4 Maggio | May 4th

4 maggio 2025

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“I have not yet described to you the most singular part. About six years ago—to be exact, upon the 4th of May, 1882—an advertisement appeared in the Times asking for the address of Miss Mary Morstan and stating that it would be to her advantage to come forward. There was no name or address appended. I had at that time just entered the family of Mrs. Cecil Forrester in the capacity of governess. By her advice I published my address in the advertisement column. The same day there arrived through the post a small card-board box addressed to me, which I found to contain a very large and lustrous pearl. No word of writing was enclosed. Since then every year upon the same date there has always appeared a similar box, containing a similar pearl, without any clue as to the sender. They have been pronounced by an expert to be of a rare variety and of considerable value. You can see for yourselves that they are very handsome.” She opened a flat box as she spoke, and showed me six of the finest pearls that I had ever seen.

Arthur Conan Doyle, The Sign of the Four, 1890

“Non le ho ancora raccontato la parte più strana. Circa sei anni fa, il 4 maggio 1882 per essere precisi, apparve un annuncio sul Times, in cui si chiedeva l’indirizzo della signorina Mary Morstan, precisando che ne avrebbe tratto vantaggio facendosi viva. Non c’era né nome né indirizzo. A quell’epoca, avevo appena preso servizio nella famiglia della signora Cecil Forrester, come governante. Mi consigliò  la signora stessa di scrivere il mio indirizzo negli annunci. Lo stesso giorno mi arrivò con la posta una piccola scatola di cartone, che conteneva una perla molto grande, splendente. Nessuno scritto l’accompagnava. Da allora, ogni anno alla stessa data, mi arriva sempre una scatola uguale, con dentro una perla uguale, senza alcuna traccia del mittente. Un esperto, dopo averle esaminate, le ha giudicate di rara varietà e di inestimabile valore. Potete voi stessi vedere come sono belle”

Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro, 1890, tr. it. M. Buitoni Duca, Rizzoli, 2002, pp. 26-27

Le date rivestono una notevole importanza nelle storie di Sherlock Holmes: giornali, timbri postali, lettere e biglietti scandiscono le vicende con precisione, offrendo la cornice temporale di molte deduzioni. È stato notato per esempio il ricorrere del giorno 4 di vari mesi nello Studio in rosso, il racconto che narra il primo caso risolto a cui partecipa anche il dottor Watson. Nel Segno dei quattro, il caso si presenta nelle vesti di una donna di ventisette anni, la signorina Mary Morstan (futura moglie di Watson), che racconta le strane circostanze che le sono capitate – a partire da sei anni prima – ogni 4 di maggio. 

 

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23 Aprile | April the Twentythird

23 aprile 2025

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Rain came and settled at the window. April showers. The twenty-third of April. The destination of Melchior had been prepared for him since birth; he was doomed to wear the pasteboard crown. Hadn’t he first seen light of day on Shakespeare’s birthday?

Angela Carter, Wise Children, 1991

Arrivò la pioggia dalla finestra. Era una pioggia di aprile. Il ventitré di aprile. Già! Melchior aveva il fato segnato fin dalla nascita; era destinato a indossare la corona di cartone. Non aveva forse visto la luce nel giorno del compleanno di Shakespeare? E anche noi del resto” (…)
Non sai che oggi è il compleanno di Shakespeare? Brinda che Dio protegga l’Inghilterra, Harry e San Giorgio, e bevi alla salute dei bastardi

Angela Carter, Figlie sagge, 1991, tr. it. R. Bernascone e C. Juli, Rizzoli,  1992, p. 224, p. 228

La battuta è di Dora Chance, la protagonista dell’ultimo romanzo scritto da Angela Carter , “Figlie Sagge”, e condensa (la battuta e il romanzo) tutti i punti forti della poetica della sua irripetibile autrice: Vecchia Europa, illegittimità, teatro, voglia di vita sconveniente, dotta e pop.
Il compleanno di Shakespeare cade convenzionalmente il 23 aprile (data che si fa coincidere con quella, cinquantadue anni dopo, della sua morte) giorno di nascita di Dora e della sua gemella Nora, nate nel lato sbagliato del Tamigi e del letto, figlie naturali del più grande attore shakespeariano del loro tempo (Melchior Hazard) o forse chissà di suo fratello gemello Peregrine, anche loro venuti al mondo il giorno di San Giorgio. Il romanzo si apre il 23 aprile col racconto autobiografico di Dora, ballerina di avanspettacolo, settantacinquenne, e la data ritorna lungo tutto il pazzesco memoriale che procede a salti di tempo. I fatti più sensazionali accadono puntualmente nel giorno genetliaco (il settimo, il quattordicesimo, il ventunesimo, il settantacinquesimo compleanno delle ragazze ovvero il centesimo dei fratelli Hazard) sempre inevitabilmente percorso da folate di elettrizzante vento d’aprile. Nel libro, zeppo di citazioni e rimandi al mondo del teatro e di tutte le sue arti sorelle bastarde (dall’operetta al cinema) la parte del Deus ex  machina è riservata al gemello “buono”, prestigiatore prodigo ed immane, Peregrine-Perry che a fine romanzo diventa  anche cacciatore e cultore di farfalle: un omaggio, piace pensare, a Vladimir Nabokov, nato il 23 aprile del 1899, anche lui per convenzione: la data per il calendario giuliano sarebbe stata il 10 aprile, cambiata nel 1900 con la corrispondente del calendario gregoriano: il nostro giorno di San Giorgio, giorno in cui l’UNESCO celebra la Giornata mondiale del Libro e del Diritto d’Autore e la Catalogna anche  quello delle rose. (Commento di Silvia Veroli)

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2 Aprile

2 aprile 2025

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Il 2 di aprile cadeva il secondo anniversario. “Bisogna questa volta celebrarlo fuori di Roma” disse Ippolita. “Bisogna che noi passiamo una gran settimana d’amore, soli, dovunque, ma fuori di qui […] Stabilirono di partire il 2 di aprile, col treno del tocco. Si trovarono alla stazione, per  l’ora stabilita, tra la folla, provando entrambi in fondo al cuore una gioia ansiosa

Gabriele d’Annunzio, Trionfo della morte, 1894, Mondadori 1977, p.71, 75

I due amanti Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio, quasi stupiti di essere arrivati al secondo anniversario della loro storia d’amore,  all’inizio clandestina, cercano sulla guida un luogo dove festeggiare e decidono per la località di Albano. Vi si recano in treno, rievocando continuamente – non senza malinconia –  il giorno del loro primo incontro, avvenuto a un concerto.  Il 2 aprile è la vera data in cui D’Annunzio conobbe Barbara Leoni, a cui la figura di Ippolita è ispirata.

