30 Aprile

30 aprile 2014

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Beatriz Viterbo morì nel 1929; da allora non lasciai passare un trenta d’aprile senza tornare alla sua casa. Solevo arrivare alle sette e un quarto e fermarmi un venticinque minuti; ogni anno comparivo un po’ più tardi e restavo un po’ di più; nel 1933, una pioggia torrenziale mi favorì: dovettero invitarmi a cena. Profittai, naturalmente, di quel buon precedente; nel 1934 comparvi alle otto suonate, con un torrone di Santa Fé; con tutta naturalezza rimasi a cena. Così, in anniversari melanconici e vanamente amorosi, ricevetti le graduali confidenze di Carlos Argentino Daneri. (…)
Il trenta aprile del 1941 mi permisi di aggiungere al torrone due bottiglie di cognac locale

  Jorge Luis Borges, L’Aleph, 1949, tr. it. F. Tentori Montalto, I Meridiani, Mondadori, 1985, vol. I, p.887, p. 888

La casa di calle Garay a Buenos Aires, dove ha abitato Beatriz Viterbo e dove continuano ad abitare dopo la sua morte il padre e il cugino Carlos Argentino Daneri, custodisce in cantina – sotto la stanza da pranzo – l’Aleph: un oggetto indefinibile che contiente tutti i punti dello spazio, mostrandoli senza sovrapposizioni in un unico gigantesco istante. L’Aleph è stato scoperto da Carlos Argentino Daneri, scrittore di noiosi poemi, che lo mostra a Borges, amico di famiglia, legato alla bella e fragile Beatriz. Beatriz, che è morta in un giorno di febbraio dell’estate australe, era nata il trenta di aprile e il Borges del racconto, per anni, continua a onorare questa data, come fa anche il Borges scrittore, che la sceglie in (almeno) altre due storie: Funes, o della memoria e La notte dei doni. 

Dicono del libro
Finzioni e L’Aleph – ha dichiarato – sono i miei libri migliori”
(dall’introduzione all’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Sapeva le forme delle nubi australi dell’alba del 30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata d’un libro che aveva visto una sola volta…”
Jorge Luis Borges, Funes, o della memoria

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“…Io potrei raccontarvi ciò che mi ha riservato una certa notte che ricordo assai spesso, quella del trenta aprile 1874…”
Jorge Luis Borges, La notte dei doni

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“…Che rapporto può esserci fra il comandare a bacchetta un’intera famiglia, l’indossare un abito nero e il 30 di aprile?…”
Stendhal, Il rosso e il nero


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“… Ar zalì per Viale Trenta Aprile / a lato de villette e de conventi / se po’ avertì quarcosa de sottile / che c’è nell’aria…”
Fabio Della Seta, Sur Gianicolo

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“…. Il 30 aprile una brezza ormai tiepida soffiava in un cielo azzurro e umido, fu quello un giorno di rinascita…”
Albert Camus, La peste (segnalazione di Ilaria Restivo)

29 Aprile

29 aprile 2014

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Il temporale lavò Mosca il 29 aprile, l’aria diventò soave, l’anima s’ammorbidì, e venne voglia di vivere.
Col mio nuovo vestito grigio e un soprabito abbastanza decente, camminavo per una delle vie centrali della capitale, diretto verso un luogo ove non ero ancora mai stato. La causa del mio spostamento era una lettera che avevo in tasca, e che mi era pervenuta improvvisamente

    Michail Bulgakov, Romanzo teatrale, 1965 (post.), tr. it. V. Dridso, Einaudi, 1975, p. 11

Da povero redattore del Messaggero della navigazione a scrittore di un romanzo che suscita l’interesse  di un regista teatrale, il protagonista di questo racconto passa per delusioni, esaltazioni, incontri con personaggi sfuggenti e situazioni grottesche. Ma all’inizio delle avventure, con in tasca la lettera di convocazione del regista della Scena-Studio del Teatro Indipendente, è contagiato dall’aria di quell’aprile: “fine dell’inverno, fine delle tormente, fine del freddo”, almeno per un po’, per il penultimo giorno del mese centrale della primavera, nelle strade di Mosca. 

Dicono del libro
“Un romanziere e drammaturgo d’ingegno al suo debutto, Maksudov, prima di mettere in atto i meditato suicidio, verga le sue memorie e le affida a un amico, che pubblicherà fedelmente l’opera del defunto, mettendovi di suo soltanto il titolo e la presentazione. Maksudov descrive il proprio mondo con piglio irriverente e con caustica intelligenza, ha un modo lucido di fissare gli uomini e i loro rapporti e possiede una saggezza intrisa di amarezza e di ironia. Il ‘prologo al suicidio’ di Maksudov introduce il lettore nell’ambiente bizzarro e colorito del Teatro d’Arte di Mosca.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il matrimonio – diss’egli  – si fa, pare, questa sera, ventinove aprile. Pare che il popolo vuol fare grandi
cose; musiche, fuochi d’artificio…”
Antonio Fogazzaro, Malombra

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“…Ogni anno, il 29 aprile, c’è una corrida e una fiera a Jerez de la Frontera…”
Ernst Hemingway, Morte nel pomeriggio (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… Montreal, 29 aprile 1959. Fin da quando sono tornato in città, me ne sono rimasto nel mio scantinato…”
Mordecai Richler, La versione di Barney (da Sandra Muzzolini @sandra_mzz)

28 Aprile

28 aprile 2014

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Quel mare che egli scorse dai pendii del monte Velebit, il ventotto aprile del 1935, per la prima volta nella vita, a venticinque anni, rimarrà per lui come una rivelazione, come un sogno che egli recherà in sé per circa quaranta anni con la medesima intensità, come un segreto, come una visione di cui non si parla con nessuno. Dopo tanti anni, non era più nemmeno sicuro se quel giorno avesse visto davvero l’alto mare o se si fosse trattato solo dell’orizzonte celeste, e l’unico mare reale sarebbe sempre rimasto per lui l’acquamarina delle carte geografiche, dove le profondità sono in azzurro scuro e i bassi fondali in azzurro chiaro

Danilo Kiš, Enciclopedia dei morti, 1983, tr. it. L. Costantini, Adelphi, 1988, p. 56

Nell’immaginario catalogo delle persone che hanno vissuto sulla terra e che non sono riportate in nessuna enciclopedia, la protagonista del racconto trova la scheda relativa a suo padre, morto da poco. È conservata nella Biblioteca di Stoccolma, nella stanza della lettera M.  In quella scheda, la vita del padre Marko è registrata nei più minuti dettagli, poiché “ogni uomo è un mondo a sé, tutto accade sempre e mai, tutto si ripete all’infinito e irripetibilmente”. Dai ricordi d’infanzia ai tanti giorni trascorsi a Belgrado, ogni avvenimento di quella esistenza è riportato con precisione e una data risalta in particolare: “il ventotto aprile del trentacinque, quando, per la prima volta nella sua vita, aveva scorto, da lontano, alle prime luci dell’alba, la distesa azzurra dell’Adriatico”.

