27 Luglio | 27. Juli

27 luglio 2024

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Und man liess mich besonders lange warten an dieser Donnerstag, del 27. Juli, zwei geschlagene Stunden im Vorzimmer stehend warten: ich erinnere mich auch an dieses Datum aus einem bestimmten Grunde so genau, denn in diesem Vorzimmer, wo ich – selbstverständlich ohne mich niedersetzen zu dürfen – zwei Stunden mit die Beine in den Leib stehen musste, hing ein Kalender, und ich vermag Ihnen nicht zu erklären, wie in meinem Hunger nach Gedrucktem, nach Geschriebenem, ich diese eine Zahl, diese wenige Worte ’27. Juli’ and der Wand anstarrte und anstarrte; ich frass sie gleichsam in mein Gehirn hinein

Stefan Zweig, Die Schachnovelle, 1941

E mi fecero aspettare particolarmente a lungo quel giovedì, 27 luglio, aspettare in piedi nell’anticamera per due ore buone; mi ricordo con tanta esattezza anche di questa data per un particolare motivo, perché nell’anticamera dove io – senza potermi sedere, naturalmente – dovetti starmene impalato per due ore, era appeso un calendario, e non so descriverle con quanta avidità di cose stampate, di cose scritte continuai a fissare quella cifra, quella parola, ’27 luglio’ sulla parete; le divoravo quasi nel cervello

Stefan Zweig, Novella degli scacchi, 1941, tr. it. S. Martini Vigezzi, Garzanti, 1991, p. 65

Su una grande nave passeggeri, il narratore – assistendo a una partita di scacchi giocata da un campione mondiale – incontra il signor B., nel cui passato gli scacchi hanno avuto un ruolo cruciale. Per quattro mesi, il signor B. ha vissuto segregato in una stanza d’albergo, “fuori del tempo, fuori del mondo”. Senza orologio, libri, giornali, matite, senza contatti né distrazioni: è una forma di tortura della Gestapo per indurlo a rivelare delle informazioni. Lasciato nel nulla, in balia dei suoi pensieri, il signor B. trova una temporanea salvezza nell’incontro fortuito – prima di un interrogatorio – con un manuale di scacchi, su cui concentrerà, di lì in avanti, tutta la sua attenzione mentale. Anche il giorno in cui si è imbattuto nel manuale è rimasto impresso nella sua memoria, avendo guardato a lungo, in attesa della chiamata, il calendario con la scritta 27 luglio.

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26 Luglio | VII kalendas Sextiles

26 luglio 2024

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Et plane interpellavit saltationis libidinem actuarius, qui tanquam Vrbis acta recitavit: “VII kalendas Sextiles: in praedio Cumano, quod est Trimalchionis, nati sunt pueri XXX, puellae XL; sublata in horreum ex area tritici milia modium quingenta; boves domiti quingenti. Eodem die: Mithridates servus in crucem actus est, quia Gai nostri genio male dixerat. Eodem die: in arcam relatum est, quod collocari non potuit, sestertium centies. Eodem die: incendium factum est in hortis Pompeianis, ortum ex aedibus Nastae vilici. — Quid, inquit Trimalchio, quando mihi Pompeiani horti empti sunt?

C. Petronii Satiricon LIII

A interrompere la sua foga ballerina venne il segretario, il quale lesse delle carte come se si trattasse di un foglio di annunzi governativi: “Ventisei luglio. Nel podere di Cuma, che è di Trimalcione, sono nati trenta bambini e quaranta bambine. Sono stati trasferiti dall’aia al granaio cinquecentomila moggi di frumento. Sono stati sottomessi al giogo cinquecento buoi. Lo stesso giorno è stato crocefisso lo schiavo Mitridate colpevole di aver parlato male del nostro Gaio. Lo stesso giorno sono stati messi in cassaforte dieci milioni di sesterzi per i quali non era stato trovato un investimento. Lo stesso giorno negli Orti Pompeiani è scoppiato un incendio iniziatosi nella casa del fattore Nasta”. “Cosa?” disse Trimalcione. “Quand’è che mi sono stati comperati i giardini di Pompeo?”

Petronio, Satiricon, tr. it. P. Chiara, Mondadori 1988, p.133

Il giovane Encolpio, in giro per il meridione d’Italia vivendo alla giornata, è arrivato – dopo diverse avventure – a casa di Trimalcione. Ricchissimo commerciante e proprietario di terre sterminate, Trimalcione possiede una schiera di servitori che tratta capricciosamente e vive con la moglie Fortunata in una dimora di gran lusso, dove è solito offrire banchetti sontuosi, che durano giorno e notte. Avvicinandosi al triclinio, Encolpio ha avuto modo di ammirare gli oggetti preziosi, le pitture e anche un calendario con i giorni favorevoli e quelli contrari, i pianeti e gli impegni del padrone. Durante il banchetto, fra danze, bevute di vino Falerno, giochi e indovinelli, un amministratore legge una relazione su quel che è successo nelle proprietà di Trimalcione il giorno settimo prima delle calende di agosto, cioè il 26 di luglio di un’estate antica.