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Terzo e ultimo dei ‘Romanzi della Rosa’, Trionfo della morte ci presenta varie situazioni legate alla biografia di D’Annunzio. Nella passione ‘difficile’ fra Giorgio Aurispa e Ippolita Sanzio è adombrata quella – famosissima – che vissero lungamente lo scrittore e Barbara Leoni. Molti dei capitoli ambientati in Abruzzo si richiamano al dramma assai complesso, in quegli anni, della famiglia D’Annunzio, sconvolta dalle dissipazioni e da parecchie altre colpe del padre di Gabriele. Infine i travagli del protagonista raggiungono la loro conclusione tragica anche in seguito a violente esperienze intellettuali – che si accentrarono sul tema ossessivo della Morte – riferite morbosamente all’arte di Wagner e al pensiero di Nietzsche”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

 

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20 Marzo | March 20

20 marzo 2025

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Time wore on at the Grange in its former pleasant way till Miss Cathy reached sixteen.  On the anniversary of her birth we never manifested any signs of rejoicing, because it was also the anniversary of my late mistress’s death.  Her father invariably spent that day alone in the library; and walked, at dusk, as far as Gimmerton kirkyard, where he would frequently prolong his stay beyond midnight.  Therefore Catherine was thrown on her own resources for amusement.  This twentieth of March was a beautiful spring day, and when her father had retired, my young lady came down dressed for going out, and said she asked to have a ramble on the edge of the moor with me: Mr. Linton had given her leave, if we went only a short distance and were back within the hour

Emily Brontë, Wuthering Heights, 1847

Il tempo continuò a trascorrere piacevolmente, alla Grange, finché Catherine raggiunse i sedici anni. L’anniversario della sua nascita non era mai stato festeggiato, perché era anche l’anniversario della morte della padrona: il signore passava invariabilmente quel giorno tutto solo nella biblioteca e, sull’imbrunire, andava al cimitero di Gimmerton, fermandovisi spesso fin dopo la mezzanotte. Catherine non poteva quindi contare che sopra se stessa per divertirsi. Il venti di marzo capitò, quell’anno, in una bella giornata primaverile e, dopoché suo padre si fu ritirato, la padroncina discese vestita da passeggio, e mi disse che voleva andare a fare un giro con me, in brughiera; il signor Linton le aveva dato il permesso, purché non ci allontanassimo troppo, e fossimo di ritorno entro un’ora

Emily Brontë, Cime tempestose, 1847, tr. it. E. Piceni, Rizzoli 1993, p.220

Catherine Earnshaw, la figlia del proprietario della tenuta di Wuthering Heights (Cime tempestose), pur essendo attratta da Heathcliff, un ragazzo orfano cresciuto nella stessa casa, ha sposato l’amico d’infanzia Edgar Linton. Il 20 marzo di un anno alla fine del ‘700, Catherine è morta nel dare alla luce una figlia, che ha preso il suo stesso nome. È questa Catherine che, sedici anni dopo, nel giorno del suo compleanno, si allontana nella brughiera e arriva nei pressi di Wuthering Heights, dove entrerà quel giorno per la prima volta, incontrando Heathcliff, l’uomo che ha amato la madre e che influenzerà anche la sua vita. Raccontate fra il 1801 e il 1802 da un ospite e da una governante, le intricate vicende familiari trovano un motivo temporale ricorrente nel 20 di marzo, anniversario di una morte e di una nascita e principio della primavera, così significativa nel paesaggio inglese. 

 

Dicono del libro

Dicono del libro
“Il trovatello Heathcliff e Catherine Earnshaw sono cresciuti insieme nelle brughiere selvagge che circondano Wuthering Heights, antica dimora lontana dalla civiltà e sferzata dalla furia degli elementi. Mentre le scorribande nella natura rinsaldano tra i due ragazzi un legame fortissimo, Hindley, il fratello di lei, prende a detestare l’usurpatore. Il matrimonio di Catherine con lo scialbo aristocratico Edgar Linton fa deflagrare il desiderio di vendetta di Heathcliff e alimenta odi feroci e violente passioni tra i membri delle due famiglie. Quando fu pubblicato, il romanzo sconvolse per la raffigurazione della crudeltà fisica e mentale: in ‘Cime tempestose’ i sentimenti possono essere soltanto estremi, come il paesaggio che li ha nutriti”
(dalla scheda del libro sul sito libreriarizzoli.corriere.it)

 

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11 Marzo | Marzo 11

11 marzo 2025

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El presidente se sirvió dos veces sin medirse en los elogios, y le encantaron las tajadas fritas de plátano maduro y la ensalada de aguacate, aunque no compartió las nostalgias. Lazara se conformó con escuchar hasta los postres, cuando Homero se atascó sin que viniera a cuento en el callejón sin salida de la existencia de Dios.
         —Yo sí creo que existe —dijo el presidente—, pero que no tiene nada que ver con los seres humanos. Anda en cosas mucho más grandes.
         —Yo sólo creo en los astros —dijo Lazara, y escrutó la reacción del presidente—
         —¿Qué día nació usted?
         —Once de marzo.
         —Tenía que ser —dijo Lazara, con un sobresalto triunfal, y preguntó de buen tono—: ¿No serán demasiado dos Piséis en una misma mesa?

Gabriel García Márquez, Buen viaje, Señor Presidente, Doce cuentos peregrinos, 1992

Il presidente si servì due volte senza risparmiare lodi, e andò in sollucchero per le fette di banana matura fritta e per l’insalata di avocado, anche se non spartì le nostalgie.  Lázara si rassegnò ad ascoltare fino al dolce, quando Homero si infilò senza che venisse a proposito nel vicolo cieco dell’esistenza di Dio. 
“Io ci credo che esiste” disse il presidente, “ma non ha nulla a che vedere con gli   esseri umani. E’ preso da cose molto più importanti.
 “Io credo solo negli astri” disse Lázara. E scrutò la reazione del presidente.
“Lei in  che giorno è nato?”
“Undici marzo.”
“Così doveva essere” disse Làzara con un sussulto trionfale, e domandò con garbo:
“Non saranno troppi due Pesci alla stessa tavola?”