 

Dicono del libro
“L’Enciclopedia dei morti di cui si parla nel racconto che dà il titolo al libro è un’opera in migliaia di volumi dove sono ammesse soltanto le voci riguardanti persone che non compaiono in alcun’altra enciclopedia. Vale a dire la massa sterminata degli ignoti, che qui si ritrovano raccontati in un ‘incredibile amalgama di concisione enciclopedica e di eloquenza biblica’ (…) Secondo le parola dell’autore, ‘tutti i racconti di questo libro nascono, in misura maggiore o minore, sotto il segno di un tema che chiamerei metafisico; a partire da Gilgamesh, la questione della morte è uno dei temi ossessivi della letteratura’”.
(dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Consultando i numeri arretrati del Times, ho scoperto che il Maggiore Sholto di Upper Norwood, ex-appartenente al 34° Fanteria di Bombay, è morto il 28 aprile 1882…”
Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro
(segnalazione e commento a cura di Roberto Ghisellini)

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“… Il caso straordinario che avvenne il 28 aprile in tribunale, dov’ero giurato, lo ha risvegliato…”
Leone Tolstoj, Resurrezione

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“…nel giorno di domenica 28 aprile 1931 di Nostro Signore, alle ore 16 precise, questi erano i Lattuada, i Perego, i Cavaggioni, i Trabattoni, i Berlusconi..”
Carlo Emilio Gadda, L’Adalgisa

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“… Palermo, 28 aprile 1897 Tutte le strade e tutte le piazze di Palermo erano ancora piene di sole e di gente…”
Sebastiano Vassali, Il cigno

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“… È domenica mattina, 28 aprile ’74, tre giorni e qualche ora dopo l’inizio della rivoluzione dei garofani…”
Marco Ferrari, Alla rivoluzione sulla Due Cavalli

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“… il 28 aprile 1989, un uragano scagliò in cielo la cucina di Chittagong, portandosi via tutto…”
Zadie Smith, Denti bianchi (segnalazione di Sandra Muzzolini)

27 Aprile

27 aprile 2014

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1758: La sua crescente notorietà presso la classe dominante gli procura un incarico della Regina di preparare “qualcosa di speciale” per un pranzo con l’Ambasciatore di Spagna. Egli sgobba notte e giorno eseguendo centinaia di prove e finalmente, alle 4 e 17 del mattino del 27 aprile 1758, annuncia una creazione consistente in più strisce di prosciutto racchiuse, sopra e sotto, tra due fette di pane di segale. E in un impeto di ispirazione guarnisce il capolavoro con della senape. Questo avvenimento provoca un’immediata sensazione e gli viene commissionata la preparazione dei pranzi del sabato per tutto il resto dell’anno

  Woody Allen, Saperla lunga, 1966, tr. it. A. Episcopi e C. Berberian, Bompiani 1973, p.60

Vita umoristica e immaginaria del vero conte di Sandwich, il cui nome è effettivamente legato al panino farcito. Tutte  le fasi della sua esistenza, trascorsa nel Settecento, vengono ricondotte al tema dello spuntino e della combinazione fra pane, roast-beef e prosciutto, fino ad arrivare alla mattina del 27 aprile, quando avviene l’invenzione che porta il suo nome, in qualche modo ancora collegata all’idea di velocizzare i pasti, guadagnando tempo per altre occupazioni.   

 

Dicono del libro
“Pubblicato per la prima volta nel 1966, Saperla lunga è il suo primo libro, una irresistibile raccolta di ‘pastiches’, di variazioni ‘alla maniera di…’ – come li ha definiti Umberto Eco – che nascono dagli ingredienti più diversi. I miti mutuati dai mass media, le mode e le idiosincrasie culturali dell’America degli anni Sessanta sono capovolti, svuotati, stravolti da una comicità che unisce humour yiddish, una vena di follia surreale e le personali ossessioni metafisiche di Allen.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Bompiani, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… erano stati insigniti dal re, uno del vescovado, l’altro del suo beneficio, nello stesso giorno, il 27 aprile 1785…”
Victor Hugo, I miserabili

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“…Si voltano verso piazza Navona e lei dice: Io non ho mai saputo. Abbiamo filmato le fontane il 27 aprile 1982 alle 11 di sera…”
Marguerite Duras, Scrivere

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“…noi pensavamo di venire il ventisette di aprile, ci sei a Bologna il ventisette di aprile?…”
Paolo Nori, Gli scarti

26 Aprile

26 aprile 2014

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E fu così che il 26 aprile 1878, James Murray venne finalmente invitato a Oxford per il primo incontro con i Delegati in persona. Lui vi era andato aspettandosi di esserne terrificato; loro immaginavano che sarebbero stati sprezzanti nei suoi confronti. Ma con piacere e sorpresa da parte di tutti, egli trovò che i grandi vecchi seduti nella sala riunioni della Oxford tutto sommato gli piacevano e, cosa più importante, anche a loro, come scoprirono presto, piaceva quell’uomo, e molto

Simon Winchester, L’assassino più colto del mondo, 1998, tr. it. C. Leardini, Mondadori, 1999, pp. 111-112

 

Una data centrale, il pomeriggio del 26 aprile del 1878, quando a Oxford parte il progetto del grande dizionario della lingua inglese, diretto da James Murray. Un invito a collaborare alla stesura del dizionario, segnalando parole e citazioni trovate nei libri, viene diffuso subito in tutta l’Inghilterra e una copia arriva anche nel manicomio criminale di Broadmoor, nella stanza di William Chester Minor. Medico statunitense, ex ufficiale dell’esercito, Minor –  qualche anno prima –  aveva ucciso un uomo senza motivo, in preda a manie di persecuzione. Dalla sua cella, con l’aiuto dei libri che poteva avere con sé, avrebbe scritto migliaia di schede per il dizionario, catalogando parole su parole, fino a diventare uno dei collaboratori più stimati da Murray che non può certo immaginare, quel pomeriggio di aprile, mentre attende l’esito della riunione di Oxford, che il dizionario si sarebbe intrecciato col destino di un omicida.  

