In tre parole: siamo qui, ora

In tre parole: siamo qui, ora

di Antonella Sbrilli e Massimo Lancellotti

Che succede quando la passione per la geo-localizzazione incontra quella per le parole e per le loro combinazioni? E quando una griglia di 57 trilioni (milioni di milioni) di quadrati di 3 metri x 3 metri viene stesa sulla superficie del pianeta e collegata con un vocabolario di decine di migliaia di parole, combinate in gruppi di 3 per ciascuno dei quadrati della griglia?
Succede che ogni punto della terra può essere individuato senza ambiguità – oltre che dalle coordinate classiche di latitudine e longitudine – anche da queste sequenze di vocaboli. Per fare un esempio: l’indirizzo da cui questo blog viene scritto corrisponde, in questo sistema, a SOGNATA.ONESTA.MELA.
what 3 wordsTre parole semplici, certamente più facili da ricordare di lunghe stringhe di numeri e caratteri, e in grado, con la loro combinazione, di fissarsi nella memoria di chi usa questo singolare sistema di localizzazione.
Stiamo parlando di what3words, il prodotto di un’azienda britannica  fondata un paio di anni fa da Chris Sheldrick e Jack Waley-Cohen, che definiscono il risultato della loro ricerca un’interfaccia umana per latitudine e longitudine, in grado di fornire letteralmente un indirizzo a ogni punto della terra.
Si tratta di un app per dispositivi mobili (ma si può usare anche dal browser), che non ha bisogno di connessione una volta scaricata e quindi funziona anche offline, pesa meno di 10 MB e si rivolge sia a chi un indirizzo fisico ce l’ha, sia – soprattutto – a quei tre quarti della popolazione mondiale che vivono in zone o in situazioni non identificate da un sistema viario.
La natura di questa applicazione intercetta la geografia e la combinatoria, i grandi database di vocaboli e la mnemotecnica, la logistica e le iniziative sociali e umanitarie.
Massimo Lancellotti, che l’ha approfondita per lavoro, la racconta a diconodioggi – come in un diario –  dal parco marino di Mafia Island, in Tanzania,  località a cui corrispondono le terne di parole nel testo:

