28 Maggio | Der achtundzwanzigste Mai

28 maggio 2024

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Der achtundzwanzigste Mai!
In diesem Augenblick schlug die Turmuhr halb acht, der Herr Postdirektor trat ein, seine Sporen klirrten leise und übermütig, sie kicherten, und der Herr Postdirektor ging feierlich an den Wandkalender und enthüllte den neuen Tag. Erst jetzt war’s der achtundzwanzigste Mai geworden!
Dieser achtundzwanzigste Mai wurde einer der wichtigsten Tage meines Lebens. Ich beschloß nämlich abzureisen.

Joseph Roth, April. Die Geschichte einer Liebe, 1925

Link per leggere la novella in tedesco

“Il 28 maggio!
In quell’istante l’orologio della torre batté le sette e mezzo e il signor direttore delle poste fece il suo ingresso: gli speroni tintinnarono lievi e insolenti, quasi ridacchiavano, ed egli andò solenne verso il calendario e scoprì il nuovo giorno. Ora soltanto era il 28 maggio!
Questo 28 maggio divenne uno dei giorni più importanti della mia vita. Decisi infatti di partire”

Joseph Roth. Aprile. Storia di un amore, tr. it. in Il mercante di coralli, Adelphi, Milano 1981, ed. digitale 2018

Novella breve di Joseph Roth, Aprile. Storia di un amore (1925) racconta in prima persona il soggiorno del narratore in una piccola città di provincia. Mentre intrattiene una relazione con Anna, cameriera dell’hotel dove alloggia, e madre di un bimbo avuto da un uomo sposato, il narratore si innamora  di una ragazza che vede affacciarsi dalla finestra della casa sopra l’ufficio postale. Incapace di cogliere l’occasione di presentarsi alla fanciulla che gli viene descritta come molto malata; incerto se restare o partire, il narratore prende la decisione di lasciare la città il 28 maggio. La data occupa, nel racconto, un posto consistente, legato a un rito che si svolge quotidianamente nel caffè della città dove, ogni mattina, il direttore delle Poste strappa il foglietto della data da un grande calendario a parete: “il signor direttore strappava via da decenni i vecchi giorni e scopriva i nuovi, con riguardo e umiltà, non come un Dio, ma come un servo di Dio”.
Quella mattina, però, un commesso viaggiatore, dopo colazione, “andò al calendario appeso al muro e strappò, risoluto, la data del giorno prima, quasi che con quel gesto creasse l’oggi, il nuovo giorno, superbo e possente come un Dio”.
Il narratore si preoccupa per il direttore delle Poste che, entrando di lì  a poco, “avrebbe guardato sgomento il calendario al muro, si sarebbe confuso con i giorni della settimana e le date e non avrebbe più capito il mondo”.
Per questo si dà da fare a raccogliere, lisciare e riattaccare il foglietto in tempo per l’arrivo del direttore, in tempo per la ripetizione del rito che sancisce l’arrivo di quel ventotto maggio.
Joseph Roth sarebbe morto a Parigi nel 1939, quattordici anni dopo la pubblicazione della novella, il 27 maggio, che è la data del “giorno prima”, il giorno del foglietto staccato e riattaccato sul grande calendario a muro del caffè.

 

 

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11 Maggio

11 maggio 2024

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Aprì il giornale. “Un atto di pirateria flagrante veniva consumato l’11 Maggio mercé lo sbarco di gente armata alla marina di Marsala. Posteriori rapporti hanno chiarito esser la banda disbarcata di circa ottocento, e comandata da Garibaldi. Appena quei filibustieri ebbero preso terra evitarono con ogni cura lo scontro delle truppe reali, dirigendosi per quanto ci viene riferito a Castelvetrano, minacciando i pacifici cittadini e non risparmiando rapine, devastazioni… etc. etc….” 
Il nome di Garibaldi lo turbò un poco. Quell’avventuriero tutto capelli e barba era un mazziniano puro. Avrebbe combinato dei guai. “Ma se il Galantuomo lo ha fatto venire quaggiù vuol dire che è sicuro di lui. Lo imbriglieranno.”
Si rassicurò, si pettinò, si fece rimettere le scarpe e la redingote. Cacciò il giornale in un cassetto

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1957 (1958 post.), ed. cons. Feltrinelli, 1993, pp. 54-44

