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Oggi
alba, Banti, finzione, Pirandello, Saramago, storia
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Il ventidue ottobre, all’alba, Artemisia partì. La verità non sta nella data, ma nelle parole eternamente eguali che la fissarono. Ma una data occorre: come occorse, per far balzare il cuore di una giovane che non si è mai mossa di casa e ci ha patito vergogna. I facchini trasportarono le casse e un angolo della più pesante sbreccò il muro della scala. I vicini stupirono. Giambattista Stiattesi, suocero inonorato, alzò le mani al cielo per molti giorni susseguenti. Ma intanto la biondina partiva, seduta fra suo padre e un grosso frate romagnolo che tornava, lo disse subito, a Bologna. Dopo una notte passata sulla seggiola, vestita, l’immobilità precaria di quel primo istante di viaggio le dava una vertigine di eternità
Anna Banti, Artemisia, 1947, Bompiani, 1994, p. 37
Artemisia, la figlia del pittore toscano Orazio Gentileschi vive a Roma con i fratelli, senza madre, disegnando e dipingendo dentro casa. Molto giovane, ha subito uno stupro da parte di un uomo sposato, anche lui pittore, che l’ha lasciata disonorata e sempre più concentrata sulla pittura. Sono i primi anni del Seicento. Il padre Orazio ha deciso di partire per Firenze e di portare con sé Artemisia, a patto che prima lei si sposi con un vicino. Il giorno della partenza è il 22 ottobre, una data memorabile per una ragazza che “non si è mai mossa di casa” e per la quale il viaggio – accanto al padre molto temuto e molto amato – è una pausa di libertà dai vincoli del tempo e della storia.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Oltraggiata appena giovinetta, nell’onore e nell’amore. Vittima svillaneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s’azzardò, verso il 1638, nella eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito tra i due sessi” (A. Banti). Artemisia gentileschi, pittrice caravaggesca, è una delle figure femminili più affascinanti della prima metà del Seicento. Il romanzo, benché basato sulla realtà storica, è piuttosto un immaginario diario a due, un intenso dialogo al di là del tempo e della Storia tra due donne che furono artiste”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Bompiani, op. cit.)
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Oggi
compleanno, François, Saramago
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Per i miei cinquant’anni, François organizzò una festicciola sublime da Armelle. C’erano gli amici di sempre e quelli recenti. Certe persone si rivedevano dopo lustri. Anche la meteorologia pensò di unirsi alla brigata: in quel memorabile 24 luglio ci beccammo un tornado seguito da una tempesta di grandine. In tre minuti, gli invitati erano fradici. Più tardi, dopo che ebbi spento le candeline, tutti anche i giovani Benjamin e Sarah, mi consegnarono una cassetta dove avevano registrato un brano del Viaggio. Era un’idea geniale
Annie François, La lettrice, 2000, tr. it. F. Bruno, Guanda 2000, p. 161
Ogni libro incontrato dalla narratrice durante la sua vita ha una storia, avvincente come un romanzo. Non solo per quello che il libro racconta, ma per il ruolo che ha nella stessa vita di chi lo legge. Che sia stato prestato o impacchettato per un trasloco, trovato su una bancarella, letto durante una malattia, è un testimone dell’esistenza a cui si è intrecciato. Al giorno del compleanno della narratrice, il 24 luglio, si collega per esempio la storia del romanzo dello scrittore francese Céline, Viaggio al termine della notte. Per tanti motivi, che risalgono alla sua adolescenza, la narratrice non è mai riuscita a leggerlo. E i suoi amici più cari decidono di registrarne la lettura, in tante cassette, come regalo per “quel memorabile 24 luglio”.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Che cosa trasforma un parallelepipedo di carta in un libro capace di influenzare la nostra vita? La passione, se non il furore, del lettore anzi della lettrice Annie François che narra le eroicomiche avventure di chi è libro-dipendente e a questo dio assoluto, tascabile o rilegato che sia, consacra la propria esistenza. Il bibliomane è vittima di una serie pressoché infinita di manie: la posizione, seduta o sdraiata; il luogo, solitario o affollato; i conforti accessori alla lettura, sigarette o cibo; le dimensioni del libro. Non solo: la patologia sviluppata dal lettore, che coinvolge, insieme all’intelligenza e alla vista, l’udito, l’odorato e il tatto, contagia anche la sua vita domestica, amorosa, sociale, professionale”.
(Dal risvolto di copertina dell’ed. Guanda, op. cit.)
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