7 Dicembre | December 7th

7 dicembre 2023

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“What does ‘psionic’ mean? Several of Mr. Runciter’s employees have used the term”.
“Parapsychological powers”, Joe said. “Mental force operating directly, without any intervening physical agency”.
“Mystical powers, you mean? Like knowing the future? The reason I ask that is that several of you people have talked about the future as if it already exists. Not to me; they didn’t say anything about it except to each other, but I overheard – you know how it is. Are you people mediums, is that it?”
“In a manner of speaking.”
“What do you foresee about the war in Europe?”
Joe said, “Germany and japan will lose. The United States will get into it on December 7th, 1941.”

Philip K. Dick, Ubik, 1969

“Cosa significa psionici? Diversi dipendenti del signor Runciter hanno usato questo termine”.
“Poteri parapsichici” disse Joe. “Forze mentali che agiscono direttamente, senza l’intervento di nessun agente fisico”.
“Poteri mistici, intende dire? come conoscere il futuro e altre cose del genere? Il motivo per cui gliene parlo è che alcuni di quei signori hanno accennato al futuro come se esistesse già. Non con me; ne parlavano fra di loro, e ho udito per caso… sa come succede.  Siete per caso dei medium?”
“È un modo come un altro per definirci.”
“Cosa prevedete per la guerra in Europa?”Joe disse: “Germania e Giappone saranno sconfitti. Gli Stati Uniti entreranno in guerra il 7 dicembre 1941.”

Philip K, Dick, Ubik, 1969, tr. it. G. Montanari, ed. cons. Fanucci, 1998, pp. 413-414

 

Dicono del libro

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12 Ottobre | October 12

12 ottobre 2023

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I have five thousands dollars in government high-denomination bills, he told himself. So I’m not completely helpless. And that thing is gone from my chest, including its feeding tubes. They must have been able to get ai them surgically in the hospital. So at least I’m alive; I can rejoice over that. Has there been a time lapse? he asked himself. Where’s a newspaper?
He found an L. A. Times on a nearby couch, read the date. October 12, 1988. No time lapse. This was the day after his show

Philip K. Dick, Flow My Tears, the Policeman Said, 1976

“Ho cinquemila dollari in banconote del governo di grosso taglio” si disse. “Quindi non sono del tutto inerme. E quella cosa è scomparsa dal mio petto, assieme ai suoi tubi di suzione. All’ospedale devono essere riusciti a rimuoverli chirurgicamente.
Quindi, se non altro, sono vivo; di questo posso rallegrarmi.
C’è stato un salto temporale? Dov’è un giornale?”
Trovò una copia del “Los Angeles Times” su un divano lì vicino, lesse la data: 12 ottobre 1988. Nessun salto temporale. Era il giorno dopo il suo ultimo show

Philip K. Dick, Scorrete lacrime, disse il poliziotto, 1976, tr. it. V. Curtoni, Mondadori, 1998, p. 26

Due “corridoi spaziali” – uno corrispondente alla realtà, l’altro a una “possibilità latente fra le molte”, concretizzata  da una potente droga assunta dalla sorella del generale Buckman – sono accaduti contemporaneamente, confondendo le percezioni, la memoria, le relazioni delle persone coinvolte.  L’11 ottobre il protagonista, il cantante Jason Taverner, è un celebre conduttore televisivo, con uno show seguito da milioni di spettatori. Il giorno dopo, il 12 ottobre si ritrova solo, senza documenti, in un hotel periferico, mentre tutti intorno sembrano non aver mai sentito parlare di lui. Nel corso di quel 12 ottobre entrerà in contatto con il sistema di controllo poliziesco e burocratico della società, con le psicosi e le allucinazioni degli abitanti, mentre la storia (e la lettura) oscillano fra metafore del tempo e della coscienza, ricerca di conferme sull’ora e sulla data. 

