I Luglio | July first

1 luglio 2024

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July first. It parts the year like the part in a head of hair. I had foreseen it as a boundary marker for me – yesterday one kind of me, tomorrow a different kind. I hd made my moves that could not be recalled. Time and incidents had played along, had seemed to collaborate with me. I did not ever draw virus down to hide what I was doing for myself. No one made me take the course I had chosen.


John Steinbeck, The Winter of Our Discontent, 1961

Primo luglio. Divide l’anno come la scriminatura divide una testa di capelli. Lo avevo previsto come un segno di confine: ieri un me, domani un me diverso. Avevo fatto le mie mosse, irripetibili. Tempo e incidenti erano entrati nel giuoco, erano parsi collaborare con me. Non avevo nemmeno cercato di nascondere a me stesso quel che stavo facendo. Nessuno mi aveva spinto a prendere la strada che avevo scelto

John Steinbeck, L’inverno del nostro scontento, 1961, tr. it. L.Bianciardi, Mondadori ed. cons. 1991, p. 264

Il primo luglio del 1960 è una data spartiacque per Ethan Hawley, discendente di una famiglia di balenieri, un tempo proprietario di un negozio di alimentari nella cittadina di New Baytown e ora commesso nel negozio gestito da Marullo, immigrato negli Stati Uniti dalla Sicilia. Scontento della sua condizione, Ethan è ossessionato dal motto che i soldi fanno i soldi, poco importa che vengano da speculazioni, quiz televisivi truccati o bravura negli affari. Per tutto l’inverno ha meditato su come cambiare la vita sua e della sua famiglia, progettando addirittura una rapina in banca per i primi di luglio. La rapina non avrà luogo, ma molte cose cambieranno a partire da quella giornata estiva, quando “il confine orlato di luce a oriente era luglio, perché giugno se n’era andato via quella notte”.

 

Dicono del libro

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21 Giugno | 21. Juni

21 giugno 2024

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“Selbstverständlich.”
“Nein, das ist eine Eulenspiegel! Im Winter wachsen die Tage, und wenn der längste kommt, 21. Juni, Sommersanfang, dann geht es schon wieder bergab, sie werden schon wieder kürzer, und es geht gegen den Winter. Du nennst das selbstverständlich, aber wenn mal davon absieht, dass es selbstverständlich ist, dann kann einem angst und bange werden, momentweise, und man möchte krampfhaft nach etwas greifen. Es ist, als ob Eulenspiegel es so eingerichtet hätte, dass zu Wintersanfang eigentlich der Frühling beginnt und zu Sommersanfang eigentlich der Herbst… Man wird ja an der Nase herumgezogen, im Kreise herumgehockt mit der Aussicht auf etwas, was schon wieder Wendepunkt ist… Wendepunkt im Kreise. Denn das sind lauter ausdehnungslose Wendepunkte, woraus der Kreise besteht, die Biegung ist unlesbar, es gibt keine Richtungsdauer, und die Ewigkeit ist nicht ‘geradeaus, geradeaus’, sondern ‘Karussell, Karussell.”

Thomas Mann, Die Zauberberg, 1924

“Naturale!”
“Niente affatto, è una beffa, invece! A partire dall’inverno i giorni si allungano, e quando arriva il più lungo di essi, il 21 giugno, ossia l’inizio dell’estate, subito cominciano a calare, si accorciano e si va verso l’inverno. Tu dici che tutto questo è naturale, ma se provi a prescindere dall’idea che sia naturale, rischi, a tratti, di provare angoscia e paura, e con tutte le tue forze vorresti aggrapparti a qualcosa. È come se un burlone avesse arrangiato le cose in modo tale da far cominciare la primavera all’inizio dell’inverno e l’autunno all’inizio dell’estate… Veniamo menati per il naso e presi letteralmente in giro dalla speranza di qualcosa che è nuovamente una svolta… una svolta in un cerchio. E infatti il cerchio consiste solo di svolte che non hanno estensione, la curvatura non è misurabile, la direzione è priva di durata, e l’eternità non è ‘avanti, sempre avanti’, bensì ‘in tondo, sempre in tondo’.”

