11 Novembre

11 novembre 2013

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“Ho promesso di sposarti quando sarò maggiorenne, e tanto basta. Ho una parola sola. Ho promesso di sposarti appena avrò ventun anni, e non tollero che si continui ad angustiarmi. Di angustie ne ho a sufficienza. A parte la mia parola, non è probabile che ti lasci, dopo aver speso tutti questi soldi. E poi sono inglese, e non mi rimangio mai la parola. Jacky, sii ragionevole. Certo che ti sposerò. Soltanto smettila di tormentarmi.”
“Quand’è il tuo compleanno, Len?”
“Te l’ho detto e ridetto, l’undici novembre prossimo. Ora togliti un momento dalle mie ginocchia; qualcuno deve preparare la cena, suppongo”

 Edward M. Forster, Casa Howard, 1910, tr. it. L. Chiarelli, ed. cons. Feltrinelli, 1991, p. 56


In un seminterrato di una strada chiamata Camelia Road, in un quartiere periferico di Londra, vive il giovane Leonard Bast. Modesto impiegato di una compagnia di assicurazioni, Leonard – detto Len – cerca di migliorare la sua posizione sociale e la sua cultura in un periodo – l’inizio del ‘900 – in cui le differenze fra i ceti sono forti. A un concerto alla Queen’s Hall, ha appena conosciuto  le sorelle Margaret e Helen Schlegel, vivaci intellettuali di origine tedesca, rappresentanti di una borghesia aperta alle relazioni fra classi sociali diverse. Dalla casa in centro delle sorelle, Leonard è arrivato, a piedi, alla sua abitazione, che condivide con una donna più grande di lui, Jacky. Insoddisfatto di questa relazione, Leonard ha comunque promesso alla sua compagna di sposarla, non appena la maggiore età gli consentirà di farlo senza il consenso della famiglia. Leonard Bast diventerà maggiorenne di lì a poco, un 11 novembre, un giorno di un mese più volte richiamato nel romanzo Casa Howard, mese di partenze e cambiamenti di vite. 


Dicono del libro
“La ricchezza del romanzo sta tutta nella pregnanza di una narrazione piena di tensioni, in parte irrisolte perché lo stesso Forster è partecipe di esse e il ‘solo connettere’ del sottotitolo del romanzo gli è impossibile solo in parte, come egli ben sa. Ma forse il fascino di Casa Howard sta proprio in questa difficoltà a risolvere contraddizioni ancora irrisolvibili. Ciò nonostante, dice Virginia Woolf (ed è noto che Forster s’ispirò inizialmente per le due eroine del romanzo, Margaret e Helen, alla giovinezza di Virginia e della sorella Vanessa), ‘la pianificazione della storia è magistrale. Quella cosa indefinibile ma tanto importante, l’atmosfera del libro, riluce di intelligenza; non a un barlume di fandonia, non a un atomo di falsità è consentito di depositarsi. E di nuovo, ma su di un campo di battaglia più ampio, continua il conflitto che ha luogo in tutti i romanzi di Forster – il conflitto fra le cose che importano e le cose che non importano, fra la realtà e la falsità, fra la verità e la menzogna’.”
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… L’11 novembre, di primo mattino, l’aria fresca che invase l’interno del Nautilus mi disse che eravamo risaliti in superficie per rinnovare le provviste di ossigeno…”
Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari

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“… Sono esattamente due anni e due giorni che Guillaume Apollinaire è morto…”
Raymond Queneau, Gli ultimi giorni

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“… Era un 11 novembre, festa del re e di San Martino…”
Sandro De Feo, La giudia

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“… Non racconto una storia (che mi sfugge per metà) con una cronologia precisa, ‘venne l’11 novembre’, o approssimativa, ‘trascorsero settimane’…”
Annie Ernaux, Passione semplice

10 Novembre

10 novembre 2013

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E così, per quanto incredibile possa sembrare, nello studio della casetta dietro la cappella congregazionalista, la sera di domenica 10 novembre 1896, il signor Fotheringay, sollecitato e invitato dal signor Maydig, cominciò a compiere miracoli. L’attenzione del lettore è richiamata in modo particolare e ben determinato sulla data. Egli obietterà, probabilmente ha già obiettato, che alcuni punti di questa storia sono improbabili, che se qualcosa del genere fosse veramente accaduto, sarebbe stato su tutti i giornali un anno fa. I particolari che seguono immediatamente li troverà abbastanza difficili da accettare, perché, tra le cose, comportano la conclusione che il lettore – o la lettrice – in questione deve essere stato ucciso in modo violento e senza precedenti più di un anno fa. Ora, un miracolo non è nulla se non è improbabile, e in realtà il lettore fu ucciso davvero in un modo violento e senza precedenti un anno fa. Nella parte successiva di questa storia la cosa diventerà perfettamente chiara e credibile, come ogni lettore onesto e ragionevole dovrà ammettere. Ma non è questo il luogo per la fine della storia, che ha appena passato la metà

Herbert G. Wells, L’uomo che poteva compiere miracoli, 1900, tr. it. P. Carta, in Racconti, Garzanti 1985, pp.130-31

La storia raccontata da Wells inizia e termina un sabato di novembre nel bar del “Long Dragon”, in cui si discute di miracoli fra scettici, come il signor Fotheringay, e possibilisti. Fra il principio e la fine della storia si insinua – forse – la domenica 10 novembre, quando Fotheringay, accortosi di avere dei poteri miracolosi, comincia ad usarli. Prima compie piccoli prodigi e poi via via osa azioni sempre più audaci. Con il proposito di migliorare il mondo, si ritrova addirittura a fermare il tempo, con conseguenze inimmaginabili, apocalittiche ma anche, nel racconto, reversibili. 

Dicono del libro
“Tutti i tasti della letteratura avveniristica (il mistero, l’orrore, l’invenzione meccanica, il sogno, il futuro immaginario, la realtà illusoria) sono utilizzati e intrecciati con moduli narrativi e impennate stilistiche accurati e superficiali, piatte e sofisticate, mescolando psicologia e romanzo storico, saggio ideologico e conversazione salottiera”.
(Dal Profilo di M. Flores nell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Lutero non era nato nel 1483, bensì nell’84, e non il ventidue ottobre, ma il dieci novembre, vigilia di San Martino…”
Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo 

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“… Il 10 novembre 1938 in Germania e in Austria vennero incendiate centonovantacinque sinagoghe…”
Paolo Maurensig, La variante di Lüneburg

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“… Mi sono sposato il 10 novembre, l’anniversario della Notte dei cristalli. Mio padre aveva 14 anni quando la Notte dei cristalli frantumò il suo mondo in mille pezzi…”
Jonathan Rosen, Il Talmud e Internet

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“… i convogli non arrivavano a destinazione, travolti dalla marea che iniziava a dilagare verso est. Il 10 novembre il governo abbandonava Omsk…”

Vladimir Pozner, Il barone sanguinario

 

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“… 10 novembre 1989. Stava cadendo un muro. Era qualcosa che aveva a che fare con la Storia…”

Zadie Smith, Denti bianchi (segnalazione di Sandra Muzzolini)

9 Novembre

9 novembre 2013

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Era il 9 di novembre, vigilia del suo trentottesimo compleanno, com’egli ebbe spesso a ricordare in seguito. 
Stava rincasando a piedi verso le undici, dalla casa di Lord Henry dove aveva pranzato, ed era avviluppato in una pesante pelliccia perché la notte era fredda e nebbiosa. All’angolo di Grosvenor Squaree South Audley Street gli passò accanto nella nebbia un uomo che camminava molto in fretta, col bavero del pastrano grigio rialzato e una valigia in mano. Dorian lo riconobbe: era Basil Hallward. Fu preso da uno strano, inesplicabile senso di paura. Non fece segno alcuno di averlo riconosciuto e proseguì frettolosamente verso casa. Hallward però l’aveva visto ; e Dorian l’udì prima fermarsi sul marciapiede, poi corrergli dietro e dopo pochi istanti sentì la sua mano posarglisi sul braccio

Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, 1891, tr. it. E. Grazzi, in Tutte le opere, Newton Compton, 1994, p. 107

Prima di partire da Londra per Parigi, dove ha intenzione di trattenersi sei mesi, il pittore Basil Hallward è passato a fare visita a Dorian Gray, l’amico che ha ritratto anni prima in un dipinto che, da allora, nessuno ha più rivisto. Realizzato mentre Dorian Gray era nel pieno della bellezza e del fascino, il dipinto – per un sortilegio inspiegabile – ha preso su di sé il passare del tempo, lasciando il volto di Dorian Gray uguale – bello e puro come nell’adolescenza – e registrando sulla tela  i segni dell’invecchiamento, del cinismo, degli eccessi compiuti da Dorian nella vita reale. Il pittore ha atteso dalle nove il rientro di Dorian a casa e sta per incamminarsi verso la stazione, quando incontra l’uomo all’esterno. Rientrati in casa, Basil si mostra preoccupato per la condotta del vecchio amico e quando gli chiede di rivedere il ritratto, la rivelazione dell’anima di Dorian impressa nel quadro come in un diario, scatena una reazione incontrollata da parte di questi. La data è il nove novembre, giorno in cui si perdono le tracce del pittore Basil Hallward.

 

Dicono del libro
“Il sogno di possedere un ritratto che invecchi al suo posto, assumendo i segni che il tempo dovrebbe tracciare sul suo volto angelico, diviene per Dorian Gray una paradossale, terribile realtà. Ma non saranno tanto le tracce del tempo che passa a fermarsi sul dipinto di quel bellissimo giovane, quanto le nefandezze di cui la sua anima si è macchiata. Un’anima giunta al culmine della dissolutezza, corrotta e degradata, trascinata nell’abisso della turpitudine e del vizio dal cinismo e dalla sfrenata avidità di piaceri di ogni sorta. Dalla sua sfida diabolica alla giovinezza eterna, Dorian uscirà sconfitto, schiavo di un ideale, assurdo desiderio di far coincidere l’arte con la vita”.
(Dalla scheda di un’ed. Newton Compton nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 9 novembre…La maggior parte del pomeriggio l’ho trascorsa disteso sul letto…”
Nikolaj Gogol’, Il diario di un pazzo

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“… 9 novembre, 1965. Ore dopo stavo ancora camminando. Continuai a camminare anche dopo esser passato davanti al mio albergo,,,”
Don DeLillo, Underworld

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“… Qualcuno aveva legato un cartello alla targa stradale e ci aveva scritto ‘9 Novembre”‘. Centinaia di persone si muovevano nella stessa direzione…”
Ian McEwan, Cani neri

8 Novembre

8 novembre 2013

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La fiesta non sarebbe cominciata che molto più tardi e le strade che ricordavano tanti altri Giorni dei Morti erano praticamente deserte. Labari e festoni smagliavano: la grande ruota panoramica meditava lucente sotto gli alberi, immobile. Anche la città intorno e sotto di loro era già colma di rumori bruschi, remoti, come scoppi di colori sgargianti.
¡Boxe! annunciava un manifesto.  ARENA TOMALÍN di fronte al Jardín Xicotancatl. Domenica 8 di novembre 1938. 4  emozionanti combattimenti

 

Malcolm Lowry, Sotto il vulcano, 1947, tr. it. G.Monicelli, ed. cons. Feltrinelli, 1984, p. 61
Il romanzo Sotto il vulcano ha inizio il due novembre del 1939 nella cittadina messicana di Quauhnahuac, con due uomini – il dottor Vigil e Jacques Laruelle –  che sulla terrazza di un hotel rievocano il Console Geoffrey Firmin, morto l’anno prima. E il due novembre dell’anno prima, di nuovo il giorno dei Morti, fa la sua comparsa il Console, alcolizzato e sofferente per il rapporto con la moglie Yvonne. La complessa storia del Console e il suo destino seguono l’ordine dei dodici capitoli, dodici come i mesi dell’anno, in cui novembre ha il suo rilievo. La città si prepara alla fiesta, agli spettacoli, agli incontri di boxe – come quelli annunciati dal manifesto per l’8 di novembre – mentre il tempo è un abisso che è sempre pronto ad aspettarti dietro l’angolo. 
Dicono del libro
“Dal 1947, anno della prima edizione, la fama di Sotto il vulcano è andata crescendo, al punto che oggi viene universalmente giudicato uno dei massimi romanzi del nostro secolo. Scrittore denso e seducente, non a caso circondato da un’aura mitica, Lowry volle scrivere, per sua stessa ammissione, una Divina Commedia ubriaca. La definizione resta calzante, perché Sotto il vulcano se da una parte è la storia, ambientata in Messico, di un alcolizzato perseguitato da un oscuro complesso di colpa e incapace di ristabilire un rapporto con la moglie, dall’altra si configura, grazie anche a una fitta rete di riferimenti e paralleli culturali, come una grandiosa allegoria moderna della redenzione, o meglio come ‘un’opera faustiana’ (Max-Poi Fouchet)”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… gli occhi mi sono caduti  sul numero del mio giornale della mattina dell’8 novembre col resoconto completo ed eccellente del mio amico…”
Arthur Conan Doyle, Il mondo perduto

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“… Venne finalmente il mattino dell’8 novembre, freddo e nebbioso, come sono di solito i mattini di novembre a Bruxelles…”
Marguerite Yourcenar, Care memorie

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“… Ascolta: nel 1612, l’otto di novembre, a Macao, il reverendissimo padre Iulius de Alessis registra un’eclipse dalle otto trenta della sera sino alle undici trenta…”
Umberto Eco, L’isola del giorno prima

7 Novembre

7 novembre 2013

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Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio, curato d’una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l’altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l’indice della mano destra, e, messa poi questa nell’altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all’intorno, li fissava alla parte d’un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora

Alessandro Manzoni, I promessi sposi, 1827-40, ed. cons. Garzanti, 1981, pp. 7-8

La vicenda narrata ne I promessi sposi ha inizio nel novembre del 1628, a ridosso della rivolta di San Martino, provocata dalla carestia. La  data scelta da Manzoni per introdurre la storia, e il personaggio di Don Abbondio, è il 7 novembre. È una giornata autunnale, appena dopo il tramonto, con il sole che ancora illumina i monti, mentre Don Abbondio percorre la strada sulla quale incontrerà i bravi di Don Rodrigo che gli intimeranno di non celebrare le nozze fra Renzo e Lucia. Sempre a novembre, nell’anno successivo, le prime avvisaglie della peste faranno la loro comparsa a Milano e l’anno dopo ancora, il 1630, la vicenda iniziata il 7 novembre del 1628 troverà il suo compimento col matrimonio dei due giovani. 

Nel mese di novembre 2013 ha inizio la riscrittura su Twitter dei Promessi Sposi (#TwSposi),  organizzata da www.twitteratura.it, e rivolta a studenti e insegnanti delle scuole secondarie:
qui le informazioni.


