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Oggi
campane, fine dell'anno, Fitzgerald, Kawabata, treno, viaggio
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Oki era l’unico viaggiatore in quel vagone. Sprofondato nel sedile, guardava distratto la poltrona sull’altro lato, che continuava a girare su se stessa. Non che girasse sempre nella medesima direzione o con la medesima velocità. Accelerava, rallentava, si arrestava di tanto in tanto e a volte rimaneva completamente immobile per qualche minuto, poi riprendeva a girare nella direzione opposta. Guardando la poltrona che girava da sola nel vagone deserto Oki sentiva affiorare la solitudine stagnante in fondo al suo cuore, dove continuavano a fluttuare pensieri incerti. Era il ventinove dicembre. L’anno stava per finire. Oki aveva preso il treno perché voleva sentire il suono delle campane a Kyoto, nell’ultima notte dell’anno
Yasunari Kawabata, Bellezza e tristezza, 1965, tr. it. A. Suga, Einaudi 1983, p. 3
A due giorni dalla fine dell’anno, il celebre scrittore Oki sta viaggiando sul treno per Kyoto. Tutti gli anni, per capodanno, la radio trasmette i rintocchi delle campane di Kyoto e Oki vuole sentirli dal vivo. Ma non solo per questo ha intrapreso il viaggio. A Kyoto vive una donna con cui molti anni prima ha avuto una relazione, quando lei era una sedicenne e lui un uomo sposato. La storia era finita male, con un bambino nato morto e un tentativo di suicidio della ragazza. Dopo quella vicenda, Oki aveva pubblicato un libro di grande successo. Ora vuole rivedere la donna, che fa la pittrice e vive nel recinto di un tempio buddista. Per questo è sul treno, il 29 dicembre, mentre viene buio presto e il monte Fuji appare all’orizzonte.
Dicono del libro
Dicono del libro
“L’arte, la contemplazione della natura, il mondo dei giovani, la fragilità dei sentimenti, l’omosessualità. Ma come in tutti i libri di Kawabata il senso nascosto è lo spietato incalzare del tempo”.
(Dalla scheda del libro nel sito Einaudi)
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Oggi
calcolo dei giorni, Ferrante, Kawabata
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La donna cominciò a contare sulle dita. Continuò a contare per un poco.
– Cosa state contando? – egli domandò. Ma ella continuava a contare.
– Era il 23 maggio.
– State contando i giorni, vero? Non dimenticate che luglio e agosto sono due mesi lunghi uno dopo l’altro.
– È il centonovantanovesimo giorno. Esattamente centonovantanove giorni.
– Come ricordavate che era il 23 maggio?
– Non ho che da guardare nel mio diario.
– Tenete un diario?
– È sempre divertente leggere un vecchio diario. Ma io non nascondo niente quando lo scrivo, e talvolta mi vergogno io stessa a rileggerlo
Yasunari Kawabata, Il paese delle nevi, 1934-1947, tr. it. L. Lamberti, Sawa Nakamura Deangelis, Einaudi, Torino, pp. 39-40
Dalla città di Tokyo, Shimamura è tornato in una località termale sui monti. Nell’albergo ritrova Komako, una geisha conosciuta in un suo precedente soggiorno alle terme, esattamente 199 giorni prima, il 23 di maggio. Tanto è importante la cognizione del tempo per la donna, che nei suoi diari annota a matita, su due colonne, tutto quello che le accade, dal mattino fino al momento in cui si addormenta. Anche l’uomo, complice l’atmosfera sospesa del viaggio e della montagna, si trova a riflettere sul passato e si domanda se “il fuggevole paesaggio non si potesse intendere come un simbolo del trascorrere del tempo”.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Scritto nel 1934, ma completato solo nel 1947, mostra al suo meglio l’arte sottile di Kawabata, poeta dei sentimenti che innesta sulla linea classica dei poemi seicenteschi del suo paese le suggestioni che gli vengono da una appassionata frequentazione della cultura occidentale. Il ‘paese delle nevi’ è il paradiso terrestre sulla costa occidentale della maggior isola del Giappone, dove la neve è alta quindici piedi, e sorgono terme squisite, e delicati luoghi di villeggiatura. In questa scena si dipana la storia di Shimamura, ricco e raffinato esteta, e di Komako, geisha delle terme.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)
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