Here: le finestre sul tempo di Richard McGuire

Here: le finestre sul Tempo di Richard McGuire
di Elisa Sorrentino

Il dorso del libro è grigio, con una piccolo ramo di foglie disegnato sopra e con sotto scritto: QUI. Il titolo, semplice e incisivo, mi spinge ad andare oltre. Lo apro e appare l’immagine di una stanza qualsiasi con finestra, camino e pochi mobili accuratamente disposti, volto pagina e compare la stessa stanza, ma immersa in un paesaggio di tanto tempo fa, continuo a sfogliarlo e mi accorgo che l’ambientazione è sempre la stessa ma lo spazio prende vita, di volta in volta, grazie a persone diverse a seconda del tempo in cui lo vivono.
Richard McGuire, l’autore del libro, non solo è un artista – disegnatore di svariate copertine per il New Yorker e illustratore di libri per ragazzi – ma ha anche suonato nel gruppo postpunk dei Liquid liquid come bassista e ha diretto un film di animazione Peur(s) du noir, collaborando con illustratori del calibro di Lorenzo Mattotti, Charles Burns e Blutch. Nel 1989, per il primo numero della seconda serie di “Raw” la celebre rivista storica statunitense dedicata al fumetto curata da Art Spiegelman e Françoise Mouly –  McGuire realizza una breve storia di 36 vignette in bianco e nero intitolata Here.

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La storia propone il tema della rottura della linearità del tempo: la narrazione è incentrata sulla fissità dello spazio, mentre lo sconfinamento temporale è dato dalla sovrapposizione di più finestre. Ed è sulla base di questa storia che, ben venticinque anni dopo, McGuire decide di riprendere la stessa impostazione per crearne una nuova, con le stesse intenzioni ma ampliata nel contenuto e nella mole: un libro di trecento pagine a colori pubblicate nel 2014 da Pantheon Books e in Italia nel 2015 da Rizzoli Lizard.
La stanza che ci si presenta davanti ci riporta alla mente la solitudine severa dei dipinti di Edward Hopper. Salta all’occhio la qualità della fattura delle immagini che mescolano senza timore la tecnica dell’acquerello con quella digitale adoperando programmi come Adobe Photoshop e la grafica vettoriale. L’insistenza sullo spazio fisso e i toni tenui fanno venire in mente le palette scelte da Wes Anderson nei suoi film e, benché la scelta dell’inquadratura non sia simmetrica, far coincidere perfettamente l’asse prospettico della stanza con la piega esatta del libro è un dettaglio che colpisce.
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Il racconto ci trasporta nel salotto di infanzia di Richard McGuire, nato nel 1957 a Perth Amboy nel New Jersey: lo spazio diventa lo spunto per intrecciare le fila del tempo procedendo, avanti e indietro, senza un ordine narrativo-logico  e seguendo in modo “allucinogeno” la schizofrenia del tempo.

McGuire intesse un puzzle visivo in cui l’immagine di una donna in cerca di qualcosa trasporta nell’epoca glaciale dei mammut; un picnic all’aria aperta riconduce a due ragazzi che giocano a twist nel 2015; per poi passare all’immagine della Terra come doveva apparire nel 3.000.000.000 a.c, all’incontro di Benjamin Franklin con il figlio nel 1775, fino all’escursione guidata nel 2213 in cui tutto è cambiato, dal clima agli strumenti tecnologici, per poi ritornare di nuovo al 1957, anno di riferimento all’inizio del testo, quasi a ripiegare il tempo su se stesso e ricondurlo alla sua eterna circolarità.
L’autore utilizza il filo discontinuo del tempo per unire spunti visivi diversi e intreccia storie, immagini e ricordi, come ben visibile dal materiale d’archivio, e dalle fasi di elaborazione del libro.

Colpisce nel testo il modo indifferente e quasi crudele di concepire l’umanità nel suo normale e costante ricambio generazionale, trattandola alla stregua di tutte le altre forme viventi, destinate a nascere, crescere, produrre, consumare e morire. Solo l’interagire delle finestre temporali – dove gesti, frasi e situazioni del passato sembrano trovare una corrispondenza nel futuro e viceversa –  riesce ironicamente a infliggere un momentaneo scacco alla morte.

L’impostazione del testo non è molto distante dalle finestre sovrapposte che utilizziamo sul pc e attraverso cui navighiamo in rete, raggiungendo contestualmente posti distanti da un punto che rimane fisso.

Se ciò che ci consente la tecnologia è di varcare le distanze geografiche alla velocità di un click, Here permette di rimanere nel “qui” della nostra stanza viaggiando in un trip temporale che svela la difficoltà dell’oggi di rimanere concentrati sul tempo presente, continuamente distratti da mille stimoli: le notifiche dei messaggi, il rumore del traffico, la musica dei grandi magazzini, i discorsi sovrapposti delle persone in metro, tutti stimoli che allontanano al suono del silenzio.

Tuttavia il modo migliore per apprezzare Here è scaricare la versione e-book (al momento disponibile solo per i-Pad), realizzata in collaborazione con lo sviluppatore web Stephen Betts. Questa versione sfrutta al massimo le potenzialità multi-screen del testo originale, combinandola e sviluppandola ulteriormente con l’utilizzo degli strumenti digitali  al fine di renderla completamente interattiva e concedendo, inoltre, la possibilità di cambiare la sequenza delle diverse finestre temporali mescolandone l’ordine cronologico, in perfetta sintonia con lo spirito del libro:
Una presentazione è consultabile a questo indirizzo.
Infine Here ha ispirato un cortometraggio sperimentale in cui anche qui, come nel testo, le finestre temporali si attraversano senza un ordine predefinito e talvolta  interagiscono tra di loro.
In Here, il tempo del futuro si immerge nel passato e si rimescola al presente assumendo nuove forme e nuove interpretazioni, come in un gioco dei tarocchi infinito. Il perimetro definito di una stanza diventa il palcoscenico dell’indeterminatezza del tempo, che cambia marce ma ritorna sempre al punto di partenza. Ma dove va a finire il tempo?
Elisa Sorrentino

La storia in 36 vignette da cui ha preso spunto il testo; 
le fasi di elaborazione del libro;
Here come appare oggi.