Dicono del libro

“L’esordio ci trasporta senz’altro in medias res, scartando prologhi e antefatti. L’azione si sviluppa con andamento serrato, registrando passo per passo l’incalzare degli eventi, sul ritmo delle emozioni da cui i due promessi, i loro fautori e insidiatori sono presi nel corso delle giornate tra l’8 e il 10 novembre 1628″.
(Dall’introduzione di V. Spinazzola all’ed. Garzanti, op. cit.)

Atre storie che accadono oggi

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“… Jane prese un brutto raffreddore, poverina, un bel po’ di tempo fa, il 7 di novembre (come ora vi leggerò)…”
Jane Austen, Emma

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“… Erano già trascorsi quasi 17 anni da quando aveva ricevuto dal re il 7 novembre 1465, l’anno della cometa, la bella carica di prevosto di Parigi…”
Victor Hugo, Notre-Dame de Paris

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“… riunione che era stata annunciata per la sera del 7 novembre…”
Arthur Conan Doyle, Il mondo perduto

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“… Così rientrarono in Russia alle otto del mattino, il sette novembre 1938, a piedi, dalla parte del torrente…” Roberto Pazzi, La principessa e il drago

6 Novembre

6 novembre 2013

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Il  sei novembre, dopo colazione, Franco prese le sue grosse forbici da giardiniere per fare il solito sterminio di seccumi nel giardinetto e sulla terrazza. Era un’ora di tanta bellezza, di tanta pace da stringere il cuore. Non una foglia che si muovesse; purissima, cristallina l’aria da ponente; sfumanti a levante, dentro lievi vapori, le montagne fra Osteno e Porlezza; la casa sfolgorata dal sole e dai riverberi tremoli del lago; il sole assai caldo ma i crisantemi del giardinetto, gli ulivi, gli allori della costa più visibili fra il rosseggiar delle foglie caduche, certa segreta frescura dell’aria imbalsamata d’olea fragrans, il silenzio d’ogni vento, le aeree montagne del lago di Como bianche di neve accordantisi malinconicamente a dire che la cara stagione moriva

Antonio Fogazzaro, Piccolo mondo antico, 1895, ed. cons. Garzanti, 1981, p. 163

Siamo a metà della storia raccontata in Piccolo mondo antico, storia che si svolge  in Valsolda, fra il 1850 e il 1859, alle soglie della seconda guerra di indipendenza.  Franco Maironi – di nascosto e contro il volere della nonna, unica parente rimasta – ha sposato Luisa e poco dopo  è nata Maria. I rapporti con la famiglia d’origine sono interrotti, anche perché il giovane – così come sua moglie e lo zio Piero – sono di idee liberali e anti-austriache. Il sei novembre, a cui si riferisce questa pagina, è una giornata soleggiata nel giardino della casa dove la coppia vive con la bambina. Lo zio Piero –  appena destituito dal suo incarico di ingegnere con l’accusa di essere un suddito infedele dell’Austria – sta per arrivare, mentre Franco lavora in giardino, nella luce novembrina del lago.

Dicono del libro
“L’opera più risolta della narrativa fogazzariana: una storia d’amore coniugale nel microcosmo della Valsolda, la crisi della borghesia alle soglie dello stato unitario”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 6 novembre. Ho fatto uscire dai gangheri il caposezione…”
Nikolaj Gogol’, Il diario di un pazzo

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“… 6 novembre. Era già tardo pomeriggio quando il Professore e io ci siamo incamminati verso est…”
Bram Stoker, Dracula

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“… E ora parliamo, disse Jacob scendendo da Haverstock Hill, fra le quattro e le cinque della mattina del 6 novembre…”
Virginia Woolf, La camera di Jacob

5 Novembre

5 novembre 2013

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Il cinque novembre 1718, che rispetto all’epoca fissata era tanto vicino ai nove mesi di calendario quanto qualsiasi marito in senno si sarebbe potuto aspettare, fui io, Tristram Shandy, Gentiluomo, messo in questo scorbutico e disastroso mondo nostro. Vorrei essere nato nella Luna, o in qualsiasi altro pianeta (eccetto Giove o Saturno, siccome non ho mai potuto sopportare il freddo) perché non la sarebbe potuto andare molto peggio per me in uno qualunque di essi (sebbene non mi pronunci su Venere) di quanto è andata in questo vile, lurido pianeta nostro, che, sia detto col dovuto rispetto, credo essere stato fatto cogli sbrendoli e ritagli degli altri

Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, 1760-1767, tr. it. A. Meo, Einaudi 1990, p.12

L’ironica e inafferrabile vita di Tristram Shandy ha inizio col racconto del suo concepimento, avvenuto – pare –  “la notte fra la prima domenica e il primo lunedì di marzo, nell’anno di nostro Signore mille settecento diciotto”. E la nascita  ha luogo – in anticipo sui nove mesi della gravidanza – il 5 novembre. È una data significativa nella storia della Gran Bretagna: il giorno di Guy Fawkes, quando si commemora, con fuochi d’artificio, la fallita congiura delle polveri del 1605. Raccontata nel brevisssimo capitolo quinto, la nascita di Tristram Shandy è occasione per considerazioni sul “disastroso mondo nostro”, in cui i destini degli uomini sono in balìa della fortuna ed è vano seguire una linea diritta, tanto nella vita, quanto nel suo impossibile racconto. Lo scrittore Laurence Sterne era nato il 24 novembre del 1713, quattro anni, undici mesi e 19 giorni prima del suo personaggio.  

Dicono del libro
La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, pubblicato tra il 1760 e il 1767, costituì, al suo apparire, una svolta nel romanzo inglese del Settecento, e rimane tuttora un monumento tra i più originali della letteratura mondiale. Quando il reverendo Laurence Sterne iniziò a scriverlo all’età di quarantasei anni, era poco meno che un outsider della letteratura, avendo composto fino ad allora soltanto un certo numero di sermoni (pubblicati nel 1747) e il pamphlet A Political Romance (pubblicato nel 1759). Ma l’apparizione dei primi due libri dello Shandy procurò al suo autore fama immediata”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Siete un perfetto Guy Faux.Vedrete se non sarete bruciato in effigie il prossimo 5 di novembre…”
George Eliot, Middlemarch

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“… Quel giorno il ragazzo era di ottimo umore; si era ormai arrivati di nuovo al 5 novembre…”
Thomas Hardy, La brughiera

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“…’Ma è il giorno di Guy Fawkes, il 5 di novembre,’ risposero con gran premura i bambini …”
Pamela L. Travers, Mary Poppins apre la porta

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“… Anche stanotte, 5 novembre del settantuno, venticinquesimo anniversario della mia dimissione dalla Rocca, mi sono svegliato a metà sonno…”
Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore

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“… e ricordo un 5 novembre, nove mesi dopo che ci eravamo conosciuti – ricordo la data perché quel giorno è il giorno di Guy Fawkes in Inghilterra…”
Javier Marias, Tutte le anime

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“… Remember, remember the Fifth of November…”
John Lennon, Remember (segnalazione di Sandra Muzzolini)

4 Novembre

4 novembre 2013

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Il fruscio delle carte da gioco, il muoversi delle mani, il murmure monotono del cronofono nel soffitto della Caserma del fuoco “… una e trentacinque, mattino, martedì, 4 novembre.. una e trentasei… una e trentasette, mattino…”. Il lieve battito delle carte sul piano sudicio del tavolo, tutti i rumori raggiungevano Montag dietro i suoi occhi chiusi, dietro la barriera che aveva eretto momentaneamente. Poteva sentire la Caserma del fuoco piena di scintillii, di luminosità e di silenzio, di colori bronzei, i colori delle monete, dell’oro, dell’argento. Gli uomini invisibili dall’altra parte della tavola stavano sospirando sulle loro carte, in attesa di “… una e quarantacinque…” e la voce del cronofono si rattristava sulla fredda ora di un freddo mattino di un ancor più gelido anno

Ray Bradbury, Fahrenheit 451, 1953 (1951), tr. it. G. Monicelli, Mondadori 1989, p.38

La storia di Fahrenheit 451 e del pompiere Guy Montag –  impiegato nella squadra che appicca il fuoco alle biblioteche, dichiarate fuorilegge dal regime – ha inizio in autunno. Cadono le foglie e piove, quando Montag incontra  Clarisse McClellan, una giovane vicina di casa che si comporta in modo diverso da tutte le persone che Montag conosce, dalla moglie Mildred –  presa dalle serie televisive -, così come dai colleghi incendiari. Indipendente e curiosa, Clarisse suscita in Montag un imprevedibile disagio verso la sua vita consueta, che lo porta via via a farsi domande e a dubitare del suo lavoro. Come accade durante una partita a carte con i colleghi nella Caserma del Fuoco, mentre il cronofono segna il tempo nelle prime ore del 4 novembre.