 

Dicono del libro
“Dice una leggenda assai diffusa che una delle più straordinarie conversazioni della storia della letteratura moderna ebbe luogo ne 1896, in un pomeriggio tardo autunnale, freddo e brumoso, nel paesino di Crowthorne nella contea del Berkshire. Uno degli interlocutori del colloquio era nientemeno che il dottor James Murray, direttore editoriale dell’Oxford English Dictionary. Nel giorno in questione egli aveva percorso sessanta chilometri, in treno, da Oxford, per incontrare un personaggio enigmatico, il dottor William Chester Minor, uno dei più prolifici tra le migliaia di collaboratori volontari, le cui fatiche costituivano una colonna portante della creazione del dizionario”
(dalla Prefazione dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“Notte, o tu, che la estrema esser ne dei / Di servaggio, o di vita, il corso affretta!”
Vittorio Alfieri, La Congiura dei Pazzi (26 aprile del 1478)

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Monica Centanni, 26 aprile giorno di primavera: nozze fatali nel giardino di Venere. Una rivisitazione della lettura di Aby Warburg dei dipinti mitologici di Botticelli, Engramma n. 105

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“… 26 aprile (…) Così sia. benvenuta, oh vita! Vado a incontrare per la milionesima volta la realtà dell’esperienza…”
James Joyce, DedalusRitratto dell’artista da giovane

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“… Un anno fa, li ventisei aprile, un Gatto Nero fu trovato morto coll’occhi spalancati e er muso storto….”
Trilussa (segnalazione di @alegissi)

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“… Il sole splendeva su Guernica come una fiamma. Era il 26 aprile, non dimentichi la data, e correva l’anno 1937 dopo Cristo…”
Hermann Kesten, I ragazzi di Guernica

25 Aprile

25 aprile 2014

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L’orologio della chiesa batte due colpi: sono le due del mattino del 25 aprile 1974. E i rintocchi segnano il definitivo rientro nella realtà. È strano come certi suoni particolari si distinguano tra i rumori. Ora stanno per lasciarsi, per concludere il loro breve incontro segnato da una sciarpa e da una parola non detta. Vasco ha ancora la vista opaca e evanescente, la frizione delle pupille ha creato una cortina grigia, una nebulosa e confusa visione delle cose. La messa a fuoco si aggiusta, i toni dei colori e delle atmosphere tornano gradatamente alla normalità e, allora, il suo sguardo si sposta al profilo dell’uomo con la sciarpa, all’espressione dell’uomo al suo fianco, muto e assorto

Marco Ferrari, Alla rivoluzione sulla Due Cavalli, 1995, Sellerio (2001), p. 13

Data di liberazione, il 25 aprile, non solo per l’Italia del 1945. In Portogallo, quasi trent’anni dopo, sono i giorni della fine di aprile quelli in cui si consuma la rivoluzione contro il regime di Caetano, successore di Salazar. E mentre a Lisbona i militari depongono il dittatore, il giovane portoghese Vasco – a Parigi per diventare regista – è immerso nei film di Lubitsch e soprattutto di Truffaut, che incontra o immagina di incontrare nel cinema del Quartiere Latino, dove il racconto ha inizio nelle prime ore di giovedì 25 aprile 1974. Appena la radio gli porta le notizie di quello che sta accadendo nel suo paese, Vasco parte con un amico su una vecchia Citroen gialla; attraversa la Francia e la Spagna ancora franchista e arriva “nel cuore di Lisbona, nel cuore delle speranze” , alla vigilia del primo maggio, quando le grandi manifestazioni di piazza sono già un racconto. 

Dicono del libro
“La «rivoluzione dei garofani», quella con cui i militari portoghesi abbatterono il regime salazarista in Portogallo, fu forse l’ultima rivoluzione romantica. Una generazione di giovani poté credere di specchiarvisi, di riaccendersi di entusiasmo per la storia. Eppure manca di una letteratura pari al fermento di spiriti che suscitò, forse per le venature a volte quasi caricaturali che quel fermento conserva nel ricordo di quei giorni non abbastanza lontani. Alla rivoluzione sulla Due Cavalli racconta un frammento dell’avventura che tanti giovani vissero – Victor e Vasco, due giovani portoghesi studenti a Parigi cercano di raggiungere Lisbona inseguendo la canzone dei ribelli: «Grândola, Vila Morena, terra da fraternidade», vivendo lungo il tragitto avventure in ogni luogo e in ogni incontro (poiché l’avventura è più grande quante più cose vena di avventuroso).”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Dantès ubbidì; i due frammenti accostati davano l’insieme seguente: Oggi 25 aprile 1498…”
Alexandre Dumas, Il Conte di Montecristo

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“… Già alla fine di marzo (oggi è il 25 aprile del fatale 1945) la nostra resistenza in Occidente sta evidentemente dissolvendosi…” Thomas Mann, Doctor Faustus

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“… 25 aprile. Sembra così americano che qui le viti crescano in forma di cespugli…”
Susan Sontag, In America (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… sarò lì per la Strabologna podistica del venticinque aprile…”
Pier Vittorio Tondelli, Pao Pao

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Vinicio Capossela, 25 aprile

24 Aprile

24 aprile 2014

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È difficile enumerare gli ingredienti della poltiglia che Stëpa aveva nella testa. C’era la diavoleria con il berretto nero, la vodka gelata e l’incredibile contratto e, oltre a tutto, per gradire, anche il sigillo sulla porta! […] Dopo il ricordo dell’articolo, arrivava il ricordo di una conversazione ambigua svoltasi la sera del 24 aprile, proprio nella sala da pranzo, mentre Stëpa e Michail Aleksandrovič cenavano. In verità, la conversazione non si poteva definire ambigua nel senso pieno della parola (altrimenti Stëpa non ci si sarebbe avventurato): era una conversazione su un argomento inutile. Era una conversazione, cittadini, che si sarebbe potuto evitare di cominciare

Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita, tr. it. M. Crepax, Feltrinelli 2011, p. 130

Stëpa,  il direttore del teatro Variété di Mosca, svegliatosi con un gran mal di testa, senza sapere “che ore fossero” “quale giorno della settimana, quale mese”, trova in camera uno sconosciuto, che si presenta come il professore di magia nera Woland. Non solo, la stanza del suo coinquilino, Michail Aleksandrovič Berlioz, è sigillata. Stëpa non ricorda di aver firmato con il mago un contratto per sette esibizioni, e non sa che Berlioz è stato investito da un tram. Né che fra poco si ritroverà a Jalta… Ricorda solo un dialogo, il 24 aprile, col suo amico e tutto è confuso, ambiguo, prodigioso, in questa primavera moscovita. 