Gabriel García Márquez, Buon viaggio, signor presidente, 1992, tr. it. A. Morino in Dodici racconti raminghi, Mondadori 1992, p.29

A Ginevra, a tavola di due connazionali emigrati, un ex presidente in esilio e in disgrazia – giunto in Svizzera dalla Martinica per curare una seria malattia – ripercorre le alterne fortune della sua vita: i rovesci politici, la lontananza dalla patria, la condizione di esule. Fuori è autunno e già freddo, mentre il cibo in tavola evoca i Caraibi e la conversazione dirige verso lo zodiaco e il destino. Lázara, la moglie dell’autista d’ambulanza che ha invitato il presidente – prima sperando di trarne qualche vantaggio economico e poi affezionandosi all’anziano malato che interroga i fondi di caffè – “aveva una fiducia cieca nei suoi pronostici astrali”. Dentro di sé ha indovinato che il presidente è del segno dei Pesci.  Come lo è, del resto, lo stesso scrittore Gabriel García Márquez.

Dicono del libro

 

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9 Marzo

9 marzo 2025

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io, Leonardo Sinsigalli, figlio di Vito e di Carmina Lacorazza, nato a Montemurro il 9 marzo 1908, sofferente di sciatica al ginocchio, giacevo febbricitante sopra i negri mattoni. Avevo appoggiato la testa sul braccio e mi lamentavo debolmente. Mi lamentavo della mia sorte di pellegrino

Leonardo Sinisgalli, Zinzigorro, in Prose di memoria e d’invenzione, Leonardo da Vinci, Bari, 1964, p. 195

Dicono del libro
“Queste prose di Sinisgalli, scritte sulla traccia della memoria, rievocano momenti e luoghi della sua coscienza, nel tentativo di costruirsi una propria saldezza, di ritrovare la propria innocenza, di ‘fabbricarsi un’anima’.
Nate da un’esperienza chiusa, da una condizione di esilio, esse serbano a distanza di anni dal tempo della loro prima edizione, una suggestione e un fascino ancora vivi e autentici, per quel sapore di confessione che traspare un po’ ovunque”
(dalla bandella dell’ed. citata)

 

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21 Febbraio

21 febbraio 2025

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21 febbraio (tardo pomeriggio)
 […] Ora sono io ad arretrare, a cercare di spegnere la mia mente che s’è accesa con troppo fervore. Presto o tardi si parlerà anche della mia scomparsa. Ascolto da vivo i discorsi – compiaciuti o dolenti – che si faranno su di me dopo la mia morte. Il passato non torna. Possibile – mi chiedo stoltamente, o con ingenuità fanciullesca – che tutto ciò che ho vissuto, debba averlo vissuto una sola volta, e così in fretta, senza avvertirne la veloce fuga all’indietro?

Luca Canali, Diario segreto di Giulio Cesare, 1994, Mondadori, pp. 94, 100

L’autore immagina che Giulio Cesare, negli ultimi quaranta giorni della sua vita, abbia registrato le giornate e le notti in un diario, dove si parla di Roma e del suo governo, di famiglia e di memorie. Il 21 febbraio è una giornata di quiete: ricorrono le celebrazioni Ferali, quando “tutte le famiglie ricordano i loro defunti”. Dopo aver portato doni alla tomba della figlia e della prima moglie, e aver salutato Cicerone, Cesare è solo in casa, a riflettere sul tempo, che “avanza inavvertito come un sicario”. 

Dicono del libro
Dicono del libro
“Abbandonata la terza persona dei commentari guerreschi, nelle pagine di questo apocrifo Cesare si racconta senza reticenze, con asciutta immediatezza. Il diario si apre il 6 febbraio dell’anno 710 dalla fondazione di Roma (44 a.C.), mentre l’ultimo foglio reca la data fatidica del 15 marzo”
(dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

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19 Gennaio | January 19th

19 gennaio 2025

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And so it was settled. I left school at Christmas and on January 19th, my birthday, almost exactly a year after Konradin had come into my life, I left for America. Two days before my departure I got two letters. The firsi one was in verse, the joint effort of Bollacher and Schulz:


Little Yid – we bid you farewell / May you join Moses and Isaac in hell. / Little Yid – where will you be? / Joining the Jews in Australie? / Little Yid – never come back/ or we’ll break your bloody neck.

The second ran:
My dear Hans,
this is a difficult letter. First let me tell you how very sad I am that you are leaving for America. It can’t be easy for you, who love Germany, to start a new life in America – a country with which you and I have nothing in common and I can imagine how bitter and unhappy you must feel. On the other hand, it’s probably the wisest thing you can do”

Fred Uhlman, Reunion, 1971 (Vintage Book, London, 2006, p. 74)

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E così fu deciso. Lasciai la scuola a Natale e il 19 gennaio, giorno del mio compleanno, circa un anno dopo che Konradin era entrato nella mia vita, partii per l’America. Prima della partenza ricevetti due lettere. La prima, in versi, era il prodotto degli sforzi congiunti di Bollacher e di Schulz: 
Piccolo Yid – vogliamo dirti addio / che tu raggiunga all’inferno i senzadio / Piccolo Yid – ma dove te ne andrai? / Nel paese da cui non si torna giammai? / Piccolo Yid – non farti più vedere / se vuoi crepare con le ossa intere.
La seconda invece, diceva:

Mio caro Hans, questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l’America. Non dev’essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un paese con cui né io né te abbiamo niente in comune e mi immagino l’amarezza e l’infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione più saggia, date le circostanze

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, 1971, tr. it. M. Castagnone, Feltrinelli 1986, p. 83

La data del 19 gennaio segna la fine di una fase felice della vita di Hans, giovane studente ebreo, mandato dalla famiglia negli Stati Uniti per salvarsi dalle persecuzioni naziste incombenti. E’ la data della partenza, che lo allontana dall’amico Konradin (l’amico che “ritroverà”, in un modo inaspettato e toccante alla fine del racconto); è la data del suo compleanno ed  è anche la data di nascita dello scrittore Fred Uhlman, nato a Stoccarda il 19 gennaio del 1901. 