Dicono del libro
“In Fahrenheit 451 Bradbury esplora, con grande sensibilità, il terreno dell’utopia negativa, cioè il genere nel quale l’autore non dipinge uno stato perfetto ma anzi un regno d’incubo e terrore. Nel caso di Fahrenheit 451 (il cui titolo, apparentemente enigmatico, vuole solo indicare la temperatura alla quale brucia la carta, secondo la scala in uso nei paesi anglosassoni) si tratta di uno stato talmente autoritario che sente il bisogno di mettere i libri al rogo”.
(Dal profilo nell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 4 novembre di 43 anni fa, ore tre pomeridiane. è il giorno e l’ora della mia nascita, mia prima separazione da lei…”
Elsa Morante, Aracoeli

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“… Abbiamo studiato gli egiziani dal 4 novembre al 2 dicembre, – disse…”
Jerome David Salinger, Il giovane Holden

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“… Una volta, a tavola – era la sera del 4 novembre e nella giornata c’era stata una grande manifestazione commemorativa – parlò della sua guerra…”
Piero Chiara, La spartizione 

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“… Fondata dal presidente Truman a mezzanotte e un minuto del 4 novembre 1952, l’NSA da cinquant’anni era l’agenzia di spionaggio più clandestina del mondo..”
Dan Brown, Crypto

 

 

 

3 Novembre

3 novembre 2013

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E quando abbiamo finito di caricare le casse sul camion, uno di quegli ufficiali viene da me forse perché ero il più vecchio e mi dà la mano da stringere, ma vigliacco se io gliel’ho stretta. È stata una scena, chiedete alla gente di Alba che stava a vedere dalle finestre e non respirava nemmeno più per la paura che succedesse qualcosa da un momento all’altro. E questo è capitato il 3 di novembre ed è stata una cosa speciale perché se non è speciale che un vivo giochi la sua pelle per portare a casa dei morti, allora di speciale non c’è più niente

Beppe Fenoglio, Vecchio Blister, 1952, in I ventitré giorni della città di Alba, Mondadori 1974, p.66

Il racconto del vecchio Blister, un partigiano che si è macchiato di un furto e attende la sentenza dei compagni, rievoca un episodio della storia di Alba. Conquistata il 10 ottobre del 1944 dalle forze partigiane, la città piemontese cade di nuovo in mano all’esercito della Repubblica Sociale “alle ore due pomeridiane del giorno 2 novembre 1944”. E il 3 novembre, il vecchio Blister recupera i cadaveri dei partigiani morti nella battaglia del giorno prima.

Dicono del libro
“Guerra, Resistenza, Amore sono qui riportati sotto un segno comune di violenza. Ma con naturalezza, con innocenza. Il paesaggio è quello tipicamente pavesiano delle Langhe; disseccato, scarnificato fino a rappresentare simbolicamente quella condizione guerresco-contadina da cui  è nata tanta parte dell’ultima storia italiana (…) Ma la morte, nel modo in cui Fenoglio le manca di rispetto per vedere come è fatta dentro, assume significati emblematici di una tragicità storica. Accanto ai racconti di guerra, poi, ci sono quelli di pace; ma una pace così tramata di crudo da far pensare a un’altra guerra: più lunga e con odori più acri di quello della polvere”.

(Dalla quarte di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 3 novembre 1918, la giornata storica di Trieste, sarebbe stata veramente poco adatta alla burla…”
Italo Svevo, Una burla riuscita

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“… La mattina del 3 novembre 1948, nel punto in cui la strada di Lamboing (uno dei villaggi del Tassenberg) esce dal bosco…”
Friedrich Dürrenmatt, Il giudice e il suo boia

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“… il giorno 3 novembre dell’anno 1929, compii l’ultimo, improvviso, futile tentativo di resuscitare la mia carriera…”
Paul Auster, Mr Vertigo

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Un rebus dell’Ottocento sulla data del 3 novembre:

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Sol.: Il giorno 3 novembre del corrente anno lasciava dietro di sé incancellabile ricordanza

 

2 Novembre

2 novembre 2013

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Il giorno dei Morti i due fidanzati godevano di una grande occasione: anche Mussia accompagnava il marito nella consueta visita al cimitero ed essi potevano così fare tutto con loro comodo, giovandosi anche del letto dei genitori. Si spogliavano un poco alla volta e Mirella andava a dipingersi il viso e gli occhi con rossetto, bistri e matite perché così piaceva a Luigi. E poi compariva nuda nella cupa stanza di noce, dipinta come un’attrice o una ballerina, con un paio di orecchini arabi di filigrana d’argento che tinnivano per tutto il pomeriggio come due campanelli. 
Durante sei anni di fidanzamento il giorno dei Morti e l’amore nella camera buia e ingombra di mobili lucidi e torniti, di specchiere e di arazzi, trascorsero tranquilli fin dopo l’imbrunire: quando una vaga tristezza s’impadroniva dei due fidanzati al punto da far diventare Mirella sempre più intraprendente e fantasiosa come per cacciare l’oscurità e la solitudine

Goffredo Parise, Il fidanzamento, 1956, ed. cons. in La grande vacanza. Il fidanzamento. Atti impuri, Mondadori, 1993, pp. 185-186

Dicono del libro
Il fidanzamento – una compatta operina, una sorta di ‘commedia in veste di realtà’, dentro la quale convivono un geometrico spirito goldoniano (la sensazione  di una scena teatrale) e una scorciata parodia dei Promessi sposi – è l’annuncio di un diverso rapporto con il reale, con se stesso e inevitabilmente con la lingua”.