 

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25 Luglio

25 luglio 2024

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Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d’estate. Una magnifica giornata d’estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell’imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il “Lisboa” aveva ormai una pagina culturale, e l’avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte. Quel bel giorno d’estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte. Perché? (…)
Era il venticinque di luglio del millenovecentotrentotto, e Lisbona scintillava nell’azzurro di una brezza atlantica, sostiene Pereira

Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, 1994, Feltrinelli, p.10

Lisbona: la data del 25 luglio del 1938 segna l’inizio della storia narrata nel romanzo Sostiene Pereira. È in quel giorno, infatti, che Pereira, anziano responsabile delle pagine culturali di un giornale del pomeriggio, il “Lisboa”, fa la conoscenza del giovane Francesco Monteiro Rossi. Si sono sentiti al telefono: Pereira ha proposto al giovane di tenere una rubrica sul giornale e si incontreranno la sera stessa, a una festa in Praça da Alegria, dove Pereira conoscerà anche l’amica di Monteiro, Marta, entrando in contatto con le loro idee libertarie, antagoniste al regime di Salazar. Mentre nel pomeriggio dall’oceano arriva la nebbia e Lisbona “si trova avvolta in un sudario di calura”, la vita di Pereira comincia a cambiare, quel 25 luglio, 1938, trentotto gradi.

 

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24 Luglio

24 luglio 2024

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Per i miei cinquant’anni, François organizzò una festicciola sublime da Armelle. C’erano gli amici di sempre e quelli recenti. Certe persone si rivedevano dopo lustri. Anche la meteorologia pensò di unirsi alla brigata: in quel memorabile 24 luglio ci beccammo un tornado seguito da una tempesta di grandine. In tre minuti, gli invitati erano fradici. Più tardi, dopo che ebbi spento le candeline, tutti anche i giovani Benjamin e Sarah, mi consegnarono una cassetta dove avevano registrato un brano del Viaggio. Era un’idea geniale

Annie François, La lettrice, 2000, tr. it. F. Bruno, Guanda 2000, p. 161

Ogni libro incontrato dalla narratrice durante la sua vita ha una storia, avvincente come un romanzo. Non solo per quello che il libro racconta, ma per il ruolo che ha nella stessa vita di chi lo legge. Che sia stato prestato o impacchettato per un trasloco, trovato su una bancarella, letto durante una malattia, è un testimone dell’esistenza a cui si è intrecciato. Al giorno del compleanno della narratrice, il 24 luglio, si collega per esempio la storia del romanzo dello scrittore francese Céline, Viaggio al termine della notte. Per tanti motivi, che risalgono alla sua adolescenza, la narratrice non è mai riuscita a leggerlo. E i suoi amici più cari decidono di registrarne la lettura, in tante cassette, come regalo per “quel memorabile 24 luglio”.

 

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23 Luglio

23 luglio 2024

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La mattina del 23 luglio 1989, una domenica, mi trovavo all’Hotel Terminus di Lione nei pressi della stazione ferroviaria Perrache, in una camera che si affacciava direttamente sui binari. Oltre la ferrovia, in una breccia tra i fili dei treni e i caseggiati, il verde degli alberi, limpidissimo, lasciava intuire che non molto lontano scorreva un fiume, la Saona, poco prima della sua confluenza nel Rodano; sopra le rotaie le rondini volavano davanti alla luna calante, bianca, che sembrava perforata dal blu del cielo e che pian piano andava ritirandosi, sforacchiata come una nuvola

Peter Handke, Epopea del baleno, 1990, tr. it. L. Salerno, Guanda, 1993, p. 41

Come un medium che ha la capacità di mettere in contatto il passato con il presente, il narratore registra un’impressione avuta durante un soggiorno all’Hotel Terminus, nella città di Lione, la mattina del 23 luglio 1989. In stazione passano dei ferrovieri, arriva un treno merci; in cielo volano rondini; è una mattina calma e luminosa di piena estate. Eppure qualcosa lo inquieta, come se da quel luogo arrivasse un segnale. In un istante in cui la scena sembra ferma, si rende conto che l’albergo dove si trova è stato la sede del comando nazista durante la guerra. C’è stato un altro giorno come quello odierno – pensa l’osservatore del 23 luglio – in cui però la stazione, il cielo, le rondini sono state la scena di una tragedia, che si riesce ancora a captare attraverso gli strati del tempo.