L’11 maggio del 1860, le due navi partite da Quarto, con a bordo i Mille volontari al comando di Garibaldi, sono approdate a Marsala. È l’inizio della fine del Regno delle Due Sicilie. Nella sua villa presso Palermo, il Principe Fabrizio Salina apprende la notizia dello sbarco dal giornale che gli viene portato nel pomeriggio e riflette con lucido disincanto su quello che sta per accadere. Si è appena svegliato dal sonnellino, dopo il pranzo di famiglia, concluso con gelatina al rhum e vino, proprio di Marsala. La vicenda narrata dal Gattopardo inizia nel maggio del 1860, e termina nel maggio del 1910: cinquant’anni durante i quali la Sicilia diventa parte del Regno d’Italia, l’Italia diventa uno stato unitario e tutto si trasforma senza cambiare.

 

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25 Settembre

25 settembre 2023

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Lo sapevo, Eccellenza, lo sapevo. Sono stati visti baciarsi Martedì 25 Settembre, la vigilia della partenza di don Tancredi; nel vostro giardino, vicino alla fontana. Le siepi di alloro non sempre sono fitte come si crede. Per un mese ho atteso un passo di vostro nipote, e adesso pensavo già di venire a chiedere a Vostra Eccellenza quali fossero le intenzioni di lui

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1958 (post.), Feltrinelli 1993, p.119

Garibaldi è sbarcato in Sicilia, e l’Italia sta diventando una nazione, mentre a Donnafugata, nel giardino del palazzo di Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, qualcuno osserva due giovani che si baciano. È un 25 settembre che sembra ancora estate e i due sono Tancredi Falconieri, nipote del Principe, e Angelica, bellissima figlia di Calogero Sedara, la cui recente fortuna è frutto di traffici e speculazioni. Il bacio è la prova che suggella l’unione delle due famiglie, un patto matrimoniale fra l’antica nobiltà e la nuova ricchezza, sotto lo stemma azzurro in cui campeggia il Gattopardo.

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L’attrazione del 5 di agosto

L’attrazione del 5 di agosto: Ettore Majorana e Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
È stato lo storico dell’arte Mario Ursino (1944-2019) ad avvicinare la figura del fisico Ettore Majorana, scomparso senza lasciare traccia nel 1938, al racconto La Sirena, dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957).
Nel 2017, per ricordare l’autore del Gattopardo a sessant’anni dalla morte, Ursino pubblica un articolo denso di raffinati collegamenti fra letteratura, pittura, arti decorative, storia culturale della Sicilia e dell’Italia della prima metà del Novecento. Dopo aver ripercorso, come si legge nel titolo, la figura, le opere, i drammi, i misteri dell’esistenza di Tomasi di Lampedusa, Ursino dedica un’analisi ai riferimenti iconografici rintracciabili nelle sue pagine: descrizioni di sontuosi interni siciliani, dipinti incastonati nella narrazione, similitudini che rendono plastici i protagonisti delle vicende.
Oltre al Gattopardo, l’indagine tocca anche La Sirena, un racconto scritto nel 1956-57, a cui Tomasi teneva particolarmente. 
La vicenda del racconto inizia a Torino, nel 1938, quando il giovane giornalista Paolo Corbera di Salina conosce il senatore catanese Rosario La Ciura, illustre studioso di greco, autore di scritti da cui trapela un senso “quasi carnale dell’antichità classica”. Nel corso di alcuni incontri, il giovane raccoglie le considerazioni dell’uomo, i suoi ricordi nitidissimi della Sicilia dagli “inesauribili Agosti” e infine la narrazione di un evento prodigioso, risalente all’estate eccezionalmente calda del 1887.

L’allora ventiquattrenne Rosario La Ciura, già laureato in lettere antiche, si prepara al concorso per una cattedra universitaria di letteratura greca. Studia come un pazzo, nutrendosi di olive nere e caffè, e per salvarsi dal caldo infernale, si trasferisce nella casa di un amico, ad Augusta, in un paesaggio dove i libri di greco sembrano mettere in comunicazione il presente con il mito. Ed è nel mare di Augusta che il giovane studioso entra in contatto con la creatura che dà il titolo al racconto, la sirena Lighea. Emersa alla superficie per aver sentito il professore declamare versi nella sua lingua, la sirena stringe con l’uomo una relazione d’amore semidivina e, al momento di allontanarsi, lo invita a riunirsi a lei, quando vorrà, sporgendosi sul mare e chiamandola. 