Dicono del libro

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6 Gennaio

6 gennaio 2025

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L’inverno terminò quell’anno sotto il segno di una congiuntura astronomica particolarmente favorevole. I pronostici colorati del calendario fiorivano in rosso sulla neve ai bordi dei mattini. Il rosso fiammeggiante delle domeniche e delle feste gettava il suo riflesso su metà della settimana, e quei giorni bruciavano a freddo in un fuoco falso, di paglia, i cuori illusi battevano per un attimo più in fretta, accecati da quel rosso annunciatore, che non annunciava niente ed era solo un allarme prematuro, una finzione colorata del calendario dipinta in vivace cinabro sulla copertina della settimana. A partire dall’Epifania, sedevamo ogni notte alla bianca parata del tavolo risplendente di calendari e di argenti, facendo solitari senza fine.

Bruno SchulzLa cometa, 1938, Kometatr. it. A. Vivanti Salmon, in Le botteghe color cannellaEinaudi, Torino, 2001, p. 281

Dicono del libro
“Il punto di partenza della fantasia visionaria di Bruno Schulz è l’affollata e disordinata bottega di stoffe del padre: un vecchietto-demiurgo che sconvolge in modo imprevedibile tutte le regole della fisica e della ragione. Jacob si arrampica come un ragnetto per gli scaffali, inseguendo i ragni; elabora arzigogolate cosmogonie interpretando a modo suo i segni del cielo; si circonda di specie bizzarre e variopinte di volatili, diventando anche lui una sorta di feroce condor; si trasforma in pompiere con tanto di divisa rosso fiammante e alamari d’oro… Metamorfosi, travestimenti, viaggi nello spazio e nel tempo (basta come pretesto, ad esempio, un vecchio album di francobolli) si accavallano con l’ausilio di una lingua poetica scoppiettante di metafore. Scettico sulle possibilità di conoscenza umana, Schulz aveva dato libero sfogo alla fantasia e alla «mitizzazione» della realtà. Nell’infinita varietà dei suoi aspetti, l’opera di Schulz ha una sua unitarietà. I racconti, assieme ai disegni, costituiscono un Libro: una sorta di Bibbia dell’infanzia perduta”.
(Dalla postfazione di F. M. Cataluccio, ed Einaudi)

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Il primo giorno | Day one

“Actually, I was born on the thirtieth of November very close to midnight, and my parents pushed the date so I could start off on a day one”.
Non era raro, ancora un po’ di tempo fa (quando i bambini nascevano spesso a casa o le procedure di registrazione erano meno rigide) venire a sapere che qualcuno avesse due date di nascita: quella effettiva e quella comunicata all’anagrafe.
Qui su diconodioggi Roberta Aureli ha raccontato il caso di Marina Abramović, il cui compleanno venne anticipato dai genitori per motivi politico-patriottici.
In una prospettiva meno eroica, Woody Allen – nella sua recente autobiografia Apropos of nothing, da cui è tratta la citazione in apertura – riporta le vicissitudini della sua data di nascita, spostata dai genitori dal 30 novembre al primo dicembre 1935, per l’attrazione potente esercitata dal primo giorno del mese, promessa di inizio e di sincronia. Ecco il brano, tradotto in italiano da Alberto Pezzotta: 
“Ma adesso sono pronto per nascere. Finalmente faccio il mio ingresso nel mondo. Un mondo in cui non mi sarei mai sentito a mio agio, che non avrei mai capito, che non avrei mai accettato o perdonato. Allan Stewart Konigsberg, nato il1° dicembre 1935. A dire il vero nacqui il 30 novembre, quando era quasi mezzanotte, e i miei genitori spostarono la data, in modo che potessi cominciare dal primo giorno del mese. Non ne ho ricavato alcun vantaggio, e avrei preferito che mi avessero lasciato di che vivere di rendita. Se ne parlo è solo perché, per una di quelle ironie della sorte prive di qualunque significato, otto anni dopo mia sorella nacque nello stesso giorno”.

Woody Allen, A proposito di niente. Autobiografia, trad. it. Alberto Pezzotta, La nave di Teseo 2020, p. 19

1.000.053 anni al 17 gennaio 2016: l’età dell’arte

Secondo i calcoli dell’artista francese Robert Filliou (1926-1987), il 17 gennaio del 2016 l’arte arriva a compiere 1.000.053 anni. Un milione di anni – misura remota che ci porta indietro nell’indistinto della preistoria – e 53 anni: un periodo più circoscritto, che segna il tempo trascorso da quando l’artista (vicino al movimento Fluxus) fissò la ricorrenza della nascita dell’arte, l’Art’s Birthday.
Era infatti il 1963 (cinquantatré anni fa) quando Robert Filliou diede l’input a questa ricorrenza, basata su un calendario personale, “fantastico e sovversivo” (Aldo Spinelli).
artsbirthdayLa data del 17 gennaio corrisponde al compleanno di Filliou stesso e diventa la data originaria a cui far risalire la prima traccia della capacità creativa del genere umano. Geniale inventore di opere giocabili, di paradossi e di progetti partecipativi, Filliou elabora – nella sua vita cosmopolita e imprevedibile – le idee di Création permanente, Fête permanente, Eternal network, visioni laterali e alternative dei sistemi economici, dell’organizzazione sociale, della scansione del tempo feriale e festivo.
Dal 1973, prima in Germania e in Francia e poi in una rete più ampia di paesi, l’Art’s Birthday è festeggiato con iniziative disparate: la pagina artsbirthday.net raccoglie le partecipazioni all’anniversario e il programma delle iniziative. (a.s.)

30 novembre x 2: il giorno di Abramović e Ulay

30 novembre + 30 novembre: il giorno di Marina Abramović e Ulay
di Roberta Aureli
Racconta James Westcott nella biografia Quando Marina Abramović morirà, che soltanto verso i dieci anni l’artista serba scoprì il giorno esatto della sua nascita. Per molto tempo i genitori (e soprattutto la severa mamma Danica, ex partigiana) avevano cercato di stabilire una felice coincidenza tra la sorte della Jugoslavia libera e il suo compleanno, che veniva così anticipato di un giorno.

