20 Settembre

20 settembre 2023

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Settembre 20
Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d’oggi, che segna l’entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo

Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca, 1912 (in volume), ed. cons. Giunti, 1994, p. 5

Il 20 settembre 1870 è il giorno della breccia di Porta Pia. Ventisette anni dopo, nello stesso giorno di settembre, nasce Giannino Stoppani, detto Gian Burrasca. Per il suo compleanno ha avuto in regalo dalla mamma un giornalino con la “rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche”. Su questo diario, racconterà le sue disavventure, le punizioni, gli slanci verso la libertà.
Per cominciare, non sapendo ancora cosa scrivere, ricopia proprio il foglietto del calendario del 20 settembre, 263° giorno dell’anno, Sant’Eustachio. Entrata delle truppe italiane in Roma. Luna piena.

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16 Agosto

16 agosto 2023

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– Vuoi dire di Elvis Presley in persona?
– Sì, ho lavorato con lui per una decina di giorni, durante le riprese di un film in Messico.
(…)
– Senti, ma quanti anni hai, allora, se hai lavorato niente meno che con il Re? È morto da moltissimi anni, no? Cinquanta? – Mi scappava ancora da ridere, fui in grado di trattenermi per fortuna.
Notai subito che stava recuperando un po’ della sua civetteria. Mi sgridò ancora, per prima cosa.
– Non esagerare. Il prossimo 16 agosto saranno trentaquattro, credo. Non credo di più –

Javier Marías, Gli innamoramenti, 2011, tr. it. G. Felici, Einaudi, 2012, pp. 292, 293

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2 Aprile

2 aprile 2023

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Il 2 di aprile cadeva il secondo anniversario. “Bisogna questa volta celebrarlo fuori di Roma” disse Ippolita. “Bisogna che noi passiamo una gran settimana d’amore, soli, dovunque, ma fuori di qui […] Stabilirono di partire il 2 di aprile, col treno del tocco. Si trovarono alla stazione, per  l’ora stabilita, tra la folla, provando entrambi in fondo al cuore una gioia ansiosa

Gabriele d’Annunzio, Trionfo della morte, 1894, Mondadori 1977, p.71, 75

I due amanti Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio, quasi stupiti di essere arrivati al secondo anniversario della loro storia d’amore,  all’inizio clandestina, cercano sulla guida un luogo dove festeggiare e decidono per la località di Albano. Vi si recano in treno, rievocando continuamente – non senza malinconia –  il giorno del loro primo incontro, avvenuto a un concerto.  Il 2 aprile è la vera data in cui D’Annunzio conobbe Barbara Leoni, a cui la figura di Ippolita è ispirata.

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Terzo e ultimo dei ‘Romanzi della Rosa’, Trionfo della morte ci presenta varie situazioni legate alla biografia di D’Annunzio. Nella passione ‘difficile’ fra Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio è adombrata quella – famosissima – che vissero lungamente lo scrittore e Barbara Leoni. Molti dei capitoli ambientati in Abruzzo si richiamano al dramma assai complesso, in quegli anni, della famiglia D’Annunzio, sconvolta dalle dissipazioni e da parecchie altre colpe del padre di Gabriele. Infine i travagli del protagonista raggiungono la loro conclusione tragica anche in seguito a violente esperienze intellettuali – che si accentrarono sul tema ossessivo della Morte – riferite morbosamente all’arte di Wagner e al pensiero di Nietzsche”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

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16 Dicembre |16th day of December

16 dicembre 2022

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That for six thousand years—and no one knows how many millions of ages before—the great whales should have been spouting all over the sea, and sprinkling and mistifying the gardens of the deep, as with so many sprinkling or mistifying pots; and that for some centuries back, thousands of hunters should have been close by the fountain of the whale, watching these sprinklings and spoutings—that all this should be, and yet, that down to this blessed minute (fifteen and a quarter minutes past one o’clock P.M. of this sixteenth day of December, A.D. 1851), it should still remain a problem, whether these spoutings are, after all, really water, or nothing but vapour—this is surely a noteworthy thing.

Herman Melville, Moby-Dick; or, The Whale, 1851

Che per seimila anni, e nessuno sa per quanti milioni di secoli prima, le grandi balene abbiano continuato a sfiatare su tutto il mare e a spruzzare e vaporare i giardini dell’abisso come tanti annaffiatoi e vaporizzatori, e che per qualche secolo passato migliaia di cacciatori siano stati vicinissimi alla fontana della balena a osservarne gli spruzzi e le sfiatate:  che tutto questo sia avvenuto e, intanto, fino a questo benedetto minuto (l’una e quindici primi e un quarto di secondi pomeridiani del 16 dicembre, A. D. 1851) permanga ancora un mistero se queste sfiatate sono, dopo tutto, davvero acqua o nulla più che vapore, è certo una cosa notevole

Herman Melville, Moby Dick o la Balena, 1851, tr. it. C. Pavese, ed. cons. Adelphi, 1994, p. 395

La lotta ingaggiata dal capitano Achab con la balena bianca, che gli ha strappato una gamba, è una resa dei conti fra titani: da una parte il baleniere mutilato, dall’altra un enorme cetaceo, Moby Dick, dalla forza formidabile. Tutto quello che riguarda le balene è epico, nel racconto che di questa lotta fa il marinaio Ismaele, imbarcato sulla baleniera di Achab, il Pequod. Le lance, gli attrezzi, gli uomini, i rituali della caccia, le leggende. Capitolo dopo capitolo, Ismaele illustra le abitudini e il carattere dei branchi e descrive il grande corpo dell’animale in tutti i dettagli. La fontana,  cioè  lo spruzzo che i cetacei emettono dallo “sfiatatoio” in cima alla testa, è l’oggetto di questa pagina. Siamo introdotti nell’apparato respiratorio della balena, nelle credenze dei marinai che temono il contatto con la “sfiatata”, nell’immagine dell’animale che “naviga solenne in un calmo mare tropicale, col capo enorme e dolce sovrastato da un baldacchino di vapori, originati dalle sue contemplazioni inesprimibili”. È un 16 dicembre, mentre Ismaele riflette sulla sfiatata delle balene ed era dicembre anche all’inizio della narrazione, quando lo stesso Ismaele aveva trovato alloggio allo “Spouter-Inn”, la Locanda dello Sfiatatoio.

