18 Ottobre

18 ottobre 2024

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Io nacqui Veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio Italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo.
Ecco la morale della mia vita. E siccome questa morale non fui io ma i tempi che l’hanno fatta, così mi venne in mente che descrivere ingenuamente quest’azione dei tempi sopra la vita d’un uomo potesse recare qualche utilità a coloro, che da altri tempi sono destinati a sentire le conseguenze meno imperfette di quei primi influssi attuati.
Sono vecchio oramai più che ottuagenario nell’anno che corre dell’era cristiana 1858 […] La mia esistenza temporale, come uomo, tocca omai al suo termine; contento del bene che operai, e sicuro di aver riparato per quanto stette in me al male commesso, non ho altra speranza ed altra fede senonché essa sbocchi e si confonda oggimai nel gran mare dell’essere. La pace di cui godo ora, è come quel golfo misterioso in fondo al quale l’ardito navigatore trova un passaggio per l’oceano infinitamente calmo dell’eternità. Ma il pensiero, prima di tuffarsi in quel tempo che non avrà più differenza di tempi, si slancia ancora una volta nel futuro degli uomini

Ippolito Nievo, Le Confessioni d’un Italiano, 1867 (postumo), ed. cons. Mondadori 1984, pp. 3, 6


Carlo Altoviti, detto Carlino, è “testimone ed attore d’un bel capitolo di storia”, dalla rivoluzione all’arrivo dei Francesi in Italia, dalla caduta di Napoleone ai moti del 1848. Un capitolo di storia osservato all’inizio da una postazione che sembra periferica, il castello di Fratta nella bassa friulana, posto sotto la giurisdizione della Serenissima Repubblica di San Marco. Ma che permette di raccontare gli sconvolgimenti che porteranno di lì a poco all’unità d’Italia, trasformando il narratore – così spera alla fine della sua lunga vita – da veneziano in italiano. Figlio di una sorella della contessa di Fratta e di un gentiluomo-avventuriero, Carlino viene affidato agli zii appena nato e cresce senza un posto preciso nella casa, fra la servitù, nella grande cucina del castello, guardando da una prospettiva tutta sua le persone, i dettagli, la natura, i sentimenti, soprattutto l’amore per la Pisana. Da Fratta a Padova a Venezia a Milano, a Londra in esilio, Carlino segue la fuga degli anni, alcuni terribili, altri “muti e avviliti”, a cominciare dalla sua nascita, nel 1775, il 18 ottobre, San Luca, giorno con il quale il lungo racconto ha inizio.

Dicono del libro

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I Ottobre | I Oktober

1 ottobre 2024

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Der Oktober brach an, wie neue Monate anzubrechen pflegen, – es ist an und für sich ein vollkommen bescheidenes und geräuschloses Anbrechen, ohne Zeichen und Feuermale, ein stilles Sicheinschleisen also eigentlich, das der Aufmerksamkeit, wenn sie nicht strenge Ordnung hält, leicht entgeht. Die Zeit hat in Wirklichkeit keine Einschnitte, es gibt kein Gewitter oder Drommetengetön beim Beginn eines neuen Monats oder Jahres, und selbst bei dem eines neuen Säkulums sind es nur wir Menschen, die schiessen und läuten. In Hans Castorps Fall glich der erste Oktobertag auf ein Haar dem letzen Septembertage; er war ebenso kalt und unfreundlich wie dieser, und die nächstfolgenden waren es auch. 

Thomas Mann, Der Zauberberg, 1924

L’ottobre venne come sogliono venire i nuovi mesi; il suo è un arrivo modesto e silenzioso sotto tutti i rapporti, senza segni esteriori, un muto insinuarsi dunque, che sfugge facilmente all’attenzione se questa non mantiene un ordine severo. Il tempo in realtà non ha suddivisioni, non ci sono tempeste, non v’è rumoreggiare di tuoni all’inizio del nuovo mese o del nuovo anno, ed anche a quello del nuovo secolo; siamo soltanto noi uomini che spariamo e tuoniamo. Nel caso di Giovanni Castorp, il primo giorno di ottobre fu identico agli ultimi giorni di settembre, fu altrettanto immusonito e freddo come quelli e come gli altri che lo seguirono

Thomas Mann, La montagna incantata, 1924, tr. it. G. Giachetti-Sorteni, Dall’Oglio 1930 (1976), vol. I, p.249

Sulla montagna incantata (o magica, secondo una recente traduzione), il tempo è chiamato continuamente in causa. Sia il tempo meteorologico, poiché su quella montagna delle Alpi svizzere si trova il sanatorio per le malattie dei polmoni, i cui ospiti sono i protagonisti del romanzo, sia – soprattutto – il tempo del calendario. Il soggiorno del giovane ingegnere Giovanni Castorp – in visita a un cugino – doveva durare meno di un mese, e invece – scopertosi malato – si prolunga per anni, trasformando abitudini e aspettative. Mentre le stagioni cambiano, i giorni avanzano come le lancette di un enorme orologio, e il tempo è sentito come una beffa, un mistero, un trucco senza spiegazione.

