4 Settembre

4 settembre 2013

 

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Grazie alle informazioni forniteci dalla Piccola Sarta seguimmo quasi ora per ora ciò che avvenne nel villaggio di Quattrocchi nei giorni che precedettero la sua partenza, prevista per il 4 settembre. Per essere al corrente degli eventi le bastava far la tara alle chiacchiere dei clienti, uomini  e donne, grandi e bambini, che da tutti i villaggi andavano a servirsi da lei. Niente poteva sfuggirle. Allo scopo di celebrare degnamente la fine della rieducazione, Quattrocchi e la poetessa sua madre annunciarono che il giorno prima della partenza ci sarebbe stata una magnifica festa

Dai Sijie, Balzac e la Piccola Sarta cinese, 2000, tr. it. Ena Marchi, Adelphi, Milano, 2001, p. 91

All’inizio degli anni Settanta, due ragazzi cinesi di città, figli di dissidenti, sono costretti a trascorrere un periodo di rieducazione in un villaggio di montagna. Lavorano duramente nei campi e nella miniera, trasportando secchi di letame e dormono in una povera casa costruita su palafitte. Hanno con loro un violino, portato dalla città, e una piccola sveglia che provoca l’ammirazione degli abitanti del villaggio e a cui – talvolta – spostano le lancette per dormire di più, finendo per “perdere qualunque nozione del tempo reale”. La fatica delle loro giornate è alleviata, di tanto in tanto, da uno spettacolo cinematografico, a cui il capo-villaggio li manda per poter poi ascoltare il racconto del film e dall’incontro con la piccola e vivace figlia del sarto, affascinata dai romanzi occidentali. La scoperta che un altro ragazzo in rieducazione – chiamato Quattrocchi – nasconde gelosamente nella sua abitazione un baule pieno di volumi proibiti convince i due amici a organizzare il furto dei libri, approfittando del rientro di Quattrocchi in città, fissato per la giornata spartiacque del 4 settembre. 

Dicono del libro
“La storia è remota ma parla a ciascuno di noi: perché racconta di come la lettura, grazie alla segreta malia di una misteriosa, preziosissima valigia di libri occidentali proibiti, riesca a sottrarre due ragazzi, colpevoli soltanto di essere figli di ‘sporchi borghesi’, a svariate torture e permetta anche a uno di loro di conquistare la ‘Piccola Sarta cinese’. Così, pur vivendo in mezzo agli orrori della ‘rieducazione’, i due ragazzi e la Piccola Sarta scopriranno, in virtù di qualche goccia magica di Balzac (e di Dumas, e di Flaubert, e di Kipling), che esiste un mondo fatto di pura, avventurosa bellezza”.
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 4 settembre mi trovavo nel giardino del console di Danimarca, uno dei punti più elevati della costa…”
Jan Potocki, Viaggio nell’impero del Marocco

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“… 4 settembre (…)  Le foglie del mio cuore ingialliscono; quelle degli alberi sono già cadute…”
Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther

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“… Il quattro di settembre, forse in seguito a uno scherzo, credette d’essere stato nominato prefetto…”
Guy de Maupassant, Pallina

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“… Quattro settembre, muore/oggi un mio caro amico e con lui cortesia/una volta di più e questa forse per sempre…”
Vittorio Sereni, Niccolò

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“… 4 settembre. Norman Bates, spaventosamente normale, mette giù il telefono. L’uomo contro la parete correva avanti col pensiero…”
Don DeLillo, Punto omega (Vai a Un film lungo 24 ore. “Psycho” per l’artista Douglas Gordon e lo scrittore DeLillo)

3 Settembre

3 settembre 2013

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La cosa spaventosa era la montagna che sorge alla estremità est, una strana montagna come quelle birmane con piani livellati e terrazze imbronciate e sulla cima uno strano cappello da risaia che io seguitavo a fissare sentendomi stringere il cuore anche all’inizio quando godevo di buona salute e stavo bene (e in questo canyon sarei impazzito in sei settimane nella notte del plenilunio del 3 settembre)…

Jack Kerouac, Big Sur, 1962, tr. it. B. Oddera, Mondadori, 1976, p. 20

Emanuele Bevilacqua, autore di Guida alla Beat generation e di Album Beat. La generazione di Kerouac, commenta il 3 settembre richiamato, nel libro Big Sur, dallo scrittore Jack Kerouac e racconta la storia inedita dell’incontro mancato fra lo stesso Kerouac e Henry Miller:

“E in questo canyon sarei impazzito in sei settimane nella notte di plenilunio del 3 settembre”. Jack Kerouac scrive Big Sur, uno dei suoi libri più inquieti, quando è già famoso, On the Road era uscito tre anni prima. E’ il 1960, il Re dei Beat è perseguitato dai fan, dai giornalisti, ma soprattutto dall’alcol, cerca rifugio in quest’angolo di costa della California. Chiede a Lawrence Ferlinghetti, editore e poeta, di prestargli il suo piccolo cottage di Bixby Canyon a Big Sur. 
Kerouac rimarrà turbato da quei luoghi, dove la natura trionfa e ridimensiona il ruolo dell’uomo. Jack arriva a Big Sur di notte, quei canyon a precipizio sul mare, il Pacifico che urla fra le gole e il buio quasi totale lo schiacciano. Resisterà pochi giorni, non le sei settimane programmate. Nella sua fuga proverà l’umiliazione di non essere caricato in auto da quelle famigliole che transitano sulla Highway 101. Lo scrittore famoso per la sua avventura sulla strada, è costretto a percorrere a piedi un lungo tratto di strada, ignorato forse da alcuni dei suoi stessi lettori. (e.b.)

Jack Kerouac scrive Big Sur in omaggio a Henry Miller, considerato un po’ il padre della Beat generation. In quegli anni Miller viveva proprio a Big Sur, lo scrittore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno aveva scelto quei luoghi impervi per isolarsi e scrivere, lontano dalla leggerezza di Los Angeles. Fra l’altro qui scrive anche Big Sur e le arance di Hieronymous Bosch. È curioso che, nonostante la stima reciproca, i due non si siano mai incontrati e che, anzi, Kerouac sia stato protagonista di un appuntamento mancato clamorosamente a Big Sur.
Miller lo aveva invitato a trascorrere qualche giorno da lui, ma Jack non si presentò mai.
L’incontro lo aveva organizzato Lawrence Ferlinghetti. Jack è entusiasta dell’idea,  finalmente l’allievo potrà conoscere il suo maestro spirituale.
Kerouac parte da San Francisco, esce dalla libreria di Ferlinghetti, la City Lights Books ma non fa che pochi passi, lì accanto c’è (e c’è ancora) il Vesuvio, ritrovo di perditempo e di artisti. Decide di bere qualcosa prima di incamminarsi. Telefona a Miller per avvisare che sta arrivando. Poi beve un altro goccetto, si fa tardi. Jack non riesce proprio a uscire dal locale. Forse sente il peso dell’incontro, forse è solo l’alcol che lo impigrisce. Telefona di nuovo annunciando il ritardo, poi beve ancora e ancora, e ancora telefona, fino a notte tarda, mentre a Big Sur la cena si fredda e anche gli animi. Non lascerà il Vesuvio se non all’alba e il grande incontro non si farà, né allora né mai più. (Emanuele Bevilacqua)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il tre settembre, alle dieci di sera, un gendarme che risaliva al galoppo la via principale, svegliò tutta Verrières…”
Stendhal, Il rosso e il nero

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“…queste parole segnate con misteriose abbreviazioni sulla fondina d’una di quelle armi: “Armance ha provato a sparare con quest’arma, oggi 3 settembre 182…”
Stendhal, Armance

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“… Giunse così settembre, e con esso il giorno del mio compleanno, che era il giorno tre…”
José Maria Eça de  Queiroz, La città e le montagne

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“… Registrazione 28: 3 settembre. Ho perso dei giorni. Non sono più quasi consapevole dello scorrere del tempo…”
James G. Ballard, Ricordi dell’era spaziale

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“… 3 settembre 1939, mentre da Downing Street Chamberlain annunciava alla radio che il paese era entrato in guerra,  la quattordicenne Lily si trovava alla piscina…”
Ian McEwan, Sabato

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“… Il 3 settembre si portava con sé una leggera brezza di estate che se ne va e di quasi autunno…”
Teresa Ciabatti, Adelmo, torna da me