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15 Dicembre | 15th of December

15 dicembre 2022

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The fifteenth of December was the dean’s hundredth anniversary. His daughters had long been looking forward to this day and had wished to celebrate it, as if their dear father were still among his disciples. (…)
Large snowflakes fell densely; behind the sledge the tracks were wiped out quickly. General Loewenhielm sat immovable by the side of his aunt, his chin sunk in the high fur collar of his coat.
As Babette’s red-haired familiar opened the door in the dining room, and the guests slowly crossed the threshold, they let go one another’s hands and became silent. But the silent was sweet, for in spirit they still held hands and were still singing. Babette had set a row of candles down the middle of the table; the small flames shone on the black coats and frocks and on the one scarlet uniform, and were reflected in clear, moist eyes. 

Karen Blixen, Babette’s Feast, 1958

Il 15 dicembre era il centesimo compleanno del decano. Le sue figliole avevano lungamente atteso quel giorno, e avevano sempre desiderato festeggiarlo come se il loro caro padre fosse ancora tra i suoi discepoli. […] 
Grandi fiocchi di neve cadevano fitti, e i solchi lasciati dalla slitta erano rapidamente cancellati. Il generale Loewenhielm sedeva impassibile a fianco di sua zia, col mento affondato nell’alto bavero di pelliccia del pastrano. Quando il folletto dai capelli rossi ch’era al servizio di Babette aprì la porta della stanza da pranzo, e gli ospiti ne varcarono la soglia lentamente, questi non si tennero più per mano e rimasero in silenzio. Ma era un dolce silenzio, perché in ispirito essi si tenevano ancora per mano, cantando. Babette aveva messo una fila di candele in mezzo alla tavola, e quelle fiammelle brillavano contro le giacche e le vesti nere, e contro l’unica uniforme scarlatta, e si riflettevano nei chiari occhi umidi

Karen Blixen, Il pranzo di Babette, 1958, tr. it. P. Ojetti, in Capricci del destino, Feltrinelli 1984, p.22, 34

Arrivata a casa delle sorelle Martina e Filippa nel 1871, dopo i fatti della Comune di Parigi, la cuoca francese Babette Hersant è al loro servizio da dodici anni. Nel paesino norvegese di Berlevaag, la vita è andata avanti tranquilla, regolata dalle abitudini di una comunità timorata di Dio che con gli anni ha accettato la presenza della straniera, senza però penetrarne mai del tutto il mistero. La data intorno alla quale i destini dei protagonisti si intrecciano è un 15 dicembre, anniversario della nascita del padre di Martina e Filippa, il decano, fondatore della setta religiosa a cui la comunità di Berlevaag si ispira. Le sorelle vorrebbero festeggiare quel giorno in modo sobrio e degno della memoria del padre, che avrebbe compiuto 100 anni. Intanto è accaduto l’imprevedebile: Babette ha vinto 10.000 franchi a una lotteria francese e ha chiesto  il permesso di partire per il suo paese. “Potevano sperare che ella sarebbe rimasta con loro oltre il 15 dicembre?” si chiedono le sorelle, non immaginando il piano che Babette ha in mente per la festa: la replica di un pranzo raffinatissimo a cui parteciperanno degli ospiti inattesi, chiudendo il cerchio di avvenimenti lontani.

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Tre volte dieciluglio


10 luglio PietroiustiIl 10 luglio 2008, l’artista romano Cesare Pietroiusti per cinque ore, dalle 15 alle 20, si rese disponibile a rispondere a qualunque domanda il pubblico volesse porgli. La sede di questo evento dal titolo Una risposta a ogni domanda fu il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università Sapienza di Roma, o meglio – vista la giornata calda – il portico esterno, dove erano collocate sedie, computer e un ventilatore. Mentre un gruppo musicale – lì accanto – provava il concerto che avrebbe avuto luogo la sera, molte domande sull’arte hanno riempito quel pomeriggio. Un pomeriggio che, nel suo svolgimento, è un esempio di arte relazionale, un tipo di arte che – più che alla realizzazione di opere – mira al coinvolgimento attivo del pubblico, lasciando segni, memorie, spunti che ognuno può riprendere, proseguire e fare propri.  Al termine del pomeriggio, Pietroiusti (artista attento agli aspetti temporali delle opere, alla loro scadenza, ai loro passaggi) ha invitato, chi volesse, a replicare dopo un anno l’evento appena concluso, rimettendolo in moto con la pratica del re-enacting. E così è accaduto il 10 luglio 2009, quando l’opera-evento di Pietroiusti è stata riproposta, col titolo dieciluglioduemilaotto + 1. Luciano Nestola ha ricostruito la scena e il sonoro di quel pomeriggio; Laura Leuzzi ha raccontato come in un diario quella giornata un an après; Emanuele Sbardella ha usato la piattaforma Yahoo! Answers per proseguire il gioco delle domande e delle risposte. E l’anno successivo, 2010, di nuovo il 10 luglio, è stato riattivato un altro di questi anniversari di una performance (titolo anche di un libro dedicato al tema). Antonella Sbrilli (@asbrilli)