 

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22 Luglio

22 luglio 2024

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Scorsi la pergamena aperta. C’erano mille ghirigori e sotto un nome, Pacifico Stalio, quindi una data, 22 luglio 1768. Il resto, in tedesco, non lo capivo. Tornai alla data: era lo stesso giorno in cui l’ammiraglio Bougainville aveva disegnato con i suoi assistenti la cascata a Port Praslin, quella che sarebbe passata alla storia con il suo nome. Disegni d’acqua, lontani oceani d’acqua, avvenuti nello stesso giorno tra i milioni di giorni della storia terrestre che presto dimentica tutto, tranne qualche uomo e qualche data

Stanislao Nievo, Le isole del paradiso, 1987, Mondadori 1989, p. 282

Nel diario dell’esploratore Bougainville – alla data del 22 luglio 1768 – è annotata la presenza di acqua dolce nella baia di un’isola dei Mari del Sud, poco distante dalla Nuova Guinea. Un secolo dopo, quell’isola sarà la mèta di un progetto avventuroso, ideato dall’affarista e visionario francese Charles de Rays : il tentativo di renderla abitabile e coltivabile, con il sogno di fondare una nazione nuova, possibilmente ricca e prospera. Seguendo quest’ideale, numerosi coloni – fra i quali molti contadini veneti – s’imbarcano nell’impresa, che si rivelerà durissima e frustrante, per via della natura equatoriale, dove tempo ed energia sono diversi. Sulle tracce di alcuni dei protagonisti di quell’episodio: Angelo e Lucia, la regina melanesiana Emma, il capitano Stalio, il narratore si imbatte in sorprese e coincidenze, come – in questo brano – la data del 22 luglio 1768 (lo stesso giorno registrato nel diario dell’esploratore francese) segnata in un documento che riguarda un altro Stalio, in un altro punto della terra.

 

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21 Luglio

21 luglio 2024

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L’anno 356, nella notte del 21 luglio, la luna non era ancora sorta nel cielo, e il desiderio di Erostrato avendo raggiunto una forza inusitata, egli si decise a violare la camera segreta di Artemide. Scivolò giù per i tornanti della montagna sino alla riva del Caistro e salì i gradini del tempio. Le guardie dei sacerdoti dormivano vicino alle sante lampade. Erostrato ne afferrò una e penetrò nel naos. Un forte odore di olio di nardo si spandeva nell’aria. Le travi nere del soffitto d’ebano erano splendenti. L’ovale della stanza era diviso dalla tenda tessuta di filo d’oro e di porpora che nascondeva la dea. Erostrato, ansimando di voluttà, la strappò

Marcel Schwob, Vite immaginarie, 1896, tr. it. F. Jaeggy, Adelphi 1978, p.36

Lo scrittore Marcel Schwob racconta una data prodigiosa nella storia – e nella leggenda – del mondo antico. Il 21 luglio del 356 avanti Cristo andò distrutta una delle sette meraviglie del mondo, il ricchissimo tempio dedicato alla dea Artemide a Efeso, città dell’Asia minore, nell’attuale Turchia. Nel racconto, la causa della distruzione è l’incendio appiccato da un abitante di Efeso, di nome Erostrato, desideroso di avvicinarsi al tesoro e ai segreti del tempio. Catturato e imprigionato, continua a gridare il suo nome – che le autorità vorrebbero cancellare – “in mezzo alla notte”. Nella stessa notte, racconta lo scrittore, nasce Alessandro, re di Macedonia.

 

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20 Luglio | 20 juillet

20 luglio 2024

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Le 20 juillet 1936, vers trois heures de l’après-midi, l’autocar nous avait déposés tous deux à proximité d’une petite plage des environs de Lorient: le Fort-Bloqué. Nous n’avions pas choisi de nous rendre là plutôt qu’ailleurs: le premier départ de voiture avait été le notre. Le temps continuait à être “menaçant” comme depuis notre arrivée en Bretagne, aux jours de tempête et de pluie près. Moins d’une semaine plus tôt nous nous étions déjà laissé porter vers cet endroit de la côte où ne semblaient guère, dans de telles conditions, devoir s’aventurer que nous. (…)
C’était donc comme si, le 20 juillet, ce mur ce fût montré pour moi transparent. Le ruisseau était le même. Une plaque gravée se bornait à évoquer l’activité du fort. “ Fort du Loch 1746-1862”

André Breton, L’Amour fou, 1937 

 

Il 20 luglio 1936, verso le tre del pomeriggio, l’autocarro ci aveva lasciati tutti e due in prossimità di una piccola spiaggia intorno a Lorient: il Fort-Bloqué. Non avevamo scelto di andare là piuttosto che altrove: avevamo preso la prima corsa. Il tempo era ‘minaccioso’, come sempre dal nostro arrivo in Bretagna, a parte i giorni di pioggia e di tempesta. Meno di una settimana prima ci eravamo già lasciati portare verso quel punto della costa dove pareva che, in tali condizioni, fossimo i soli a volerci avventurare (…)
Era dunque come se, il 20 luglio, quel muro si fosse mostrato, per me, trasparente. Il ruscello giallo era lo stesso. Una targhetta incisa si limitava a evocare l’attività del forte: ‘Forte del Loch 1746-1862’

André Breton, L’amour fou, 1937, tr. it. F. Albertazzi, Einaudi, 1974, p. 120-21, 133

