5 Gennaio | January 5

5 gennaio 2024

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On January the Fifth, 1888—that is eleven months and four days after—my uncle, Edward Prendick, a private gentleman, who certainly went aboard the Lady Vain at Callao, and who had been considered drowned, was picked up in latitude 5° 3′ S. and longitude 101° W. in a small open boat of which the name was illegible, but which is supposed to have belonged to the missing schooner Ipecacuanha. He gave such a strange account of himself that he was supposed demented. Subsequently he alleged that his mind was a blank from the moment of his escape from the Lady Vain. His case was discussed among psychologists at the time as a curious instance of the lapse of memory consequent upon physical and mental stress. The following narrative was found among his papers by the undersigned, his nephew and heir, but unaccompanied by any definite request for publication.

Herbert G. Wells, The Island of Doctor Moreau, 1895

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“Il 5  gennaio del 1888 – vale a dire  undici mesi e quattro giorni dopo – mio zio, Edward Prendick, un gentiluomo riservato, che si era certamente imbarcato sulla Lady Vain a Callao e che si supponeva annegato, fu recuperato a 5° e 3’ di latitudine Sud e 101° di longitudine Ovest, in una piccola imbarcazione dal nome illeggibile, ma che si poteva presumere fosse appartenuta alla goletta dispersa Ipecacuanha. Di sé egli fece un resoconto tanto strano da credere che fosse pazzo”

Herbert G, Wells, L’isola del dottor Moreau, 1895

 

 

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19 Dicembre | 19th December

19 dicembre 2023

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“On the 19th of December, 1853, I started from St. Louis on the evening train bound for Chicago. There were only twenty-four passengers, all told. There were no ladies and no children. We were in excellent spirits, and pleasant acquaintanceships were soon formed. The journey bade fair to be a happy one; and no individual in the party, I think, had even the vaguest presentiment of the horrors we were soon to undergo. 

Mark Twain, Cannibalism in the cars, 1867 ca.

Il 19 dicembre 1853 partii da Saint Louis col treno della sera, diretto a Chicago. Non c’erano che ventotto passeggeri in tutto: non c’erano né donne né bambini. Eravamo di ottimo umore e facemmo ben presto buona conoscenza. Il viaggio si iniziò sotto lieti auspici, e credo che non un solo componente della comitiva avesse il benché minimo presentimento degli orrori che avremmo patito di lì a poco.

Mark Twain, Cannibalismo in treno, 1867 ca., tr. it. O. Previtali, in Il ranocchio saltatore e altri racconti, Rizzoli , 1950, p.108

Sul treno per Saint Louis, il narratore della storia incontra un uomo di mezza età, dall’aspetto mite e bonario, che inizia a raccontare un “capitolo segreto” della sua vita. Questa storia-nella-storia ha avuto inizio nella fredda sera del 19 dicembre sul treno diretto da Saint Louis a Chicago. Una tormenta eccezionale blocca il treno nella neve, in mezzo alla campagna deserta. Non c’è speranza di liberare la motrice e per i passeggeri si prospetta una lunga attesa, senza niente da mangiare e da bere. Con l’aumentare della fame, i viaggiatori prendono infine una decisione terribile, quella di sacrificare qualcuno del gruppo per mangiarlo. La decisione però, racconta l’uomo che – si viene a sapere – è stato anche un membro del Congresso, non è attuata con la violenza, ma attraverso le procedure di un paradossale dibattito in parlamento, con proposte, votazioni, obiezioni, dimissioni. Il racconto va avanti con l’elenco di tutti i viaggiatori cucinati, finché l’uomo non arriva alla sua stazione e scende. Sarà infine il controllare a chiarire ciò che è vero e ciò che immaginario, nella storia del viaggio in treno del 19 dicembre. 

Dicono del libro

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Il clima dei giorni

Lo scrittore islandese Andri Snær Magnason, nei suoi libri e nelle sue conferenze, ripete che non ci sono parole abbastanza grandi per esprimere la portata dei cambiamenti in corso, ghiacciai che si sciolgono, innalzamento degli oceani, riscaldamento globale ecc. Sono previsioni  di modifiche immense che potrebbero aver luogo nell’arco della vita della prossima generazione. Il tempo stringe sul clima che cambia.
È arrivato il momento anche per diconodioggi di osservare la percezione dei cambiamenti del clima attraverso la lente delle narrazioni che la raccontano, tenendo sempre come riferimento la misura del giorno.
Non è facile: ma vorremmo rintracciare descrizioni di giorni specifici (o archi temporali) nella letteratura recente e confrontarle con analoghe descrizioni degli stessi giorni o passaggi di tempo nella letteratura precedente.
Il database di diconodioggi contiene un vasto repertorio di giorni del calendario con le loro caratteristiche climatiche, di cui un esempio è in una frase del Pasticciaccio di Carlo Eilio Gadda: “Ventuno marzo: una giornata piuttosto riggida, pe èsse l’entrata del la primavera”. Come è tratteggiato, nella finzione attuale, il clima di giorni mutanti?

