Datare ad arte: claudioadami

Claudio Adami (o meglio claudioadami, artista nato a Città di Castello nel 1951) possiede una collezione di datari, quei bolli da ufficio, in metallo o in gomma, che si usano per imprimere la data sui documenti, combinando la cifra del giorno, il nome del mese abbreviato e l’anno con i suoi quattro numeri.
Anche claudioadami usa questi oggetti combinatori per imprimere la data sulle sue opere e quando i numeri che indicano gli anni sono superati, l’artista rimpiazza i timbri scaduti con dei nuovi senza gettare via quelli vecchi.
Sono oggetti che lo accompagnano nel suo lavoro quotidiano, che consiste – per un rilevante nucleo di opere – nello scrivere a mano con inchiostro nero, su carta o su legno, parole e frasi tratte dal suo autore-guida, Samuel Beckett.
Svolgimento AdamiUna riga dopo l’altra, la scrittura si deposita sul supporto, lo impregna finché le lettere non sono più leggibili e resta visibile una superficie nera screziata di bianco, che evoca in chi guarda un andamento musicale o crittografico.
A scandire questa partitura di macchie e di segni, ci sono le date. Stampigliate nel formato del datario, sono un elemento essenziale sia delle singole opere, sia della loro sequenza: segnalano l’inizio e il termine del lavoro quotidiano di scrittura, si susseguono come diario del giorno, come calendario dei mesi e degli anni, come documento di un lavoro svolto nel tempo. Giocando con la parola data, la data in claudioadami è un dato che testimonia la durata di un lavoro (la “giornata” dell’operaio o del frescante o dell’impiegato) ed è anche un metadato: descrive il contesto temporale dell’opera ed è però anche interna ad essa, appartiene contemporaneamente alla cornice e al quadro, al testo e alla didascalia.
Coniugando la trascrizione manuale dei testi di Beckett (in particolare Com’è / Comment c’est del 1961, privo di punteggiatura e frutto di un lungo lavoro quotidiano) con l’attenzione alla giornata, claudioadami suggerisce due riferimenti, che guardano verso Oriente.
L’opera del giapponese On Kawara, che ha dedicato quasi ogni giorno un quadro alla data del giorno, scritta nella convenzione del paese in cui l’artista si trovava (spesso proprio con il formato del datario) e l’azione del cinese Qiu Zhijie dal titolo Compito n. 1. Copiare la Prefazione al Padiglione delle Orchidee per mille volte (1992-1995), in cui un testo classico della calligrafia è scritto e riscritto sullo stesso foglio, fino a diventare una macchia nera su nero.
Tabularium AdamiQuesto non accade con claudioadami, in cui il dialogo fra il bianco e il nero è sempre mantenuto, nelle emersioni stenografiche della carta oppure nell’alternanza vera e propria dei due colori, per esempio in un’opera dal titolo Tabularium (1997-98). Vediamo e tocchiamo una catasta di doghe di legno – ciascuna con la sua data – in cui la zona inchiostrata corrisponde alle ore di lavoro e il bianco alle ore di non-lavoro: tutte insieme alludono a un codice a barre, a un registro binario, a una visualizzazione dei dati essenziali dell’esistenza (sonno e veglia, attività e riposo, stasi e movimento, traccia e assenza).

Per tornare al datario: è una delle parole che il blog diconodioggi ha adottato, aderendo all’iniziativa della Società Dante Alighieri “Adotta una parola”, che invita a scegliere e a curare parole desuete o di cui si vuole tenere vivo l’uso (finora ne sono state selezionate 32.000).
Datario, nel senso di “bollo che serve a imprimere su lettere e documenti l’indicazione della data”, è proprio uno di questi vocaboli e corrisponde a un oggetto anch’esso, a suo modo, datato. La collezione personale di datari vintage di claudioadami è una sorta di adozione di questo strumento di scansione temporale: è curioso notare che, secondo diversi dizionari, il termine datario è attestato nella lingua italiana scritta a partire dal 1951, che è anche l’anno di nascita di Claudio Adami.

Un gruppo di opere di claudioadami – fra cui Tabularium, Svolgimento, Pagine di nero, Index (oltre alla proiezione dedicata a Qual è la parola di Beckett) – è in mostra a Roma, Museo Hendrick Christian Andersen, nella collettiva Sintattica: Luigi Battisti, claudioadami, Pasquale Polidori, a cura di Francesca Gallo (fino all’11 ottobre 2015).
Antonella Sbrilli @asbrilli