Un pomeriggio estivo su una spiaggia bretone dove, guardando bene, si può trovare un osso di seppia, un legnetto colorato, una scatola di caramelle alla violetta, un piccolo scheletro di granchio, mentre il sole – che non si vede per via del maltempo – è nel segno del Cancro. Il 20 luglio del 1936, l’autore del libro percorre, insieme con una donna, quel tratto di costa; i due sono arrivati lì per caso e senza meta e quello che li attende – via via che si avvicinano a un fortino abbandonato – è una strana avventura, come se fossero attratti in una atmosfera misteriosa e perturbante che diminuisce quando si allontanano dall’edificio. Tornati a casa, vengono a sapere che il luogo è stato teatro – tempo prima – di un fatto di cronaca nera. Questa e altre circostanze si collegano fra loro – come i relitti sulla spiaggia – dando la loro impronta alla data del 20 luglio, una giornata trovata, nel tempo.

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19 Luglio

19 luglio 2024

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Poi, le quattro pareti attorno erano coperte di stampe anch’esse guerresche: la battaglia di Calatafimi, la spedizione di Sapri, San Fermo, Aspromonte, la partenza da Quarto, la morte d’Anita; e di ritratti: quello di Mazzini e di Garibaldi, non c’è bisogno di dirlo, di Nino Bixio e di Stefano Canzio e di Menotti, di Felice Orsini e di Guglielmo Oberdan. Per giunta, nella parete di fronte, a mo’ di panoplia o di trofeo, ricordo della campagna del Trentino, Marco Leccio aveva appeso il suo vecchio schioppettone d’ordinanza incrociato con lo sciabolone d’ufficiale di Defendente Leccio suo padre. Sopra il motto di Garibaldi in grosse lettere: Fate le aquile; in mezzo il suo berretto di garibaldino e una fascetta di velluto – rosso s’intende – ov’erano affisse le medaglie. Più sotto, in cornice, una lettera scritta da lui il 19 luglio 1866 dal forte d’Ampola a un amico di Roma, con un ritaglio della bandiera austriaca presa in quel forte

Luigi Pirandello, Frammento di cronaca di Marco Leccio e della sua guerra sulla carta nel tempo della grande guerra europea, 1919, Appendice a Novelle per un anno, Giunti, 1994, III, p. 2716

Marco Leccio è un ex garibaldino che ha combattuto nella battaglia di Bezzecca e ha dato ai suoi figli i nomi di Giuseppe, Anita, Nino, Canzio, in onore degli eroi del Risorgimento. La seconda figlia l’ha chiamata proprio Bezzecca, in ricordo della battaglia, ma la sorte ha voluto che si sposasse con un orologiaio svizzero, dal cognome tedesco. Avvenimento tanto più sgradevole ora che – nel momento della narrazione – sta cominciando la prima guerra mondiale e Marco Leccio, all’età di 67 anni, vorrebbe arruolarsi volontario, insieme a figli e nipoti. Non verrà preso e seguirà le vicende belliche – come dice il lungo titolo del racconto – su delle carte geografiche e su “una plastica in rilievo di cartapesta colorata”, nel suo studio, piccolo santuario di ricordi della battaglia combattuta il 21 luglio del 1866 e di cui fanno parte la bandiera e la lettera del 19 luglio.

 

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18 Luglio

18 luglio 2024

 

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Un giorno, il 18 luglio 1936, un uomo dalla barba rossa, con cappello e bastone, passava su un asino bianco per le vie di Guernica. Era mezzogiorno e, barcollando dal caldo, l’uomo si fermò in piazza proprio davanti alla nostra casa, superbo su quell’asino come un imperatore e, come fanno i bovari in montagna, emise un lungo grido: “Eloheee!”. Noi bambini accorremmo dal giardino e giù dalle scale e attraverso l’atrio dal magico tetto di vetro azzurro dove i quattro più piccoli giocavano al Paradiso terrestre (…) Tutto il periodo agitato dal 18 luglio al 26 aprile mi risuona nella memoria col continuo riso squillante dello zio Pablo”

Hermann Kesten, I ragazzi di Guernica, 1939, tr. it. E. Pocar, Giunti 1983, p. 20

Carlos Espinosa, uno dei sette figli del farmacista della città di Guernica, racconta la storia della sua famiglia, segnata dall’intreccio dei destini del padre, rimasto nella città basca, e dell’avventuroso zio Pablo che, dopo anni di viaggi, torna a Guernica nell’estate 1936. Il 18 luglio lo zio fa la sua comparsa, in mezzo ai giochi dei ragazzi, mentre intorno comincia quella che sarà la guerra civile spagnola. Le vicende domestiche e familiari precipitano nel disordine, nell’inquietudine e infine nella tragedia del 26 aprile del 1937, quando l’aviazione tedesca bombarderà la città, decimando anche la famiglia Espinosa. Carlos sarà uno dei pochi sopravvissuti, destinato a raccontare, mantenendo la memoria delle date di quella guerra, perché “il tempo è troppo grande. Non ha tempo per noi”.