Lo storico dell’arte fa trapelare, dietro e dentro le parole dello scrittore, una carrellata di sirene tardo-ottocentesche, di artisti come Sartorio, Böcklin, Klinger, fino a de Chirico. Proprio in chiusura del pezzo, Ursino aggiunge una sua considerazione inedita su “questo splendido racconto”: l’idea che “esso dovette essere stato ispirato anche dalla improvvisa scomparsa del giovane scienziato catanese Ettore Maiorana nel 1938”. 
A sostegno, Ursino riporta una testimonianza del figlio adottivo di Tomasi di Lampedusa, Gioacchino Lanza Tomasi, che ricorda quanto lo scrittore fosse rimasto colpito dalla scomparsa di Majorana, tanto da fissare l’inizio del racconto in quel fatidico – e per tanti versi infausto – anno 1938. 
Ricercatore di straordinarie capacità, laureatosi nel 1929 con Enrico Fermi con una tesi su La teoria quantistica dei nuclei radioattivi, Majorana fece parte del gruppo di scienziati dell’Istituto di Fisica di via Panisperna a Roma, per poi allontanarsene.
Sulla sua sparizione, avvenuta fra la partenza e l’arrivo di un viaggio per mare da Palermo a Napoli, un altro scrittore siciliano, Leonardo Sciascia, nel 1975, avrebbe scritto un libro-indagine che ne scandaglia le possibilità, così sintetizzate nell’edizione Adelphi del volume: “suicidio, come gli inquirenti dell’epoca vogliono far credere e lasciar credere, o volontaria fuga dal mondo e dai terribili destini che una tale mente può aver letto nel futuro della scienza?”. 
Lo storico dell’arte Mario Ursino vede una coincidenza fra il contesto della scomparsa di Majorana e la conclusione del racconto La Sirena, in cui il grecista La Ciura cade in mare dal transatlantico Rex mentre è in viaggio da Genova verso Napoli, senza che il suo corpo venga ritrovato.

A questa considerazione, non priva di radicamenti nella fisionomia geografica e nell’indole dei protagonisti, veri e finzionali, si può aggiungere un’altra coincidenza, collegata al tempo.
Nel racconto La Sirena c’è un crononimo, “un giorno narrato”, che risalta in modo speciale, tanto da essere associato – da alcuni anni – a eventi legati allo scrittore: per esempio il “Premio letterario internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa” si svolge annualmente a Santa Margherita di Belice nella prima settimana di agosto, proprio intorno a tale data.
Essa compare nel punto cruciale del racconto di Rosario La Ciura a Corbera, quando viene evocato l’incontro fra l’allora giovane professore e la creatura immortale: 

“E, a dir il vero, il sole, la solitudine, le notti passate sotto il roteare delle stelle, il silenzio, lo scarso nutrimento, lo studio di argomenti remoti, tessevano attorno a me come una incantazione che mi predisponeva al prodigio. Questo avvenne la mattina del cinque Agosto, alle sei”.

Se davvero lo scrittore rimase colpito dalle vicende di Majorana, è probabile che avesse notato anche la sua data di nascita, avvenuta a Catania, una domenica dell’inesauribile estate etnea: il 5 agosto 1906. 

Antonella Sbrilli 

 

Riferimenti:
Mario Ursino, Tomasi di Lampedusa a 60 anni dalla morte. La figura, le opere, i drammi e i misteri della sua esistenza, “About Art on Line”, settembre 2017
Le citazioni dal racconto La Sirena sono tratte da G. Tomasi di Lampedusa, I racconti, Feltrinelli, Milano 1993 (I ed. 1961)
Un’introduzione all’opera dello scrittore, a firma Gioacchino Lanza Tomasi, è riportata nell’edizione delle Opere, a cura di Nicoletta Polo, I Meridiani, Mondadori, Milano 1997
L’intervista di Antonio Gnoli a Gioacchino Lanza Tomasi, Tutti i fantasmi del Gattopardo sono qui a farmi compagnia, è apparsa sulla Repubblica, 12 ottobre 2014. 

L’immagine riproduce il disegno Il gentleman e la sirena di V’Eletti, china su carta, 1985