Thomas Mann, La montagna magica, 1924, tr. it. R. Colorni, Mondadori 2010, ed. cons. 2011, p. 547

Ventuno giorni doveva durare la visita di Hans Castorp al cugino Joachim, malato di tubercolosi e ricoverato in un sanatorio sulle Alpi svizzere. Ma proprio prima di ripartire, Hans si scopre anch’egli ammalato e rimane nella casa di cura per anni, stringendo relazioni con gli altri ospiti e acquisendo il ritmo cadenzato e dilatato della vita sulla montagna magica, o incantata. Il mistero del tempo si introduce in ogni discorso, dalla domanda “Che cos’è mai un giorno?”, alla descrizione delle stagioni che “si confondono, per così dire, e non si attengono al calendario”, fino alle riflessioni come questa sul paradosso del 21 giugno.   

 

Dicono del libro

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17 Marzo | 17 Mars

17 marzo 2024

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Dëgjonte ende hapat që po largoheshin che dy – tri herë pyeti veten: të kujt janë vallë? Iu dukën si hapa të njohur. Ah, po ata ishin krejt të njohur, ashtu si edhe duart që e kthyen mbarë… Janë të miat, tha me vete. Në shtatëmbëdhjetë mars, udha pranë Brezftohtit… Një grimë e humbi ndërgjegjen, pastaj prapë dëgjoi kumbimin e hapave dhe përsëri iu duk se ata ishin krejt hapat e tij dhe ishte ai vetë e askush tjetër, që po ngarendte kështu, duke lënë pas, të shtrirë midis rrugës, trupin e vet, që porsa e kishte vrarë.

Ismail Kadare, Prilli i thyer, 1982, Onufri, Tiranë

 

Udì nuovamente i passi che si allontanavano e, per due o tre volte, si chiese: “Di chi sono questi passi?”. Ebbe l’impressione che fossero passi familiari. Sì, li conosceva bene, così come le mani che lo avevano girato… “Ma sono i miei! Il diciassette marzo, la strada, vicino a Brezftoht…” Perse per un attimo coscienza, poi udì nuovamente risuonare i passi e gli sembrò ancora che fossero i suoi, che fosse lui e nessun altro che correva così, lasciandosi dietro, disteso sulla strada, il proprio corpo, quello che lui stesso aveva appena abbattuto

Ismail Kadaré, Aprile spezzato, 1982, tr. it. F. Celotto, Guanda, 1993, p. 173

Il 17 marzo è la data fatale che apre e chiude la storia di Gjorg, il giovane protagonista di una faida decennale, che oppone la sua ad un’altra famiglia albanese. Per vendicare un fratello ammazzato tempo prima, Gjorg è costretto a uccidere un uomo, e lo fa in quel giorno di marzo, “sorridente e gelido allo stesso tempo”. Da quel momento egli ha trenta giorni di tregua, prima che la famiglia dell’ucciso possa a sua volta vendicarsi su di lui. In quel mese deve pagare il “riscatto del sangue” alle autorità del territorio e vivere le ultime giornate da uomo libero. È una data spartiacque, che gli tornerà in mente con forza anche alla fine della vicenda. Non sa che, se non avesse commesso l’omicidio, quel 17 marzo sarebbe stato il primo giorno “bianco”, senza violenza, “da un secolo, forse da due, tre, cinque secoli, forse addirittura dall’origine stessa del riscatto del sangue”.

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“C’è una terra, scabra e selvaggia, in cui il tempo sembra essersi fermato, e in cui la vita e la morte degli uomini sono scanditi da un unico inflessibile giudice: la faida. È lì, sugli altipiani all’interno dell’Albania (in quel paesaggio geografico e morale di cui è l’irripetibile cantore), che Ismail Kadaré ha intessuto la trama di questo avvincente romanzo. Il 17 marzo di un anno imprecisato (prima, comunque, dell’avvento del comunismo in Albania) il giovane Gjorg Berisha ha dovuto uccidere Zef Kryeqyqe, l’assassino di suo fratello”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Guanda, op. cit.)