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Nel tempo a Villa Panza

La straordinaria villa Panza, donata al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) nel 1996 dai collezionisti d’arte contemporanea  Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo, ospita una mostra che raccoglie le opere di 23 artisti della collezione, collegate da una profonda relazione col tema del tempo. 
Curata da Gabriella Belli con Marta Spanevello, Nel Tempo – questo il titolo che spazializza la dimensione temporale – si articola “in due registri narrativi” il tempo eterno e il tempo della realtà, che introducono i visitatori nelle 5 sezioni dell’esposizione: “il senso (del tempo), la durata (del tempo), i luoghi (del tempo), il rumore (del tempo) e l’esperienza (del tempo)”.

Artisti in mostra: Vincenzo Agnetti, Michael Brewster, Pier Paolo Calzolari, Cioni (Eugenio) Carpi, Lawrence Carroll, Hanne Darboven, Grenville Davey, Walter De Maria, Stephen Dean, Jan Dibbets, Piero Fogliati, Allan Graham, Ron Griffin, Susan Kaiser Vogel, On Kawara, Joseph Kosuth, Gregory Mahoney, William Metcalf, Maurizio Mochetti, Franco Monti, Robert E. Tiemann, Franco Vimercati, Ian Wilson.

Mostra “Nel Tempo”, Villa Panza, Varese, 6-6-2024/6-1-2025
a cura di G. Belli con M. Spanevello.
Notizie e materiali sul sito del FAI, catalogo Magonza editore.

17 Luglio | Le dix-sept juillet

17 luglio 2024

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Le dix-sept juillet mille huit cent quatre-vingt-trois, à deux heures et demie du matin, le gardien du cimetière de Béziers, qui habitait un petit pavillon au bout du champ de morts, fut réveillé par les changements de son chien enfermé dans la cuisine. Il descendit aussitôt et vit que l’animal flairait sous la porte en aboyant avec fureur, comme si quelques vagabond eût rôdé autour de la maison.
Le gardien Vincent prit alors son fusil et sortit avec précaution.

Guy de Maupassant, La tombe, 1884

 

Il diciassette luglio milleottocentottantatré, alle due e mezzo del mattino, Vincent, il custode del cimitero di Béziers, che abitava un piccolo fabbricato in fondo al campo dei morti, fu svegliato dai mugolii del suo cane, chiuso in cucina. Balzò subito dal letto e vide che l’animale fiutava sotto la porta abbaiando con furore, come se qualche vagabondo avesse ronzato intorno alla casa. Allora prese il fucile e uscì cautamente

Guy de Maupassant, La tomba, 1884, tr. it. E. Bianchetti, in Racconti fantastici, Mondadori 1990, p.119

Il giovane avvocato Courbataille non si rassegna alla scomparsa della sua amata, una ragazza di vent’anni morta di polmonite. La perdita lo ha reso così folle e disperato da recarsi al cimitero per dissotterrare il cadavere. Sorpreso dal custode e processato per questo atto criminale, il giovane si difenderà da solo, con un discorso che rivela il motivo del suo gesto. Il desiderio di tornare indietro nel tempo. Il luogo in cui lo scrittore Maupassant ambienta questo racconto fantastico è la cittadina di Béziers e il giorno è un diciassette di luglio.

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16 Luglio | 16th of July

16 luglio 2024

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The next day, the sixteenth, I went up the same way again; and after going something further than I had gone the day before, I found the brook and the savannahs cease, and the country become more woody than before.  In this part I found different fruits, and particularly I found melons upon the ground, in great abundance, and grapes upon the trees.  The vines had spread, indeed, over the trees, and the clusters of grapes were just now in their prime, very ripe and rich.  This was a surprising discovery, and I was exceeding glad of them; but I was warned by my experience to eat sparingly of them; remembering that when I was ashore in Barbary, the eating of grapes killed several of our Englishmen, who were slaves there, by throwing them into fluxes and fevers.  But I found an excellent use for these grapes; and that was, to cure or dry them in the sun, and keep them as dried grapes or raisins are kept, which I thought would be, as indeed they were, wholesome and agreeable to eat when no grapes could be had. I spent all that evening there, and went not back to my habitation; which, by the way, was the first night, as I might say, I had lain from home. 


