Ricordarsi le date (e non solo)

 

Il testo che segue è un estratto dell’intervento di Antonella Sbrilli alla giornata di studi Giochi di memoria (San Marino, Centro di Studi sulla Memoria,  13 luglio 2012). Il testo completo è edito, col titolo Memoria per le date. Date per la memoria, presso l’editore Guaraldi – San Marino University Press, 2013.

“Non ho impresso quella data nella mia memoria, ho impresso la mia memoria in quella data”

Giacomo Balla autoritratto courtesy Elena Gigli

Giacomo Balla, Autoritratto, 1940, olio su tavola, 60×50 cm. Courtesy E.Gigli

La memoria per le date
Collettivamente, oltre alle date canoniche religiose o civili, si ricordano le date collegate ad eventi epocali, lo sbarco sulla Luna, la caduta del muro di Berlino, la morte di Lady Diana, l’attentato alle torri gemelle. Sul piano personale, si ricorda quello che, in virtù del coefficiente emotivo dell’evento, rimane impresso. Alcune date si fissano con sforzo, altre naturalmente. Ora i social network segnalano anniversari di ogni genere, con una funzione da maggiordomo della memoria, che avrà i suoi effetti, probabilmente, nello sviluppo di sistemi mnemonici condivisi.
Anche quando il senso autobiografico, la continuità dell’identità personale è compromessa da una malattia neurologica, le date possono permanere.Oliver Sacks ha raccontato più volte il caso di Rose R., malata di encefalite letargica. Non ricordava nulla di decenni della sua vita, ma poteva riferire “la data di Pearl Harbor, dell’assassinio di Kennedy… Io le ho tutte registrate, ma nessuna importa”.
L’evento drammatico accaduto all’esterno funziona come un agente, crea un collegamento con il qui e ora e fissa nella memoria – perfino in un caso limite come quello della paziente di Sacks – la sequenza numerica della data.


La memoria per le date è una memoria episodica, a breve o a lungo termine, di cui le mnemotecniche si sono interessate a uso di predicatori, retori, uomini di legge, per la memorizzazione di date di contratti, compravendite, accordi, o date storiche tout-court, per motivi di studio o di cultura generale, come mostra il caso dei giochi brevettati da Mark Twain.
Se, per la data storica, l’enfasi del ricordare è posta sull’evento, può darsi il caso che il termine importante sia la data stessa. Esistono diverse raccolte letterarie costruite sulle date, usate come antologia quotidiana o come “birthday book” e dove l’attenzione è posta sulla personalità della data stessa: è l’unità giorno-mese, ciclica e ricorrente, in grado di accogliere eventi eccezionali e banali, a tenere il campo.

Date e racconti
È il momento di introdurre in questo percorso su date e letteratura lo scrittore russo Vladimir Nabokov che in uno dei suoi romanzi più complessi – Ada o ardore del 1969 -, mentre presenta il personaggio di Aqua Durmanov, lascia cadere fra parentesi il commento: “il suo fiero cervello teneva ancora a mente dozzine di date”.

È un’affermazione che vale per il personaggio e per lo scrittore, ma è anche un monito per chi legge, che deve districarsi nelle seicento pagine del libro, fra alberi genealogici elusivi, geografie rovesciate, teorie del tempo e un calendario di nascite, morti, matrimoni, arrivi, partenze da tenere a mente. Mentre gli anni si fondono e confondono, i singoli giorni risplendono nel dettaglio, come oggetti trovati. Ne elenco alcuni ricorrenti: il 21 luglio, compleanno di Ada; il 23 aprile, data di alcuni snodi basilari nella storia: nozze, morti, riunificazioni; il 5 gennaio, in cui sono nati fatalmente tre dei protagonisti: Marina, Daniel e Demon. Se ci soffermiamo su queste due ultime date, si scopre che, per quanto riguarda il 23 aprile, oltre ad essere il giorno di San Giorgio e l’anniversario convenzionale della nascita di Shakespeare, era anche il compleanno dello stesso Nabokov, nato – sotto il calendario giuliano – il 10 aprile del 1899: quando, nel 1918, in Unione Sovietica entrò in vigore il calendario gregoriano, la data divenne il 23 aprile. Per quanto riguarda il 5 gennaio, era la data di nascita della moglie di Nabokov, Vera Evseevna Slonim.
Dopo questo intreccio di date vere e finzionali, non stupisce che, in Lezioni di letteratura, commentando Mansfield Park di Jane Austen, Nabokov affronti la cornice temporale connettendo il calendario della finzione e quello storico: “Il ballo a Mansfield Park avviene un giovedì 22 dicembre, e se noi sfogliamo i vecchi calendari, scopriamo che solo nel 1808, il 22 dicembre poteva cadere di giovedì. A quella data Fanny Price, la giovane eroina del romanzo, avrà 18 anni”.
Proprio da questa lezione di Nabokov, ho derivato l’idea del Gioco dei giorni narrati, una antologia di 366 brani letterari in cui è presente una data, edita da Giunti nel 1994 e firmata con l’alias Toni A. Brizi. Si tratta di un’antologia di effemeridi letterarie o meglio di crononimi: il crononimo è un artificio narrativo che dà forza al patto di finzione, collegando un marcatore di realtà, la data, con una storia.
Nel progettarlo, non ho avuto l’obiettivo di verificare la data storica della vicenda narrata, ma quello di estrapolare, dal corpus di racconti usati, un calendario parallelo, perpetuo, realizzato – per così dire – dalla parte della data in quanto sequenza giorno-mese.
Il criterio di raccolta: erano escluse le biografie e i diari storici; erano ammesse solo le opere di letteratura (fiction), anche se la data presente nel testo poteva essere storica. Da subito, è risultato chiaro che c’erano date frequentate (il primo del mese, i multipli di cinque: la cultura decimale si ripercuote nella letteratura?) e date più rade (il 19, il 29), per cui la prima preoccupazione è stata quella di riempire lo schema delle 366 caselle, usando anche le date di lettere e diari finzionali, ferma restando la preferenza per le pagine in cui la data risaltasse come un personaggio, come una scossa, o come un piccolo trattato sul tempo, cosa che accade nell’Aleph di Borges, nella Montagna incantata (o magica) di Mann, in Malina di Bachmann, nel Pendolo di Foucault di Eco. Ora non mancherebbe Infinite Jest di D. F. Wallace col suo tempo scandito dagli sponsor.
Dovendo fare un’antologia commerciale, probabilmente acquistata come regalo di compleanno e di Natale o usata in modo “bibliomantico”, bisognava evitare le date irrevocabilmente infauste, anche se l’attacco fulminante della Peste di Camus, la mattina del 16 aprile, con la scoperta del topo morto sul pianerottolo, è rimasto. Alcuni autori si ripetono, altri mancano, anche perché nel 1994 non c’erano consistenti corpora di testi elettronici da poter interrogare in modo sistematico (e se ci fossero stati, il gioco avrebbe preso un’altra forma: nuova forma che ha effettivamente preso con il blog diconodioggi. it). Per alcuni mesi, ho letto e riletto racconti in cerca di date significative, rimpiangendo per esempio che Von Kleist nella Marchesa von O. nomini sempre il fatidico giorno 3, senza specificare il mese. Non era ancora uscito, di Christa Wolf, Un giorno all’anno. 1960-2000 che raccoglie le pagine di diario scritte ogni 27 settembre per quaranta anni, agganciando a questo unico giorno l’esercizio della memoria.
Usciva nello stesso 1994 L’isola del giorno prima, un libro che tratta del luogo dove il giorno è in bilico fra due date, che sono lo stesso tempo e insieme due scansioni successive di esso: in un capitolo importante del romanzo, Eco rende omaggio al valore della data come àncora narrativa, in un inciso: “Era – finalmente una data a cui appigliarci – la sera del 2 dicembre del 1642”.

