9 Settembre

9 settembre 2014

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Quando, all’alba del 9 settembre del 1943, Jack era saltato dalla tolda di un LST sulla riva di Pesto, presso Salerno, s’era visto sorgere davanti agli occhi, meravigliosa apparizione, nella rossa nube di polvere sollevata dai cingoli dei carri armati, dagli scoppi delle granate tedesche, dal tumulto degli uomini e delle macchine accorrenti dal mare, le colonne del tempio di Nettuno, sul labbro di una pianura folta di mirti e cipressi, sullo sfondo dei nudi monti del Cilento simili ai monti del Lazio. Ah, quella era l’Italia, l’Italia di Virgilio, l’Italia di Enea! E aveva pianto di gioia, aveva pianto di religiosa commozione, buttandosi in ginocchio sulla riva sabbiosa, come Enea quando sbarcò dalla trireme troiana sul lido arenoso alla foce del Tevere, davanti ai monti del Lazio sparsi di castelli e di templi bianchi nel verde profondo delle antiche selve latine. Ma il classico scenario delle colonne doriche dei templi di Pesto nascondeva ai suoi occhi un’Italia segreta, misteriosa: nascondeva Napoli, quella prima terribile e meravigliosa immagine di un’Europa ignota, posta al di fuori della regione cartesiana, di quell’altra Europa di cui egli non aveva avuto, fino a quel giorno, se non un vago sospetto, e i cui misteri, i cui segreti, ora che li veniva a poco a poco penetrando, meravigliosamente lo atterrivano

Curzio Malaparte, La pelle, 1949, ed. cons. Mondadori 1984, p.32

9 settembre del 1943: il giorno dopo l’annuncio dell’armistizio, il colonnello americano Jack Hamilton è sbarcato nel golfo di Salerno, “sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche”, da una di quelle navi LST (Landing Ship Tank), che trasportano soldati e mezzi. La sua esperienza diretta dell’Italia comincia da lì, dalla visione di Paestum, che gli ricorda i suoi studi e l’ammirazione per la cultura classica. Guidato da un ufficiale di collegamento italiano – che racconta la storia – Jack avrà modo di conoscere Napoli, nel momento in cui la liberazione e la corruzione s’intrecciano in modo inquietante. Un luogo pericoloso, dove i carri armati statunitensi “rischiano di affondare nella melma nera dell’antichità, come in una sabbia mobile”. Mentre Jack sbarca, in mezzo al tumulto e agli spari, ancora non sa che cosa si nasconde dietro le colonne, le rovine e il paesaggio bellissimo, in quella data destinata a fissarsi nei suoi ricordi e nella storia.
Dicono del libro
“Quando La pelle esce, prima a Parigi nel ’49 e poi a Milano nel ’50, Malaparte è convinto solo di una cosa: di avere fatto opera d’arte, La quale arte, allora, dovette dispiacere moltissimo. L’episodio che chiude il capitolo ‘Il vento nero’, quello del soldato americano ferito al ventre, potrebbe fare ottima figura in un’antologia di neorealisti: sembra che Malaparte lo abbia quasi scritto per scommessa e proprio perché nella Pelle non ci sia niente d’intentato”.
(Dall’introduzione di L. Baldacci all’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 9 settembre il ghiaccio iniziò a sgretolarsi e si udivano lontani ruggiti forti come tuono…”
Mary Shelley, Frankenstein

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“… ricordo una data che mi parve dovesse sigillare per sempre la bara in cui volevo mettere il mio vizio: ‘Nono giorno del nono mese del 1899’…”
Italo Svevo, La coscienza di Zeno

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“… Perché non riconoscevo, infatti, che dopo il comunicato del 9 settembre, e perfino dopo la circolare aggiuntiva del 22,le cose, almeno a Ferrara, erano andate avanti quasi come prima?…”
Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini

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“… Oggi, nove settembre 1978/ho preso in palmo di mano un piccolo disco/dei 361 che necessitano/per il gioco astrologico del go…”
Jorge Luis Borges, Il “Go”

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“… con l’inquieta speranza dei migratori e dei profughi / scoccando nel cielo il mezzogiorno montano / del 9 settembre ’43…”
Attilio Bertolucci, Verso Casarola

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“… Cristina de Melo Pessoa prese in mano le redini di quel mercoledì 9 del nono mese dell’anno..”
René Depestre, Samba per Cristina de Melo Pessoa

8 Settembre

8 settembre 2014

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Forse Anne ha un’altra settimana prima che per lei il tempo si fermi definitivamente. Quanto a me, tre settimane, forse? È strano pensare che, diciamo alle 15:47 precise dell’8 settembre, il tempo si fermerà per sempre. Un unico microsecondo scorrerà senza che nessun altro lo noti, ma per me durerà un’eternità. Farei meglio a decidere come voglio trascorrerlo!

James G. Ballard, Ricordi dell’era spaziale, 1982, tr. it. L. Briasco, in Tutti i racconti, vol. 3 1969-1992, Fanucci, 2007, p. 446

C’è ancora qualche data nel mondo del dottor Mallory, ex medico della Nasa afflitto – come la moglie Anne – da strani attacchi durante i quali il tempo sembra rallentare. Arrivato da Vancouver a Cape Kennedy in cerca di Hinton – un astronauta che ha ucciso il co-pilota – e di una spiegazione del fenomeno, Mallory si accorge che tutto il centro spaziale e l’intera Florida è coinvolta nella deformazione del passaggio del tempo. Il tempo, “come una pellicola in un proiettore difettoso, si muoveva a ritmo irregolare, rallentando a tratti fino a fermarsi”. Nei grandi alberghi vuoti, fra le rovine del centro spaziale, fra pochi esseri viventi – gli animali di uno zoo, molti uccelli, la figlia del pilota ucciso, l’astronauta Hinton che sta cercando di fuggire dal tempo attraverso la competenza nel volo – Mallory si muove in un tempo “ agglutinato”. Fra la fine di agosto e i primi giorni del mese successivo, registra ancora gli effetti di questa esperienza su di sé e sulla moglie, in attesa del momento in cui il presente si sarebbe fermato su un unico istante, forse nella luce vivida del pomeriggio dell’8 settembre.

Dicono del libro
“I temi del tempo e dello spazio, che erano stati ampiamente affrontati da Ballard nella narrativa degli anni cinquanta e sessanta, giungono a una maturazione potente e convincente in tre dei racconti di questa antologia, pubblicati tutti nello stesso anno, il 1982: Ricordi dell’era spaziale, Notizie dal sole e Miti del futuro prossimo”.
(Dalla postfazione di A. Caronia all’ed. Fanucci, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“18° anniversario della di lei nascita (8 settembre 1870)”
James Joyce, Ulisse

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“… Mi sentivo miserabile e vigliacco assai più dell’8 Settembre del 1943, quando avevamo dovuto buttare le nostre armi…”
Curzio Malaparte, La pelle

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“… L’otto settembre, nel paese festa di Maria Bambina, il simulacro di una bambina fasciata d’oro e perle portato in processione, fuochi d’artificio..”
Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo

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“… Il 45° giorno, che fu l’8 settembre 1943, gli Alleati angloamericani, padroni ormai di gran parte del sud d’Italia, avevano segnato un armistizio…”
Elsa Morante, La Storia

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“… mi disse che per l’8 settembre, festa di Piedigrotta, i lavori sarebbero stati ultimati, e la strada pronta per l’impianto delle luminarie…”
Anna Maria Ortese, Il mare non bagna Napoli

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“… Mio cugino Paride invece era rientrato in rada nel pomeriggio a Ragusa – quell’8 settembre – mentre eravamo ancora in guerra…”
Antonio Pennacchi, Canale Mussolini
pittura

