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Oggi
Landolfi, primavera, Roussel, Shiel
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Well, again came Christmas, the New Year—Spring: and on the 22nd May I set out with a well-stocked kayak. The water was fairly open, and the ice so good, that at one place I could sail the kayak over it, the wind sending me sliding at a fine pace
Matthew P. Shiel, The Purple Cloud, 1901
Infine ritornarono Natale, Capodanno… la primavera, e il 22 maggio lasciai l’isola con il kayak carico di provviste; il mare appariva ormai piuttosto sgombro, e il ghiaccio era così levigato, che a un certo punto riuscii a farci scivolare sopra l’imbarcazione, spinto abbastanza velocemente dal vento
Matthew P. Shiel, La nube purpurea, 1901, tr. It. R. Wilcock, Adelphi, 1967, pp. 65-66
175 milioni di dollari sono il premio che verrà assegnato al primo uomo che raggiungerà il Polo Nord, i 90° gradi di latitudine. La solida nave Boreal si è messa in viaggio con diciassette uomini di equipaggio, fra cui il medico Adam Jeffson, esperto di botanica e meteorologia. La spedizione è in viaggio da più due anni e sono accaduti diversi fatti inquietanti, fra i quali è difficile distinguere quali siano allucinazioni: aurore boreali, presenze animali, colonne di ghiaccio intorno a cui pare di vedere una scritta in caratteri misteriosi e addirittura “una lunga data”. Ma il fenomeno più strano è un vapore purpureo profumato di peschi che accompagna l’esplorazione di Adam Jeffson, rimasto via via solo, in mezzo a distese di ghiaccio coperte di carcasse di animali. Il 22 maggio, piena primavera, si avventura col suo kayak sulla strada del ritorno, piena di sorprese apocalittiche.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Pubblicata nel 1901, riscoperta una prima volta, in America, nel 1928 – quando si arrivò a pubblicare quattro romanzi di Shiel nello stesso giorno – e poi nel 1948, La nube purpurea è senza dubbio il capolavoro di M. P. Shiel, la cui opera è stata esaltata da scrittori quali Arnold Bennett, Hugh Walpole, H. G. Wells, Dashiel Hammett.”
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Oggi
Colette, Consolo, Landolfi, Tasso
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Il primo maggio deposi davanti all’altare della Madonna un fascio di lillà, camomille e rose, come le mie compagne di catechismo, e tornai a casa tutta fiera dei miei “fiori benedetti”. Mia madre fece la sua risatina irriverente e guardò il mio mazzo che attirava i maggiolini in salotto, fin sotto la lampada: “Credi che non lo fossero, prima?”. Non so da dove le venisse la sua distanza da ogni forma di culto. Avrei dovuto chiederglielo.
Colette, Sido, 1930, tr. it. A. Bassan Levi, Adelphi, 1989, p. 31
La protagonista di questo racconto è Sido, la madre della scrittrice Colette, che la presenta esperta conoscitrice della vita delle piante e adepta di una religione naturale tutta sua. Nella campagna francese, alla fine dell’Ottocento, questa donna si orienta nel tempo – non solo atmosferico – seguendo il comportamento degli alberi e degli animali, dei venti, del terreno e di ogni dettaglio della natura. Anche i giorni, in questa visione del mondo, sono liberi dai riti e dagli obblighi di qualunque religione ufficiale.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Pubblicato nel 1930, quando Colette da qualche anno ripercorreva in racconto la sua vita dalla parte dell’infanzia e della madre – con La casa di Claudine e La nascita del giorno – Sido segna il culmine di questo ‘ritorno su se stessa’ e insieme l’occasione per disegnare con una sola, magistrale linea il ritratto della persona che forse ha contato più di ogni altra nella vita di Colette: la madre.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Adelphi, op. cit.)