionò una pelliccia di criceto…”
Philip Roth, Pastorale americana

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“…14 febbraio dell’anno 1900 un gruppo di allieve del collegio Appleyard andò in picnic ad Hanging Rock…”
Peter Weir, Picnic ad Hanging Rock 

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“… wish me a happy Valentine’s day…”
The Ethernal Sunshine of the spotless mind – Se mi lasci ti cancello (segnalazione di Lorena De Amicis)

13 Febbraio

13 febbraio 2015

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Io, Billy Pilgrim, comincia il nastro, morirò, sono morto e sempre morirò il tredici febbraio 1976.
Nell’ora della sua morte, dice, è a Chicago per parlare a una gran folla sul tema dei dischi volanti e della vera natura del tempo

Kurt Vonnegut, Mattatoio n. 5, 1969,  tr. it. L. Brioschi, Feltrinelli, 2003, pp. 133

 Billy Pilgrim, sopravvissuto al bombardamento di Dresda del 13 febbraio del 1945 e tornato negli Stati Uniti, racconta la storia della sua vita, come se le diverse fasi fossero reversibili, continuamente attraversabili e interferenti. In questi viaggi nel tempo, si sposta dall’adolescenza all’età matura; dalla traumatica esperienza della II guerra mondiale al lavoro di ottico; da un incidente aereo a un rapimento degli alieni. L’insensatezza delle guerre e dei massacri è curiosamente commentata, qua e là nel testo, dagli uccelli, con un cinguettio onomatopeico: Poo tee weet. Il tempo, soprattutto, è al centro di riflessioni venate di scienza fantastica: “Tutto il tempo è tutto il tempo. Non cambia”; “Eccoci qua incastonati nell’ambra di questo momento”.
Il giorno 13 febbraio ricorre nella narrazione sia come data storica della distruzione di Dresda, sia come termine (ricorsivo) della vita del protagonista. 

 

Dicono del libro
“Per una decina di giorni, verso la fine della Seconda guerra mondiale, Kurt Vonnegut, americano di origine tedesca (…) batté lande tedesche coperte di neve che il suo piede non aveva mai calcato. Fatto prigioniero durante la battaglia delle Ardenne, ebbe la ventura di assistere al bombardamento di Dresda (…). Da questa dura e incancellabile esperienza nacque Mattatoio n. 5 o La crociata dei bambini, storia semiseria di Billy Pilgrim, americano medio affetto da un disturbo singolare (‘ogni tanto, senza alcuna ragione apparente, si metteva a piangere’) e in possesso di un segreto inconfessabile: la conoscenza della vera natura del tempo. Tutto è, tutto è sempre stato e sempre sarà, passato e futuro sono sempre esistiti e sempre esisteranno, nulla dipende dalla volontà dell’uomo”
(dalla terza di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…Il mattino del 13 febbraio che, come sanno, al pari di noi, i lettori di questa veritiera storia…”
Charles Dickens, Il circolo Pickwick

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“…Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell’anno 1632…”
Alessandro Manzoni, I promessi sposi

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“… Si era di domenica pomeriggio alla fattoria, il tredici febbraio…”
Thomas Hardy, Via dalla pazza folla

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“… 13 febbraio. – Ho incontrato lungo il fiume quella ragazza … Le ho parlato. Intanto che camminava…”
Alain-Fournier, Il gran Meaulnes

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“… OGGI: un anniversario. Due anni fa, un Nero Venerdì 13, volavo in aereo da Roma a Londra, nel cielo europeo velato di nebbia…”
Sylvia Plath, Diari

Sui venerdì 13 e l’artista Closki, leggi il post di Laura Leuzzi

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“… Se lei difatti va a vedere la copertina della ‘Domenica del Corriere’ del 13 febbraio 1944…”
Antonio Pennacchi, Canale Mussolini

12 Febbraio

12 febbraio 2015

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La mattina del 12 febbraio 1946, sulla sedia a sdraio del ponte, una carta geografica sulle ginocchia, dice a sua moglie, guardando la superficie dell’oceano: “Ho sbagliato tutto”

Giuseppe Pontiggia,  Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1993, p. 211

Questo 12 febbraio è un giorno nella vita di Ghioni Ludovico di Pontelambro, cagionevole di salute, perito chimico presso il Cotonificio Ramponi, di cui diventa per un periodo vicedirettore. Sposato con una donna e attratto dalla sorella; contento del suo lavoro, ma convinto dal cognato ad accettarne un altro in Argentina, per poi tornare – pentito – al suo vecchio cotonificio, Ghioni attraversa i giorni nell’indecisione. In questa, come nelle altre vite di uomini non illustri raccontate nel libro, le date abbondano: nascite, morti, matrimoni, viaggi, tradimenti, assunzioni, i giorni memorabili delle vite di tutti. 

