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Oggi
memoria, Roth, storia
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Just off the Okinawa beach, two kamikaze pilots attacked the flagship carrier Bunker Hill on May 14 – the day after the Swede went out four for four against Irvington High, a single, a triple and two doubles – plunging their planes, packed with bombs, into the flight deck jammed with American planes all gassed up to take off and laden with ammunition. The blake climbed a thousand feet into the sky, and in the explosive firestorm that raged for eight hours, four hundreds sailors and aviator died. Marines and the Sixth Division captured Sugar Loaf Hill, May 14, 1945 – three more doubles for the Swede in a winning game against East Side
Philip Roth, American Pastoral, 1997
Al largo della costa di Okinawa, il 14 maggio (il giorno dopo che lo Svedese fece quattro su quattro contro la squadra del liceo di Irvington con un singolo, un triplo e due doppi), due piloti kamikaze attaccarono la portaerei ammiraglia Bunker Hill centrando con i loro apparecchi imbottiti di bombe il ponte di volo gremito di aerei americani carichi di munizioni e pronti a decollare. La fiammata arrivò a trecento metri d’altezza, e nell’esplosiva tempesta di fuoco che infuriò per otto ore morirono quattrocento uomini, tra aviatori e marinai. Il 14 maggio 1945 – altri tre doppi per lo Svedese in una partita vincente contro l’East Side – le truppe della sesta divisione catturarono il Pan di Zucchero
Philip Roth, Pastorale americana, 1997, tr. it. Vincenzo Mantovani, Einaudi, Torino, 1998, pp. 210-11
La domenica di Pasqua del 1945 gli Americani invadono l’isola giapponese di Okinawa ingaggiando una battaglia che durerà fino a giugno. Nel New Jersey, il diciottenne Seymour Levov, detto lo Svedese, formidabile giocatore di baseball, segue le azioni dei Marines attraverso il Pacifico, appuntando su una carta le zone degli attacchi. La battaglia di Okinawa corre parallela al suo ultimo anno di liceo: il 14 maggio è una giornata di feroci combattimenti sul fronte e di successi sportivi per il ragazzo Levov, che cercherà di arruolarsi nei Marines, mentre la seconda guerra mondiale sta per concludersi e altri agoni lo attendono al varco della sua vita adulta.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Lo scrittore Nathan Zuckerman, fin dall’adolescenza affascinato dalla vincente solarità dello Svedese, sente la necessità di narrarne la caduta. E ciò che racconta è il rovesciamento della pastorale americana: un grottesco Giudizio Universale in cui i Levov, e i lettori, assistono al crollo dell’utopia dei giusti, al trionfo della rabbia cieca e innata dell’America.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)
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Oggi
Battiato, memoria, memory, passaggio del tempo, passato, past, Roth
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It’s astonishing that everything so immediately visible in our lives as classmates we still remember so precisely. The intensity of feeling that we have seeing one another today is also astonishing. But most astonishing is that we are nearing the age that our grandparents were when we first went off to be freshmen at the annex on February 1, 1946. What is astonishing is that we, who had no idea how anything was going to turn out, now know exactly what happened. That the results are in for the class of January 1950—the unanswerable questions answered, the future revealed—is that not astonishing? To have lived—and in this country, and in our time, and as who we were. Astonishing.”
Philip Roth, American Pastoral, 1997
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È stupefacente come si ricordi ancora con tanta precisione tutto ciò che era così immediatamente visibile nella nostra vita di compagni di scuola. Altrettanto stupefacente è l’intensità del sentimento che ci assale vedendoci oggi. Ma la cosa più stupefacente di tutte è che ci stiamo avvicinando all’età che avevano i nostri nonni il I febbraio 1946, quando ci presentammo per la prima volta alla sede distaccata della scuola come studenti del primo anno. Il fatto stupefacente è che noi, allora senza la minima idea di come sarebbero andate le cose, oggi sappiamo esattamente cosa accadde
Philip Roth, Pastorale americana, 1997, tr. it. V. Mantovani, Einaudi, Torino, 1998, pp. 45-46
La data del primo febbraio 1946 è richiamata verso la fine del discorso che il narratore Nathan Zuckerman scrive la notte dopo la quarantacinquesima riunione degli ex allievi della scuola, rievocando un mondo che non c’è più e riconnettendo le notizie avute. A sessantadue anni, quella riunione è un passaggio nel tempo: “invece di ricatturare il passato, ero stato catturato dal passato nel presente, cosicché, mentre in apparenza uscivo dal mondo del tempo, in realtà puntavo come un razzo verso il suo nocciolo segreto”.
Dicono del libro
Dicono del libro
“… è un libro sulla vecchiaia, sulla memoria, sull’intollerabilità di certi ricordi. Lo scrittore Nathan Zuckerman, fin dall’adolescenza affascinato dalla vincente solarità dello Svedese, sente la necessità di narrarne la caduta. E ciò che racconta è il rovesciamento della pastorale americana: un grottesco Giudizio Universale in cui i Levov, e i lettori, assistono al crollo dell’utopia dei giusti, al trionfo della rabbia cieca e innata dell’America”
(dalla quarta di copertina, ed. Einaudi, op. cit.)
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