19 Agosto | August 19th

19 agosto 2023

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August 19th, 17—.

Yesterday the stranger said to me, “You may easily perceive, Captain Walton, that I have suffered great and unparalleled misfortunes. I had determined at one time that the memory of these evils should die with me, but you have won me to alter my determination. You seek for knowledge and wisdom, as I once did; and I ardently hope that the gratification of your wishes may not be a serpent to sting you, as mine has been (…)
He then told me that he would commence his narrative the next day when I should be at leisure. This promise drew from me the warmest thanks. I have resolved every night, when I am not imperatively occupied by my duties, to record, as nearly as possible in his own words, what he has related during the day. If I should be engaged, I will at least make notes. This manuscript will doubtless afford you the greatest pleasure; but to me, who know him, and who hear it from his own lips—with what interest and sympathy shall I read it in some future day! Even now, as I commence my task, his full-toned voice swells in my ears; his lustrous eyes dwell on me with all their melancholy sweetness

Mary Shelley, Frankenstein, 1818

 

19 agosto 17**

Ieri lo straniero mi ha detto: “Avrete senz’altro capito, capitan Walton, che ho sofferto grandi e incomparabili disgrazie. In un primo tempo ero determinato a portare la memoria di questi dolori nella tomba; ma voi mi avete convinto a mutare proposito. Voi cercate sapienza e saggezza, come anch’io ho fatto un giorno; spero ardentemente che l’esaudimento dei vostri desideri non si trasformi in un serpente che vi aggredisca, come è accaduto per me.” […] Aggiunse che avrebbe iniziato il racconto il giorno successivo, quando fossi stato libero. Lo ringraziai con calore. Ho deciso di registrare ogni sera, quando i miei doveri non mi reclamano imperiosamente, ciò che mi narra durante il giorno, riportando per quanto possibile le sue stesse parole. Se sarò troppo impegnato, ne prenderò almeno degli appunti. Il manoscritto ti darà sicuramente grande piacere; ma anch’io, che lo ascolto dalle sue stesse labbra, con quale interesse e affetto lo rileggerò un giorno, nel futuro! Già ora, all’inizio di questo compito, la sua voce ben modulata mi risuona all’orecchio; i suoi occhi lucidi si fissano su di me, con dolce malinconia

Mary Shelley, Frankenstein, 1818, tr. it. M. P. Saci, F. Troncarelli, Garzanti 1991, p.29

Scritto in Svizzera nell’estate inclemente del 1816, umida e piovosa, Frankenstein di Mary Shelley (che il 30 agosto di quell’anno avrebbe compiuto diciannove anni), è un romanzo che si compone di lettere, resoconti, confessioni di tre personaggi: l’esploratore e scienziato Robert Walton, il dottor Frankenstein e la creatura. Walton, in viaggio verso il Polo Nord, si imbatte fra i ghiacci in un naufrago che gli racconta le terribili esperienze che lo hanno condotto fin là. È il dottor Frankenstein, colui che ha creato la vita componendo membra di uomini morti. Il 19 agosto è la data dell’ultima lettera che Walton scrive alla sorella raccontandole dell’incontro con Frankenstein, prima che la parola passi a questi e alla “strana, ossessiva storia” della sua creazione.

Dicono del libro

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Giorni e ore di Marisa Volpi

Il tempo va avanti e niente come un diario segue l’accumularsi successivo dei giorni, una data dopo l’altra. Niente però come un diario può anche cogliere – insieme alla successione – le anomalie dello scorrere del tempo, le ripetizioni e i ritorni, l’emergere imprevedibile dei ricordi, il presente inspiegabile dei sogni, la forza sospensiva dello sguardo. È quello che fa il lunghissimo diario, scritto su decine di quaderni scolastici, da Marisa Volpi, storica dell’arte, critica e curatrice di mostre, insegnante universitaria e scrittrice, scomparsa il 13 maggio 2015 (era nata a Macerata nel 1928). Sono pile di quaderni che risalgono il tempo, dall’ultimo presente fino agli anni Quaranta, riempiti di annotazioni scritte di getto o in differita, che parlano di tutto: incontri, letture, viaggi, relazioni, sogni, “cose viste”, tutti i giorni di una vita raccontata contemporaneamente durante, dopo, a volte prima che accada. Queste pile di quaderni, con le loro migliaia di pagine (in parte pubblicate in riviste e poi nel volume Le ore, i giorni. Diari 1978-2007, Medusa Edizioni 2010), sono uno dei lasciti preziosi di Marisa Volpi.
Immagine 1Nata professionalmente come storica dell’arte, esperta sia della grande pittura classicista del Seicento e Settecento, sia dell’avanguardia novecentesca; sostenitrice degli artisti americani ed europei dell’Informale, del Pop, del concettuale, Marisa Volpi dal 1978 inizia a scrivere racconti, pubblicandoli su riviste e  in raccolte. Con una di queste, Il Maestro della betulla (Vallecchi), nel 1986 vince il premio Viareggio. I racconti si distinguono fra quelli di pura finzione e ambientazione attuale e quelli ispirati alle vicende biografiche e alle opere di artisti e artiste (soprattutto romantici, simbolisti, impressionisti) fra cui vengono in mente Monet e Manet, la pittrice Berthe Morisot, lo svizzero Arnold Böcklin, i Preraffaelliti inglesi.
Il gioco del tempo, in questi racconti, si svolge su tanti piani interpolati: il presente storico dei protagonisti, il  presente di lei, la scrittrice che racconta, il  passato dei fatti avvenuti e di nuovo il presente sempre rinnovato delle opere d’arte, osservate attraverso la scrittura.
Il tempo sta lì, intorno e dentro i desideri, gli amori e le perdite, le umiliazioni, i trionfi dei personaggi e della narratrice; il tempo è il quesito invisibile da cui comincia e ricomincia ogni pagina, dove non è raro incontrare il nome di Sant’Agostino, con i brani dalle Confessioni sulla consapevolezza indicibile del tempo, e quello di Emily Dickinson, la poetessa statunitense che ha accostato nei suoi versi  l’attimo e l’eternità.
Anche nel romanzo autobiografico La casa di via Tolmino (Garzanti 1993), in cui Marisa Volpi ricostruisce gli anni di formazione, fra la città natale di Macerata, Roma, in cui la famiglia si trasferisce, Firenze, dove va a studiare e diviene amica di Carla Lonzi, i tanti luoghi dei viaggi, l’andirivieni temporale è continuo, con sbalzi – nel giro di pochi capoversi – dalla “fine degli anni Quaranta” a “un giorno d’inverno”, per poi tornare indietro a “Sette anni prima”. E iperboli, come “Era in via Tolmino, forse un secolo fa”.
Anche nei saggi di storia dell’arte, anche in quelli più fedeli a un formato storico, la capacità di evocare diversi affacci temporali dà una dimensione narrativa alla lettura storico-artistica, che la rende inconfondibile e a suo modo esemplare. Ed entrambe le attività di Marisa Volpi, quella di storica dell’arte e quella di narratrice, si appoggiano alla stesura costante dei diari, che porta con sé, e affina, una competenza nei fenomeni del tempo. Il tempo percepito internamente, il tempo atmosferico, il tempo misurato da calendari e orologi, convergono nella casa romana della scrittrice, nella sua camera che, come “la cabina di lusso di un Concorde”, vola “verso ovest”, nel tempo che arriva e che passa,  e che si ripete, anche quando pare interrompersi per sempre.
Antonella Sbrilli (@asbrilli)

Il sito www.marisavolpi.it con le notizie delle iniziative in corso