Dicono del libro
“Vite immaginarie di personaggi immaginari, nell’Italia compresa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Duemila: donne e uomini dal destino oscuro, di cui vengono rievocate, con precisione ‘storica’, le esperienze che hanno reso memorabile ai loro occhi l’esistenza (…) Il libro ha voluto raccontare queste storie con la scansione cronologica delle biografie illustri, ma applicata a personaggi anonimi e a una cronaca spesso interiore”
(dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…12 febbraio. Eravamo sul lungofiume, ai bordi del Tamigi…”
Henri-Pierre Roché, Le due inglesi e il continente

 

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“… ero fermo con la mia pila per osservare come il Carnevale fosse finalmente iniziato nonostante quel buio e quel silenzio…”
Giampiero Comolli, La foresta intelligente

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“… il 12 febbraio 1952 un giovane Carvalho vide la santa recuperare la sua postazione…”
Quim Aranda, Piacere, Pepe Carvalho

pittura
Paul Delaroche, L’esecuzione di Lady Jane Grey, il 12 febbraio 1554, olio su tela, 1833
Londra, National Gallery

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“…12 febbraio di Bettino, poi Di Lorenzo, poi Goria…”
Davide Riondino, La ballata del si e del no (Segnalazione di Michele Brescia)

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“… Era il 12 febbraio, in gioco c’era il mio futuro…”
Kaso e Maxi B, 6 febbraio (segnalazione di Michele Brescia)

10 Febbraio

10 febbraio 2015

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Quando, a quarantadue anni, disperava ormai dell’amore e si avviava verso la sorte del vecchio scapolo, improvvisamente Gaetano si decise. Il dieci febbraio 1842 scrisse a Giuseppina, chiedendo in matrimonio la figlia che non aveva mai visto. Giuseppina non attendeva la strana lettera, e gli rispose di notte, ultimate le faccende domestiche, nell’ora più propizia ai progetti romanzeschi

 Pietro Citati, Storia prima felice, poi dolentissima e funesta, 1989, Rizzoli 1993, p. 56

Dicono del libro
“E’ una cronaca famigliare, desunta dalle lettere, dalle testimonianze e dai documenti che per oltre un secolo sono stati conservati nella famiglia dell’autore: la storia di un bisnonno e di una bisnonna, di un siciliano e di una parmigiana, Gaetano Citati e Clementina Sanvitale, del loro amore romanzesco e della loro tragica morte. Questa cronaca è un ritratto fedele dell’Ottocento romantico”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Giaipur, 10 febbraio. I giardini del Maraja sono di una malinconia cimiteriale che pure ha il suo incanto…”
Guido Gozzano, Verso la cuna del mondo

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“… ‘Intorno a me regna il disordine’  pensò con soddisfazione Kazuo (…)  Era il 10 febbraio 1948…”
Yukio Mishima, Una stanza chiusa a chiave

 

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“… La mia prima presa di coscienza del segreto lavorio di certi giorni tutti uguali risale al febbraio del 1933…”
Saul Bellow, L’iniziazione

9 Febbraio

9 febbraio 2015

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Era infatti una mattina come tante altre. Il cielo, fuori, si manteneva grigio e uniforme. Ma lui si sentiva bene. Le prossime ore non gli pesavano né gli facevano paura di nessun genere i giorni successivi. Né il grande futuro. Il telefono taceva. Dorigo era tranquillo, le cose gli andavano. Vestito di un completo grisaille, camicia bianca, cravatta in tinta unita rosso magenta, calze pure rosse, scarpe nere lavorate, quasi che. Quasi che tutto dovesse continuare come era continuato fino allora, fino a quel giorno di febbraio, che era un martedì e portava il numero 9. Tutto sicuro e propizio per un borghese nel pieno della vita, intelligente, corrotto, ricco e fortunato

Dino Buzzati, Un amore, 1963, Mondadori, 1979, p. 31

La mattina del 9 febbraio 1960, “una mattina qualsiasi di una giornata qualsiasi”, “una delle tante giornate grigie di Milano”, proprio per questa sua apparente indistinzione, è una protagonista della storia, il crononimo grazie al quale il lettore entra nella scena, la cornice temporale – nel senso del calendario e dell’atmosfera – che rende tanto più tangibile la narrazione di questo amore non ricambiato. 