(Dall’Introduzione di S. Perrella all’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ordini segreti esortavano a tenersi pronti per il 2 novembre ..”
Joseph Roth, La tela di ragno

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“… La Fortuna II di Elsinore, con una ciurma di 12 uomini e 4 cannoncini, ricevette la patente di corsa il 2 di novembre…”
Karen Blixen, La cena a Elsinore

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“… Verso il tramonto del Giorno dei Morti nell’anno 1939, due uomini in abiti eleganti di flanella bianca sedevano sulla terrazza principale del Casino…”
Malcolm Lowry, Sotto il vulcano 

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“… Il due di novembre, giorno di tutti i morti, suo fratello aprì il magazzino e trovò tutte le lampade accese…”
Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

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“… La mattina del 2 novembre ci fu per sveglia un boato, verso le quattro e mezzo…”
Beppe Fenoglio, I ventitré giorni della città di Alba

I Novembre

1 novembre 2013

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Registrava ogni incontro sulle pagine del calendario, usando un codice che stava ancora inventando: l’ora esatta in cui era uscita di casa e rientrata, notazioni sul tempo atmosferico, tutto messo per iscritto con voci del tipo: N1T2″0412* //**KL1704 (1° novembre, giovedì, pioggia, uscita alle 12.04, rientrata alle 4.17, con i dettagli dell’incontro nel mezzo), in modo tale che a posteriori, quando veniva colta dal terrore che la cosa non fosse reale – che non fosse nulla, che non fosse neanche successa – poteva dare un’occhiata a quegli appunti e tranquillizzarsi

Jennifer Egan, Guardami, 2001, tr.it. M. Colombo, M. Testa, minimum fax 2012,  versione kindle, 3502-3507

Charlotte, un’adolescente che porta lo stesso nome della protagonista del libro – ed è figlia di una sua amica d’infanzia – ha una storia con un professore della sua scuola. L’uomo, più grande di lei, è capitato nella cittadina per caso; ha un comportamento misterioso ed effettivamente nasconde il segreto di una doppia vita, che Charlotte non può immaginare. Anche lei, nel suo piccolo, tiene riservata quella relazione, inventando un codice per registrare gli incontri con lui e quello che fanno insieme, un codice fatto di asterischi e slash, lettere maiuscole e numeri. Un codice che nasconde, ma che nello stesso tempo memorizza le ore trascorse a casa dell’uomo, i percorsi in bicicletta, la pioggia, come in questo primo di novembre. 

Dicono del libro
“Charlotte, modella trentacinquenne dalla carriera in lento declino, ma ancora inserita negli ambienti «in» di Manhattan, resta vittima di un rovinoso incidente stradale da cui esce viva, ma gravemente sfigurata; insieme al nuovo viso regalatole dalla chirurgia plastica deve costruirsi una nuova vita, e scoprirà che farlo nel mondo virtuale è più redditizio che in quello reale. Nel frattempo, nel paesino del Midwest di cui è originaria, una sua omonima, ancora adolescente, comincia una relazione con un insegnante di matematica di origini mediorientali che nasconde un pericoloso segreto. Un investigatore privato sulle tracce di un pr misteriosamente scomparso dalla scena notturna newyorkese farà sì che le storie delle due donne convergano”.

(Dalla scheda nel sito minimum fax)

Altre storie che accadono oggi

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“… Per il I di novembre, questi riti domestici erano ultimati e il bel mondo cominciava a guardarsi attorno…” Edith Wharton, L’eta dell’innocenza

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“… la Natura che si diletta di intorbidare e complicare le cose al punto che neppur oggi (il I novembre 1927) sapremmo dire perché saliamo le scale di casa nostra…”
Virginia Woolf, Orlando

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“… Era un cerchio d’oro, pari a una fede matrimoniale, che nell’interno portava incise le iniziali dei loro nomi, e la data: 1 – 11 – 1931…”
Elsa Morante, Aracoeli

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“… Inizia oggi il raccontastorie. Ovunque in Bretagna il raccontastorie inizia a Ognissanti, nel Mese Nero…”
Antonia S. Byatt, Possessione

 

31 Ottobre

31 ottobre 2013

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Con quell’idea buttai giù una breve domanda nella quale chiedevo, ad un’intelligenza immaginaria, in quale canto dell’Ariosto si trovasse la predizione del giorno della mia liberazione. Poi composi una piramide rovesciata con i numeri risultanti dalle parole della mia interrogazione, e sottraendo il numero nove da ciascuna coppia di cifre, trovai alla fine, per risultato, ancora il numero nove. Ritenni perciò che nel nono canto c’era quello che cercavo. Seguii lo stesso metodo per sapere in quale stanza, di quel canto, si trovava la predizione, e trovai il numero sette. Curioso infine di sapere in qual verso della stanza si trovasse l’oracolo, ottenni l’uno. Col cuore palpitante presi subito in mano l’Ariosto e trovai che il primo verso della settima strofa del nono canto era:

Tra il fin d’ottobre e il capo di novembre.

La precisione di quel verso, e il fatto di vederlo così appropriato al mio caso, mi sembrarono tanto mirabili che, senza dire di avervi prestato fede, il lettore mi vorrà perdonare se gli dichiarerò che mi disposi a fare tutto quello che dipendeva da me per favorire il verificarsi dell’oracolo. Lo strano è che “tra il fin d’ottobre e il capo di novembre” non v’è che mezzanotte, e fu precisamente al suono della campana di mezzanotte del 31 ottobre che io uscii dai Piombi, come il lettore vedrà

Giacomo Casanova, Fuga dai Piombi, 1787, ed. cons. a c. di G. Spagnoletti, Fuga dai Piombi – Il Duello, Rizzoli, 1989, pp. 132-133

Rinchiuso nella prigione dei Piombi a Venezia, Giacomo Casanova ha già tentato la fuga in agosto, ma un imprevisto cambio di cella ha mandato all’aria il suo piano. In ottobre, sta organizzando di nuovo la fuga fra Ognissanti e i Morti, quando gli Inquisitori di Stato prendono qualche giorno di vacanza. Cercando di decidere quale sia il giorno migliore per mettere in atto il progetto, Casanova confida in una rivelazione e si affida a un metodo usato nella sua epoca: la consultazione di un libro come se fosse un oracolo. Poiché ha a disposizione l’Orlando Furioso, Casanova – con un sistema che traduce le parole in numeri – interroga il poema dell’Ariosto e ottiene come responso un verso da cui deduce che la data migliore per fuggire corrisponde alla notte del 31 ottobre. 


Dicono del libro
“L’altro racconto, composto nel 1787, riguarda invece un leggendario episodio della sua giovinezza: la fuga dai Piombi, il carcere più tetro e inviolabile di Venezia, avvenuta il I novembre 1756, dopo quindici mesi di orribile prigionia. L’evasione, ingegnosamente preparata e abilmente eseguita, fu una perfetta avventura da romanzo (anche se molti – e il Foscolo fra i primi – le diedero scarso credito) e insieme l’inizio di un mito che Casanova alimentò per il resto della sua turbinosa esistenza”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.

Altre storie che accadono oggi

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“… Il matrimonio cominciava per davvero. Il mattino dell’ultimo d’ottobre sbarcammo a Tunisi…”
André Gide, L’immoralista

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“… dal giorno in cui divenni amico di Tarquinio sul serio, che fu la sera del 31 ottobre nella bottega del fabbro-tipografo…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Jim è nato un minuto dopo mezzanotte, cioè il 31 ottobre. -Halloween” – disse Jim…”
Ray Bradubury, Il popolo dell’autunno

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“… diceva di sentire l’effluvio del male in giro la sera del 31 ottobre, la vigilia di Onnisanti…”
Nelida Milani, Una valigia di cartone

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“… Intanto, mio padre annotava su un libro di tela azzurra, dal titolo Mein Lebenslauf, le date della mia vita. Riguardo al Bausler Institut si legge: sua visita il 31 ottobre…”
Fleur Jaeggy, I beati anni del castigo

30 Ottobre

30 ottobre 2013

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Ora devo dirti quello che mi è capitato. Lo devo, lo capisco, ma al solo pensiero mi esce dal petto una risata folle. O mio carissimo Lotario, non so come incominciare per farti sentire almeno in parte come ciò che mi è toccato alcuni giorni  orsono abbia potuto veramente distruggere la mia vita. Se tu fossi qui, potresti vedere con i tuoi occhi; così invece mi prenderai per un visionario farneticante. Per farla breve, la cosa orrenda che mi è capitata (e invano mi sforzo di allontanarne l’impressione mortale) consiste in questo: che alcuni giorni fa, il 30 di ottobre, esattamente a mezzogiorno, un venditore di barometri entrò nella mia stanza e mi offerse la sua merce. Io non comprai nulla e minacciai di buttarlo giù dalle scale: dopo di che se ne andò da sé

Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, L’uomo della sabbia, 1815, tr. it.E. Pocar, in L’uomo della sabbia e altri racconti, Rizzoli, 1983, p. 13

Il racconto L’uomo della sabbia si apre con la lettera del protagonista Nataniele all’amico Lotario e con una data, il 30 ottobre, che segna l’ingresso – o meglio il ritorno – di un personaggio inquietante nella vita del giovane. Da bambino, infatti, Nataniele ha avuto modo di conoscere e temere l’avvocato Coppelius che la sera si intratteneva col padre in esperimenti chimici. Nella sua immaginazione, ha identificato Coppelius con il fiabesco “uomo della sabbia” , che getta manciate di sabbia negli occhi ai bambini che non vogliono andare a dormire. Responsabile della morte del padre, Coppelius è sparito dalla vita di Nataniele.  Finché un 30 ottobre uno strano personaggio, che si fa passare per un piemontese di nome Giuseppe Coppola, compare nella casa del giovane, portando strumenti ottici dai poteri magici e fatali. 

Dicono del libro
“Come scriveva il poeta Alfred Klabund, non conviene leggere questi racconti prima di andare a dormire, perché si rischia di passare una notte insonne e di sentire fantasmi e demoni ‘premere come incubi sulla coperta e sui guanciali finché i primi bagliori dell’alba non vengano a metterli in fuga’. La potenza di Hoffmann sta nel saper penetrare il reale e scoprire cosi quell’abisso abitato da demoni e spettri che non e diverso dal mondo in cui gli uomini trattano i loro affari, ma che ad esso si mescola e si sovrappone”.
(Dalla scheda del libro sul sito Rizzoli)

Altre storie che accadono oggi

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“… Quando scesero per colazione la mattina del 30 ottobre, scoprirono che la Sala Grande era stata addobbata durante la notte…”

Joanne K. Rowling, Harry Potter e il calice di fuoco

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“… Nightshade. Che strano cognome. E’ appropriato -disse Will Halloway -io sono nato un minuto prima di mezzanotte, il 30 ottobre…”
Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno

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“… Il 30 ottobre festeggio il mio compleanno in una delle osterie più popolari della città con i miei compagni di bevuta…”
Agota Kristof, La terza menzogna (Trilogia delle città di K)

29 Ottobre

29 ottobre 2013

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Comunque, questa era la situazione quando il Duce era venuto a inaugurare Pomezia, il 29 ottobre 1939: il mondo era in guerra. Ma ciò che le sembrerà più strano è che per noi Peruzzi la cosa più grave non fosse questa – ossia la guerra – bensì che quel giorno a Pomezia a inaugurare la nuova città non ci fosse più, insieme al Duce, l’Edmondo Rossoni. S’era stufato anche di lui stavolta. Cacciato

Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, 2010, Mondadori, p. 340

Fra il 29 ottobre del 1937, quando viene inaugurata Aprilia – città di nuova fondazione nell’Agro romano –  e  il 29 ottobre del 1939, quando è inaugurata Pomezia, il mondo è cambiato. La Germania di Hitler, sempre più potente, ha bombardato Guernica, ha iniziato la persecuzione degli ebrei e ha invaso la Polonia. Mussolini segue l’alleato tedesco, aderendo alla politica antisemita con le leggi razziali del ’38. Fra i tanti deportati nei campi di concentramento, troverà la morte anche  “il figliastro di Petrucci, uno di quei due architetti di Aprilia e di Pomezia”. Dal punto di vista della famiglia Peruzzi – la cui storia è raccontata nel libro insieme a quella della bonifica  delle paludi pontine – la data segna la caduta della fortuna politica del compaesano, e protettore, Edmondo Rossoni, in un giorno, un 29 ottobre,  che condensa vicende private, anniversari e decisioni storiche. 

Dicono del libro
“Canale Mussolini è l’asse portante su cui si regge la bonifica delle Paludi Pontine. I suoi argini sono scanditi da eucalypti immensi che assorbono l’acqua e prosciugano i campi, alle sue cascatelle i ragazzini fanno il bagno e aironi bianchissimi trovano rifugio. Su questa terra nuova di zecca, bonificata dai progetti ambiziosi del Duce e punteggiata di città appena fondate, vengono fatte insediare migliaia di persone arrivate dal Nord. Tra queste migliaia di coloni ci sono i Peruzzi. A farli scendere dalle pianure padane sono il carisma e il coraggio di zio Pericle. Con lui scendono i vecchi genitori, tutti i fratelli, le nuore. E poi la nonna, dolce ma inflessibile nello stabilire le regole di casa cui i figli obbediscono senza fiatare. Il vanitoso Adelchi, più adatto a comandare che a lavorare, il cocco di mamma. Iseo e Temistocle, Treves e Turati, fratelli legati da un affetto profondo fatto di poche parole e gesti assoluti, promesse dette a voce strozzata sui campi di lavoro o nelle trincee sanguinanti della guerra. E una schiera di sorelle, a volte buone e compassionevoli, a volte perfide e velenose come serpenti. E poi c’è lei, l’Armida, la moglie di Pericle, la più bella, andata in sposa al più valoroso. La più generosa, capace di amare senza riserve e senza paura anche il più tragico degli amori. E Paride, il nipote prediletto, buono e giusto, ma destinato, come l’eroe di cui porta il nome, a essere causa della sfortuna che colpirà i Peruzzi e li travolgerà”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… 29 ottobre. Sto scrivendo sul treno cha va da Varna a Galati…”
Bram Stoker, Dracula

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“… 29 ottobre 1260, completa il professore, senza mostrare sul volto il minimo dispiacere per quei due  ragazzi. Ci tiene alle date…”
Giovanni Mosca, Ricordi di scuola (segnalazione di Sandra Muzzolini)

 

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“… 29 ottobre. Ho compiuto diciassette anni. Non ne sono né fiera né contenta…”
Tahar Ben Jelloun, A occhi bassi

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“…29 ottobre, 1962. Era tornato a New York, nel grembo della sua coscienza, per uno spettacolo di mezzanotte alla Carnegie Hall…”
Don DeLillo, Underworld

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“… Ghiànnina, 29 ottobre Fui svegliata da una vaporosa luce turchese che mi riempiva il volto. Tutta la stanza ne era illuminata…”
Ersi Sotiropùlu, Tre giorni festivi a Ghiànnina

28 Ottobre

28 ottobre 2013

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Accanto alla finestra è appeso un termometro, leggo la temperatura della stanza: diciotto gradi. Piuttosto gradevole: Eppure ho freddo. Vado nell’ambulatorio, prendo un’aspirina. Sarai forse sorpreso di quanto siano precisi i miei ricordi di quel giorno, di quelle ore. Ci ricordiamo con tanta esattezza soltanto degli avvenimenti storici dei quali siamo stati testimoni oculari, oppure delle circostanze in cui è avvenuta la morte di una persona cara, e ne parliamo allo stesso modo, con l’identica assurda pedanteria: era martedì, l’una e mezza del pomeriggio, il ventotto di ottobre

Sándor Márai, Divorzio a Buda, 1935, tr. it. L. Sgarioto, Adelphi, Milano, 2002, p. 170

La vita del giudice Kristóf Kómives, nella città di Budapest, fra le due guerre, segue un ritmo regolare, e i giorni scorrono seguendo il calendario pubblico delle udienze civili e quello privato della famiglia. Alla vigilia di una causa di divorzio che deve presiedere, l’uomo riceve la visita di un suo vecchio compagno di scuola – Imre Greiner – che ora è medico ed è uno dei coniugi il cui matrimonio – con una donna di nome Anna – dovrebbe essere sciolto l’indomani. Entrambi alle soglie dei quarant’anni, il giudice e il dottore non si sono mai frequentati, ma le loro vite sono strette da un nesso imprevedibile e involontario, che verrà svelato nel corso del lungo racconto che Imre  fa al giudice. La memoria gioca un ruolo decisivo, sia per Kristóf che ascolta episodi del passato a cui non aveva più ripensato (se non in sogno), sia per il medico, che rievoca i più minuti dettagli del giorno in cui la realtà ha perso, per lui, il suo senso familiare, pur rimanendo tutte le cose – in apparenza – al loro posto, nello spazio e nel tempo. 