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“… Così, il 3 settembre dice: “Oggi è il mio compleanno. Sono riuscito ad arrivare ai trentotto. Non sono più giovane…”
Javier Marias, Tutte le anime

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“… It was the third of September / that day I’ll always remember…

Papa was a rolling stone, The Temptations

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“… Il 3 settembre 1973, alle 18, 28 minuti e 32 secondi, una mosca della famiglia dei Calliphoridi, capace di 14.670 battiti d’ali al minuto, plana su rue Saint-Vincent…”
Il favoloso mondo di Amélie  del regista J.-P. Jeunet, nato il 3 settembre 1953  (segnalazione di Valeria Reali)

2 Settembre

2 settembre 2013

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Nella vita di ognuno esistono momenti – quando la porta sbattuta all’improvviso e senza alcun visibile motivo di colpo si riapre, quando lo spioncino chiuso un attimo fa viene di nuovo aperto, quando un brusco “no” che sembrava irrevocabile si muta in “forse” -, momenti in cui il mondo intorno a noi si trasfigura, e noi stessi ci riempiamo di speranza come di nuovo sangue. È stata concessa una proroga a qualcosa di ineluttabile, definitivo; il verdetto del giudice, del dottore, del console, è stato rinviato. Una voce ci avverte che non tutto è perduto. E con gambe tremanti e lacrime di gratitudine passiamo nel locale adiacente, dove ci pregano di “aspettare un poco” prima di spingerci nel baratro. Così accadde anche a me quella sera, quando accanto a Ejnar facevo la fila aspettando l’autobus che avrebbe portato all’aeroporto Le Bourget i passeggeri in partenza per Stoccolma. Lui partiva, io restavo. Tra la folla, nel buio crocevia parigino (era il 2 settembre 1939), alle nove di sera, non c’erano altri accompagnatori oltre me

Nina Berberova, Il giunco mormorante, 1988, tr. it. D. Sant’Elia, Adelphi 1990, pp.11-12

Parigi, 2 settembre del 1939:  la notizia dell’inizio della guerra induce molti stranieri a lasciare la città. Un autobus, pieno di cittadini svedesi, percorre i boulevard in direzione dell’aeroporto Le Bourget. Fra di loro c’è una passeggera in più, una ragazza russa emigrata a Parigi, che non partirà per Stoccolma. Ha accompagnato Ejnar, il suo innamorato svedese, alla fermata dell’autobus ed è riuscita a salire, prolungando così i saluti per il tempo del percorso. Seduti in fondo al pullman, lei e Ejnar vedranno scorrere la città – insieme – per l’ultima volta. La guerra li separa, anche se lei non smetterà di conservare il ricordo di quell’uomo e, finito il conflitto, lo andrà a cercare a Stoccolma. Lo ritroverà sposato e distante, mentre il suo pensiero torna a quella giornata fatale: “Era davvero così necessario precipitarsi via dalla Francia allora, il 2 settembre di quel terribile anno?”.

Dicono del libro
“Due amanti si separano a Parigi all’inizio dell’ultima guerra. Anni dopo si ritrovano a Stoccolma. La loro storia è cominciata in quella ‘terra di nessuno dove l’uomo vive nella libertà e nel mistero’. Poi quella vita segreta era stata a poco a poco messa in ombra dalla ‘seconda vita’, la vita comune. E viene il momento di chiedersi: che cosa sussite di quella storia?
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Quel giorno era il due di settembre, e il discorso sarebbe continuato se non fosse stato l’anniversario di Sedan…”
Theodor Fontane, Effi Briest

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“… L’alba di mercoledì 2 settembre sorgeva sulle ‘Cornacchiaie’ di Whitechapel. A poco a poco i vetri rotti si soffusero di grigio sporco…”
Virginia Woolf, Flush. Una biografia

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“… Il due settembre doveva essere un giorno diverso dagli altri, in tutto, persino nei più insignificanti particolari…”
Bernardo Atxaga, Klaus Hanhn (Obabakoak)

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“… Il 2 settembre partiva per Le Havre a dare il via al Chandernagor. La fantastica avventura cominciava..”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso

Parole e musica per il I Settembre

Dalle tante storie che vi sono ambientate e dai tanti messaggi che arrivano su twitter e sul blog, è chiaro che il primo settembre è una data di svolta, una specie di capodanno: “Il primo settembre è il lunedì mattina dell’anno” (cit. da @azael).
Per leggere o ascoltare i suggerimenti inviati dai lettori  (da Guerra e pace  a Il vecchio e il mare, da Eskimo a Impressioni di settembre, passando per le poesie di D’Annunzio e Brecht e per una pagina di Carmelo Bene, nato il I settembre 1937),  ecco il link alla raccolta Parole e musica per il I settembre

E grazie a tutti quelli che hanno inviato segnalazioni:I_settembre

1 Settembre

1 settembre 2013

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La mattina del primo settembre Rossella si svegliò con una soffocante sensazione di terrore, un terrore che la sera prima aveva dimenticato nel sonno. Ancora assonnata pensò: “Di che cosa ero tanto preoccupata ieri sera? Ah sì, della battaglia. Stavano combattendo, ieri. Chi avrà vinto?”. Si drizzò a sedere in fretta, strofinandosi gli occhi; e il suo cuore turbato sentì nuovamente tutto il peso che lo angosciava il giorno prima. L’aria era opprimente anche in quell’ora mattutina, calda della promessa di un meriggio infocato. La strada era silenziosa. Nessun carro cigolava, nessun soldato sollevava col suo calpestio la polvere rossa. Nessuna pigra voce di schiavo dalle cucine del vicinato, nessun rumore piacevole di preparativi per la colazione, perché tutti i vicini, eccetto le signore Meade e Merriwether, si erano rifugiati a Macon. […] Mentre guardava dalla finestra, giunse alle sue orecchie un suono distante, debole come il brontolio di un temporale lontano. “Pioggia” pensò in un primo momento; e il suo spirito campagnolo aggiunse: “Ne abbiamo proprio bisogno”. Ma dopo un attimo: “Pioggia? Ma no! E’ il cannone!”

Margaret Mitchell, Via col vento, 1936, tr. it. A. Salvatore, E. Piceni, ed. cons. Mondadori 1989, pp. 299-300

Dopo un’estate di tempo cupo e di terribili battaglie, il primo settembre 1864 il fronte della guerra fra Nordisti e Confederati ha quasi raggiunto la città di Atlanta, dove Rossella O’Hara è rimasta ad assistere Melania, sorella di suo marito (morto al principio della guerra) e moglie di Ashley, il grande amore della stessa Rossella. Appena alzata, la giovane protagonista sente i colpi di cannone e teme per la sua famiglia rimasta a sud, a Tara. Melania entra nel travaglio del parto mentre la città cade in mano ai Nordisti; Rossella tenta la fuga, aiutata da Rhet Butler, l’uomo che infine sposerà – in terze nozze – per poi separarsene e, di nuovo, desiderare di riconquistarlo. Una giornata cruciale, quella del primo settembre, vissuta da Rossella con la naturale adesione al presente che la caratterizza, per cui ogni giorno è un altro giorno. 

Dicono del libro
“Ambientato nel Sud degli Stati Uniti nel periodo della Guerra Civile, forse l’evento più significativo nella storia degli Stati Uniti, Via col vento apparve nel 1936, quando il ricordo del sanguinoso evento era ancora ben vivo nella coscienza di molti americani. Rossella O’Hara, la giovane donna capricciosa e senza scrupoli protagonista del romanzo, affronta le avversità con spirito di conquista; incapace come il suo popolo di ‘riconoscere la sconfitta anche quando se la trova di fronte’, si appresta ad andare incontro al futuro pensando che ‘dopo tutto, domani è un altro giorno’. La società americana che si stava risollevando dalla profonda crisi economica iniziata dopo il crollo della borsa del 1929 accolse con un entusiasmo senza precedenti il messaggio del romanzo”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… I settembre 1659, lo stesso giorno in cui, otto anni prima, a Hull, ero fuggito dalla casa dei miei genitori, vestendo i panni del ribelle…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“… Già il primo di settembre, ho visto, attraverso lo stagno, due o tre piccoli aceri divenuti scarlatti…”
David H. Thoreau, Walden, ovvero Vita nei boschi

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“… Mi ricordo quando si tornava dalle vacanze, il I° settembre, e che c’era ancora tutto un mese senza scuola…”
Georges Perec, Mi ricordo