 

Dicono del libro

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Il Tempo val bene due mostre, alla Galleria Nazionale di Roma

La Galleria Nazionale di Roma presenta due mostre nelle sale di viale delle Belle Arti, entrambe incardinate sul tema del Tempo.
La prima, curata da Saretto Cincinelli e aperta fino al 29 gennaio 2017,  si intitola The Lasting. L’intervallo e la durata. Occupa la grande sala centrale e allestisce – intorno a opere di Fontana, Calder e Medardo Rosso, appartenenti alla collezione permanente – una scelta di artisti coinvolti nei termini del titolo, che mette in risonanza i concetti di persistenza e passaggio.
The Lasting rivendica l’emergenza del tempo, l’importanza del suo fluire, della durata, dell’intervallo, della sedimentazione, della latenza…” si legge nel catalogo, dove gli artisti sono raccolti in sezioni dai titoli evocativi: Il tempo della creazione e l’impronta del tempo; Il tempo della metamorfosi; Il tempo dell’interpretazione, dell’attesa e della collaborazione.
Al visitatore il compito di rintracciare questi caratteri nelle opere e fra di esse, davanti alle teche, alle miniature, alle tende sbiadite, alle lastre di cera e paraffina, alle foto di vecchi cinema, alle tracce di lumache, ai bronzi che ricalcano i legni della laguna veneziana e prendono la forma di clessidre.
La misurazione del tempo è una invenzione e una convenzione, scrive in catalogo Francesco Piccolo in uno dei 24 bellissimi appunti del suo Tentativo di catalogare il tempo, ma “il tempo che passa non è inventato”.
Nel suo fregarsene degli orologi e dei calendari, nel suo costringere il linguaggio a cercare sempre nuove metafore e acrobazie per avvicinarvisi, il tempo pervade l’arte in maniere continuamente nuove.
Bonito Oliva definisce portatori del tempo i protagonisti della sua Enciclopedia delle arti contemporanee; l’urgenza del tempo è evocata dalla XVI conferenza dell’International Society for the Study of Time (Time’s Urgency, Edimburgo 2016); il tempo, i tempi, l’oggi, il domani, il qui e ora, il tempo-reale, i fusi orari, sono ubiqui nelle ricerche, nelle mostre, negli esperimenti relazionali in corso. Per fare un esempio, l’esposizione di Manfredi Beninati (ottobre 2016, Firenze Galleria Poggiali) ha per titolo Domenica 10 dicembre 2039, una data che non esiste nel calendario, poiché quel 10 dicembre sarà un sabato.
Nel catalogo di The Lasting, la direttrice della Galleria, Cristiana Collu – che pure desidera lasciare da parte il tempo convenzionale e lineare – cita, con una sorta di affetto, due date: la festa di Ognissanti, giorno in cui ha preso in carico la Galleria e il Solstizio d’estate, giorno di inaugurazione della mostra.
Diconodioggi non può non notarle, seguendo le trame del tempo finzionale: il primo novembre è scandito dalle citazioni formidabili di tre scrittrici, Virginia Woolf,  Antonia S. Byatt, Jennifer Egan; mentre il Solstizio di giugno è ancorato alla pagina della Montagna incantata (o magica) di Thomas Mann, che ricama sul paradosso di un giorno che segna insieme il culmine della luce e l’inizio del suo decrescere.