Dicono del libro

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Memoria per le date e tempo ciclico

Luglio 2018: diversi articoli riportano la ricerca di Valerio Santangelo e Patrizia Campolongo  su un gruppo di persone – donne e uomini di varia età – dotate di una formidabile memoria autobiografica. Come Funes nel racconto di Borges, i dettagli delle giornate trascorse, anche molto lontane nel tempo, tornano in superficie in modo vivido e inarrestabile.
“Non ho bisogno di un’agenda e non ho mai avuto il diario a scuola. È un dono che non riesci a spiegare agli altri. Per me il tempo è circolare: le cose successe 10 anni fa, le vivo come se fossero accadute oggi” – racconta una delle persone coinvolte in questa ricerca (fonte un articolo de La Stampa, 12 luglio 2018).
“Con il tempo ho imparato a scindere i ricordi del passato da quelli di oggi. La mia mente gli dà la stessa importanza. è come se vivessi un eterno presente. Se mi sveglio la mattina e vedo che è l’11 luglio mi vengono in mente tutti i compleanni di chi è nato quel giorno e quello che ho fatto l’11 luglio di ogni anno della mia vita”.
Le date funzionano come una griglia su cui appoggiare le esperienze, per poi  richiamarle, e non solo quelle macroscopiche, ma anche quelle minuscole, in apparenza ininfluenti e cancellabili.
Chi segue Diconodioggi sa che il repertorio di racconti organizzati per giorno in cui la storia si svolge nella finzione risponde a suo modo alla forza mnemonica della data: la data incontra – nel momento della lettura – il tempo presente, scatenando in chi legge una catena di ricordi anche autobiografici. 


Il calendario come sistema di memoria, la stringa giorno-mese come accesso al passato, che avviene seguendo percorsi profondi e misteriosi, anche sinestetici, come si legge ancora nell’articolo citato: “E la cosa particolare è che associo anche i colori, una sorta di sinestesia mentale:l’11 lo vedo nero, il luglio viola, il 2 rosso e lo 0 grigio”.
E come aveva raccontato nei suoi studi Oliver Sacks: vedi questo post sui colori delle date

2020: la ricerca è andata avanti e ha permesso di “identificare le aree del cervello specificamente deputate a dare una dimensione temporale ai ricordi, organizzando quelle informazioni che nelle persone comuni restano memorie indistinte e sfocate”. I risultati degli studi di Valerio Santangelo, Tiziana Pedale, Simone Macrì, Patrizia Campolongo sono pubblicati sulla rivista Cortex: Enhanced cortical specialization to distinguish older and newer memories in highly superior autobiographical memory (https://doi.org/10.1016/j.cortex.2020.04.029).
Come si legge nella pagina Sapienza che riporta gli aggiornamenti della ricerca “c
omprendere i sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento della memoria – concludono i ricercatori – fornisce importanti indicazioni su quali aree è necessario intervenire per stimolare il ripristino di un funzionamento adeguato della memoria in persone con deficit o lesioni neurologiche”.
(a.s.)

 

Il punto più distante dal Natale

“Eccoci, siamo nel punto più lontano possibile dal prossimo Natale. M’aspetto da un momento all’altro la chiamata di mamma per i regali 2014” ha scritto @carlogabardini in un tweet, nel pomeriggio del 25 dicembre. E molti altri tweet (di @quasiblu, @manlioprimo, @_heyjade) sottolineano che il giorno 26 dicembre ci si trova nel momento più distante dalle prossime feste.

Dezember_26Quasi un secolo fa, lo scrittore tedesco Thomas Mann nel romanzo La montagna incantata (o La montagna magica, secondo una nuova traduzione)così aveva raccontato il 26 dicembre, secondo giorno delle feste natalizie, che contemporaneamente fa sprofondare il Natale nel passato e lo proietta nel futuro:

“Il secondo giorno delle feste natalizie non si distinse altrimenti dagli altri comuni della settimana se non per una lieve consapevolezza della sua presenza, e quando esso fu finito il Natale apparteneva ormai al passato, o per dire più esattamente, apparteneva ad un lontano futuro, ad un futuro di un anno. Mancavano ancora dodici mesi fino al punto in cui esso nel suo ciclo si sarebbe rinnovato…”.
(Thomas Mann, La montagna incantata, 1924, tr. it. B. Giachetti-Sorteni, dall’Oglio editore, vol. I, pp. 320-321)

Eccoci.