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“… Il 1 settembre siamo saliti in macchina… Quel giorno non l’ho mai dimenticato…”
Rosetta Loy, 1939 

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“… Questo è il biglietto per Hogwarts – disse – I settembre Kings’ Cross…”
Joanne K. Rowling, Harry Potter e la Pietra Filosofale

 

Per altri suggerimenti vai alla pagina Parole e musica per il I settembre

31 Agosto

31 agosto 2013

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Il 31 agosto, sabato, in casa Rostov tutto era sottosopra. Tutte le porte erano spalancate, tutti i mobili portati fuori o spostati, specchi e quadri tolti dalle pareti. Nelle camere c’erano ovunque bauli, mucchi di paglia, carta da imballaggio e corde. I contadini e i domestici che trasportavano la roba camminavano a passi pesanti sul parquet. In cortile si ammassavano i carri dei contadini, alcuni già stracarichi e legati, altri ancora vuoti

Lev Tolstoj, Guerra e pace, 1867-69, tr. it.P. Zveteremich, ed. cons. Garzanti, 1985, vol. III, p. 1283

Dopo la battaglia di Borodino, le truppe di Napoleone stanno avanzando verso Mosca e la città è “in subbuglio e in movimento”. Fra notizie incerte, voci e dicerie, gli abitanti si preparano a lasciare le loro dimore. Anche in casa dei Rostov, una delle famiglie di cui si raccontano le vicende in Guerra e pace, ci si prepara  alla partenza, imballando porcellane, cristallerie, vestiti e caricando i carri. È il 31 agosto, secondo il calendario giuliano ancora in uso nella Russia ortodossa, e la battaglia di Borodino– sempre secondo questo computo del tempo – è avvenuta il 26 agosto. Per i paesi cattolici che avevano attuato la riforma del calendario di Papa Gregorio XIII, la battaglia cade il giorno 7 settembre 1812. E l’ultimo giorno che i Rostov trascorrono nella loro casa, è contemporaneamente il 12 settembre e il 31 agosto del 1812.

Dicono del libro
“In una prefazione rimasta incompiuta a Guerra e pace, Tolstoj scriveva: ‘La mia intenzione in questo libro non era di fare una cronaca storica, e neppure di descrivere in modo romanzato le vicende di questo o quel personaggio, ma piuttosto di mostrare la vita e il carattere del popolo russo’.”
(Dall’introduzione all’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il trentuno d’agosto, si trovò a far ritorno al campo, non però con l’intera brigata, bensì con due batterie. Per tutta la strada continuò a fantasticare…”
Anton Čechov, Un bacio 

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“… L’ultimo giorno di agosto giunsero voci che riferivano come si stesse combattendo la più fiera battaglia dopo Atlanta…”
Margaret Mitchell, Via col vento

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“… Sabato 31 agosto, a una settimana dal ritorno di Jim a Wrightsville, Jim e Nora furono uniti in matrimonio dal reverendo Doolittle nella chiesa metodista…”
Ellery Queen, Il paese del maleficio 

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“… Rivedo il 31 agosto. Ingeborg dice quello che pensa e pensa che me ne sia andato…”
Roberto Bolaño, Il Terzo Reich

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“… Tra tutti i suoi incarichi, il più prestigioso era certamente quello di direttore della corsa dei barchini, che aveva luogo ogni 31 agosto …”
Teresa Ciabatti, Adelmo, torna da me

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“… Il 31 agosto, alle 4 del mattino, a un tratto, Amélie ha un’idea luminosa…”
Il favoloso mondo di Amélie, regia J.-P. Jeunet, 2001 (segnalazione di Valeria Reali)

30 Agosto

30 agosto 2013

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Una volta all’anno, ma sempre in un bel mese, mi arrivano per posta dieci cartoline illustrate di Napoli. Le ricevo tutte insieme, un pacchetto di immagini, un piccolo film; dietro ogni cartolina leggo semplicemente la data e una firma: Luigi De Manes. È un mio vecchio amico, fu giovane con me; scrive il mio indirizzo e il suo nome sulle cartoline e per il resto si rimette a ciò che esse presumibilmente resusciteranno nel destinatario, solo che costui voglia degnare di una affettuosa occhiata i luoghi riprodotti. Bene. Dieci “illustrate al platino”, ossia lucide e lisce come i medaglioni; dunque, caro Luigi, ecco i facilissimi pensieri che mi sono derivati dalle tue cartoline del 30 agosto, senti”