Daniel Defoe, Robinson Crusoe

 

Il giorno dopo, 16 luglio, rifeci il medesimo percorso, spingendomi un poco oltre. Notai pertanto che il torrente e i prati a poco a poco scomparivano e subentrava una zona più boscosa; qui trovai frutti di varie specie, e in particolare un gran numero di meloni sul terreno, e uva che cresceva sugli alberi; infatti la vite si era abbarbicata ai rami degli alberi, e i grappoli, in piena maturazione, pendevano turgidi e succosi. Questa scoperta inaspettata mi allietò moltissimo; ma ne mangiai con parsimonia, memore della precedente esperienza vissuta in Barberia, ove molti prigionieri inglesi erano morti di febbre e dissenteria, causate appunto dall’ingestione dell’uva. Ma io ebbi un’eccellente idea: pensai di farla essiccare al sole per conservarla come si conserva l’uva passa, convinto che sarebbe stata, come infatti fu, tanto sana quanto gradevole al gusto, nella stagione in cui non avessi potuto disporre di frutta fresca. Trascorsi in quel luogo tutta la sera, senza far ritorno alla mia abitazione, e fu questa – lo dirò per inciso – la prima notte che dormii fuori casa

Daniel Defoe, Robinson Crusoe, 1719, tr. it. R. Mainardi, ed. cons. Garzanti, 2003, p. 106

Naufragato alla fine di settembre su un’isola “malaugurata e derelitta”, Robinson Crusoe, dopo un periodo di disperazione, ha iniziato la sua lotta per sopravvivere. Ha allestito una tenda e scavato un rifugio, mentre il tempo passa fra piogge torrenziali, vampate di caldo e anche un terremoto. In luglio – così racconta nel suo diario – è appena guarito da una febbre terzana, e ha cominciato a esplorare l’isola, risalendo un corso d’acqua. Il 16 luglio non solo trova meloni e uva utili per le sue provviste, ma ha anche la prima occasione di dormire lontano dal suo rifugio, passando la notte su un albero. Da quel 16 luglio, trascorreranno molti anni prima dell’incontro con Venerdì, dell’arrivo di una nave inglese e del ritorno a casa, anni durante i quali Robinson elabora una sua personale scansione del tempo, dove spiccano l’anniversario del naufragio e l’alternarsi delle stagioni secche e piovose.

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15 Luglio

15 luglio 2024

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“Dopodomani quindici luglio alle ore quindici, stazione di Grosseto, ti aspetterò al binario, hai un treno che parte da Roma verso le tredici.” Clic.
Uno torna a casa e trova un messaggio così nella segreteria telefonica dopo tanto tempo. Tutto inghiottito dagli anni: quel periodo, quella città, gli amici, tutto. E anche la parola gatto, anche quella
inghiottita dagli anni, che riaffiora nella memoria insieme col sorriso che quel gatto si portava appresso, perché era il sorriso del gatto dello Cheshire. Alice nel paese delle meraviglie. (…)
E ora rieccola, la sua Alice delle meraviglie, il quindici luglio alle ore quindici, proprio una cifra da lei, che amava i giochi di numeri e collezionava mentalmente date incongrue

Antonio Tabucchi, Il gatto dello Cheshire, in Il gioco del rovescio, 1981, n. ed. Feltrinelli, 1988, pp. 137-138

In mezzo all’estate, il narratore di questa breve storia trova un messaggio nella segreteria telefonica. Una donna che non vede da tanto – e che chiama Alice, in omaggio all’eroina del paese delle meraviglie – gli dà un curioso appuntamento per il 15 luglio, alle ore quindici, alla stazione di Grosseto. Il viaggio in treno – il 15 di luglio – è riempito dall’immaginazione dell’incontro, dai ricordi della storia passata e da tanti pensieri sul tempo che, come il gatto di Alice a cui fa riferimento il titolo del racconto, fa evaporare tutto.

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14 Luglio | Vierzehnte Juli

14 luglio 2024

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Ich ging an die Regale und griff eine Stadtgeschichte von Paris heraus, in der ich stehend blätterte. Da waren Pläne und Zeichnungen der Alten Viertel am linken Ufer. Und in meiner Erinnerung, stieg jener seltsame “Vierzehnte Juli” auf, den wir vor de Cidre-Wirtschaft in der schmalen uralten Rue de l’Hirondelle verbrachten, an einer Tonne sitzend und dem Tanz der bunten Mädchen aus dem benachbarten “Hotel” zuschauend.

Franz Hessel, Pariser Romanze, 1920

 

Mi diressi verso gli scaffali, ne estrassi una storia della città di Parigi e rimasi lì in piedi a sfogliarla. C’erano piante e disegni degli antichi quartieri sulla riva sinistra. E mi riaffiorò alla memoria quel singolare Quattordici Luglio che trascorremmo insieme davanti alla locanda del sidro, nell’angusta, vecchissima rue de l’Hirondelle, appoggiati a una botte a guardare la danza delle variopinte fanciulle del vicino Hotel

Franz Hessel, Romanza parigina, 1920, tr. it. E. Arosio, Adelphi, 1997, p. 31

Nel 1916, mentre – in una cittadina polacca di frontiera – attende di essere mandato al fronte, un giovane soldato tedesco scrive all’amico francese Claude. Non gli parla della guerra che li ha divisi, ma degli anni trascorsi a Parigi in compagnia di artisti, poeti, modelle, cameriere, abitando a Montparnasse, a Passy e attraversando la città in lungo e in largo, di notte e di giorno. Per sopravvivere al presente, si rifugia nella memoria di un tempo irripetibile e, mentre inizia a raccontare dell’incontro con Lotte, enigmatica diciannovenne con cui ha condiviso i vagabondaggi parigini, ricorda un episodio accaduto un Quattordici Luglio, uno dei tanti momenti perfetti della vita prima della guerra.