8 settembre 2014 (volgare) = 1 assoluto 142 del Calendario Patafisico Perpetuo

7 Settembre

7 settembre 2014

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La sera del sette settembre, vigilia della festa di Maria, a Cherasco, a Bra, a Roreto, alla Morra, a Novello, a Roddi, a Verduno, su tutte le colline della Langa, si accendono i falò per celebrare la festa della Madonna. È un’usanza che testimonia la fede della gente, eppure quella sera le colline, coi fuochi rossi, con le cascate delle scintille che divampano all’improvviso e i cerchi urlanti e danzanti dei bambini intorno, hanno qualcosa di pagano. È come se la terra ribollisse, con la forza antica e intatta, esplodendo in rosse lingue divoratrici del cielo

Gina Lagorio, I villeggianti, in Il silenzio. Racconti di una vita, Mondadori, 1993, p. 44

Anche se mancano ancora alcuni giorni all’equinozio d’autunno, la data del 7 settembre segna, nella zona delle Langhe, il passaggio dell’estate. Chi è venuto in collina per le vacanze, sta per tornare a Torino o a Milano e la festa dei falò, che si accendono in quella data, e la cui origine risale ai tempi della peste, quando segnalavano – di collina in collina – la presenza di chi era ancora vivo, è l’occasione per i saluti, le dichiarazioni, le promesse fra le persone che si sono conosciute nei mesi estivi.

Dicono del libro
“Questo volume raccoglie i racconti scritti da Gina Lagorio in un arco di oltre trent’anni. Si ritrovano tutti i luoghi e i temi più cari alla scrittrice: le Langhe e la Liguria, lo sfondo della Resistenza, la città e la campagna. E le storie di donne alle prese con l’amore e la malattia, i turbamenti, i soprassalti dell’adolescenza, i rovelli dell’età adulta, le inquietudini dell’intellettuale”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. . Mondadori, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… la predilezione per i giornali. Già, disse il principe, Mi procuri per favore un numero del ‘Times’ del 7 settembre…”
Thomas Bernhard, Perturbamento

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“… È una granata francese, sparata il 7 settembre 1812 alla battaglia di Borodino…”
Daniel Pennac, La fata carabina

6 Settembre

6 settembre 2014

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E così la stagione evolveva via via nell’estate, come uno che si addentri nell’erba alta. In questo modo finii il mio primo anno di vita nei boschi; e il secondo anno fu simile a questo. Alla fine lasciai il lago di Walden ed era il 6 settembre 1847

Henry D. Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, 1854, tr. it. P. Sanavio, Rizzoli, Milano, 1994, p. 394

Per due anni e due mesi, il giovane Henry David, americano di Concord, Massachusetts, ha vissuto in una capanna, sulle sponde del lago Walden. Lontano da tutti, circondato da pochi oggetti e da un riparo che ha costruito da solo, ha cercato di vivere con il minimo indispensabile, seguendo i ritmi e le indicazioni della natura. Il 6 settembre del 1847, il suo esperimento di vita nei boschi si conclude ed egli torna nel “consorzio civile”, nel tempo dell’agenda e dell’orologio, dopo essersi orientato – per due anni e due mesi – con la luce, il comportamento degli animali, il rumore del ghiaccio e il colore delle foglie degli aceri, calendari infallibili del tempo naturale.
Dicono del libro
“Nel luglio 1845, Henry David Thoreau, naturalista, filosofo e agrimensore, lasciava la cittadina di Concord dove abitava ed era nato, per andare a vivere in una capanna di legno, nei boschi del vicino lago di Walden. Intendeva compiere un esperimento, mostrare quanto poco costasse vivere. Il gesto, pure se non nuovo nel Massachusetts del XIX secolo, assumeva nella sua arroganza significati politici ed estetici insieme: si inseriva nella scelta di una ‘disubbidienza civile’ a una società di cui Thoreau non condivideva gli ideali mercantili (…) Nella relativa solitudine del lago, analizzando se stesso, i suoi simili e il proprio rapporto con la natura, Thoreau cercava un perduto alfabeto”
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Gracechurch Street, 6 settembre. Mia cara nipote, ho appena ricevuto la tua lettera e dedicherò l’intera mattinata a risponderti…”
Jane Austen, Orgoglio e pregiudizio