 

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20 Febbraio

20 febbraio 2024

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Fu come se gli avessero assegnato una nuova data di nascita: 20 febbraio 1967. Fu come venire al mondo un’altra volta solo per passare notti insonni con lo sguardo rivolto alle gocce di pioggia che scivolavano luccicando lungo il vetro della finestra. E mentre la madre era nell’altra stanza che dormiva tranquilla in tutta la sua diversità, Homer se ne stava disteso sul letto ad ascoltare il ritmo del proprio respiro, il ritmo che accompagnava il buio tristissimo di quelle ore in cui tutto era immobile a parte la pioggia che veniva giù e le gocce che scivolavano luccicando lungo il vetro della finestra, un unico e immenso momento di eternità. Non dormendo mai

 Tommaso Pincio, Un amore dell’altro mondo, Einaudi 2002, p. 30

La narrazione segue la storia parallela e intrecciata di due giovani: Homer B. Alienson (Boda di secondo nome) e Kurt (che ha un amico immaginario che si chiama Boda). Mentre una serie di indizi porta via via il lettore a individuare in Kurt la figura del musicista Cobain, la storia fa avvicinare e allontanare i due personaggi, rendendo immaginari i dati reali e plausibili quelli immaginari. Quest’oscillazione fra finzione e realtà è puntellata da dettagli importanti, come la data del 20 febbraio 1967 (il giorno di nascita del “vero” Kurt Cobain), richiamata nel libro come una data spartiacque nell’esistenza del personaggio Homer. Le alterazioni del ritmo sonno-veglia e della percezione del tempo prodotte dalle droghe sono una parte cospicua della storia: “venne sfiorato dal dubbio che il sistema potesse alterare il corso del tempo, rallentarlo, incastrarlo, arrestarlo, fino a un punto in cui i giorni, anziché passare come si crede cha facciano, finissero per rovinare uno sull’altro in un gigantesco tamponamento”.

 

Dicono del libro
Dicono del libro
“Il romanzo che ha dato vita una volta per sempre al fantasma di Kurt Cobain. Ripercorrendo la sconvolgente vicenda di Homer Alienson, l’amico immaginario del leader dei Nirvana, ci tuffiamo come in un caleidoscopio nelle fine di un’epoca”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

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26 Novembre

26 novembre 2023

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martedì, 26.11

Idee un po’ più chiare dopoché a Kirchheim ho comprato una carta Shell. Nella notte una bella bufera, la mattina neve dappertutto, sfrangiata, che si scioglieva. Pioggia, tormenta sono ancora gli ordini minori. La baracca conteneva, a guardar bene, correggiato e rastrello per fieno, appesi alle pareti, per fare il rustico, e anche dei bastoni da passeggio con applicate delle placchette, rastrelli in croce, e un foglio di calendario con Playmate del mese di settembre. Sopra la finestra foto degli abitanti, fatte all’automatico, mi ricordano molto gente come Zef e Schinkel. L’uomo del distributore mi guardava con un’aria così irreale che io mi sono precipitato alla toilette per convincermi davanti allo specchio che ho ancora un aspetto umano. Ma sì, adesso mi faccio trascinare dalla bufera intorno al distributore fintantoché non mi spuntano le ali. Questa notte sarò re nella prossima casa violata; sarà la mia fortezza. Una sveglia da cucina, una volta messa in moto, annuncia in grande stile l’Ultima Fine. Il vento di fuori fruga il bosco. Questa mattina la notte era sospinta, come un’annegata, da fredde onde grigie

Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio, 1978, tr. it. A. M. Carpi, Guanda 1982, p.23


Martedì 26 novembre  è il quarto giorno del viaggio che Herzog ha intrapreso per arrivare da Monaco a Parigi. Sta viaggiando a piedi, nella strana convinzione che il suo pellegrinaggio solitario e faticoso possa aiutare l’amica Lotte, che abita a Parigi ed è gravemente malata, a restare in vita. Piove, nevica e fa molto freddo, mentre Herzog attraversa i boschi e i paesi della Baviera. Ha dormito in una casetta di vacanza, in cui è entrato “senza rompere niente”, trovando delle carte da gioco e il calendario di novembre. Il 26 ha ripreso la marcia, in direzione ovest e con l’aiuto di una mappa stradale della Shell. 