Cadevano infatti il 29 novembre gli anniversari dell’istituzione della nuova Democrazia Federale di Jugoslavia da parte del Consiglio Antifascista di Liberazione Popolare (nel 1943) e della proclamazione della Repubblica Socialista di cui Tito divenne primo ministro (nel 1945). “Non avendo motivo di dubitare dei suoi genitori, Marina era convinta che il 29 novembre fosse davvero il suo compleanno. Tutti gli anni, quindi, restava puntualmente delusa quando non la invitavano a partecipare alla parata della festa nazionale, non riceveva adulazione pubblica né regali in più e non le era permesso di incontrare Tito come tutti gli altri bambini nati in quel fausto giorno”.
Abramovic Aureli
Nella vicenda personale e artistica della coppia Marina Abramović/Ulay ha sempre avuto una certa importanza la data del loro compleanno, che per entrambi cade il 30 novembre. A dividerli sono l’anno e il luogo di nascita: Ulay (pseudonimo di Frank Uwe Laysiepen) è nato a Solingen, in Germania, nel 1943, mentre Abramović è nata a Belgrado nel 1946.
Coincidenza o destino, il primo incontro tra Marina e Ulay è avvenuto proprio in quella data nel 1975. Abramovic era stata invitata dalla galleria de Appel di Amsterdam a esibirsi per un programma televisivo dedicato alla performance; la fondatrice andò a prenderla all’aeroporto accompagnata dall’artista tedesco, il quale avrebbe dovuto assisterla nei preparativi. Ulay, racconta Westcott, “portava i lunghi capelli tirati indietro e fermati da bastoncini dello shanghai, proprio come Marina, che notò immediatamente la coincidenza”. Più tardi, al ristorante, lei accennò alla coincidenza di aver ricevuto l’invito a esibirsi proprio nel giorno del suo compleanno; Ulay, stupito, “tirò fuori l’agendina e le fece vedere che aveva strappato la pagina del 30, come faceva ogni anno. Marina gli mostrò che anche nella sua agendina mancava la stessa pagina”.
Tra i due iniziò presto un legame personale oltre che un fecondo sodalizio artistico. Da quel momento il 30 novembre smise di essere l’odioso promemoria della fuga del tempo e divenne piuttosto il simbolo di un’unione felice vissuta quasi simbioticamente. In una lettera spedita dall’Australia nel 1980 Marina raccontava alla madre: “Quest’anno festeggeremo il compleanno nel deserto attorno a un falò. Io compirò trentaquattro anni e Ulay trentasette. Non mi sono mai sentita così giovane come adesso”.
Il 30 novembre 1976 fu segnato quindi da un doppio anniversario: entrambi compivano gli anni ed era trascorso un anno esatto dal loro incontro. Marina e Ulay prepararono per l’occasione Talking about Similarity, il primo di una serie di lavori con cui fu inaugurata la tradizione della ‘performance di compleanno’. Di fronte a un pubblico ristretto accolto nello studio di un amico fotografo ad Amsterdam, lui si cucì le labbra con ago e filo mentre lei si occupava di rispondere alle domande degli amici dando voce ai pensieri del compagno come in un test di empatia o telepatia.
Nel 1977 la performance ebbe come scenario la sede prestigiosa dello Stedelijk Museum, dove i due riproposero il pezzo Breathing In/Breathing Out respirando l’uno nella bocca dell’altra. Durante Three, presentata l’anno dopo alla Harlekin Gallery di Wiesbaden, cercarono dagli angoli opposti della sala di catturare l’attenzione di un pitone lungo quasi un metro e mezzo per capire da chi dei due si sarebbe sentito più attratto. La performance di compleanno del 1979 fu invece organizzata nella nuova casa che Ulay e Marina avevano acquistato lungo uno dei canali di Amsterdam. Tra caviale, sekt e certificati anagrafici, Communist Body/Fascist Body era una riflessione sulle opposte ideologie che avevano segnato la loro nascita.
Dopo aver posto fine alla loro relazione nel 1988 (con The Lovers, la storica camminata lungo la Grande Muraglia cinese), Abramović e Ulay affrontarono anni di ostilità e battaglie soprattutto di natura professionale. La riappacificazione pubblica avvenne in occasione del loro compleanno nel 1996: Marina compiva cinquant’anni e la festa coincideva con l’inaugurazione della retrospettiva dedicatale dallo Stedelijk Museum voor Actuele Kunst di Gand. Tra esibizioni di tango e una torta con le sue sembianze, durante la serata l’artista ricevette l’invito a rappresentare Serbia e Montenegro alla Biennale di Venezia dell’estate successiva (anche se nei mesi che seguirono la sua candidatura fu ritirata e Balkan Baroque fu presentata in uno spazio neutro dei Giardini). Il momento clou dei festeggiamenti coincise con la ripresa di A Similar Illusion, uno dei tableaux vivants che Marina e Ulay avevano realizzato nei primi anni ‘80: sebbene fosse trascorso molto tempo dall’ultima volta, era pur sempre una performance nel giorno del loro compleanno.
Ancor più grandioso fu il sessantesimo compleanno di Marina, celebrato nel 2006 con un evento mondano per trecentocinquanta persone al Guggenheim di New York. L’artista “aveva reso democraticamente casuale l’assegnazione dei posti: come alla lotteria, gli ospiti estraevano il numero del loro tavolo da una grande urna di vetro non appena entravano nella rotonda”, forse in omaggio alle fortunate coincidenze che hanno segnato gran parte della sua vita.
Roberta Aureli

Tutte le citazioni sono tratte dal libro di James Westcott, Quando Marina Abramovic morirà (Johan & Levi 2011).

28 agosto: il compleanno del compleanno

Massimo poeta e drammaturgo tedesco, osservatore della natura e di sé stesso,  Wolfgang Goethe al suo compleanno ci teneva molto.
Era nato a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749 – come gli stesso racconta – “a mezzogiorno, al dodicesimo rintocco della campana”, sotto una congiunzione astrale favorevole e ogni anno faceva attenzione alla ricorrenza, che era per lui occasione di bilanci e previsioni, oltre che di auguri e regali da parte di familiari e amici. Piccoli dolci lievitati, tipici bretzel tedeschi e anche – più avanti nel tempo – la torta di compleanno, che era per allora una assoluta novità.
Goethe Tischbein
Sì, perché il compleanno di Goethe – secondo gli storici – segna l’affermarsi di un nuovo modo, moderno e a noi familiare –  di festeggiarsi.
Dal divieto cristiano di celebrare la propria nascita terrena (in attesa di una nascita ben più importante), all’abitudine di fare gli auguri per ogni anno aggiunto alla linea della vita, ne sono passate di esperienze nei secoli. Le racconta con diversi esempi lo storico Jean – Claude Schmitt nell’Invenzione del compleanno (edizione italiana Laterza) che rintraccia “il lento costituirsi della pratica del compleanno, dei suoi riti – auguri, canzoncina, dolcetti, regali, candeline -” prima fra gli aristocratici, poi nella borghesia del XIX secolo e infine, ma solo nel Novecento, anche nelle classi popolari.