<TESTER.PREDICTIONS.SOPHISTICATION
Di fuori il sole equatoriale diventa ogni ora più rovente. Sono contento di non vivere in una città affollata e caotica. Qui non ho nessuna finestra da cui osservare un fattorino che impreca (OBSERVING.SWEARING.DELIVERYMAN), semmai posso mettermi a guardare un airone che passeggia lungo la linea dove rompono le onde sulla barriera corallina, esposta durante la bassa marea (HERON.BREAKERS.VERGE).
Ma il paradiso non esiste e sono SCIUPATO. (da) UMORI.ESITANTI.
Mi sento un po’ solo e cerco compagnia, SIRENETTA.CONCEDIMI.CONTATTARti(MI)!
Ma alla fine mi dico: ZITTO.ESILIATO.SISTEMATI da qualche parte, e soprattutto esci da questo delirio di luoghi e parole in cui ti sei andato a cacciare.
Ma luoghi e parole cominciano a turbinare e il gioco mi prende la mano, chissà se da qualche parte Perec e Queneau mi osservano e se la ridono, oppure invidiano il nuovo giocattolo che la tecnologia ci ha regalato: http://what3words.com
Per qualcuno non è un gioco.
Lo spiegano con estrema precisione e affabilità Chris Sheldrick, Jack Waley-Cohen e il team che lavora con loro al progetto what3words.com. Non saprei come sintetizzare di cosa si tratta meglio di quanto abbiano fatto loro stessi nella presentazione del progetto che riprendo quasi letteralmente: “Il 75% per cento della popolazione mondiale, in 135 diversi paesi, non ha un un sistema affidabile di indirizzi. Si tratta di circa 4 miliardi di persone che di fatto sono ‘invisibili’ e incontrano difficoltà enormi a ricevere consegne o aiuto, e a volte anche ad esercitare diritti civili elementari, perché non possono comunicare con esattezza dove vivono.
what3wAccesso all’acqua, segnalazione di guasti a infrastrutture, interventi di riparazione, sono resi complicati dalla mancanza di un sistema semplice di trasmissione delle coordinate e le persone che vivono in insediamenti informali, come i campi di nomadi e rifugiati, rimangono di fatto senza indirizzo”.
Facciamo un piccolo sforzo di immaginazione, noi che abbiamo cap e numeri civici, pensiamo a chi fugge da guerre o vive in favelas e slum. Con un po’ di fortuna i telefoni cellulari permettono di comunicare con parenti e amici lontani, ma come ricevere un pacco, delle medicine, un oggetto qualsiasi?
what3words prova a rispondere a questa esigenza con un sistema estremamente semplice e lineare che sostituisce (traduce) le note (e quasi impossibili da memorizzare) coordinate di longitudine e latitudine, con una sequenza unica e non ambigua di tre parole. Sì, con tre sole parole (dall’elenco sono state omesse le parole offensive e omofone), si riesce a individuare in maniera univoca ognuno dei quadrati di 3 metri x 3 in cui è stata suddivisa la superficie terrestre; e in inglese, che di parole ‘utili’ ne ha 40.000, anche quella marina; altre lingue coprono solo le terre emerse.
Provate a sperimentare quanto sia preciso il sistema dandovi appuntamento con un amico in un parco o a un concerto affollato usando le ‘coordinate’ di what3words.
L’assegnazione delle sequenze è del tutto casuale e non gerarchica, l’algoritmo crea un database ‘leggero’ che funziona anche offline, proprio per tenere conto dei problemi di connessione delle persone che più ne hanno bisogno.
Il tutto può sembrare un po’ tecnico (e consiglio vivamente una visita al loro sito a chi voglia capire meglio come funziona il sistema) ma in realtà è anche straordinariamente semplice, divertente e in fondo poetico.
Come risuonano queste sequenze di parole che avrebbero sicuramente affascinato Borges e gli operai artefici di letterature potenziali?
Per me, come frammenti di haiku, o meglio una forma compressa, zippata, di haiku. O come soluzioni di rebus che non sono mai soluzioni, ma una sorta di oracoli, di sibille.
Basta aprire l’app di what3words su uno smartphone o usare il loro sito (senza neanche registrarsi) ed ecco che la nostra casa e i suoi dintorni, i luoghi che frequentiamo, i percorsi che facciamo ogni giorno o le remote terre che raggiungiamo nei nostri viaggi, diventano passeggiate in boschi narrativi, frammenti di discorsi più o meno amorosi, inviti, suggerimenti, brandelli di pagine strappate dai libri nella biblioteca di Babele.
Oppure si possono cercare i luoghi individuati da parole che esprimono gli stati d’animo o l’idea di un momento, come YESTERDAY.NEVER.HAPPENED (al largo della Liberia), o ISLAND.AFTERNOON.BLUES (costa algerina).
Sì, noi abbiamo il lusso di giocare con le parole, il lusso che chi cerca un pozzo in una zona desertificata o ha medicine da consegnare in una certa baracca o tenda in un campo dove vivono decine di migliaia di persone, spesso non si può permettere.
Ma proprio per questo, vale la pena di parlare e far parlare di questo sistema, di farlo conoscere perché, come per molte tecnologie, è necessario raggiungere una massa critica di utenti affinché il progetto si diffonda e venga adottato da chi ne può fare la fortuna, come Google, gli sviluppatori di software e i produttori di sistemi di navigazione.>

Proprio per far conoscere a un pubblico più ampio questo interessante sistema, abbiamo pubblicato una versione breve di questo post sul settimanale Pagina99 del 2 gennaio 2016, (p. 49,) dove è proposto un gioco, a cui si può partecipare anche via Twitter con l’hashtag #what3words.

Il gioco: Geografie di letterature potenziali
Una volta andati sul sito what3words.com e scelta la lingua preferita, cliccare su Esplora la mappa.
Spostarsi sulla mappa, cercando e trascrivendo le terne di parole che individuano i proprio luoghi, casa, lavoro, amici, mète di viaggio, ma anche i dintorni dei posti che frequentiamo, perché a pochi metri ci può essere una combinazione suggestiva.
Costruire brevi storie o composizioni con le terne di arrivo e partenza di un percorso.
Le storie e i percorsi composti con questi metodi di esplorazione possono essere inviati a segreteria@pagina99.it.

Massimo Lancellotti e Antonella Sbrilli (@asbrilli)