Diconodioggi
blog
coincidenze, date, Joyce, Muzzolini, Svevo, tempo, Terrinoni
Date in coincidenza: Joyce, Svevo e un libro di Enrico Terrinoni
di Sandra Muzzolini
Nella recensione al libro di Antonella Sbrilli Il gioco dei giorni narrati, primo nucleo del progetto editoriale di cui fa parte questo blog, Umberto Eco scrive: “Si sa di autori che hanno situato la loro vicenda in una data precisa per ragioni magico-sentimentali, perché era un giorno in cui a loro (non ai personaggi) era accaduto un evento mirabile, e in tal senso un crononimo lasciato cadere quasi per caso può tener luogo di una rinnovata dichiarazione d’amore.”
Questa osservazione vale sicuramente per una delle date letterarie più note, quel 16 giugno 1904 in cui si svolge l’Ulisse di Joyce e che oggi è festeggiato in Irlanda e in altri paesi come “Bloomsday”.
Sappiamo infatti che Joyce scelse quel giorno perché era una delle date più importanti nella sua storia d’amore con Nora Barnacle. Ma l’attenzione e la fascinazione dello scrittore irlandese per le date, i nomi e i numeri vanno ben oltre questa scelta, come ci spiega in un libro uscito alcuni mesi fa lo studioso Enrico Terrinoni, esperto traduttore di Joyce.
La vita dell’altro – Svevo, Joyce: un’amicizia geniale (Bompiani, 2023) ci offre una ricca e ben documentata ricostruzione del rapporto d’amicizia tra i due scrittori, delle loro affinità elettive ed anche caratteriali. Sorprendono le numerose corrispondenze tra i due scrittori e le loro opere, tra le loro vite e quelle dei loro personaggi, quei continui travasi dal piano dell’esistenza a quello della scrittura per i quali Svevo coniò il concetto di “vita letteraturizzata”. Scrive Terrinoni in una postfazione specificamente dedicata alle coincidenze: “Le loro vite, come i loro libri, sono infatti abitate anche da numeri, cifre, date, orari che le colorano di misteriosi echi. Quasi che entrambi sfogassero in rare ricorrenze numeriche certe attitudini vagamente superstiziose.”
Joyce era particolarmente, anzi maniacalmente, attento alle date, cui assegnava un valore magico, augurale. Era sempre felice di scoprire coincidenze che riguardavano le date dei compleanni delle persone con cui entrava in contatto. Era nato a Dublino il 2 febbraio 1882 e in quella stessa data fu pubblicato l’Ulisse, nel 1922; il 2 febbraio 1939 ricevette le prime copie rilegate del Finnegans Wake. Sarà stato sicuramente contento di scoprire che anche l’amico triestino aveva scelto questa data per uno snodo fondamentale del romanzo La coscienza di Zeno: “Oggi, 2 febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!”.
Ci sono anche altri aspetti del libro di Terrinoni che i lettori di questo blog sicuramente apprezzano: il discorso sul tempo, rilevante in entrambi gli scrittori, e il gusto per l’invenzione linguistica e per i giochi di parole. La sovrapposizione di letteratura e vita, gli intrecci che uniscono le opere dei due scrittori in un misterioso entanglement e la circolarità e simultaneità del tempo della narrazione trovano un’originale sintesi nei titoli di gusto joyciano di alcuni capitoli: Narravita, Senilitalia, Zenotipia e Finizio.
Sandra Muzzolini, 12 aprile 2024
Diconodioggi
blog
clessidre, Muzzolini, tempo, Trueba
Un affascinante bosco di clessidre compare nel romanzo Blitz, di David Trueba, il cui indice si presenta come un calendario, con i nomi dei 12 mesi a connotare i 12 capitoli: lo racconta in questo post Sandra Muzzolini.
L’ultimo romanzo dello scrittore spagnolo David Trueba – romanziere ma anche regista, sceneggiatore e giornalista – si intitola Blitz (ed. it. Feltrinelli, 2016) e ha come protagonista un architetto paesaggista di Madrid che all’inizio della storia incontriamo a Monaco di Baviera, dove si trova per presentare un progetto a un concorso internazionale. L’intervento paesaggistico ideato da Beto – questo il nome del protagonista – è un parco per adulti con “panchine dove fermarsi a leggere e riposare negli istanti rubati all’ufficio”. L’idea è quella di “perdersi” in un altro spazio-tempo, sedendo su panchine delimitate da una recinzione che crea una sorta di capsula isolata dall’esterno. L’elemento qualificante ed innovativo del progetto è rappresentato da un “bosco di clessidre, in scala umana” che servono a quantificare il tempo trascorso nel parco, a concedere un tempo di astrazione.