“La storia del compleanno appartiene alla lunga durata” – prosegue Schmitt – “ e bisogna attendere le 53 candeline della torta di compleanno di Goethe nel 1802, per assistere all’invenzione del compleanno più o meno come lo conosciamo oggi”.
Un giorno speciale, che dà un ritmo al tempo individuale e di gruppo, il giorno del compleanno: con i suoi riti ha preso via via sempre più forza e ora sono i social network ad allertarci sulle scadenze e a ricordarci quest’obbligo, allargandolo dalla cerchia di parenti e amici a tutti i contatti, fino agli elenchi dei “nati oggi”.
Su twitter l’hashtag di compleanno di artisti e personalità pubbliche è una presenza rilevante e riguarda sia i vivi, che effettivamente compiono gli anni, sia i morti di cui ricorre l’anniversario: come una calamita, l’hashtag del compleanno invita a unirsi a una celebrazione diffusa, lasciando il proprio contributo nel flusso dei retweet e delle menzioni. Non per niente “compleanno” è una delle parole discusse dall’antropologo Marino Niola nel suo libro Hashtag. Cronache di un paese connesso (Bompiani), per descrivere come cambia l’esperienza di “fare gli anni”, quando è comunicata e condivisa in rete e accompagnata da fette di torta e candeline immateriali.
Alla radice delle quali c’è – non dimentichiamolo – la torta di Goethe, #natooggi.

Sul tema del compleanno, in diconodioggi, leggi il post di Gianluca Giraudo, Compiere gli anni.

Antonella Sbrilli @asbrilli

19 Gennaio

19 gennaio 2015

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E così fu deciso. Lasciai la scuola a Natale e il 19 gennaio, giorno del mio compleanno, circa un anno dopo che Konradin era entrato nella mia vita, partii per l’America. Prima della partenza ricevetti due lettere. La prima, in versi, era il prodotto degli sforzi congiunti di Bollacher e di Schulz: 
Piccolo Yid – vogliamo dirti addio / che tu raggiunga all’inferno i senzadio / Piccolo Yid – ma dove te ne andrai? / Nel paese da cui non si torna giammai? / Piccolo Yid – non farti più vedere / se vuoi crepare con le ossa intere.
La seconda invece, diceva:

Mio caro Hans, questa è una lettera difficile. Prima di tutto voglio dirti quanto mi dispiaccia che tu stia per partire per l’America. Non dev’essere facile per te, che ami tanto la Germania, ricominciare una nuova vita in un paese con cui né io né te abbiamo niente in comune e mi immagino l’amarezza e l’infelicità che devi provare. Tuttavia, questa è la soluzione più saggia, date le circostanze

Fred Uhlman, L’amico ritrovato, 1971, tr. it. M. Castagnone, Feltrinelli 1986, p. 83

La data del 19 gennaio segna la fine di una fase felice della vita di Hans, giovane studente ebreo, mandato dalla famiglia negli Stati Uniti per salvarsi dalle persecuzioni naziste incombenti. È la data della partenza, che lo allontana dall’amico Konradin (l’amico che “ritroverà”, in un modo inaspettato e toccante alla fine del racconto); è la data del suo compleanno ed  è anche la data di nascita dello scrittore Fred Uhlman, nato a Stoccarda il 19 gennaio del 1901. 

Dicono del libro
“Due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. L’uno è figlio di un medico ebreo, l’altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un’amicizia del cuore, un’intesa perfetta e magica. Un anno dopo, il loro legame è spezzato. Questo accade in Germani, nel 1933… Racconto di straordinaria finezza e suggestione, L’amico ritrovato è apparso nel 1971 negli Stati Uniti”
(dalla quarta di copertina delled. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…Le cinque erano appena suonate, quel mattino del 19 gennaio, quando Bessie entrò con una candela…”
Charlotte Brontë, Jane Eyre

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“… Così fino al diciannove gennaio. Fu una di quelle giornate di Buenos Aires in cui l’uomo si sente non soltanto maltrattato e oltraggiato dall’estate…”
Jorge Luis Borges, There are more things. Il libro di sabbia

pittura
“Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969”
Alighiero Boetti

Le Sorelle Marinetti da un 8 settembre all’altro

Le Sorelle Marinetti da un 8 settembre all’altro
Silvia Veroli

Il progetto del trio canoro en travesti “Sorelle Marinetti” è un viaggio nel tempo rigorosissimo: le tre signorine di molto riguardo, al secolo (scorso) Nicola Olivieri, Andrea Allione e Marco Lugli, parto trigeminodi Giorgio Bozzo (P-Nuts), incarnano in modo filologicamente ineccepibile non solo la musica ma anche il mood degli Anni Trenta di un Novecento, perbene e finto naif; quello dell’EIAR e del Minculpop, dei Papaveri e delle Papere, dei Gatti morti Maramao e dei Pinguini Innamorati che aggiravano la censura con testi nonsense, l’epoca delle maschiette sugli sci che fumavano e scoprivano il collo con tagli alla Zelda.

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Dopo sei anni sul palcoscenico dietro al microfono, le Sorelle si cimentano con Risate sotto le bombe uno spettacolo teatrale, a intarsi musicali, e una storia originale firmata Bozzo e Gianni Fantoni che si dipana dentro una data fatidica: l’8 settembre del 1943. Durante un attacco aereo una compagnia teatrale si rifugia nello scantinato di un teatro di provincia e gli attori per ammazzare il tempo (e la fame) e non finire ammazzati che fanno? provano e ci provano a stare su ballando e cantando. I Quaranta sono iniziati e si rimpiangono i Trenta (quando le Marinetti erano all’apice della carriera radiofonica) per tacere dell’Ottocento (quando alle donne bastava un gingillino e un cerchietto d’or per essere felici). Viene in mente Midnight in Paris di Woody Allen (altra trama sulla ricerca perenne dell’età d’oro) e viene in mente ogni epoca, compresa la presente e viva il suon di lei, quando in chiusura il cast ricorda, tra le altre cose, che siamo tutti vivi per miracolo e il capocomico Fantoni riannoda il tempo passato all’attuale cercando tra il pubblico uno spettatore che sia nato se non l’8 settembre del 1943 perlomeno da quelle parti. E quando lo trova gli fa un regalo di non compleanno. (s.v.)