Dicono del libro
“Nella cornice di una Milano grigia, caliginosa e triste, fra salotti di case d’appuntamento e strade impregnate degli odori dei «camini, sfiatatoi delle caldaie a nafta, ciminiere delle raffinerie Coloradi, camion ruggenti e fogne», si sviluppa la vicenda dell’architetto Antonio Dorigo, 49 anni, che nell’inverno del 1960 incontra una giovanissima squillo, sedicente ballerina del teatro alla Scala di Milano”
(dalla recensione del libro in Italialibri.net)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… 9 febbraio. (…) Ieri ho assistito alla corsa dei cavalli di Carnevale, dalle tribune di legno di piazza del Popolo…”
Marisa Volpi, La fortuna di Thomas Bellman

 

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“… Il forestiero arrivò sulla collina in una giornata d’inverno, all’inizio di febbraio, durante l’ultima nevicata dell’anno…”
H. G. Wells, L’uomo invisibile

 

pittura
Il quadro di Jean-Antoine Gros; Napoleone sul campo della battaglia di Eylau, il 9 febbraio 1807,
1808, Parigi, Louvre

8 Febbraio

8 febbraio 2015

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La sera dell’otto febbraio raggiunsi il mio casino dove, all’ora fissata, arrivò M.M. con il suo onorevole cavaliere, e quando l’uomo si tolse la maschera, M.M. me lo presentò, dicendomi insieme al nome, anche i suoi titoli. Allora, Bernis mi disse che non vedeva l’ora di rifare la mia conoscenza, dal momento che, come aveva saputo dalla signora, ci eravamo già visti a Parigi. Mentre pronunciava queste parole, mi guardava con l’aria intenta che si assume quando si cerca di ricordare un volto

Giacomo Casanova, Storia della mia vita, ed. a cura di P. Chiara, F. Roncoroni, I Meridiani,
Mondadori 1992, vol. I, p.1018

Fra il 1754 e il 1755, “complicati maneggi” vedono impegnato Casanova con due donne, indicate dalle iniziali C.C. e M.M., e l’abate de Bernis, allora ambasciatore di Francia a Venezia. Fra la città e l’isola di Murano, fra conventi, chiese, case da gioco e casini privati, si svolgono gli incontri, annunciati da messaggi, fissati con anticipo nel corso di accordi segreti, come è avvenuto per questo, dell’8 febbraio. Casanova registra le date di molte feste religiose (il giorno di santa Caterina, Ognissanti), e i giorni memorabili per i colpi della sorte, lasciando diverse considerazioni sulla “più grande e potente delle entità astratte, il tempo” e sull’arte di rendere inavvertibile il suo corso. 

Dicono del libro
“Ma il Casanova è quello che è, e non vuol essere altro: un vero eroe del suo tempo per l’audacia, la sincerità con la quale lo visse, allo sbaraglio, senza temere i colpi di spada o di pistola, il carcere e l’esilio, pur di consumare fino all’ultimo l’avventura della sua esistenza in un’epoca in cui la vita era un’opera d’arte e si poteva farne, con vera gioia, un capolavoro dei sensi. Perciò le sue Memorie, che furono quasi sempre ritenute un giardino di proibite delizie, sono invece la franca e aperta confessione di un disperato italiano del Settecento”
(Piero Chiara, Introduzione all’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 8 febbraio. Il termometro ancora indugia intorno allo zero. Il freddo fa parte della cattivaeria generale… ”
Saul Bellow, L’uomo in bilico

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“… sto, di Febbraio, alla vicenda più che negli altri mesi vigile… E anch’io di questo mese nacqui…”
Giuseppe Ungaretti (nato l’8 febbraio 1888, segnalazione di @GiuliAntonia)

 

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“… L’otto febbraio 1926, a Santhià, provincia di Vercelli, d’accordo?, in via Garibaldi, al numero 18, mi segui?…”
Italo Calvino, Quanto scommettiamo? (Le cosmicomiche)

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“… E’ lunedì 8 febbraio, alle quattro. Jericho torna stancamente dalla mensa al capannone…”
Robert Harris, Enigma

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“… Era l’8 febbraio 1991; ero seduto sulla mia poltrona blu; avevo appena finito di leggere i giornali..”
Tahar Ben Jelloun, Amori stregati (segnalazione di @cutierudegirl)

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“… 8 febbraio sabato mattina / il telefono squilla come mai ha fatto prima…”
Kaso e Maxi B, 6 febbraio (segnalazione di Michele Brescia)

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“...Ad esempio mi era sembrato che in Juventus-Roma dell’8 febbraio ‘98…”
Elio e le Storie tese (segnalazione di Michele Brescia)