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“… per andare a Gand, dove maestro e allievo arrivarono il 6 settembre del 1492..”
William Beckford, Aldrovandus Magnus (Memorie biografiche di pittori straordinari)

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“… Il 6 settembre grande aspettazione al Palazzo..”
Antonio Fogazzaro, Malombra

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“… Non c’era dubbio: si chiamava come aveva detto ed era nato a Vigàta il 6 settembre 1920…”
Andrea Camilleri, Being here…

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“… 6 settembre. L’improvviso impeto con cui il desiderio di andare a vedere se le iniziali da me incise più di vent’anni prima nello sportello di uno dei gabinetti nel bagno dell’Art Building fossero ancora lì…”
David Foster Wallace, La scopa del sistema

5 Settembre

5 settembre 2014

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Il 5 settembre 1395 non ci fu milanese che non cercasse un posto nella piazza di Sant’Ambrogio. Era uno spettacolo di grandezza che rendeva pensosi gli antichi spiriti guelfi e comunali, ma che affascinava tutti. S’erano viste tante incoronazioni imperiali; ma non s’era mai visto incoronato un milanese. Nella dolce mattina appena brumosa, l’uscita della cavalleria dal castello di Porta Giovia è coloratissima, folta di principi di ambasciatori e di vescovi, seguita da una turba di cantanti e di musici che in ordine vivace si dispongono sulla piazza. Un palco ad anfiteatro coperto di tessuti purpurei occupava la parte della cittadella – le mura descritte dal Petrarca – di fronte alla chiesa. Lo riparava un gran baldacchino d’oro. Giangaleazzo e i familiari, il messo imperiale, i condottieri celebri, coloro che avevano una carica nello stato, stavano sotto il cielo d’oro; una squadra di veterani fedelissimi viscontei facevano la guardia. Sventolavano le biscie verdi sulle bandiere

Maria Bellonci, Tu vipera gentile, 1972, Mondadori 1993, p.255

La vita di Giangaleazzo Visconti – potente duca di Milano, durante il cui governo la città prospera – è costellata di date fatali. Quando morì, il 3 settembre del 1402, forse di peste o di malaria, “in cielo era apparsa una cometa”, in cui riconobbe, orgogliosamente, una specie di chiamata divina. Era stato nominato duca di Milano qualche anno prima, nel 1395, dopo lunghe trattative con il Sacro Romano Impero. La cerimonia che lo trasforma in duca si tiene il 5 settembre, una giornata di tempo sereno, appena nebbiosa al mattino, una delle date storiche rievocate – come se fosse ora – nel libro di Maria Bellonci che segue le vicende della famiglia Visconti e della serpe rappresentata nel suo stemma.

Dicono del libro
“Tu vipera gentile, racconto visconteo che si muove sullo sfondo di una Milano tra Medioevo e primo Rinascimento, rosseggiante, ricca di traffici, di tumulti, di partiti, di fazioni”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Ascoltate – disse – non è oggi il 5 settembre? – Sì – Oggi alle undici vostro padre deve pagare circa 300.000 franchi…”
Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo

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“… Così il crepuscolo del 5 di settembre svanì nella tenebra della notte, in Whitechapel…”
Virginia Woolf, Flush. Una biografia

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“… Il tempo era corso via. Ora, il 5 settembre del 1880, lo Strait Times , il giornale locale avvisa la partenza di una nave…”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso

4 Settembre

4 settembre 2014

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Grazie alle informazioni forniteci dalla Piccola Sarta seguimmo quasi ora per ora ciò che avvenne nel villaggio di Quattrocchi nei giorni che precedettero la sua partenza, prevista per il 4 settembre. Per essere al corrente degli eventi le bastava far la tara alle chiacchiere dei clienti, uomini e donne, grandi e bambini, che da tutti i villaggi andavano a servirsi da lei. Niente poteva sfuggirle. Allo scopo di celebrare degnamente la fine della rieducazione, Quattrocchi e la poetessa sua madre annunciarono che il giorno prima della partenza ci sarebbe stata una magnifica festa

Dai Sijie, Balzac e la Piccola Sarta cinese, 2000, tr. it. Ena Marchi, Adelphi, Milano, 2001, p. 91

All’inizio degli anni Settanta, due ragazzi cinesi di città, figli di dissidenti, sono costretti a trascorrere un periodo di rieducazione in un villaggio di montagna. Lavorano duramente nei campi e nella miniera, trasportando secchi di letame e dormono in una povera casa costruita su palafitte. Hanno con loro un violino, portato dalla città, e una piccola sveglia che provoca l’ammirazione degli abitanti del villaggio e a cui – talvolta – spostano le lancette per dormire di più, finendo per “perdere qualunque nozione del tempo reale”. La fatica delle loro giornate è alleviata, di tanto in tanto, da uno spettacolo cinematografico, a cui il capo-villaggio li manda per poter poi ascoltare il racconto del film e dall’incontro con la piccola e vivace figlia del sarto, affascinata dai romanzi occidentali. La scoperta che un altro ragazzo in rieducazione – chiamato Quattrocchi – nasconde gelosamente nella sua abitazione un baule pieno di volumi proibiti convince i due amici a organizzare il furto dei libri, approfittando del rientro di Quattrocchi in città, fissato per la giornata spartiacque del 4 settembre.

Dicono del libro
“La storia è remota ma parla a ciascuno di noi: perché racconta di come la lettura, grazie alla segreta malia di una misteriosa, preziosissima valigia di libri occidentali proibiti, riesca a sottrarre due ragazzi, colpevoli soltanto di essere figli di ‘sporchi borghesi’, a svariate torture e permetta anche a uno di loro di conquistare la ‘Piccola Sarta cinese’. Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della ‘rieducazione’, i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche goccia magica di Balzac (e di Dumas, e di Flaubert, e di Kipling), che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza”.
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 4 settembre mi trovavo nel giardino del console di Danimarca, uno dei punti più elevati della costa…”
Jan Potocki, Viaggio nell’impero del Marocco

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“… 4 settembre (…) Le foglie del mio cuore ingialliscono; quelle degli alberi sono già cadute…”
Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther

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“… Il quattro di settembre, forse in seguito a uno scherzo, credette d’essere stato nominato prefetto…”
Guy de Maupassant, Pallina

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“… Quattro settembre, muore/oggi un mio caro amico e con lui cortesia/una volta di più e questa forse per sempre…”
Vittorio Sereni, Niccolò

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“… 4 settembre. Norman Bates, spaventosamente normale, mette giù il telefono. L’uomo contro la parete correva avanti col pensiero…”
Don DeLillo, Punto omega (Vai a Un film lungo 24 ore. “Psycho” per l’artista Douglas Gordon e lo scrittore DeLillo)

3 Settembre

3 settembre 2014

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La cosa spaventosa era la montagna che sorge alla estremità est, una strana montagna come quelle birmane con piani livellati e terrazze imbronciate e sulla cima uno strano cappello da risaia che io seguitavo a fissare sentendomi stringere il cuore anche all’inizio quando godevo di buona salute e stavo bene (e in questo canyon sarei impazzito in sei settimane nella notte del plenilunio del 3 settembre)…

Jack Kerouac, Big Sur, 1962, tr. it. B. Oddera, Mondadori, 1976, p. 20

Emanuele Bevilacqua, autore di Guida alla Beat generation e di Album Beat. La generazione di Kerouac, commenta il 3 settembre richiamato, nel libro Big Sur, dallo scrittore Jack Kerouac e racconta la storia inedita dell’incontro mancato fra lo stesso Kerouac e Henry Miller:

“E in questo canyon sarei impazzito in sei settimane nella notte di plenilunio del 3 settembre”. Jack Kerouac scrive Big Sur, uno dei suoi libri più inquieti, quando è già famoso, On the Road era uscito tre anni prima. E’ il 1960, il Re dei Beat è perseguitato dai fan, dai giornalisti, ma soprattutto dall’alcol, cerca rifugio in quest’angolo di costa della California. Chiede a Lawrence Ferlinghetti, editore e poeta, di prestargli il suo piccolo cottage di Bixby Canyon a Big Sur.
Kerouac rimarrà turbato da quei luoghi, dove la natura trionfa e ridimensiona il ruolo dell’uomo. Jack arriva a Big Sur di notte, quei canyon a precipizio sul mare, il Pacifico che urla fra le gole e il buio quasi totale lo schiacciano. Resisterà pochi giorni, non le sei settimane programmate. Nella sua fuga proverà l’umiliazione di non essere caricato in auto da quelle famigliole che transitano sulla Highway 101. Lo scrittore famoso per la sua avventura sulla strada, è costretto a percorrere a piedi un lungo tratto di strada, ignorato forse da alcuni dei suoi stessi lettori.

Jack Kerouac scrive Big Sur in omaggio a Henry Miller, considerato un po’ il padre della Beat generation. In quegli anni Miller viveva proprio a Big Sur, lo scrittore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno aveva scelto quei luoghi impervi per isolarsi e scrivere, lontano dalla leggerezza di Los Angeles. Fra l’altro qui scrive anche Big Sur e le arance di Hieronymous Bosch. È curioso che, nonostante la stima reciproca, i due non si siano mai incontrati e che, anzi, Kerouac sia stato protagonista di un appuntamento mancato clamorosamente a Big Sur.
Miller lo aveva invitato a trascorrere qualche giorno da lui, ma Jack non si presentò mai.
L’incontro lo aveva organizzato Lawrence Ferlinghetti. Jack è entusiasta dell’idea, finalmente l’allievo potrà conoscere il suo maestro spirituale.
Kerouac parte da San Francisco, esce dalla libreria di Ferlinghetti, la City Lights Books ma non fa che pochi passi, lì accanto c’è (e c’è ancora) il Vesuvio, ritrovo di perditempo e di artisti. Decide di bere qualcosa prima di incamminarsi. Telefona a Miller per avvisare che sta arrivando. Poi beve un altro goccetto, si fa tardi. Jack non riesce proprio a uscire dal locale. Forse sente il peso dell’incontro, forse è solo l’alcol che lo impigrisce. Telefona di nuovo annunciando il ritardo, poi beve ancora e ancora, e ancora telefona, fino a notte tarda, mentre a Big Sur la cena si fredda e anche gli animi. Non lascerà il Vesuvio se non all’alba e il grande incontro non si farà, né allora né mai più. (Emanuele Bevilacqua)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il tre settembre, alle dieci di sera, un gendarme che risaliva al galoppo la via principale, svegliò tutta Verrières…”
Stendhal, Il rosso e il nero

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“…queste parole segnate con misteriose abbreviazioni sulla fondina d’una di quelle armi: “Armance ha provato a sparare con quest’arma, oggi 3 settembre 182…”
Stendhal, Armance

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“… Giunse così settembre, e con esso il giorno del mio compleanno, che era il giorno tre…”
José Maria Eça de Queiroz, La città e le montagne

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“… Registrazione 28: 3 settembre. Ho perso dei giorni. Non sono più quasi consapevole dello scorrere del tempo…”
James G. Ballard, Ricordi dell’era spaziale