Dicono del libro
“Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino davanti a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell’inesistenza di Dio. Il neovenuto non è di questo parere. (…) Ma c’è ben altro: era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione in un capitolo che è forse il più stupefacente del libro. (…) Poco dopo, il demonio, in veste del professore di magia nera Woland, si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme. I fatti che accadono sono così fenomenali che alcuni spettatori devono essere ricoverati in una clinica psichiatrica. (…) Un romanzo-poema o, se volete, uno show in cui intervengono numerosissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione, non poteva essere concepito e svolto che da un cervello poeticamente allucinato”
(E.Montale, dalla quarte di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Un giorno, precisamente il 24 aprile, andai verso il tramonto al cimitero protestante di Porta S. Paolo, che non conoscevo ancora…”
Antonio Fogazzaro, Il mistero del poeta

23 Aprile

23 aprile 2014

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Arrivò la pioggia dalla finestra. Era una pioggia di aprile. Il ventitré di aprile. Già! Melchior aveva il fato segnato fin dalla nascita; era destinato a indossare la corona di cartone. Non aveva forse visto la luce nel giorno del compleanno di Shakespeare? E anche noi del resto” (…)
Non sai che oggi è il compleanno di Shakespeare? Brinda che Dio protegga l’Inghilterra, Harry e San Giorgio, e bevi alla salute dei bastardi

Angela Carter, Figlie sagge, 1991, tr. it. R. Bernascone e C. Juli, Rizzoli,  1992, p. 224, p. 228

La battuta è di Dora Chance, la protagonista dell’ultimo romanzo scritto da Angela Carter , “Figlie Sagge”, e condensa (la battuta e il romanzo) tutti i punti forti della poetica della sua irripetibile autrice: Vecchia Europa, illegittimità, teatro, voglia di vita sconveniente, dotta e pop.
Il compleanno di Shakespeare cade convenzionalmente il 23 aprile (data che si fa coincidere con quella, cinquantadue anni dopo, della sua morte) giorno di nascita di Dora e della sua gemella Nora, nate nel lato sbagliato del Tamigi e del letto, figlie naturali del più grande attore shakespeariano del loro tempo (Melchior Hazard) o forse chissà di suo fratello gemello Peregrine, anche loro venuti al mondo il giorno di San Giorgio. Il romanzo si apre il 23 aprile col racconto autobiografico di Dora, ballerina di avanspettacolo, settantacinquenne, e la data ritorna lungo tutto il pazzesco memoriale che procede a salti di tempo. I fatti più sensazionali accadono puntualmente nel giorno genetliaco (il settimo, il quattordicesimo, il ventunesimo, il settantacinquesimo compleanno delle ragazze ovvero il centesimo dei fratelli Hazard) sempre inevitabilmente percorso da folate di elettrizzante vento d’aprile. Nel libro, zeppo di citazioni e rimandi al mondo del teatro e di tutte le sue arti sorelle bastarde (dall’operetta al cinema) la parte del Deus ex  machina è riservata al gemello “buono”, prestigiatore prodigo ed immane, Peregrine-Perry che a fine romanzo diventa  anche cacciatore e cultore di farfalle: un omaggio, piace pensare, a Vladimir Nabokov, nato il 23 aprile del 1899, anche lui per convenzione: la data per il calendario giuliano sarebbe stata il 10 aprile, cambiata nel 1900 con la corrispondente del calendario gregoriano: il nostro giorno di San Giorgio, giorno in cui l’UNESCO celebra la Giornata mondiale del Libro e del Diritto d’Autore e la Catalogna anche  quello delle rose. (Commento di Silvia Veroli)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… L’inverno fa degli animali da stalla dei prigionieri silenziosi; che una volta ci sia stata  l’estate, possono soltanto sognarlo. Poi arriva il 23 aprile, il giorno di San Giorgio – un giorno ancora molto freddo…”
Lou Andreas-Salomé,   Ròdinka, un ricordo di Russia

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“…Il 23 aprile del 1869, nella piovigginosa e calda, velata e verde Kaluga, Aqua, venticinquenne..”
Vladimir Nabokov, Ada o ardore

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“… La mattina del 23 aprile 1930 lo squillo penetrante del telefono nel vestibolo mi colse mentre stavo per entrare nella vasca da bagno…”
Vladimir Nabokov, Guarda gli arlecchini!

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“… Poi arrivò il 23 aprile, un giorno che non dimenticherò mai neppure se vivessi altri 58 anni…”
Stephen King, L’eterna primavera della speranza

22 Aprile

22 aprile 2014

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Apro gli occhi. Tra poco arriveremo. Vedo già la nube d’argento sopra la montagna, poi appaiono le torri del castello e i campanili delle numerose chiese. 
Il 22 del mese d’aprile, dopo quarant’anni d’assenza, sono di ritorno nella piccola città della mia infanzia. 
La stazione non è cambiata. È soltanto più pulita, addirittura infiorata, con fiori di qui di cui non conosco il nome e che altrove non ho mai visto. C’è anche un autobus che si allontana

Agota Kristof, La terza menzogna, 1991 (Trilogia della città di K.), tr. it. G. Bogliolo, Einaudi, 1998, p. 293

Tutto è doppio nella storia, raccontata da diversi punti di vista, dei due gemelli Claus e Lucas, nomi che sono uno l’anagramma dell’altro. Hanno conosciuto la seconda Guerra mondiale e l’invasione russa dell’Ungheria, vivendo dalla nonna materna, in un ambiente spietato e picaresco. Si sono separati quando il padre ha cercato di passare la frontiera ed è saltato su una mina, tragedia che ha permesso a uno dei fratelli di attraversare il confine. Se è vero quanto viene narrato – e se è vero che Claus (a volte scritto con la K) e Lucas sono due persone distinte – Lucas rimane nella vecchia città e Claus vive a lungo lontano, prima di tornare. Da quel momento la storia viene di nuovo raccontata, fra menzogne e salti nel tempo. E anche la data del 22 aprile è segnata dalla ripetizione della cifra che indica il doppio.

Dicono del libro
“In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la Trilogia della città di K. ritrae un’ epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.”
(dalla scheda del libro sul sito Einaudi)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 22 aprile 1796 fu proclamata a Parigi la vittoria di Montenotte…”
Victor Hugo, I miserabili

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“… L’orologio celeste, di cui il sole è la sfera, avrebbe suonato il 22 aprile, se il Grande Orologiaio avesse pensato a munirlo d’una suoneria…”
Jules Verne, La caccia al meteorite

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“… Il 22 aprile 1922, un aprile russo, come allora io dicevo e scrivevo, in modo semplice, come il popolo…”
Marina Cvetaeva, Il racconto di Sonečka

21 Aprile

21 aprile 2014

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Il ventun aprile di quell’anno, che doveva essere il 1933, mentre dagli altoparlanti collocati agli angoli della piazza del Municipio di Cuvio si levavano le note dell’inno a Roma, e il Vanghetta, in qualità di presidente dell’Opera Maternità e Infanzia era sul palco delle autorità tra il sindaco e il segretario politico per partecipare alla celebrazione patriottica del Natale di Roma, Evelina metteva alla luce un bambino nell’ospedale di Cittiglio, dov’era stata portata dal Landriani al primo segno premonitore dell’evento

Piero Chiara, Il pretore di Cuvio, 1973, Mondadori,p. 123

Il 21 aprile, Natale di Roma, è anche il giorno natale del figlio di Augusto Vanghetta, pretore nella città lombarda di Cuvio, dove è arrivato nel 1930, dopo una carriera mediocre e arrivista. Sul palco delle autorità, mentre il coro canta un inno fascista, il pretore viene a sapere la notizia. Ma Vanghetta sa che il figlio non è suo.  La giovane moglie Evelina, trascurata e tradita, ha concepito il figlio col fidato segretario (e poi socio) del marito, senza che questi si accorgesse di niente. Vanghetta ha indagato sugli spostamenti della moglie, ricostruendo “quattro mesi di calendario”, ma non capirà fino alla fine chi è il padre del bambino, a cui verrà dato il nome di Ramiro, il protagonista di una commedia degli equivoci, rappresentata circa nove mesi prima. 