La seconda contemporanea mostra della Galleria Nazionale si intitola Time is out of joint e si presenta come una sistemazione temporanea (fino al 2018) delle collezioni, in dialogo con alcune opere in prestito.
Anche qui una data: l’avvio della mostra è caduto il 10 ottobre, “due giorni prima della scoperta dell’America” (come si legge in un racconto di Tabucchi, Il gatto dello Cheshire), ma soprattutto il giorno in cui nell’incompiuto romanzo di René Daumal, Il Monte Analogo, il gruppo di esploratori – fra cui il narratore – si imbarca su uno yacht a due alberi dal nome L’Impossibile, diretto verso una montagna sfuggita fino ad allora all’osservazione e la cui cima è inarrivabile “con i mezzi finora conosciuti”.
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Ha un sentore di spedizione verso spazi inconsueti anche l’apertura di questa mostra, che sceglie come titolo una battuta dell’Amleto, “il tempo  [in alcune traduzioni ‘il mondo’] è fuor dei cardini; ed è un dannato scherzo della sorte ch’io sia nato per riportarlo in sesto”.
Anche in questo caso, e in modo ancora più pervasivo che in The Lasting, la mano da giocare passa subito al visitatore, che negli spazi completamente bianchi della Galleria  incontra opere accostate non per vicinanza storica, ma per analogie, collegamenti, rimandi, affinità, buon (o problematico) vicinato.
Un imponente ipertesto navigabile in grandezza naturale che, in ogni sala, invita a decifrare i nessi fra le opere che lo compongono. La linea diritta della storia che scorre da un prima a un dopo è messa da parte e il suo posto è preso dall’idea della compresenza e dell’intreccio.
Del resto, la citazione della tragedia di Shakespeare, “Time is out of joint”, è anche il titolo di un racconto distopico dello scrittore statunitense Philip K. Dick. Pubblicato nel 1959, il racconto (tradotto in italiano come Tempo fuori luogo e Tempo fuor di sesto) è uno straordinario trattato sulla natura della realtà.
In una cittadina americana, in un periodo che somiglia alla fine degli anni ’50, il protagonista è il campione di un concorso a premi, in cui bisogna indovinare in quale zona di una mappa quadrettata apparirà un omino verde. È un gioco. O almeno così sembra, fino a quando alcuni indizi portano il protagonista a dubitare che la normalità della sua vita quotidiana (compreso il concorso) sia autentica. Dettagli fuori posto, brevi allucinazioni, elenchi telefonici anacronistici: la realtà è in sincrono con chi la percepisce? è un continuo compatto, consecutivo e condiviso? o non presenta invece delle crepe – non visibili a tutti nello stesso modo e momento – attraverso cui trapelano segnali dal passato o dal futuro, strati di altri tempi?
Questa seconda mostra nella Galleria Nazionale mette decisamente in opera l’idea dello scardinamento dei tempi e del loro riversarsi nel presente.
Ogni sala si presenta  a sua volta come una mostra a tema, un’arena di collegamenti, un invito a decifrare gli indizi che collegano due o più epoche distanti, richiamate nell’attualità dello stesso luogo e del visitatore che vi si trova in quel momento. Ogni opera una porta d’uscita e d’ingresso nel tempo di chi la guarda e la ricolloca; ogni gruppo di opere un nodo di reti orizzontali e diacroniche.

Roma, Galleria Nazionale: Canova, Pascali, Penone. Ph: Stella Bottai

Roma, Galleria Nazionale: Canova, Pascali, Penone. Ph: Stella Bottai

Questo tipo di disposizione è una sfida per la didattica e anche un invito a nozze per progettare quella che attualmente si chiama gamification, cioè l’applicazione di forme di gioco in contesti non ludici.
Quanti gradi (o quadri) di separazione dividono un’opera dall’altra? per quali vie sono arrivate vicine, attraversando la storia, la rilettura critica, l’immaginazione letteraria, la serendipity? (un gioco simile è stato proposto alla Gnam nel 2015 in occasione dei Giochi di Sala).
E un gioco d’artista partecipativo è effettivamente già in corso alla Galleria Nazionale: si tratta del Museum Beauty Contest, un concorso di bellezza fra le più belle figure femminili e maschili rappresentate nelle opere della Galleria; inventato dall’artista Paco Cao, coinvolge il pubblico per diversi mesi, fino alla finale nel marzo 2017.
Ma questa proposta di disposizione è un invito a nozze anche per la progettazione di realtà aumentate che raccontino – oltre alla vita delle opere – anche le forme delle precedenti sistemazioni delle sale o per il rilascio di app (o l’avvio di laboratori) che consentano di ricreare una propria parziale configurazione temporanea. Ritrovare il pavimento specchiante di Alfredo Pirri che introduceva nella Gnam, ricostituire le quadrerie, spostare, ricombinare, fermare una configurazione.
Il tempo come linea, il tempo come cerchio, il tempo come rete, il tempo come blocco dove tutto continua ad avvenire nel momento in cui lo si racconti di nuovo, emergono come artifici paralleli di rappresentazione.

Antonella Sbrilli (@asbrilli)