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13 Luglio

13 luglio 2024

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Venerdì 13 luglio […] Hélas! è un venerdì 13 e, in luogo di genovesi o di qualcos’altro di pari, incontro un costantinopoletano. Era fatale! Questa terribile giornata, accoppiata alla data ancor più terribile, non sarebbe trascorsa per me senza un intoppo in qualché di tremendo: lo prevedevo (ecco, qui sono coniglio). Il pregiudizio si avvera: Taranto mi riserbava l’incontro con questo bisantino, italiano di oriente, al presente soldato nel R. Esercito per una inverosimile concordanza di casi, di sudditanze, di fedi di nascita e tutto un oscuro lavorio di cancellerie consolari

Alberto Savinio, La partenza dell’Argonauta (Hermaphrodito), 1918, Einaudi 1974, p.186

Nel caldissimo mese di luglio, un giovane soldato italiano, nato ad Atene (si tratta di Andrea de Chirico), sta viaggiando da Ferrara a Taranto, con destinazione Salonicco, dove le truppe italiane fanno base durante la prima guerra mondiale. Ha percorso lentamente la penisola – in vagoni di terza classe – e ora si trova nella città dei due mari, che gli appare come una faccia rasata a metà, la Taranto nuova e quella vecchia. Prima di raggiungere la sua destinazione, c’è un tempo d’attesa e di incontri con altri soldati, ufficiali, signore, tipi singolari, nella giornata venata di superstizione mediterranea di venerdì 13 luglio 1917.

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12 Luglio | 12 Juillet

12 luglio 2024

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Elle partit le douze juillet, à sept heures du matin. Je restai à J… la nuit précédente. En y allant, je me promettais de ne pas fermer l’oeil de la nuit. Je ferais une telle provision de caresses, que je n’aurais plus besoin de Marthe pour le reste de mes jours.
Un quart d’heure après m’être couché, je m’endormis. En général, la présence de Marthe troublait mon sommeil. Pour la première fois, à côté d’elle, je dormis aussi bien que si j’eusse été seul. À mon réveil, elle était déjà debout. Elle n’avait pas osé me réveiller. Il ne me restait plus qu’une demi-heure avant le train. J’enrageais d’avoir laissé perdre par le sommeil les dernières heures que nous avions à passer ensemble

Raymond Radiguet, Le diable au corps, 1923

Partì il dodici luglio, alle sette di mattina. Restai a J… la notte precedente. Nell’andarvi, mi promettevo di non chiudere occhio tutta la notte, per fare una tale provvista di carezze, da non avere più bisogno di Marta pel resto dei miei giorni.
Un quarto d’ora dopo essermi coricato, mi addormentai. 
In generale, la presenza di Marta mi turbava il sonno. Per la prima volta, al suo fianco, dormii bene come se fossi stato solo.
Quando mi svegliai la vidi già in piedi. Non aveva osato svegliarmi. Non mi restava che una mezz’ora prima del treno. Mi rodevo di aver sciupato nel sonno le ultime ore che avevamo da passare insieme

Raymond Radiguet, Il diavolo in corpo, 1923, tr. it. M. Ortiz, ed. cons. Garzanti, 1966, p. 112

Ultimo anno della prima guerra mondiale, in una cittadina francese lungo il corso del fiume Marna, al primo piano di una villetta, la mattina del 12 luglio. Lei è la diciottenne Marthe. Lui è il narratore della storia, un ragazzo di sedici anni. Si sono conosciuti quando lui era uno studente brillante e poco disciplinato e lei era già fidanzata con Jacques, che ora è suo marito, ed è al fronte. Sono diventati amanti, mentre il mondo intorno è preso dalla guerra. Ora lei è incinta e sta per partire. Lui la accompagna a Parigi, fino alla stazione di Montparnasse, dove la attendono i suoceri. Mancano pochi mesi all’armistizio, al parto, al ritorno alla normalità, al termine di una passione da adolescenti. Per questo, anche, la data del 12 luglio resta impressa nella memoria.

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11 Luglio

11 luglio 2024

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Ai primi di luglio si diffusero, a Mosca, voci sempre più allarmanti sull’andamento della guerra: si parlava del proclama dell’imperatore al popolo, dell’arrivo a Mosca dal fronte del sovrano in persona. Ma siccome fino all’11 luglio non erano giunti né il manifesto né il proclama, su di essi e sulla situazione della Russia correvano voci esagerate. Si diceva che l’imperatore partiva perché l’esercito era in pericolo; che Smolensk era stata abbandonata, che Napoleone aveva un milione di soldati e che soltanto un miracolo avrebbe potuto salvare la Russia.
L’11 luglio, un sabato, giunse il manifesto