Dicono del libro
“Ambientata nei primi anni del fascismo, la vicenda del pretore di Cuvio lascia trasparire, accanto agli aspetti comici e gustosi (quelli infallibili dell’intrigo, della sorpresa e della beffa, nella linea maestra del racconto, da Boccaccio e Maupassant) come il presentimento di un precipitare, progressivo e inarrestabile, degli eventi”
(dalla bandella dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…Quel giorno era il 21 aprile…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“…E il 21 aprile alle Terme di Tito su l’Esquilino, alla presenza di ottocento convitati, era stato cantato l’inno musicato dal Magazzari…”
Luigi Pirandello, Musica vecchia

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Ardengo Soffici, Bottiglia e bicchiere (con Corriere della Sera del 21 aprile 1915)Milano, Museo del Novecento (segnalazione di Michele Brescia)

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“…preso posto nel suddetto cocchio, ne discendeva sano e salvo sotto l’atrio a mezzogiorno dell’edificio centrale, lunedì il 21 aprile a ore sette…”
Virginia Woolf, Orlando

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“… Quella sera – era il 21 aprile del 1942 – andai in bicicletta fino alla Zuiderkade; era domenica, pareva una giornata tranquilla…”
Marga Minco, La caduta

20 Aprile

20 aprile 2014

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La mattina del 20 aprile del 1857, il guardiano del semaforo di Diamond-Harbour, segnalava la presenza d’un piccolo legno che doveva essere entrato nell’Hugly durante la notte, senza aver fatto richiesta di alcun pilota. Sembrava un veliero malese, dalle dimensioni straordinarie delle sue vele, la cui superficie era immensa, però lo scafo non era precisamente simile a quello dei prahos, non essendo provvisto di bilancieri per appoggiarsi meglio sulle onde quando le raffiche aumentano di violenza, né avendo al centro quella tettoia che chiamasi attap. Anzi era costruito, a quanto pareva, con lamine di ferro anziché di legno, non aveva la poppa bassa, la tolda era sgombra e poi stazzava tre volte di piú dei prahos ordinari, i quali di rado hanno una portata di cinquanta tonnellate. Comunque fosse, era un bellissimo veliero, lungo, affilato, che a vento largo, o, meglio ancora, con vento di poppa doveva filare meglio di tutte le navi a vapore che allora possedeva il governo anglo-indiano. Era insomma una vera nave da corsa

Emilio Salgari, Le due Tigri, 1904, Fabbri, 2005, pp. 5-6

Le date – nei romanzi di Salgari – individuano i giorni a tutto tondo, nel loro legame con la geografia, la latitudine, le condizioni meteorologiche, gli eventi naturali. E spesso nell’incipit è richiamato un giorno, che contribuisce a inquadrare la narrazione in un contesto temporale. In questo caso – come nota Antonio Faeti – è importante anche l’anno scelto per l’ambientazione storica: “è il 1857, l’anno in cui l’India si ribellò al dominio inglese e dichiarò guerra agli stranieri con una vampata di eroismo in cui ritrovò lo spirito delle proprie guerresche tradizioni.”

 

Dicono del libro
“La prima edizione del romanzo Le due Tigri fu pubblicata a Genova, dall’editore Donath, nel 1904, quando Salgari aveva quarantadue anni. Il volume aveva una copertina straordinaria: c’erano due tigri con il volto umano, una agonizzava e l’altra lanciava un grido di trionfo e di vittoria. I due potenti e nobilissimi animali, grazie agli acquerelli del bravissimo Alberto Della Valle, alludevano davvero al duello finale in cui la Tigre della Malesia, Sandokan, affrontava fieramente, con una lieta baldanza, il nemico irriducibile, il signore dei thugs, la Tigre dell’India, Suyodhana”
(dalla postfazione di A. Faeti all’ed. Fabbri, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 20 aprile. Ho passato la giornata con Anthony. Forse un giorno o l’altro lo sposerò…”
Francis Scott Fitzgerald, Belli e dannati

19 aprile

19 aprile 2014

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Sì, la prima impressione – rumori, luci, odori – che colpisce un bambino che esce dal grembo materno lo segna per sempre. È come una curva impossibile da raddrizzare, una piega impressa al suo carattere. Pur senza essere nel modo più assoluto uno storico, ho svolto alcune indagini per conoscere l’ambiente preciso in cui sono nati alcuni uomini che hanno fatto parlare di sé. Si sa che Napoleone vide la luce al suono dell’organo e tra i fumi d’incenso della messa cantata del 15 agosto nella cattedrale di Ajaccio. Non tutti sanno, invece, che ci fu una scossa di terremoto a Gori, al momento della nascita di Stalin. Una gelata terribile fece morire tutti i fiori degli alberi da frutto della regione di Braunau la notte del 19 aprile 1889 che vide nascere Adolf Hitler. Gli antichi credevano che la nascita di un futuro fosse segnata da prodigi. Bisognerebbe invece invertire l’ordine causale, e dire che un prodigio verificatosi al momento della nascita di un bambino può fare di lui un uomo eccezionale.

Michel Tournier, Mezzanotte d’amore, 1989, tr. it. F. Bruno, Garzanti, 1990, p. 123

In una notte d’estate, alcuni amici, riuniti dagli ospiti per una strana festa d’addio, si raccontano a vicenda diciannove storie e nell’undicesima, il narratore presenta il tema della data di nascita, e di come la stagione, l’ambiente e le circostanze di quella giornata possano determinare l’intera esistenza. Fra gli esempi portati a sostegno della tesi, colpisce la registrazione di un fenomeno atmosferico che – a ridosso della nascita di Hitler – sconvolge la primavera austriaca, gelando i germogli il 19 di aprile. 