“Ecco cosa mi piace delle clessidre” dice il protagonista, “riformulano l’idea di ansia dovuta al trascorrere del tempo e fanno sì che quel processo inevitabile diventi visibile.” Questo è quello che intende dire alla presentazione in veste di architetto, ma poi confessa che più semplicemente “mi piacciono perché indicano il vero senso della vita, e cioè la sottomissione alla legge di gravità, come la sabbia che cade dall’alto in basso nei due bulbi di vetro.” Poiché il tempo di capovolgimento delle clessidre è di tre minuti, il titolo del lavoro di Beto è Giardino dei tre minuti.
Il progetto non viene premiato al concorso ma il motivo della clessidra rimane importante nel romanzo, anche nella definizione dei personaggi. Se a Beto piacciono le clessidre, un altro personaggio le detesta, le trova angoscianti: “La sabbia che cade ti taglia dentro come un coltello.” L’idea delle clessidre viene sviluppata più avanti nella storia sempre in relazione alla professione del protagonista, portandolo alla creazione di oggetti di design di tale forma e persino di una applicazione per smartphone. Lavorando intorno a questo soggetto l’architetto si ritrova anche a fare alcune considerazioni sulle parole che in alcune lingue indicano le clessidre. Osserva che in castigliano e in tedesco si fa riferimento al contenuto – reloj de arena, Sanduhr – mentre in inglese al contenitore, hourglass (accanto a questo termine in inglese sono usati anche sandglass e sand clock); in italiano e in greco ci si rifà invece all’antico klepsydra che indicava gli orologi ad acqua. Beto trova poi in un’enciclopedia il riferimento all’Allegoria del Buon Governo (c.1340), l’affresco di Ambrogio Lorenzetti in cui una figura femminile coronata con una clessidra in mano simboleggia la temperanza; in realtà non è questa, come egli annota, la prima rappresentazione di una clessidra nell’arte, poiché in un sarcofago romano del IV secolo che rappresenta le nozze di Peleo e Teti si può osservare Morfeo che regge una clessidra.
Un’ultima nota riguarda la scansione temporale della storia, che inizia nei primi giorni di gennaio, in una fredda Monaco con un po’ di neve, e si conclude l’ultima notte dell’anno, a Maiorca, in vista di una cala che i turisti tedeschi chiamano Blitz. I capitoli sono dodici, intitolati semplicemente con i nomi dei dodici mesi, sicché l’indice del romanzo si presenta come un calendario. Piacerà ai “cronomaniaci”.
(#cronomania è l’hashtag di un gioco partecipativo su Twitter, Facebook e Instagram, legato alla mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea al Museo Macro di Roma fino al 2 ottobre 2016, in cui – fra l’altro – sono esposte due clessidre d’artista, opere rispettivamente di Mario Ceroli ed Enrico Benetta).
Sandra Muzzolini (@sandra_mzz)
Diconodioggi
blog
alberi, Atwood, futuro, libri, Muzzolini, Paterson, tempo
100 libri futuri
di Sandra Muzzolini
Future Library è un progetto dell’artista scozzese Katie Paterson avviato la scorsa estate in Norvegia: appena fuori Oslo è stata piantata una foresta di 1000 alberi che saranno tagliati nel 2114 e forniranno la carta per stampare un’antologia di 100 libri, uno per ogni anno a partire da ora.
http://katiepaterson.org/futurelibrary/
La prima scrittrice a cui è stato chiesto di aderire al progetto è Margaret Atwood, che consegnerà il suo lavoro in una cerimonia prevista per giugno 2015. Il testo sarà conservato in una biblioteca di Oslo e nessuno potrà leggerlo fino al 2114, quando sarà pubblicato insieme agli altri 99. La scrittrice canadese, parlando dell’iniziativa nel corso del suo recente intervento a Pordenonelegge, l’ha definita un progetto ottimista per quattro ragioni: innanzitutto presuppone che fra 100 anni ci saranno ancora persone sulla terra, poi che ci sarà una biblioteca ad Oslo, che la gente saprà leggere e che avrà voglia di leggere. Ogni libro – osserva la scrittrice – è come un messaggio in bottiglia, si proietta nel futuro, rivolgendosi a lettori che l’autore non conosce e che lo leggeranno in tempi e luoghi diversi. Il progetto dunque è una sorta di versione estesa dell’avventura di ciascun libro.
Se da una parte dispiace l’idea che noi non potremo leggere questi libri è bello però pensare – sottolinea Katie Paterson – che molti degli autori di quest’antologia non sono ancora nati.
(s. m.)