Compiere gli anni, di Gianluca Giraudo

Compiere gli anni*
di Gianluca Giraudo

Tempo fa una mia conoscente mise al mondo un bambino, era un giorno qualunque per tutti, era un giorno che da quel momento non sarebbe più stato qualunque per quella nuova vita. Qualche settimana dopo, venni a sapere che sua madre aveva riposto in un cassetto il quotidiano del giorno del parto, pagine che molti anni dopo avrebbero sfogliato insieme, madre e figlio, per rimirare ciò che il mondo fuori aveva discusso e opinato in quella data speciale.

bdayLa mia è una storia meno romantica: nato in una famiglia giornalisticamente inattrezzata, ho dovuto ricercare da me le notizie sul giorno del mio compleanno. A condividere con me la gioia di questa ricorrenza c’è, incredibilmente, Angelina Jolie: me lo comunicò la mia Comix al liceo, notificandomi la coincidenza insieme al promemoria delle interrogazioni di fine anno. A scuola imparai che nel mio giorno, qualche decina d’anni prima, le truppe alleate avevano liberato Roma dall’occupazione nazista. Su Wikipedia ho poi scoperto che il mio compleanno era anche quello di alcuni sconosciuti cantanti americani, nonché di una pornostar piuttosto famosa: ero già all’università e questa notizia aprì un divertente e futile dibattito tra me e i miei amici durante una lezione decisamente noiosa.
Oggi scopro che trent’anni fa esatti è uscito uno dei dischi più amati e ascoltati di Bruce Springsteen. Cose che portano la data del mio compleanno succedono anche nelle storie, immaginarie o meno, dei libri: «Il 4 giugno – si è verso la fine della vicenda – Van è imbarcato su una nave, dove si trova anche la sorella minore di Ada, Lucette, che va incontro al suo destino». Questo passo di Ada o ardore di Nabokov mi è ricordato da un meraviglioso progetto editoriale che quotidianamente mi rispolvera la mente, oltre che lo scaffale più alto della libreria.
Dal passato ci aspettiamo sempre che dica qualcosa in più su di noi, sul nostro presente. Dimenticandoci che, la maggior parte della vita, la passiamo nel tentativo di liberarcene, del passato: «If it was worth forgetting, it’s not worth remembering» dice la scrittrice Pat Cadigan. Abbiamo alternative? Nel bel libro di Valeria Parrella Tempo di imparare  una madre ha un rapporto problematico con il figlio, i passi delle sue giornate sono scanditi dalle paure, dalle cadute d’umore, dalle gioie incondizionate dei momenti passati insieme. Trecentosessantaquattro giorni uguali fra loro. Ma nel dì del suo compleanno la madre va a prendere il figlio a scuola un po’ prima che la campanella suoni. Si ritrova in un bar con gli amici, genitori come lei, a festeggiare. «Io […], guance gonfie e pronta al soffio, alzo gli occhi per guardarli mentre cantano». È adulta, intorno a lei nessun giornale, né una connessione a Wikipedia, niente che le riporti il passato, solo gli amici. «Dentro, un desiderio da esprimere per ognuno di loro. Fuori le candeline, e loro che sanno quanto tempo ci ho messo per accenderle tutte». È tempo di chiedere agli altri qualcosa di noi, di leggerlo nei loro occhi, nelle loro mani, nelle loro rughe rassicuranti.  È il tempo di farci insegnare la storia da chi, anno dopo anno, la vive con noi. Perché ogni compleanno sia, sempre, tempo di imparare. (g. g.)
* pubblicato il 4 giugno 2014 col titolo Tempo di compiere gli anni, tempo di imparare  nel blog Posticci

Sherlock Holmes e il 6 gennaio: indizi di un compleanno

Sherlock Holmes e il 6 gennaio: indizi di un compleanno
di Caterina Marrone

The game is afoot, “il gioco è in atto”, “la partita è cominciata”. Questa è la frase shakespeariana (dall’Enrico V) con la quale Sherlock Holmes, ne L’avventura di Abbey Grange,  interloquisce con Watson. E questa è la frase con la quale gli sherlockiani di tutto il mondo spesso iniziano i loro meeting. Il gioco è cominciato! Ma quale gioco?
Un gioco che prevede due regole di base: 1. Sherlock Holmes è vivo; e 2. il dr. Watson è l’autore del Canone, la collezione originaria dei racconti.  Orbene, se Holmes è vivo bisognerà pur sapere qualcosa di più di un uomo tanto speciale,  per esempio: in che giorno è nato?  in che anno?Holmes Sulla sua data di nascita si è ingaggiata, nel tempo, una vera e propria gara (o gioco) per poi stabilire, da parte del suo pseudo-biografo più importante, W. S. Baring-Gould (1913-1967) – con la generale approvazione della maggioranza degli sherlockiani USA – che il famoso investigatore era nato il 6 gennaio, la Dodicesima Notte (dopo il Natale) del 1854. Si lasci da parte l’anno, che qualche sua ragione ce l’ha e che concorda con il parere di un altro pseudo-biografo M. Hardwick (1916-2003), e ci si concentri invece sul giorno, il 6 gennaio, l’Epifania, che sembra provenire dal nulla. Tale data si origina dal fatto che, secondo Baring-Gould, nel Canone, Holmes cita per due volte una frase tratta proprio dalla commedia La Dodicesima Notte di Shakespeare e che, per ciò, l’opera doveva essere  assai cara al detective. E perché gli era così congeniale?  Elementare! (frase celebre ma fuori Canone). Ma perché Sherlock era nato proprio in quella notte! Era il suo compleanno!  Non è priva di humor questa “deduzione” (si ricordi il metodo deduttivo holmesiano) che, procedendo però da premesse  incerte, non può che diventare illazione. Cos’ha di particolare il 6 gennaio? Ammettendo il trasporto di Holmes per il Bardo inglese, citato 28 volte nel Canone,  che rapporto c’è o può esserci tra Shakespeare, la Dodicesima Notte e Holmes?
ShakespeareAlcuni studiosi pensano che Shakespeare abbia scritto La Dodicesima Notte espressamente per le celebrazioni del periodo che assommava sia feste pagane sia cristiane legate al solstizio  d’inverno, culminanti nella dodicesima notte dopo il Natale. Era un’occasione per bere, per banchettare, per scambiarsi ruoli, per divertirsi, e il tradizionale plum pudding inglese, o Dolce della Dodicesima Notte, in cui si nascondeva un fagiolo nell’impasto del dolce che sarebbe poi stato trovato dal più fortunato,  può ben essere visto come paradigmatico della magia di quella nottata. Chi lo trovava veniva eletto Re del Fagiolo o della Dodicesima Notte e aveva per sudditi i partecipanti al banchetto; in chiave femminile poi era un pisello ad essere messo nel dolce e la donna che lo trovava diventava Regina del Pisello. In alcune zone, ancor oggi, nel plum pudding si mette  una moneta, un anello o un ditale.  È una notte speciale questa, buona per nascite speciali e fuori dal comune. Di fatto però il 6 gennaio è sì una data fittizia e immaginaria per il compleanno di Sherlock Holmes, ma è anche convenzionalmente abbastanza accettata, ove più ove meno:  le incongruenze, si sa, nel gusto del gioco si estinguono volentieri per poi risorgere al momento opportuno. E il bello sta proprio qui, nel fatto che, siccome non tutti i fans di Holmes sono completamente d’accordo sul giorno dell’Epifania come dies natalis di Holmes, si continui a congetturare e a discutere. È  così che the game is afoot. (c. m.)