Dicono del libro
“Dopo un incontro segnato dal destino e una grande stagione d’amore, Nadège e Yves sono una coppia che non riesce più a trovare le parole del dialogo e della comprensione. Un rumoroso silenzio li avvolge. Decidono di separarsi e di annunciare la notizia agli amici in una cena di mezzanotte. Ciascuno degli invitati, come in un moderno novelliere, racconta una storia: Furono in tutto diciannove”
(dalla bandella dell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“Il 19 aprile a Gluboka…siamo entrati in quel labirinto di isole che un tempo serviva da rifugio alle flottiglie dei cosacchi…”  Jan Potocki, Viaggio in Turchia e in Egitto

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“… (Condizioni meteorologiche: mediocri. Vento non c’è. Fa freddo). Sono le 17 e cinquanta di giovedì 19 Aprile 2001 e nello stomaco ho 35 gocce di Novalgina…”
Niccolò Ammaniti, dall’antologia Pomeriggio/Afternoon, Leconte 2001

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”… mi sono ricordato di Søren Kierkegaard, il melanconico filosofo danese, e della notte della sua metamorfosi: il 19 aprile 1848…”
Eshkol Nevo, La simmetria dei desideri (segnalazione di Raffaella Belletti)

18 Aprile

18 aprile 2014

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Vado su per la collina di Richmond, lungo la terrazza, dietro il parco. È il 18 di aprile… lo stesso giorno di qui. È primavera in Inghilterra. Il terreno è piuttosto umido. Però io traverso la strada e continuo sull’erba e camminiamo e io canto, come faccio sempre quando sono sola, finché arriviamo in un punto aperto di dove si può vedere tutta Londra in basso, quando la giornata è chiara. Qui il campanile della chiesa di Hampshire, laggiù la cattedrale di Westminster e all’incirca qui i comignoli delle fabbriche. In genere c’è foschia sulla parte inferiore di Londra; ma spesso il cielo  sopra il parco è azzurro

Virginia Woolf, La crociera, 1913, tr. it. O. Previtali, Rizzoli 1993, p. 223

Dopo una lunga traversata su una nave da crociera, la giovane Rachel Vinrace si trova a Santa Marina “un paese dell’America tropicale fuori della storia”. Il tempo trascorre in letture, fidanzamenti, balli, conversazioni. Ed è in una conversazione fra Rachel e l’amico Terence che il 18 aprile è chiamato in causa: il tema del dialogo  è immaginare – e descrivere – la vita nella casa di Richmond, dove Rachel abita quando è in Inghilterra. Mentre illustra il luogo, la ragazza lo colloca nello “stesso giorno di qui”, 18 aprile:  una porzione di tempo che accade contemporaneamente  in un altro spazio. Lontano fisicamente, ma dove si continua a essere con la memoria e  l’immaginazione. 

 

Dicono del libro
La crociera è il primo romanzo che Virginia Woolf scrisse. Lo pubblicò nel 1913: aveva trentun anni. È una vicenda di amore e di morte, sviluppata fuori dei canoni del tardo romanticismo. La Woolf, già al suo debutto, è uno scrittore definito: già qui insegue l’incrociarsi impalpabile della vita dei sentimenti a quella dell’apparenza quotidiana. Rachel e Terence, i due innamorati, si rincorrono, attratti in una sorta di aereo campo magnetico, quasi senza sfiorarsi”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Pensò un poco, indi prese la penna, scrisse tremando come una foglia: ’18 aprile 1882?’ La parola e le cifre paiono scritte da un bambino…”
Antonio Fogazzaro, Daniele Cortis

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“…per la precisione fino al 18 aprile e in questo periodo ho imparato a conoscere e amare il lavoro del giardiniere…”
Thomas Bernhard, L’origine

17 aprile

17 aprile 2014

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D’altro canto, però, com’era diventato bello nel corso della sua arringa entusiasta, il viso secco e brutto dello studente! La legnosità spigolosa che ne improntava tratti e gesti si caricò di sublime, assunse un aspetto austero, dominatore, integerrimo. Tutta la figura di quel giovane allampanato, cresciuto troppo in fretta, malnutrito e vestito da far pietà, per Bohusch aveva acquisito inavvertitamente qualcosa di elementare, di eterno e mentre gli camminava a fianco non lo abbandonava la sensazione di dover prendere nota particolare di quel giorno: sabato 17 aprile

Rainer Maria Rilke, Re Bohusch, 1899, tr. it. G. Scarpari, in Due storie praghesi, Edizioni e/o 1985, p.24

A Praga, negli ultimi anni dell’Ottocento, la società segreta Omladina (Gioventù) si riunisce negli scantinati, col progetto di liberare la città dalla dominazione austriaca. Rilke prende spunto da un fatto accaduto: l’uccisione di un affiliato alla società segreta, di nome Rudolf, sospettato di tradimento. E immagina gli incontri al Caffè Nazionale, dove  si parla di indipendenza e di popolo, di politica e letteratura. Una sola data è indicata nel testo: il 17 aprile,  il giorno del calendario dedicato a un martire medievale di nome Rodolfo. ma anche un giorno di primavera che fa risplendere le strade della città ed esalta gli animi e i discorsi. 

Dicono del libro
“In ambedue le storie praghesi Rilke allude alla questione nazionale che negli anni della sua giovinezza era giunta a condizionare buona parte della vita pubblica in Boemia. Dal clima rivoluzionario e irredentista del ’48 si erano sviluppate tensioni ormai insostenibili per gli estremisti delle due etnie (…) Nel 1893 si svolse a Praga un clamoroso processo contro i membri della società segreta Omladina (Gioventù) che perseguiva la liberazione del popolo ceco dalla dominazione austriaca. La polizia ne scoprì le tracce in seguito all’assassinio di uno dei suoi affiliati, Rudolf Mrva, sospettato di delazione dai suoi compagni. Nella prima storia praghese, che rielabora questi avvenimenti contemporanei, il presunto traditore porta il nomignolo di ‘Re Bohusch'”.
(G. Scarpati, Avvertenza, nell’ed. e/o, op. cit.)

Altre storie cha accadono oggi

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“…Ma non dimenticare – gli disse a bassa voce – la tregua finisce il 17 aprile…”
Ismail Kadaré, Aprile spezzato

16 Aprile

16 aprile 2014

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La mattina del 16 aprile il dottor Bernard Rieux, uscendo dal suo studio, inciampò in un sorcio morto, in mezzo al pianerottolo. Al momento non vi fece caso e, scostata la bestia, discese le scale; ma non appena nella strada gli venne il pensiero che quel sorcio non era al posto suo, e tornò indietro per avvertire il portiere. Davanti alla reazione del vecchio Michel, ancor meglio si accorse che la scoperta aveva qualcosa d’insolito

Albert Camus, La peste, 1947, tr. it. B. Dal Fabbro, Bompiani 1992, p.8

“I singolari avvenimenti che dànno materia a questa cronaca” – avvisa l’autore – si sono verificati a Orano, prefettura francese della costa algerina, negli anni Quaranta. Un’epidemia di peste (il cui bacillo “non muore né scompare mai” come viene detto alla fine) arriva a sconvolgere la vita della città e dei suoi abitanti, scatenando reazioni inaspettate, nel bene e nel male. Con minuzia, il narratore ripercorre l’avvio dell’epidemia, partendo dalle prime avvisaglie: il ritrovamento del topo morto da parte del dottor Rieux,  la mattina del 16 aprile. 