Dicono del libro
“Un triangolo amoroso tutto intessuto di passioni negate, di silenzi e di impossibili confessioni: questo il tema di Divorzio a Buda, che Márai scrisse pochi anni prima delle Braci e che del capolavoro a venire ha già tutta la magistrale, implacabile, bruciante esattezza.Scritto nel 1935, Divorzio a Buda ebbe una seconda edizione, rivista dall’autore, nel 1939″
(Dal risvolto dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Guarda qui. Il giorno dell’Apocalisse si sta avvicinando: Il ventotto di ottobre. Dicono la data esatta…”
Don DeLillo, Underworld

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“… Lo avevo dentro sin da piccolo, ma per caso me ne sono accorto il ventotto ottobre 1982…”
Manuel Vázquez Montalbán, Il pianista

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“… Cristina la conobbi  una sera di autunno, un 28 ottobre, in un night di via della Vite dove non avevo mai messo piede…”
Sandro De Feo, La giudìa

Le vedute con data di Ben McLaughlin

BenL’artista britannico Ben McLaughlin (nato nel 1969) è autore di decine di quadri nel cui titolo è segnata una data, nel formato mese, giorno, anno (talvolta anche ora) insieme con la trascrizione di un fatto. Spesso drammatici, i titoli contrastano con le immagini di strade, locali, giardini, dipinti con una cultura visiva memore di Hopper. Definiti come una “quinta dimensione” dei dipinti, i titoli sono il residuo dell’accumulo di notizie lette sui giornali o ascoltate alla radio nell’arco di una giornata. La data è l’oggetto di un lavoro accurato da parte di questo artista (come lo è stato in modi diversi per Andy Warhol o per On Kawara), che annota in piccoli album le effemeridi del sole e della luna, la qualità dell’aria a Londra, le definizioni non trovate nel cruciverba e la notizia di prima pagina del giornale. “The prettier the painting, the more sinister the title”: più un’immagine è piacevole, più il titolo può essere sinistro. In quest’affermazione del pittore si riflette, rovesciata, la tradizione di certi sistemi di memoria, per i quali, per ricordare qualcosa bisogna associarla a una figura insolita e straniante. Qui l’immagine è familiare, mentre il titolo non lo è, collegando la data di un giorno qualsiasi in un posto qualsiasi a un fatto singolare, a un evento politico. Una strada con le strisce, il lampione e tranquilli passanti porta come titolo – per esempio – la notizia dei tragici disordini nello stato di Timor Est: September 07 1999: Indonesian Army and militia groups continue to run amok in East Timor. Sono opere che hanno a che fare con la memoria, con i meccanismi che fissano informazioni esterne sulla scena quotidiana, mentre la data fa da cerniera e registro. L’artista ha dedicato serie di opere anche ai giorni della settimana e alle ore. Una selezione su Bridgeman Art Library. (a.s.)

27 Ottobre

27 ottobre 2013

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Il 27 ottobre, alle sei di sera, mi restavano diciassette lire e cinquanta. Presi la pistola, il pacco delle lettere e discesi. Ebbi cura di non chiudere la porta, per poter rientrare più presto quando avessi fatto il colpo. Non mi sentivo bene, avevo le mani fredde e il sangue alla testa, gli occhi mi pizzicavano. Guardavo i negozi, l’edificio delle scuole, la cartoleria dove compro le matite, e non li riconobbi. Mi dicevo: “Che strada è questa?” Il boulevard Montparnasse era pieno di gente. Mi spingevano, mi ricacciavano indietro, mi urtavano con i gomiti o con le spalle. Mi lasciavo sballottare, mi mancava la forza per farmi largo tra loro. Mi vidi d’un tratto nel cuore di questa folla, orribilmente piccolo e solo

Jean-Paul Sartre, Erostrato, 1939, tr. it. E. G., in Il muro, Einaudi 1974, pp.79-80

Come Erostrato, che incendiò il tempio di Efeso procurandosi una fama duratura e sinistra, Paolo Hilbert ha deciso di compiere un atto gratuito ed eclatante, diretto contro il genere umano. Con una pistola carica di sei colpi, progetta di uccidere un gruppo di passanti in un boulevard parigino, per poi scappare e togliersi a sua volta la vita. Le cose non andranno come egli se le immagina nei suoi piani esaltati e deliranti. A partire dalla data scelta per l’azione, il 27 ottobre, quando decide di rimandare “all’indomani l’esecuzione del progetto”, andando a cenare alla Coupole per sedici franchi e ottanta. 

Dicono del libro
“Motivo comune dei racconti raccolti in questo volume è l’antitesi fra coraggio e viltà: una diversa attitudine di fronte alla vita nei diversi personaggi, che un febbrile monologo interiore svela in un attimo oscuro e bizzarro del loro destino”.

(Dalla quarta di coperina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…27 ottobre. Che cosa fa il marziano? Si attendono novità e si sperano grosse novità…”
Ennio Flaiano, Un marziano a Roma

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“… La donna recitò il rosario. quanti ne abbiamo oggi? 27 ottobre…”
Gabriel García Márquez, Nessuno scrive al colonnello

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 “…la capacità di superare la distanza tra desiderio e azione. È tutto scritto qui, signore, 27 ottobre…”
Alexander Maksik, Non ti meriti nulla (segnalazione di Sandra Muzzolini)

 

 

26 Ottobre

26 ottobre 2013

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Il Dottor Augusto Vanghetta, pretore in sottordine con quasi quindici anni di carriera alle spalle, arrivò a Cuvio, dove era stato destinato in qualità di titolare, nel pomeriggio del 26 ottobre 1930. Negli uffici della sua nuova sede, ricavati al piano nobile d’un palazzo secentesco, non trovò il predecessore, partito il giorno prima, ma soltanto un vecchio cancelliere, che dopo avergli fatto visitare la sala delle udienze, l’archivio, la stanza dei corpi di reato e i locali dell’ufficiale giudiziario, lo lasciò solo in un ampio salone sulla cui porta era fissata una targa di smalto con scritto: Gabinetto del pretore. Seduto alla scrivania, diede una sbirciata al ritratto di Vittorio Emanuele III e a quello di Mussolini appesi alla parete che aveva di fronte, poi girò lo sguardo sulle librerie e sull’armadio, fermandolo alla finestra che dava verso la valle. Trovati buoni i mobili, piacevole la vista e comoda la poltrona, si sentì soddisfatto. Che altro poteva desiderare dalla vita, ormai che era pretore titolare di Cuvio?

