9 Marzo

9 marzo 2016

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La mattina del nove marzo attendevo la famiglia Kusano sulla banchina d’una stazione nelle vicinanze della sua casa. La fila di negozi prospiciente i binari era stata condannata dal governo a cedere il posto a una striscia di terreno sgombro, adibita a arginare le fiamme in caso d’incendio, e si poteva scorgere nei minimi particolari l’opera di demolizione già in pieno fermento, che lacerava la limpida aria primaverile con tonfi aspri, assordanti. Fra le strutture abbattute si notavano superfici di legno nudo appena scoperte, che abbagliavano gli occhi.
Le mattine erano ancora fredde

Yukio Mishima, Confessioni di una maschera, 1949, tr. it. M. Bonsanti, Feltrinelli, 1992, p. 126

Nel 1945, ultimo anno di guerra, il protagonista di Confessioni di una maschera ha vent’anni e viene mandato, come tutti i suoi coetanei, a lavorare in una fabbrica di aeroplani. A febbraio dovrebbe tornare agli studi universitari, ma una serie di attacchi aerei modifica i piani e quel marzo del 1945 è uno strano mese di “vacanza in piena guerra”. Il 9 marzo (data di un bombardamento micidiale), il ragazzo è in attesa del treno che lo porterà in visita a un amico partito volontario. In questa, come in altre date, eventi esterni si intrecciano a incontri, attrazioni, inconcludenze, creando quella memoria soggettiva che  è una sorta di “indipendenza dal tempo”.

 

Dicono del libro

 

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