Dicono del libro
“Orano è colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda. Isolata con un cordone sanitario dal resto del mondo, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da esperimento per le passioni di un’umanità sempre al limite fra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l’edonismo di chi non crede alle astrazioni, ma neppure è capace di ‘essere felice da solo’, il semplice sentimento del proprio dovere, sono i protagonisti spesso divergenti ma comunque costruttivi della vicenda; l’indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l’egoismo gretto gli alleati del morbo”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Bompiani, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 16 aprile. In cammino! In cammino!..”
James Joyce, Ritratto dell’artista da giovane

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“La sera del 16 aprile 1928 Vladimir Ipat’evic Pérsikov, professore di zoologia presso la IV Università…”
Michail Bulgakov, Uova fatali (segnalazione di A fucking siren @sprecareunavita)

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“…Ma il destino arrivò puntuale e maledetto con la cartolina azzurra di chiamata alle armi per il sedici aprile al 6° Btg. Granatieri ‘Guardie’ di stanza alla caserma Isonzo in Orvieto, Terni. E io partii…”
Pier Vittorio Tondelli, Pao Pao 

15 Aprile

15 aprile 2014

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Perciò il 15 aprile 1885 andammo da Hamilton. Si tenga presente che allora – checché ne dica il mio medico – godevo di ottima salute, avevo la mente equilibrata e lo spirito assolutamente sereno. Kitty ed io entrammo insieme nel negozio di Hamilton; e lì, senza badare agli altri clienti, scelsi l’anello per Kitty in presenza del commesso divertito. L’anello era uno zaffiro con due diamanti. Poi scendemmo a cavallo il pendio che conduce al ponte di Combermere e al locale di Peliti. Mentre il mio cavallo australiano saggiava cautamente il terreno di roccia friabile, e Kitty rideva e chiacchierava al mio fianco; mentre tutta Simla – vale a dire quelli che erano già arrivati dalla pianura – si trovava riunita nella sala di lettura e sulla verandadi Peliti, io ebbi l’impressione che qualcuno, apparentemente molto lontano, mi chiamasse per nome. Mi pareva di aver già udito la voce, ma sul momento non riuscii a stabilire né dove né quando

Rudyard Kipling, Il risciò fantasma, 1888, tr. it. G. Krätli, in Racconti, Garzanti 1993, pp.55-56

Fino al 15 aprile del 1885, Jack Pansay è stato un uomo felice. In licenza nella località di Simla, ai piedi dell’Himalaya, e innamorato corrisposto di Kitty, si avvia a scegliere con la ragazza l’anello di fidanzamento, quando la strada è bloccata da un’allucinazione, che egli solo percepisce. Il risciò della sua vecchia amante defunta e le ultime parole che lei gli ha detto lo inseguono dovunque vada. In uno dei posti più belli dell’India, la nuvolosa giornata del 15 aprile, con la sua strana apparizione, risveglia in lui sensi di colpa e paure e cambia per sempre la sua vita. 

Dicono del libro
“… i protagonisti di molti suoi racconti indiani sono giovani o adolescenti che, attraverso una tragica esperienza o una profonda crisi interiore, passano ‘alla più dolorosa condizione di adulto’ (…) Simile per carattere ed esperienze, ma non altrettanto fortunato da poter sopravvivere a tale prova, Jack Pansay, il protagonista del celeberrimo Risciò fantasma, viene perseguitato fino al totale annientamento fisico e mentale dallo spettro della sua ex amante, morta di dolore dopo essere stata abbandonata per una donna più giovane”
(dall’introduzione di G. Krätli all’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… seppero solo in seguito il sottinteso di queste quattro maiuscole: quinturioni, centurioni, decurioni, esploratori, e il senso di queste lettere: u og a1 fe che erano una data, il 15 aprile 1832…”
Victor Hugo, I miserabili

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“… Ebbene, alla data d’oggi, 15 aprile, che cosa posso scrivere in fondo a queste colonne di cifre?…”
André Gide, I sotterranei del Vaticano

 

14 Aprile

14 aprile 2014

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Rilesse la lettera più volte. Una lettera di suo padre, e non ne aveva mai saputo  nulla. Un testamento di cui ignorava l’esistenza. Perché sua madre non gliel’aveva  mai mostrata? E Perché nominava tanto di rado il padre? Perché non ne parlavano mai? E com’era potuto accadere che cancellasse quell’uomo dalla memoria? Un uomo che aveva conosciuto poco, certo, ma di cui aveva pure qualche ricordo? In calce alla lettera, una data: 14.IV.1864. Trent’anni prima. Spense il lume. Suonarono le quattro, la stanza era quasi buia

Eustachy Rylski, Una provincia sulla Vistola, 1984, tr. it. A. Zoina, Sellerio 1988, p.47

La storia dell’ufficiale Stankiewicz è raccontata muovendosi dalla fine dell’Ottocento ai primi anni del Novecento, dal Caucaso a Mosca a Varsavia, dai ricordi d’infanzia alle scene di guerra. Figlio di un patriota polacco ucciso – quando egli era un bambino – da un cosacco; cresciuto a Mosca dopo il matrimonio della madre con un russo; diventato ufficiale, Stankiewicz torna a casa per la morte della madre e lì trova la lettera che il padre ha scritto il 14 aprile di trent’anni prima e che lo porta di nuovo indietro nel “rosso cerchio del tempo”. 

Dicono del libro
“Per i luoghi – le regioni al di là della Vistola – e per l’epoca – da fine Ottocento agli anni della guerra civile contro la rivoluzione russa – questo racconto d’esordio (1984) del polacco Rylski è classificabile tra i racconti storici. In realtà la storia, che lo circonda e lo permea, è sfumata nell’indifferenza, ed è ricordata la vicenda, autentica nel fondo, di un uomo oscuro, l’ufficiale zarista e poi ‘ bianco’ Stankiewicz: opaco alle passioni, persino a un odio, insieme familiare e patriottico, che il caso coltiva e riaccende per tutta una vita e rende debole ragione di quella vita”
(dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ormai, in quella mattina di mercoledì 14 di aprile dell’anno del Signore 1204, ovvero seimilasettecentododici dall’inizio del mondo…”
Umberto Eco, Baudolino

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“… Ci trovavamo a Le Bourget, il 14 aprile 1928, dunque, in mezzo a una folla che scrutava il cielo…”
Hervé Jaouen, Le dodici stanze di Monsieur Hannibal