Per chi vuole partecipare alla raccolta, l’hashtag su Twitter è #ilclimadeigiorni e l’account @diconodioggi

Qualche lettura sulla letteratura e il clima
Andri Snær Magnason, Il tempo e l’acqua, 2019 (trad. it. di Silvia Cosimini, Iperborea edizioni)
Il rumore bianco del clima che cambia, Il Post, 20 ottobre 2020 (da cui è tratta la foto in apertura)
Chiara Mengozzi, La letteratura italiana all’epoca della crisi climatica, “Narrativa”, nuova serie, 41, 2019, pp. 23-39
A cura di Niccolò Scaffai, Racconti del pianeta terra, Einaudi, 2022
Luca Ortino, La percezione del clima. Nella società e nella letteratura, Odoya, 2021
Nicola Turi, Ecosistemi letterari. Luoghi e paesaggi nella finzione novecentesca, Firenze University Press, 2016

(a.s.)

 

In tre parole: siamo qui, ora

In tre parole: siamo qui, ora

di Antonella Sbrilli e Massimo Lancellotti

Che succede quando la passione per la geo-localizzazione incontra quella per le parole e per le loro combinazioni? E quando una griglia di 57 trilioni (milioni di milioni) di quadrati di 3 metri x 3 metri viene stesa sulla superficie del pianeta e collegata con un vocabolario di decine di migliaia di parole, combinate in gruppi di 3 per ciascuno dei quadrati della griglia?
Succede che ogni punto della terra può essere individuato senza ambiguità – oltre che dalle coordinate classiche di latitudine e longitudine – anche da queste sequenze di vocaboli. Per fare un esempio: l’indirizzo da cui questo blog viene scritto corrisponde, in questo sistema, a SOGNATA.ONESTA.MELA.
what 3 wordsTre parole semplici, certamente più facili da ricordare di lunghe stringhe di numeri e caratteri, e in grado, con la loro combinazione, di fissarsi nella memoria di chi usa questo singolare sistema di localizzazione.
Stiamo parlando di what3words, il prodotto di un’azienda britannica  fondata un paio di anni fa da Chris Sheldrick e Jack Waley-Cohen, che definiscono il risultato della loro ricerca un’interfaccia umana per latitudine e longitudine, in grado di fornire letteralmente un indirizzo a ogni punto della terra.
Si tratta di un app per dispositivi mobili (ma si può usare anche dal browser), che non ha bisogno di connessione una volta scaricata e quindi funziona anche offline, pesa meno di 10 MB e si rivolge sia a chi un indirizzo fisico ce l’ha, sia – soprattutto – a quei tre quarti della popolazione mondiale che vivono in zone o in situazioni non identificate da un sistema viario.
La natura di questa applicazione intercetta la geografia e la combinatoria, i grandi database di vocaboli e la mnemotecnica, la logistica e le iniziative sociali e umanitarie.
Massimo Lancellotti, che l’ha approfondita per lavoro, la racconta a diconodioggi – come in un diario –  dal parco marino di Mafia Island, in Tanzania,  località a cui corrispondono le terne di parole nel testo:

<TESTER.PREDICTIONS.SOPHISTICATION
Di fuori il sole equatoriale diventa ogni ora più rovente. Sono contento di non vivere in una città affollata e caotica. Qui non ho nessuna finestra da cui osservare un fattorino che impreca (OBSERVING.SWEARING.DELIVERYMAN), semmai posso mettermi a guardare un airone che passeggia lungo la linea dove rompono le onde sulla barriera corallina, esposta durante la bassa marea (HERON.BREAKERS.VERGE).
Ma il paradiso non esiste e sono SCIUPATO. (da) UMORI.ESITANTI.
Mi sento un po’ solo e cerco compagnia, SIRENETTA.CONCEDIMI.CONTATTARti(MI)!
Ma alla fine mi dico: ZITTO.ESILIATO.SISTEMATI da qualche parte, e soprattutto esci da questo delirio di luoghi e parole in cui ti sei andato a cacciare.
Ma luoghi e parole cominciano a turbinare e il gioco mi prende la mano, chissà se da qualche parte Perec e Queneau mi osservano e se la ridono, oppure invidiano il nuovo giocattolo che la tecnologia ci ha regalato: http://what3words.com
Per qualcuno non è un gioco.
Lo spiegano con estrema precisione e affabilità Chris Sheldrick, Jack Waley-Cohen e il team che lavora con loro al progetto what3words.com. Non saprei come sintetizzare di cosa si tratta meglio di quanto abbiano fatto loro stessi nella presentazione del progetto che riprendo quasi letteralmente: “Il 75% per cento della popolazione mondiale, in 135 diversi paesi, non ha un un sistema affidabile di indirizzi. Si tratta di circa 4 miliardi di persone che di fatto sono ‘invisibili’ e incontrano difficoltà enormi a ricevere consegne o aiuto, e a volte anche ad esercitare diritti civili elementari, perché non possono comunicare con esattezza dove vivono.
what3wAccesso all’acqua, segnalazione di guasti a infrastrutture, interventi di riparazione, sono resi complicati dalla mancanza di un sistema semplice di trasmissione delle coordinate e le persone che vivono in insediamenti informali, come i campi di nomadi e rifugiati, rimangono di fatto senza indirizzo”.
Facciamo un piccolo sforzo di immaginazione, noi che abbiamo cap e numeri civici, pensiamo a chi fugge da guerre o vive in favelas e slum. Con un po’ di fortuna i telefoni cellulari permettono di comunicare con parenti e amici lontani, ma come ricevere un pacco, delle medicine, un oggetto qualsiasi?
what3words prova a rispondere a questa esigenza con un sistema estremamente semplice e lineare che sostituisce (traduce) le note (e quasi impossibili da memorizzare) coordinate di longitudine e latitudine, con una sequenza unica e non ambigua di tre parole. Sì, con tre sole parole (dall’elenco sono state omesse le parole offensive e omofone), si riesce a individuare in maniera univoca ognuno dei quadrati di 3 metri x 3 in cui è stata suddivisa la superficie terrestre; e in inglese, che di parole ‘utili’ ne ha 40.000, anche quella marina; altre lingue coprono solo le terre emerse.
Provate a sperimentare quanto sia preciso il sistema dandovi appuntamento con un amico in un parco o a un concerto affollato usando le ‘coordinate’ di what3words.
L’assegnazione delle sequenze è del tutto casuale e non gerarchica, l’algoritmo crea un database ‘leggero’ che funziona anche offline, proprio per tenere conto dei problemi di connessione delle persone che più ne hanno bisogno.
Il tutto può sembrare un po’ tecnico (e consiglio vivamente una visita al loro sito a chi voglia capire meglio come funziona il sistema) ma in realtà è anche straordinariamente semplice, divertente e in fondo poetico.
Come risuonano queste sequenze di parole che avrebbero sicuramente affascinato Borges e gli operai artefici di letterature potenziali?
Per me, come frammenti di haiku, o meglio una forma compressa, zippata, di haiku. O come soluzioni di rebus che non sono mai soluzioni, ma una sorta di oracoli, di sibille.
Basta aprire l’app di what3words su uno smartphone o usare il loro sito (senza neanche registrarsi) ed ecco che la nostra casa e i suoi dintorni, i luoghi che frequentiamo, i percorsi che facciamo ogni giorno o le remote terre che raggiungiamo nei nostri viaggi, diventano passeggiate in boschi narrativi, frammenti di discorsi più o meno amorosi, inviti, suggerimenti, brandelli di pagine strappate dai libri nella biblioteca di Babele.
Oppure si possono cercare i luoghi individuati da parole che esprimono gli stati d’animo o l’idea di un momento, come YESTERDAY.NEVER.HAPPENED (al largo della Liberia), o ISLAND.AFTERNOON.BLUES (costa algerina).
Sì, noi abbiamo il lusso di giocare con le parole, il lusso che chi cerca un pozzo in una zona desertificata o ha medicine da consegnare in una certa baracca o tenda in un campo dove vivono decine di migliaia di persone, spesso non si può permettere.
Ma proprio per questo, vale la pena di parlare e far parlare di questo sistema, di farlo conoscere perché, come per molte tecnologie, è necessario raggiungere una massa critica di utenti affinché il progetto si diffonda e venga adottato da chi ne può fare la fortuna, come Google, gli sviluppatori di software e i produttori di sistemi di navigazione.>

Proprio per far conoscere a un pubblico più ampio questo interessante sistema, abbiamo pubblicato una versione breve di questo post sul settimanale Pagina99 del 2 gennaio 2016, (p. 49,) dove è proposto un gioco, a cui si può partecipare anche via Twitter con l’hashtag #what3words.

Il gioco: Geografie di letterature potenziali
Una volta andati sul sito what3words.com e scelta la lingua preferita, cliccare su Esplora la mappa.
Spostarsi sulla mappa, cercando e trascrivendo le terne di parole che individuano i proprio luoghi, casa, lavoro, amici, mète di viaggio, ma anche i dintorni dei posti che frequentiamo, perché a pochi metri ci può essere una combinazione suggestiva.
Costruire brevi storie o composizioni con le terne di arrivo e partenza di un percorso.
Le storie e i percorsi composti con questi metodi di esplorazione possono essere inviati a segreteria@pagina99.it.

Massimo Lancellotti e Antonella Sbrilli (@asbrilli)