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30 Settembre | the 30th of September

30 settembre 2023

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So the days, the last days, blow about in memory, hazy, autumnal, all alike as leaves: until a day unlike any other I’ve lived. It happened to fall on the 30th of September, my birthday, a fact which had no effects on events, except that, expecting some form of monetary remembrance from my family, I was eager for the postman’s morning visit.  Indeed, I went downstairs and waited for him. If I had not been loitering in the vestibule, then Holly would not have asked me to go horseback riding; and would have not, consequently, have had the opportunity to save my life 

Truman Capote, Breakfast at Tiffany’s, 1958

Così i giorni, gli ultimi giorni, turbinano nella mia memoria, indistinti, autunnali, tutti eguali come foglie: fino a un giorno diverso da tutti quelli che ho vissuto.
Accadde in autunno, il 30 settembre, il giorno del mio compleanno, particolare che non ebbe alcun peso sugli avvenimenti, a parte il fatto che, sperando in un ricordino finanziario della mia famiglia, aspettavo con impazienza la visita mattutina del portalettere. Anzi, scesi dabbasso per vederlo prima. Se non fossi stato nell’atrio in attesa, Holly non mi avrebbe invitato ad andare a cavallo e, di conseguenza, non avrebbe avuto modo di salvarmi la vita

Truman Capote, Colazione da Tiffany, 1958, tr. it. B. Tasso, ed. cons. Garzanti, 1973, pp. 99-100

Mentre in Europa si combatte una guerra a cui partecipano anche molti soldati americani – fra cui Fred, il fratello della protagonista di questa storia – la giovane e bizzarra Holiday (Holly) Golightly fa di ogni giorno una festa, come dice il suo nome, o almeno ci prova. Fra l’autunno del 1943 e quello del 1944, a New York, trascorrono le sue vicende, raccontate dal vicino di casa, aspirante scrittore (e riprese nel celebre film, interpretato da Audrey Hepburn). Sposata giovanissima con un veterinario, “stellina cinematografica”, corriere di messaggi in codice per conto di un contrabbandiere in carcere, incinta di un politico brasiliano, Holly è eccentrica e imprendibile, continuamente di passaggio, “in transito”, come è scritto sulla sua porta. Il 30 settembre è una data cruciale nella storia: compleanno del narratore, è il giorno in cui questi cade da cavallo durante un giro in Central Park e in cui Holly viene arrestata per i suoi contatti con la malavita. Il 30 settembre era anche il compleanno dell’autore di Colazione da Tiffany: Truman Capote, nato il 30 settembre del 1924.

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8 Settembre | September 8

8 settembre 2023

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Perhaps Anne has another week before time stops for her. As for myself, three weeks? It’s curious to think that, say, precisely 3:47 P. M. September 8, time will stop forever. A single microsecond will flash past unnoticed for everyone else, but for me will last an eternity. I’d better decide how I want to spend it!

James G. Ballard, Memories of the Space Age, 1982

Forse Anne ha un’altra settimana prima che per lei il tempo si fermi definitivamente. Quanto a me, tre settimane, forse? È strano pensare che, diciamo alle 15:47 precise dell’8 settembre, il tempo si fermerà per sempre. Un unico microsecondo scorrerà senza che nessun altro lo noti, ma per me durerà un’eternità. Farei meglio a decidere come voglio trascorrerlo!

James G. Ballard, Ricordi dell’era spaziale, 1982, tr. it. L. Briasco, in Tutti i racconti, vol. 3 1969-1992, Fanucci, 2007, p. 446

C’è ancora qualche data nel mondo del dottor Mallory, ex medico della Nasa afflitto – come la moglie Anne – da strani attacchi durante i quali il tempo sembra rallentare. Arrivato da Vancouver a Cape Kennedy in cerca di Hinton – un astronauta che ha ucciso il co-pilota – e di una spiegazione del fenomeno, Mallory si accorge che tutto il centro spaziale e l’intera Florida è coinvolta nella deformazione del passaggio del tempo. Il tempo, “come una pellicola in un proiettore difettoso, si muoveva a ritmo irregolare, rallentando a tratti fino a fermarsi”. Nei grandi alberghi vuoti, fra le rovine del centro spaziale, fra pochi esseri viventi – gli animali di uno zoo, molti uccelli, la figlia del pilota ucciso, l’astronauta Hinton che sta cercando di fuggire dal tempo attraverso la competenza nel volo – Mallory si muove in un tempo “ agglutinato”. Fra la fine di agosto e i primi giorni del mese successivo, registra ancora gli effetti di questa esperienza su di sé e sulla moglie, in attesa del momento in cui il presente si sarebbe fermato su un unico istante, forse nella luce vivida del pomeriggio dell’8 settembre.

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6 Settembre | September 6th

6 settembre 2023

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And so the seasons went rolling on into summer, as one rambles into higher and higher grass.
Thus was my first year’s life in the woods completed; and the second year was similar to it. I finally left Walden September 6th, 1847.