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“… 14 aprile 1892  Scasso senza furto. Il nostro corrispondente da Vigàta ci segnala un singolare episodio capitato ier notte in quella cittadina…”
Andrea Camilleri, La concessione del telefono

13 Aprile

13 aprile 2014

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“Qui nel Kansai è una tradizione. Siccome il giorno della festa, il tredici aprile, i ciliegi sono fioriti, il recinto del tempio della Ruota della Legge dove si venera Kokuzo, è sempre affollato.”
Oltre il ponte si distingueva la tinta sgargiante con cui era dipinta la pagoda del tempio della Ruota della Legge. Aoki parlò della ‘Festa delle Imbarcazioni’. Veniva  organizzata nella stagione in cui il verde era più tenero, a imitazione degli svaghi dei nobili che salivano sulle imbarcazioni a dilettarsi di poesia, di canzoni e di musica. All’epoca degli aceri rossi a queste imbarcazioni si aggiungevano quelle del tempio del Drago Celeste… Ma era difficile, d’inverno, immaginarsi la gaiezza di quella festa

Yasunari Kawabata, Arcobaleni, 1950, tr. it. L. Origlia, Tea, 1994, p. 176

La data del 13 aprile è richiamata verso la fine della storia, quando diverse tragedie sono accadute intorno alla giovane Momoko. Mentre passeggia – in inverno – nei pressi del tempio, quel giorno di aprile appare difficile da immaginare, ma è ugualmente una presenza, al pari delle altre manifestazioni della natura  – come gli arcobaleni e i ciliegi fioriti – che costellano questo racconto.

Dicono del libro
“Qual è l’origine dell’intima inquietudine di Momoko, la giovane figlia dell’architetto Mizuhara, che la porta a un’intensa, disordinata vita sentimentale? Una latente omosessualità, oppure il senso opprimente di una condizione femminile votata al martirio? (…) Intorno a Momoko s’intravede un fitto labirinto familiare, fatto di evanescenti presenze e di pesanti assenze, in cui la tristezza e il rimpianto di non essere compresi marchiano ogni relazione di sangue, in cui la vita sembra fatta più di sentimenti che di avvenimenti”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Tea op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 13 aprile migliaia e migliaia di indiani s’accalcavano in questo vicolo…”
Salman Rushdie, I figli della mezzanotte

12 Aprile

12 aprile 2014

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Data memorabile per me il 12 aprile del 1891.
Avevo compiuto da circa un mese trentaquattro anni. Da un pezzo mi notavo nel volto, e precisamente alla coda degli occhi e su la fronte, certi lievi solchi che mi pareva non si potessero ancora chiamar propriamente rughe. Credevo almeno che il numero degli anni miei potesse tuttavia permettermi di non chiamarli tali. Momentanei increspamenti de la pelle, che – sotto l’azione del pensiero, del riso, dell’abituale atteggiarsi della fisionomia – erano divenuti stabili. Ma rughe, no

Luigi Pirandello, Prudenza, 1901, in Novelle per un anno. Appendice, Giunti, 1994, tomo III, p. 2601

La “mattina di quel memorabile 12 aprile” (una data che torna anche in altre novelle di Pirandello) segna per il protagonista il passaggio da una fase all’altra della sua esistenza. Da una parte la giovinezza, la poesia, i capelli lunghi, dall’altra la maturità, un impiego, forse un matrimonio. Il passaggio è sancito dal doloroso taglio della barba e dei capelli, dopo il quale non solo la sua amante ma neanche egli stesso si riconosce (“Hai ragione: non son più io! Ti saluto per sempre, cara!”)

Dicono del libro
“sono raccolte sotto il generico titolo di Appendice, le novelle che Pirandello non incluse nel corpus delle Novelle per un anno, e che scrisse dal 1883, quando esordì giovanissimo, fino al 1919″
(G. Prandolini, Prefazione ad Appendice ed. Giunti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Sulla parte interna, come si aspettava, c’è un nome e una data: Pietro, 12.4.1939…”
Antonio Tabucchi, Il filo dell’orizzonte

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“… La scarpa della mamma, la destra, con due cintolini intrecciati sul collo del piede, ha invaso la data scritta a inchiostro: Venezia, 12 aprile 1941…”
Antonio Tabucchi, Capodanno

11 Aprile

11 aprile 2014

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Il cielo era coperto solo a metà. I cavalli trottavano agili sulla strada dissestata. Era la Strada della Croce. Oltre il finestrino Besian osservava un paesaggio divenuto ormai familiare. Ma questa volta, qua e là, ora nella zona più vicina ora in quella più lontana, si stendeva una coltre azzurrognola. La neve aveva cominciato a sciogliersi, si consumava al di sotto, a contatto del suolo, mentre una sorta di crosta formatasi in superficie si scioglieva a fatica.
“Che giorno è?” chiese Diana.
Un po’ meravigliato, la osservò un istante prima di risponderle.
“L’undici.”

Ismail Kadaré, Aprile spezzato, 1982, tr. it. F. Celotto, Ugo Guanda Editore, 1993, p. 137

 

Nell’interno dell’Albania, in un anno “imprecisato, prima dell’avvento del comunismo”, si svolge la storia di Gjorg Berisha, che ha dovuto vendicare un fratello e, da quel momento, ha un mese di tregua, prima che la famiglia dell’ucciso possa a sua volta vendicarsi su di lui. È in quel breve periodo, fra i giorni restanti di marzo e la prima metà di aprile (un aprile spezzato), che avviene l’incontro con la coppia che sta parlando (Diana e Besian). Partiti da Tirana per uno strano viaggio di nozze, si sono imbattuti in Gjorg e l’incontro stravolgerà le loro reciproche vite, segnando con forza tutti i giorni di quell’aprile albanese, ancora freddo e innevato. 

 

Dicono del libro
“Gjorg Berisha ha dovuto uccidere Zef Kryeqyqe, l’assassino di suo fratello (…) Dopo l’omicidio, perpetrato fra mille dubbi e tormenti, Gjorg potrà usufruire della tregua di un mese. Poi, per lui, la morte sarà in agguato dietro a ogni pietra, dietro a ogni gomitolo di strada… Ma la sua storia, grazie a un’abilissima regia narrativa, si intreccia con quella di Besian e di Diana (un brillante scrittore e la sua giovane, bellissima moglie). I due, nonostante le perplessità di lei, sono partiti per un singolare viaggio di nozze sulle  montagne”
(dal risvolto di copertina dell’ed. Guanda, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 11 aprile. Sono perdutamente invaghito. Potrebbe dirsi che affogo nell’amore…”
Soeren Kierkegaard, Diario del seduttore

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“… 11 aprile. Letto quello che ho scritto ieri notte. Parole vaghe per un’emozione vaga…”
James Joyce, Ritratto dell’artista da giovane