5 Marzo

5 marzo 2025

« »

[… ]me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem. Adsum tuos miserata casus, adsum favens et propitia. Mitte iam fletus et lamentationes omitte, depelle maerorem; iam tibi providentia mea inlucescit dies salutaris.Ergo igitur imperiis istis meis animum intende sollicitum. Diem, qui dies ex ista nocte nascetur, aeterna mihi nuncupavit religio, quo sedatis hibernis tempestatibus et lenitis maris procellosis fluctibus navigabili iam pelago rudem dedicantes carinam primitias commeatus libant mei sacerdotes. Id sacrum nec sollicita nec profana mente debebis opperiri.
Nam meo monitu sacerdos in ipso procinctu pompae roseam manu dextera sistro cohaerentem gestabit coronam. Incunctanter ergo dimotis turbulis alacer continuare pompam mea volentia fretus et de proximo clementer velut manum sacerdotis osculabundus rosis decerptis pessimae mihique iam dudum detestabilis belvae istius corio te protinus exue.

Apuleius, Metamorphoseon libri (Asinus aureus), XI, 5-6

 

“Iside mi chiamano, Iside regina. Sono qui, ora, dopo tutte le tue miserabili avventure – ci sono io ora, benevola, propizia. Basta con i pianti, dimentica i lamenti, scaccia la tristezza! Invece sta’ attento, attento a quanto ti ordino. Il giorno che nascerà proprio da questa notte, da sempre mi è sacro. Questo, sì, è il giorno in cui si placa il tempo d’inverno, in cui le tempeste d’onde del mare si quietano, in cui sulla calma distesa marina ora possono correre le navi e una nuova nave mi dedicano i miei sacerdoti, con tutto il suo carico di primizie. Questo giorno sacro tu devi attendere, senza ansia, sereno, fidandoti di me. Ci sarà un sacerdote in testa al corteo, e porterà un serto di rose in mano, insieme al sistro. Non esitare scosta la folla e, rapido, avvicinati al sacerdote, per baciargli la mano; strappagli le rose e, subito, ecco che sei libero della pelle di questa orribile bestia, odiosa da tempo anche a me” 

Apuleio, L’asino d’oro o Metamorfosi, XI, 5-6, traduzione di Monica Centanni

Il 5 marzo è, nel racconto di Apuleio, il giorno della liberazione di Lucio dalle sembianze d’asino in cui l’aveva imprigionato un incantesimo venuto male.
Dopo innumerevoli avventure, incontri, storie nelle storie (fra cui quella, bellissima, di Amore e Psiche), nell’XI libro dell’Asino d’oro o Metamorfosi – grazie all’intervento della dea Iside – Lucio ritorna finalmente se stesso. Il 5 marzo è la festa di Iside, la dea che percorre il mondo per rimettere insieme i pezzi sbranati del figlio Osiris, e infine riesce nell’impresa, inaugurando il culto misterico che dall’Egitto si diffonde in tutto il mondo ellenistico e romano. A Roma il 5 marzo è la festa del Navigium Isidis – il corteo al seguito di una nave ornata di fiori e di primizie che sfilava sul Tevere in mezzo a una folla mascherata e festosa, a festeggiare la fine dell’inverno e la rinascita della natura. Su quella festa guidata da un ‘currus navalis’ si sovrimporrà il calendario cristiano con il ‘carnevale’ che precede l’attesa della Pasqua di resurrezione. È questo, scrive Apuleio, un “giorno sereno, pieno di sole, tanto che gli uccelli rallegrati dal tepore primaverile si mettono dolcemente a cantare, festeggiando anch’essi con tutta la loro gioia la madre degli astri, la signora delle stagioni, la regina di tutto l’universo”. (m.c.)

Dicono del libro
Dicono del libro
“Più che alle opere oratorie e filosofiche la gloria di Apuleio è naturalmente affidata al suo romanzo: Metamorfosi o Asino d’oro (…) Composto nella piena maturità, il romanzo, in 11 libri, è intitolato nella tradizione manoscritta Metamorphoseon libri, cioè ‘Libri delle trasformazioni, delle metamorfosi’ o semplicemente ‘Metamorfosi’, ma fin dall’antichità è noto anche con il titolo, che secondo Sant’Agostino risalirebbe ad Apuleio stesso, di Asinus aureus, ‘Asino d’oro’, dove non sappiamo se l’epiteto aureo sia riferito al pregio letterario o all’utilità edificante dello scritto o se non indichi invece che l’asino di cui si tratta è una creatura eccezionale, un asino dotato di ragione”
(Federico Roncoroni, dall’introduzione all’ed. Garzanti, Milano 1974)

Continue reading “5 Marzo” »

Polvere innamorata

Silvia Veroli

Febbraio è mese, lo sa chi ha avuto figli piccoli, il mese della febbre, ma anche il mese più formidabile di tutti, tra Acquario e Pesci, specie quando, come quest’anno, strafà e offre un giorno in più, quel 29 nascosto nel calendario in cui è nato Rossini, altro mattacchione e gaudente.

È il mese dei travestimenti, dei ribaltamenti, delle messe in scena: è il mese di Sanremo e di San Valentino. Tra i due, nel febbraio 2024, c’è stato il compleanno di Darwin, un loico stretto tra pop e “cute” che rendono difficile ma non impossibile credere ancora nell’evoluzione.

È il mese del Capodanno cinese, dell’anticipo di primavera che all’improvviso si manifesta in filigrana tra l’odore di fritto e zucchero a velo, un sentore floreale e di viriditas, il fresco verde di Hildegarda di Bingen, che fa capolino e poi sparisce nel freddo, come uno scherzo di carnevale, un campione omaggio di bella stagione, e torna a metà marzo.

Nel 2024 a febbraio il giorno del Santo dell’amore, che negli States è il sentimento verso tutti gli affetti, coincide col Mercoledì delle Ceneri. Sarebbe interessante soffermarsi sul giorno del Mercoledì tout court, divenuto popolare grazie alla ribalta, anch’essa funeraria, conferitogli dalla serie dedicata alla giovane Addams, il feriale perfettamente al centro della sequenza dei cinque. “È già mercoledì e io no” è il bellissimo titolo di una raccolta di testi di Alessandro Bergonzoni.
Tornando all’inizio Quaresima.
“Memento homo qui pulvis es”, ci ricordano il sacerdote e i gatti, come vengono chiamati i batuffoli di polvere che si rincorrono sotto i mobili di casa.

La coincidenza quest’anno delle due ricorrenze, Eros e Thanatos per andare alle spicce, addolcisce l’una e rende meno melensa l’altra. E rimanda alla polvere innamorata di un poeta,  spagnolo e barocco  Francisco de Quevedo Villegas, che l’ha celebrata nel Seicento così:

Alma a quien todo un dios prisiòn ha sido,                       
venas que humor a tanto fuego han dado,
medulas que han gloriosamente ardido,                           

su cuerpo dejaràn, no su cuidado;
seràn ceniza, màs tendrà sentido;
polvo seràn, mas polvo enamorado.                                   

Un’anima che ha avuto un dio per carcere,
vene che a tanto fuoco han dato umore,
midollo che è gloriosamente arso,                                                  
il corpo lasceranno, non l’ardore;
anche in polvere avranno un sentimento;
saranno polvere, ma polvere innamorata.

Silvia Veroli, 14 febbraio 2024