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Abyss, capricorno, Conrad, Miller, Natale, Saturn
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If I were to believe in the stars I should have to believe that I was completely under the reign of Saturn. Everything that happened to me happened too late to mean much to me. It was even so with my birth. Slated for Christmas I was born a half hour too late. It always seemed to me that I was meant to be the sort of individual that one is destined to be by virtue of being born on the 25th day of December, Admiral Dewey was born on that day and so Jesus Christ… perhaps Krishnamurti too, for all I know. Anyway that’s the sort of guy I was intended to be.
Henry Miller, Tropic of Capricorn, 1939
Se credessi nelle stelle dovrei credere che io fossi proprio sotto l’influenza di Saturno. Tutto quel che mi succedeva era troppo tardi per significare qualcosa. Fu così anche la mia nascita. Fissato per Natale, venni al mondo con mezz’ora di ritardo. Parve sempre a me che io dovevo essere il tipo di individuo che uno è destinato a diventare per esser nato il 25° giorno di dicembre. L’ammiraglio Dewey nacque in quel giorno, e così Gesù Cristo… forse anche Krishnamurti, ch’io sappia. Comunque questo ero il tipo che io dovevo essere
Henry Miller, Tropico del Capricorno, 1939, tr. it. L. Bianciardi, Feltrinelli 1987, p. 67
In Tropico del Capricorno, romanzo largamente autobiografico che prende il titolo dal segno zodiacale di questo periodo, lo scrittore americano Henry Miller (nato il 26 dicembre del 1891), si presenta sotto le spoglie del protagonista della storia. Un giovane inquieto e contraddittorio, che guarda spietatamente dentro di sé mentre vive, negli anni Venti, a New York, impiegato nell’ufficio del personale della Cosmodemonic Telegraph Company. In questa pagina il discorso cade sulla data di nascita, giorno fatale che può segnare tutto il destino futuro, delle persone comuni, come dei grandi della storia e della religione, Gesù compreso.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Miller ha affermato più d’una volta che il Tropico del Capricorno è la sua opera più importante, e molti critici lo considerano il suo capolavoro. le origini del libro sono antiche; racconta lo stesso Miller : ‘Nell’anno 1927, mentre ero ancora in America. e mi immaginavo di avere, come Abelardo, sofferto più dolorosamente di qualche comune mortale, stesi il piano per un grosso libro della mia vita che mi proponevo di scrivere un giorno. Ma fu solo nel 1938, a Parigi, che il primo frammento di quell’opera – l’inizio di una serie di romanzi autobiografici – apparve. Lo chiamai Tropico del Capricorno“.
(dalla Notizia nell’ed. Feltrinelli, op. cit.)
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Natale, tempo ciclico, twitter
“Eccoci, siamo nel punto più lontano possibile dal prossimo Natale. M’aspetto da un momento all’altro la chiamata di mamma per i regali 2014” ha scritto @carlogabardini in un tweet, nel pomeriggio del 25 dicembre. E molti altri tweet (di @quasiblu, @manlioprimo, @_heyjade) sottolineano che il giorno 26 dicembre ci si trova nel momento più distante dalle prossime feste.
Quasi un secolo fa, lo scrittore tedesco Thomas Mann nel romanzo La montagna incantata (o La montagna magica, secondo una nuova traduzione)così aveva raccontato il 26 dicembre, secondo giorno delle feste natalizie, che contemporaneamente fa sprofondare il Natale nel passato e lo proietta nel futuro:
“Il secondo giorno delle feste natalizie non si distinse altrimenti dagli altri comuni della settimana se non per una lieve consapevolezza della sua presenza, e quando esso fu finito il Natale apparteneva ormai al passato, o per dire più esattamente, apparteneva ad un lontano futuro, ad un futuro di un anno. Mancavano ancora dodici mesi fino al punto in cui esso nel suo ciclo si sarebbe rinnovato…”.
(Thomas Mann, La montagna incantata, 1924, tr. it. B. Giachetti-Sorteni, dall’Oglio editore, vol. I, pp. 320-321)
Eccoci.
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Cornell, dono, festività, Natale, Sbrilli, tempo
Uno dei più grandi artisti americani, Joseph Cornell (1903-1972), è celebre per la sua produzione di collage di immagini e film e soprattutto per le scatole di legno chiuse da un vetro, in cui oggetti trovati (pipe d’argilla, piume, conchiglie, spirali, carte geografiche) compongono degli assemblaggi affascinanti e densi di significati. Cornell non era solito datare le sue opere e aveva una concezione del tempo – mutuata anche dalla sua appartenenza alla setta della Christian Science – che va sotto il nome di eterniday, parola-valigia che fonde insieme l’eternità e la quotidianità, l’effimero e il senza tempo. A un periodo dell’anno però Cornell era particolarmente sensibile: i giorni intorno a Natale. Nato il 24 dicembre, Cornell amava l’atmosfera natalizia, sia nella sua casa di Utopia Parkway (Flushing, New York), sia a Manhattan, dove si recava nelle sue derive quotidiane, in cerca – come scrive Charles Simic ne Il cacciatore di immagini – di quegli “oggetti ancora sconosciuti che vanno insieme” e che, una volta riuniti, faranno un’opera d’arte. Cornell cercò sempre, per quanto possibile, di far coincidere le mostre delle sue opere con il Christmastime, ricorrenza della sua nascita, periodo di memorie e aspettative, tempo di regali, che sono – come le sue scatole e i suoi collage – il risultato di una ricerca e di una scelta accurata.
Al senso del Natale si collegano molti temi nell’opera di Cornell: il richiamo ai giocattoli, alle sorprese, ai dolciumi, l’uso delle miniature, l’estetica della meraviglia e soprattutto, l’infanzia. L’infanzia intesa non tanto come stato di innocenza, quanto di assoluta interezza dei significati, “quando una bilia che rotola su un parquet appare portentosa come il passaggio di una cometa” (Ashbery).
Un delle ultime mostre di Cornell si tenne, solo per bambini, alla Cooper Union School of Art and Architecture (New York) nel 1972, l’anno in cui l’artista sarebbe morto, il 29 dicembre. (Antonella Sbrilli @asbrilli)