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“… 3 settembre 1939, mentre da Downing Street Chamberlain annunciava alla radio che il paese era entrato in guerra, la quattordicenne Lily si trovava alla piscina…”
Ian McEwan, Sabato

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“… Il 3 settembre si portava con sé una leggera brezza di estate che se ne va e di quasi autunno…”
Teresa Ciabatti, Adelmo, torna da me

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“… Così, il 3 settembre dice: “Oggi è il mio compleanno. Sono riuscito ad arrivare ai trentotto. Non sono più giovane…”
Javier Marias, Tutte le anime

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“… It was the third of September / that day I’ll always remember…
Papa was a rolling stone, The Temptations

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“… Il 3 settembre 1973, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi, capace di 14.670 battiti d’ali al minuto, plana su rue Saint-Vincent…”
Il favoloso mondo di Amélie del regista J.-P. Jeunet, nato il 3 settembre 1953 (segnalazione di Valeria Reali)

2 Settembre

2 settembre 2014

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Nella vita di ognuno esistono momenti – quando la porta sbattuta all’improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco “no” che sembrava irrevocabile si muta in “forse” -, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. È stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non tutto è perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di “aspettare un poco” prima di spingerci nel baratro. Così accadde anche a me quella sera, quando accanto a Ejnar facevo la fila aspettando l’autobus che avrebbe portato all’aeroporto Le Bourget i passeggeri in partenza per Stoccolma. Lui partiva, io restavo. Tra la folla, nel buio crocevia parigino (era il 2 settembre 1939), alle nove di sera, non c’erano altri accompagnatori oltre me

Nina Berberova, Il giunco mormorante, 1988, tr. it. D. Sant’Elia, Adelphi 1990, pp.11-12

Parigi, 2 settembre del 1939: la notizia dell’inizio della guerra induce molti stranieri a lasciare la città. Un autobus, pieno di cittadini svedesi, percorre i boulevard in direzione dell’aeroporto Le Bourget. Fra di loro c’è una passeggera in più, una ragazza russa emigrata a Parigi, che non partirà per Stoccolma. Ha accompagnato Ejnar, il suo innamorato svedese, alla fermata dell’autobus ed è riuscita a salire, prolungando così i saluti per il tempo del percorso. Seduti in fondo al pullman, lei e Ejnar vedranno scorrere la città – insieme – per l’ultima volta. La guerra li separa, anche se lei non smetterà di conservare il ricordo di quell’uomo e, finito il conflitto, lo andrà a cercare a Stoccolma. Lo ritroverà sposato e distante, mentre il suo pensiero torna a quella giornata fatale: “Era davvero così necessario precipitarsi via dalla Francia allora, il 2 settembre di quel terribile anno?”.

Dicono del libro
“Due amanti si separano a Parigi all’inizio dell’ultima guerra. Anni dopo si ritrovano a Stoccolma. La loro storia è cominciata in quella ‘terra di nessuno dove l’uomo vive nella libertà e nel mistero’. Poi quella vita segreta era stata a poco a poco messa in ombra dalla ‘seconda vita’, la vita comune. E viene il momento di chiedersi: che cosa sussite di quella storia?”
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Adelphi, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Quel giorno era il due di settembre, e il discorso sarebbe continuato se non fosse stato l’anniversario di Sedan…”
Theodor Fontane, Effi Briest

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“… L’alba di mercoledì 2 settembre sorgeva sulle ‘Cornacchiaie’ di Whitechapel. A poco a poco i vetri rotti si soffusero di grigio sporco…”
Virginia Woolf, Flush. Una biografia

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“… Il due settembre doveva essere un giorno diverso dagli altri, in tutto, persino nei più insignificanti particolari…”
Bernardo Atxaga, Klaus Hanhn (Obabakoak)

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“… Il 2 settembre partiva per Le Havre a dare il via al Chandernagor. La fantastica avventura cominciava..”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso

1 Settembre

1 settembre 2014

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La mattina del primo settembre Rossella si svegliò con una soffocante sensazione di terrore, un terrore che la sera prima aveva dimenticato nel sonno. Ancora assonnata pensò: “Di che cosa ero tanto preoccupata ieri sera? Ah sì, della battaglia. Stavano combattendo, ieri. Chi avrà vinto?”. Si drizzò a sedere in fretta, strofinandosi gli occhi; e il suo cuore turbato sentì nuovamente tutto il peso che lo angosciava il giorno prima. L’aria era opprimente anche in quell’ora mattutina, calda della promessa di un meriggio infocato. La strada era silenziosa. Nessun carro cigolava, nessun soldato sollevava col suo calpestio la polvere rossa. Nessuna pigra voce di schiavo dalle cucine del vicinato, nessun rumore piacevole di preparativi per la colazione, perché tutti i vicini, eccetto le signore Meade e Merriwether, si erano rifugiati a Macon. […] Mentre guardava dalla finestra, giunse alle sue orecchie un suono distante, debole come il brontolio di un temporale lontano. “Pioggia” pensò in un primo momento; e il suo spirito campagnolo aggiunse: “Ne abbiamo proprio bisogno”. Ma dopo un attimo: “Pioggia? Ma no! E’ il cannone!”

Margaret Mitchell, Via col vento, 1936, tr. it. A. Salvatore, E. Piceni, ed. cons. Mondadori 1989, pp. 299-300

Dopo un’estate di tempo cupo e di terribili battaglie, il primo settembre 1864 il fronte della guerra fra Nordisti e Confederati ha quasi raggiunto la città di Atlanta, dove Rossella O’Hara è rimasta ad assistere Melania, sorella di suo marito (morto al principio della guerra) e moglie di Ashley, il grande amore della stessa Rossella. Appena alzata, la giovane protagonista sente i colpi di cannone e teme per la sua famiglia rimasta a sud, a Tara. Melania entra nel travaglio del parto mentre la città cade in mano ai Nordisti; Rossella tenta la fuga, aiutata da Rhet Butler, l’uomo che infine sposerà – in terze nozze – per poi separarsene e, di nuovo, desiderare di riconquistarlo. Una giornata cruciale, quella del primo settembre, vissuta da Rossella con la naturale adesione al presente che la caratterizza, per cui ogni giorno è un altro giorno.

Dicono del libro
“Ambientato nel Sud degli Stati Uniti nel periodo della Guerra Civile, forse l’evento più significativo nella storia degli Stati Uniti, Via col vento apparve nel 1936, quando il ricordo del sanguinoso evento era ancora ben vivo nella coscienza di molti americani. Rossella O’Hara, la giovane donna capricciosa e senza scrupoli protagonista del romanzo, affronta le avversità con spirito di conquista; incapace come il suo popolo di ‘riconoscere la sconfitta anche quando se la trova di fronte’, si appresta ad andare incontro al futuro pensando che ‘dopo tutto, domani è un altro giorno’. La società americana che si stava risollevando dalla profonda crisi economica iniziata dopo il crollo della borsa del 1929 accolse con un entusiasmo senza precedenti il messaggio del romanzo”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… I settembre 1659, lo stesso giorno in cui, otto anni prima, a Hull, ero fuggito dalla casa dei miei genitori, vestendo i panni del ribelle…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“… Già il primo di settembre, ho visto, attraverso lo stagno, due o tre piccoli aceri divenuti scarlatti…”
David H. Thoreau, Walden, ovvero Vita nei boschi

 

Iconcina“… Mi ricordo quando si tornava dalle vacanze, il I° settembre, e che c’era ancora tutto un mese senza scuola…”
Georges Perec, Mi ricordo

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“… Il 1 settembre siamo saliti in macchina… Quel giorno non l’ho mai dimenticato…”
Rosetta Loy, 1939

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“… Questo è il biglietto per Hogwarts – disse – I settembre Kings’ Cross…”
Joanne K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale

 

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