Piero Chiara, Il pretore di Cuvio, 1973, Mondadori 1973, p.9

La storia del cinquantenne Augusto Vanghetta, “laureato miracolosamente”  e diventato pretore grazie a una legge destinata a ripopolare l’organico della magistratura dopo la guerra, si svolge nella città di Cuvio, in provincia di Varese. Dedito più alle donne e agli affari che alla sua attività, Vanghetta trascorrerà a Cuvio tre anni, accorgendosi in ritardo che il giovane assistente di studio e vicepretore ha una relazione con sua moglie Evelina, dentro la sua stessa casa. Quando arriva a Cuvio, la carriera di Vanghetta sembra avviata verso il successo e la stabilità, il pomeriggio del 26 ottobre 1930. 

Dicono del libro
“Un pretore cinquantenne non attraente, ma che attrae donne di ogni condizione, in un paese della Valcuvia, con il prestigio delle sue funzioni e le inconsuete virtù di un virilità irresistibile; sua moglie, minore di vent’anni, che sfiorisce in solitudine finché il giovane di studio non le ridà, insieme con un amore appassionato, la bellezza; il tramonto delle fortune del pretore, travolto da un giro di debiti e di avventure”.

(Dalla bandella dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 26 ottobre. Ho vagato lungo la costa per quasi tutto il giorno, alla ricerca di un posto ove fissare la mia abitazione…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“…Otto, forse nove giorni erano trascorsi così, ma il decimo, il 26 ottobre, Orlando se ne stava sdraiato fra l’erba…”
Virginia Woolf, Orlando

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“… E, «siccome era disgraziato», capitò a Roma esattamente il 26 ottobre, con le prime ventate di Caporetto…”
Giuseppe Antonio Borgese, Rubè

 

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“… E mia nonna strillava verso lo stradone a notte fonda, la notte del 26 ottobre..”
Antonio Pennacchi , Canale Mussolini

25 Ottobre

25 ottobre 2013

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Poi scoppiò la rivoluzione e per ognuno di noi, anche se in momenti diversi, l’esistenza cambiò. Per qualcuno, ciò avvenne quando salì a bordo di una nave a Sebastopoli, per altri quando i soldati di Budennyj entrarono in un villaggio della steppa. Per me, nel bel mezzo della placida vita di Pietroburgo. Non c’erano lezioni al Conservatorio. Mitenka, che era a Pietroburgo già da un mese (era venuto a studiare composizione), arrivò da noi la mattina del 25 ottobre, mentre la mamma era a letto con l’influenza. Suonò il piano, mangiammo, poi si addormentò. Come mi ricordo quel giorno! Non so perché, ero indaffarata a cucire qualcosa. La sera giocammo a carte tutti e tre, mi rammento persino che a cena avevamo mangiato manzo e cavolo

Nina Berberova, L’accompagnatrice, (1934) 1985, tr. it. L. Prato Caruso, Feltrinelli 1987, pp.15-16

Prima di diventare accompagnatrice di una famosa cantante, Sonečka, la giovane pianista russa che narra questa storia, ha vissuto nella povertà e nell’umiliazione. Figlia unica di una professoressa di pianoforte, non ha mai conosciuto il padre – un giovanissimo allievo della madre- e vive delle scarse lezioni di piano che si riescono a impartire, negli anni che seguono la rivoluzione d’ottobre. L’incontro – nel 1919 – con la cantante Marija Nikolaevna, bella, amata dagli uomini e acclamata dal pubblico, porterà un cambiamento fatale nella sua vita, fatta fino ad allora di poche  presenze. Tra queste c’è Mitenka, l’unico allievo rimasto alla madre. Grazie a lui, Sonečka conoscerà la cantante e la seguirà fino a Parigi, grazie alla visita che Mitenka fa alle due donne, a Pietroburgo la mattina del 25 ottobre, giorno indimenticabile per la catena di conseguenze imprevedibili a cui dà inizio.


Dicono del libro
“Il fascino e l’invidia, la sottile crudeltà e l’ambivalenza, le sfumature e le ombre nel rapporto tra due donne di diversa condizione e fortuna. Il legame tra una povera pianista – l’accompagnatrice – e una cantante di successo. Scritto nel 1934 e pubblicato nel 1985 in Francia, è stato accolto con grande favore dalla critica e dal pubblico, imponendo all’attenzione una scrittrice che con Blok e Gorkij, Pasternak e Nabokov, e i molti altri autori da lei frequentati, appartiene a pieno titolo alla storia letteraria e intellettuale del Novecento”.

(Dalla quarte di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 25 ottobre, 1962 Oggi era giovedì. La prima volta che avevano sentito il pieno impatto del pericolo era stato il lunedì sera, quando il presidente s’era rivolto alla nazione…”
Don DeLillo, Underworld

24 Ottobre

24 ottobre 2013

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Sul tavolo, altre carte, appunti, un testo di Caviglia, uno dell’austriaco Schwarte, le Note di Capello, i Ricordi di Ludendorff, sedicesimi in collezione con gli ordini d’operazione, i fonogrammi, i bollettini quotidiani, e fogli bianchi tenuti distesi da puntine da disegno.
Il problema consiste nel bloccare l’Alpenkorps bavarese che, scattato nella nebbia alle otto del mattino del 24 ottobre 1917, sulla riva sinistra dell’Isonzo, partendo dal campo trincerato di Tolmino, dà il via alla grande offensiva degli Imperi Centrali contro l’Italia. (…)
Cadorna come quell’altro, quel giocatore di bocce!, quell’astigiano innominabile, quella testa di popone secco, bell’esemplare di questo nostro popolo di schiavi: basterebbe la sua storia, dalle ore 20 del 24 ottobre 1917, come comandante del XXVII Corpo d’Armata, fino al settembre dei ventisei anni dopo, basterebbe la sua storia a qualificarci per quel che siamo…

Giovanni Arpino, L’ombra delle colline, 1964, ed. cons. Mondadori, 1970, p.30, p. 34

Stefano, il protagonista di questo racconto, torna da Roma – città dove lavora – in Piemonte, dove vive il padre, che è stato colonnello dell’esercito. Deluso dalla storia d’Italia, soprattutto dall’armistizio del 1943, il vecchio vive ritirato e passa le giornate in una stanza tappezzata di carte militari e mappe dei campi di battaglia della prima guerra mondiale. In quella stanza, rievoca le fasi della battaglia di Caporetto, immaginando variazioni nella strategia che potessero evitare la sconfitta delle truppe italiane. La data di inizio della battaglia, il 24 ottobre 1917, è ripercorsa nelle diverse ore: le otto del mattino, inizio dell’offensiva; le due del pomeriggio; le otto di sera, quando viene richiamato – senza farne il nome – Pietro Badoglio, che quel 24 ottobre comandava il 27° corpo d’armata. 

Dicono del libro
L’ombra delle colline è la storia del viaggio da Roma al Piemonte di un’inquieta coppia, Stefano e Lu: una storia che assume, con limpida forza d’espressione, la cadenza di un itinerario e, nell’intrico di accensioni e discordanze amorose, diventa esame di tutta una vita. Fuse entro il viaggio si muovono, tutt’altro che placate, le memorie di Stefano, dall’infanzia a un’adolescenza folgorata dalla guerra”.
(Dalla quarte di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Andrea, dopo una breve sosta a  Napoli, giunse in Roma il 24 di ottobre, una domenica, con la prima gran pioggia…”
Gabriele D’Annunzio, Il piacere

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“… Ecco il 22, il 23, il 24 di ottobre del 1920: egli si avvicinava sempre più, ad ogni pagina che voltava, a quello che considerava il fatto più importante della sua vita..”
Alberto Moravia, Il conformista