Un sistema di memoria?
Provo ora ad affrontare il nesso fra le date, i racconti, i sistemi di memoria per le date e per i racconti, con l’idea che sia possibile ricordare i libri attraverso le date e le date attraverso i libri, connettendo altri ricordi a questo nucleo mnemonico.
Il calendario, a blocchetto, circolare, rilegato, in fogli singoli, apribile (come il calendario dell’avvento), è una sequenza di caselle con un ordine ripetuto che possono essere avvicinate ai cosiddetti luoghi (loci) della tradizione mnemotecnica, quelle stanze virtuali in cui bisognava collocare un’immagine (imago agens) utile all’attività della memoria.Mettiamo in ciascuno di quei loci un testo che si riferisce al locus stesso. Il testo, che porta con sé la citazione del giorno e un frammento della storia da cui è estratto, ha una funzione attiva, vivifica la casella con un contenuto, che ha una sua intensità emotiva. In un certo senso, il frammento di storia con il suo crononimo fa le veci dell’immaginedella tradizione mnemotecnica.
O anche, ha la funzione di un evento “eccezionale” – ancorché sul piano della lettura – che si fissa nel ricordo. Attiva la possibilità di ricordare le due cose: il giorno e il racconto, predisponendo un luogo dove collocare altri ricordi, per associazione, similitudine, casualità.
Per me che ho allestito il Gioco dei giorni narrati, si è trattato effettivamente di un gioco: un agon, per via della sfida a riempire tutto lo schema, rispettando le regole; un gioco di mimicry, per la necessità di rinvenire citazioni adatte ai giorni, immaginando chi li avrebbe letti e come si sarebbero disposte una accanto all’altra. Ma questo schema, non sequenziale, consente anche ai lettori di attraversarlo secondo percorsi propri e – volendo – di implementare lo schema (come fece a suo tempo Stefano Bartezzaghi con le Vie del tempo).
Sulla giocabilità del Gioco dei giorni narrati, cito la testimonianza di Giuseppe Pontiggia che mi scrisse “ho scoperto sotterranee convergenze con certe scansioni cronologiche delle mie Vite” (Milano, 4 novembre 1994, intendeva Vite di uomini non illustri) e una signora, ricoverata in ospedale, che mi disse di usare il Gioco dei giorni come compendio di tanti libri che non poteva portare con sé (non c’era ancora l’iPad), e di ripercorrere le date della sua vita, sulla scorta dei ricordi riattivati dalle letture del giorno.
Un attraversamento della letteratura sotto la specie della quotidianità, che consente di usare le date come schema di memoria, vivificarle di racconti che, mentre aiutano a ricordare le date tout-court, si predispongono al collegamento attivo con altre informazioni. Queste, a loro volta, trovano una struttura su cui appoggiarsi e incontrano dettagli, immagini mentali, esperienze a cui legarsi, più o meno a lungo, secondo una catena data-emozione-memoria-data.
Di una catena del genere si legge in una pagina di Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Màrquez: “Santa Sofia de la Piedad gli chiese, come tutte le mattine, che giorno della settimana era e lui rispose che era martedì 11 ottobre. (…) si ricordò d’un tratto che in un undici di ottobre, in piena guerra, lo aveva risvegliato la certezza brutale che la donna con la quale aveva dormito era morta. Lo era, in realtà, e non aveva dimenticato la data perché anche lei gli aveva chiesto un’ora prima che giorno era.”

 

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