7 Gennaio

7 gennaio 2013

 

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Per le anatre avevo inventato una specie di amo, fatto con spille e con acini di granturco, che mettevo a galleggiare nell’acqua sopra delle foglie che tenevo fissate con una bacchetta infilzata nel fango della riva; ma erano poche le anatre che abboccavano e se una rimaneva prigioniera, le altre andavano via con i loro voli che disegnavano una lettera altissima nel cielo.
Queste lettere delle anatre erano altri segnali del mutare dell’invernata, finché mi trovai al 7 gennaio, giorno del mio compleanno

Paolo Volponi, La macchina mondiale, 1965, Garzanti 1973, p. 206

Dal suo angolo di campagna marchigiana, Anteo Crocioni – scienziato e filosofo autodidatta, fine osservatore della natura – riflette sul sistema dell’esistente, sulle generazioni di individui che, come macchine autopoietiche, producono altri individui, ripetendo autonomamente l’opera dei progettisti dell’universo. Lavora a un trattato sulla “genesi e sulla palingenesi”, per la costituzione di una “nuova Accademia dell’Amicizia”, corredato di schemi e disegni, e ragiona sulla costruzione di macchine esperte in grado di migliorare l’evoluzione dell’uomo stesso. Emarginato e avversato dalla famiglia di origine e da quella della moglie Massimina, che scappa a Roma, Anteo pellegrina fra le Marche e la capitale, sempre inseguendo le sue ricerche e la donna amata, finché viene rimandato a casa con un foglio di via. Il giorno del compleanno, 7 gennaio, è una data immersa nella natura, nella neve, nelle tracce degli animali. Una data naturale, tanto diversa dalle date burocratiche dei verbali dei tribunali, con cui il romanzo si apre, e da quelle di cronaca nera, che si affollano verso la fine della storia. 

Dicono del libro
“La macchina mondiale (1965) è il secondo romanzo di Paolo Volponi, che vi intreccia magistralmente i temi e i modi espressivi che gli sono cari: il rapporto fra mondo contadino e mondo industriale-cittadino, la carica eversiva dell’ideologia contro i ritardi, le chiusure e le sordità morali della società italiana, la fervida sperimentazione linguistica e stilistica. Per Volponi, come per Anteo, la vera pazzia è di quanti accettano l’infelicità e l’ingiustizia senza accorgersi della possibilità di una vita rinnovata e felice”

 

Altre storie che accadono oggi

 

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“… Tuttavia il mattino successivo, sette gennaio, un martedì, la cerca riprese…”
Rainer Maria Rilke, I quaderni di Malte Laurids Brigge

 

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“… Il 7 gennaio, alle 4 e 14 a.m., sobriamente camuffato da andino boliviano, salii sul Panamericano…”
Jorge Luis Borges, Adolfo Bioy Casares, Le notti di Goliadkin 

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Per le anatre avevo inventato una specie di amo, fatto con spille e con acini di granturco, che mettevo a galleggiare nell’acqua sopra delle foglie che tenevo fissate con una bacchetta infilzata nel fango della riva; ma erano poche le anatre che abboccavano e se una rimaneva prigioniera, le altre andavano via con i loro voli che disegnavano una lettera altissima nel cielo.
Queste lettere delle anatre erano altri segnali del mutare dell’invernata, finché mi trovai al 7 gennaio, giorno del mio compleanno

Paolo Volponi, La macchina mondiale, 1965, Garzanti 1973, p. 206

Dal suo angolo di campagna marchigiana, Anteo Crocioni – scienziato e filosofo autodidatta, fine osservatore della natura – riflette sul sistema dell’esistente, sulle generazioni di individui che, come macchine autopoietiche, producono altri individui, ripetendo autonomamente l’opera dei progettisti dell’universo. Lavora a un trattato sulla “genesi e sulla palingenesi”, per la costituzione di una “nuova Accademia dell’Amicizia”, corredato di schemi e disegni, e ragiona sulla costruzione di macchine esperte in grado di migliorare l’evoluzione dell’uomo stesso. Emarginato e avversato dalla famiglia di origine e da quella della moglie Massimina, che scappa a Roma, Anteo pellegrina fra le Marche e la capitale, sempre inseguendo le sue ricerche e la donna amata, finché viene rimandato a casa con un foglio di via. Il giorno del compleanno, 7 gennaio, è una data immersa nella natura, nella neve, nelle tracce degli animali. Una data naturale, tanto diversa dalle date burocratiche dei verbali dei tribunali, con cui il romanzo si apre, e da quelle di cronaca nera, che si affollano verso la fine della storia. 

Dicono del libro
“La macchina mondiale (1965) è il secondo romanzo di Paolo Volponi, che vi intreccia magistralmente i temi e i modi espressivi che gli sono cari: il rapporto fra mondo contadino e mondo industriale-cittadino, la carica eversiva dell’ideologia contro i ritardi, le chiusure e le sordità morali della società italiana, la fervida sperimentazione linguistica e stilistica. Per Volponi, come per Anteo, la vera pazzia è di quanti accettano l’infelicità e l’ingiustizia senza accorgersi della possibilità di una vita rinnovata e felice”