Henry D. Thoreau, Walden, 1854

 

E così la stagione evolveva via via nell’estate, come uno che si addentri nell’erba alta. In questo modo finii il mio primo anno di vita nei boschi; e il secondo anno fu simile a questo. Alla fine lasciai il lago di Walden ed era il 6 settembre 1847

Henry D. Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi, 1854, tr. it. P. Sanavio, Rizzoli, Milano, 1994, p. 394

Per due anni e due mesi, il giovane Henry David, americano di Concord, Massachusetts, ha vissuto in una capanna, sulle sponde del lago Walden. Lontano da tutti, circondato da pochi oggetti e da un riparo che ha costruito da solo, ha cercato di vivere con il minimo indispensabile, seguendo i ritmi e le indicazioni della natura. Il 6 settembre del 1847, il suo esperimento di vita nei boschi si conclude ed egli torna nel “consorzio civile”, nel tempo dell’agenda e dell’orologio, dopo essersi orientato – per due anni e due mesi – con la luce, il comportamento degli animali, il rumore del ghiaccio e il colore delle foglie degli aceri, calendari infallibili del tempo naturale.

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17 Agosto

17 agosto 2013

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Joan rovistò nella sua valigia aperta e tornò a galla con una manciata di ritagli di giornali. Il primo mostrava l’ingrandimento fotografico di una ragazza con occhi ombreggiati di nero e labbra nere aperte in un largo sorriso. Non riuscivo a immaginare dove mai fosse stata presa una simile fotografia, poi notai gli orecchini e la collana di Bloomingdale che mandava raggi bianchi e splendenti a imitazione di stelle.
Scomparsa una studentessa universitaria. Angosciata la madre.
L’articolo sotto la fotografia diceva che questa ragazza era sparita di casa il 17 agosto, che indossava una gonna verde e una camicetta bianca, che aveva lasciato un biglietto in cui diceva di andare a fare una lunga passeggiata 

Sylvia Plath, La campana di vetro, 1963, tr. it. D. Menicanti, Mondadori 1979, pp.174-5

Nell’estate afosa del 1953 – iniziata negli Stati Uniti con l’esecuzione dei coniugi Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dell’Unione Sovietica– la giovane Esther è tornata nella casa materna, alla periferia di Boston, dopo un mese passato a New York con una borsa di studio. Non è stata ammessa alla scuola per scrittori e, una volta a casa, non riesce a dormire né a leggere; vede gli anni della sua vita “lungo una strada come pali telegrafici collegati da fili, diciannove pali”, dopo i quali i fili pendono nel vuoto. L’incertezza sul suo talento di scrittrice e la mancanza di sonno – con i giorni “abbaglianti come un lungo viale bianco di infinita desolazione” – la trascinano nella depressione. Dalla campana di vetro in cui si sente rinchiusa, finisce nello studio di uno psichiatra, sul lettino dell’elettroschock, finché non tenta il suicidio – camuffandolo da fuga – in un giorno di quell’estate: la vicenda è riportata dai giornali del 17 agosto, in cui Esther, nella clinica dove è ricoverata, si vede ripresa in una vecchia foto. 

Dicono del libro
“E se il Giovane Holden fosse stato una ragazza? In un albergo di New York per sole donne Esther, diciannovenne di provincia, studentessa brillante, vincitrice di un soggiorno offerto dalla rivista di moda più sofisticata, incomincia a sentirsi ‘come un cavallo da corsa in un mondo senza piste’. Intorno a lei, sopra di lei, l’America degli anni Cinquanta chiude una campana di vetro da cui sfugge a poco a poco l’aria”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… prese congedo dalla moglie il giorno 17 agosto 1703, due mesi circa dopo il mio arrivo…”
Jonathan Swift, I viaggi di Gulliver

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“… giunsero finalmente all’isola di Santa Maria il 17 agosto, alle sei di sera, e calarono l’ancora presso la nave americana Gioia dello Scapolo…”
Herman Melville, Benito Cereno

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“… Di tutte le notti di festa del 17 agosto alle quali ho partecipato nel corso degli anni a Graffenegg, quella fu la più animata e la più lunga…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… A poco a poco, il tempo della narrazione raggiunse il tempo della mia vita effettiva, il 17 agosto, con un caldo atroce…”
Michel Houellebecq, La possibilità di un’isola