Lev Tolstoj, Guerra e pace, 1867-69, tr. it. P. Zveteremich, ed. cons. Garzanti 1985, III, p. 995

Nel giugno del 1812, Napoleone con il suo esercito ha varcato i confini dell’impero russo, mentre lo zar Alessandro è a Vilnius. È l’inizio della guerra, le cui cause – argomenta Tolstoj – formano una catena lunghissima e intricata e i cui effetti saranno altrettanti complessi per la vita dei singoli e dei popoli, la cui storia è narrata nelle migliaia di pagine di Guerra e pace. Appena Napoleone varca la frontiera, ha inizio uno scambio di messaggi diplomatici, che non riesce a fermare la guerra. A Mosca si attendono notizie e intanto viene luglio, per il calendario gregoriano, in vigore in gran parte dei paesi europei dalla fine del ‘500, e per il calendario giuliano, ancora in uso nella Russia zarista, con uno scarto di una decina di giorni. L’11 luglio è un giorno dell’anno 1812, l’anno della cometa, la cui estate fu ”caratterizzata da continui nubifragi” e dallo spostamento di masse di uomini da occidente a oriente, dalla Francia a Mosca, che avrebbe sopportato un incendio e visto la ritirata delle truppe francesi.

 

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10 Luglio

10 luglio 2024

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Addio
Luglio 10, lunedì

Al tocco ci trovammo tutti per l’ultima volta alla scuola a sentire i risultati degli esami e a pigliare i libretti di promozione. La strada era affollata di parenti, che avevano invaso anche il camerone, e molti erano entrati nelle classi , pigiandosi fino accanto al tavolino del maestro: nella nostra riempivano tutto lo spazio fra il muro e i primi banchi. C’era il padre di Garrone, la madre di Derossi, il fabbro Precossi, Coretti, la signora Nelli, l’erbaiola, il padre del muratorino, il padre di Stardi, molti altri che non avevo mai visti; e si sentiva da tutte le parti un bisbiglio, un brulichìo, che pareva d’essere in una piazza. Entrò il maestro: si fece un grande silenzio. Aveva in mano l’elenco e cominciò a leggere subito

Edmondo De Amicis, Cuore, 1886, ed. cons.Rizzoli, 1978, p. 421

L’anno scolastico raccontato nel libro Cuore e ambientato in una scuola elementare torinese è quello del 1881-82: è cominciato il 17 ottobre con la presentazione del maestro e dei compagni del narratore, Enrico, ed è proseguito con i resoconti delle vicende avvenute in classe e fuori, le lettere dei genitori e della sorella, i commoventi (e crudeli) racconti mensili, mentre regnava re Umberto e moriva Garibaldi. L’anno scolastico – e il libro – si concludono alla data del 10 luglio, quando il maestro legge i voti degli esami e hanno inizio i tre mesi di vacanza che passeranno “come un sogno”.

 

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9 Luglio | July 9th

9 luglio 2024

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July 9th. Fine weather. All hands employed in repairing bulwarks. Peters had again a long conversation with Augustus, and spoke more plainly than he had done heretofore. He said nothing should induce him to come into the mate’s views, and even hinted his intention of taking the brig out of his hands. He asked my friend if he could depend upon his aid in such case, to which Augustus said, “Yes,” without hesitation. Peters then said he would sound the others of his party upon the subject, and went away. During the remainder of the day Augustus had no opportunity of speaking with him privately.

Edgar Allan Poe, The Adventures of Arthur Gordon Pym, 1838

9 luglio. Bel tempo. Tutti furono occupati a riparare la murata di babordo. Peters si intrattenne di nuovo per un pezzo con Augustus, e parlò in maniera più esplicita di quanto non avesse fatto sino allora. Gli disse che nulla al mondo poteva costringerlo a mettersi dal punto di vista del secondo, e gli lasciò capire che intendeva strappare il brigantino dalle sue mani. Chiese anzi al mio amico se, nel caso, avrebbe potuto contare su di lui, al che, senza esitazione, Augustus rispose ‘Sì’.”

Edgar Allan Poe, Le avventure di Gordon Pym, 1838, tr. it. E. Vittorini (1937), ed. cons. Mondadori, 1990, p. 73

Il barometro segna bel tempo il 9 luglio del 1827, nel diario di bordo del giovane navigatore Arthur Gordon Pym. Si è imbarcato di nascosto, da meno di un mese, sul brigantino Grampus partito dal porto di Nantucket. Il viaggio è pieno di avvenimenti così straordinari che egli stesso, nel raccontarli, teme di non essere creduto. Subito dopo la partenza, all’altezza delle isole Bermude, un gruppo di ammutinati ha preso il comando della nave. Il 9 luglio è appena passata una tempesta e mentre i marinai discutono se far rotta verso le Antille per darsi alla pirateria, Gordon Pym e due compagni fidati decidono di riprendere in mano il brigantino. Ci riusciranno e il viaggio li porterà verso l’Antartide, fra fenomeni inspiegabili su cui la narrazione si interrompe.

 

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