Giuseppe Marotta, Cartoline, in L’oro di Napoli, 1947, ed. cons. Bompiani, 1961, p. 79

Il 30 agosto, come ogni anno, il narratore – trasferitosi da Napoli a Milano – riceve dieci cartoline della sua città. Senza messaggi, portano solo la firma dell’amico che le invia e la data estiva, del “bel mese” di agosto, quando “l’aria odora di alberi e di carne giovane, non so, come se le foglie crescessero sul capo di un bambino”.
Tutte insieme, costituiscono un “piccolo film”, fatto di diversi episodi accaduti nelle strade, sulle spiagge, in barca. Memoria e nostalgia si condensano nelle dieci immagini che aprono un varco nel tempo e subito lo richiudono: “il passato non serve a niente e l’avvenire sembra o è altrettanto inutile”.

Dicono del libro
“Napoli, io, certe pietre e certa gente: ecco quanto, forse si troverà in questo libro. Nella vita di ogni uomo di penna, poeta, giullare o quel che è, arriva sempre un momento (che può durare poco o molto) in cui la sua materia decide di somigliargli, rivelandosi esclusivamente composta di fatti e di volti che gli appartennero o che lo sfiorarono”.
(Dalla Prefazione all’ed. Bompiani, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ufficio Stampa Militare, 30 agosto, ore 10,30 antimeridiane. Oggi, domenica, la gigantesca battaglia prosegue…”
Karl Kraus, Gli ultimi giorni dell’umanità

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“… 30 agosto: tornano le lacrime mattutine, morale a terra. Vicino ai quaranta, senso di fallimento totale…”
Cyril Connolly (Palinuro), La tomba inquieta

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“… La notte del trenta agosto 2039 un’ondata di caldo eccezionale soffocava gli Stati Uniti…”
Stefano Benni, Terra!

 

 

29 Agosto

29 agosto 2013

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Pietro  la tira più dentro nel garage “Io ti sposo, sai” le dichiara (lo farà tra una licenza e l’altra, nel ’42, e per raggiungerlo lei salirà e scenderà da un numero incredibile di treni nelle stazioni più disparate, in Grecia, in Albania, a Sebenico). Le mani le rialzano i capelli e reggono la sua testa come il calice del Santo Graal, Pia lo guarda e nella notte è in realtà bellissima, gli occhi e i capelli sembrano crepitare di luce propria, e mentre gli risponde la sua voce ha l’odore dell’erba e delle prugne, dell’edera lungo il muro. Una notte da ricordare per sempre. Per sempre il garage, l’edera, il giorno: 29 agosto 1939 

Rosetta Loy, La ragazza venuta per l’estate, 1984, in All’insaputa della notte, Garzanti 1990, p.126

Mentre la seconda guerra mondiale è sempre più vicina, in una famiglia in vacanza nella campagna di Casale nasce l’amore fra Pia Marcon, la ragazza venuta per l’estate a badare ai ragazzi, e Pietro, il figlio maggiore. Da una parte le notizie della guerra, i treni con i soldati, l’inquietudine, dall’altra i giochi in giardino, le letture di svago, i desideri. La notte del 29 agosto, Pia lascia il fidanzato del suo paese per Pietro che le promette di sposarla, come effettivamente farà, anche se quel “matrimonio di guerra, come si diceva allora”, sarà di breve durata. E la casa, il frutteto, il garage della promessa di matrimonio del 29 agosto verranno distrutte dai tedeschi. 

Dicono del libro
“Le storie che si intrecciano in questo libro sono tutte ambientate nell’estate del 1939, quando i destini delle persone che viaggiano il mondo, visitano Parigi e villeggiano a Cortina si ritrovano improvvisamente a confronto, sospinti dall’avvicinarsi della tempesta che travolgerà l’Europa”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Parto il 29 agosto col piroscafo Normannia…”
Edward M. Forster, Maurice

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“… Di che segno è? mi chiese lei. Della Vergine: sono nato la notte del 29 agosto, in pieno ciclone…”
René Depestre, L’invitato di una serata di giugno

 

28 Agosto

28 agosto 2013

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La creatura, in qualche modo, provvide ad aiutarla, con l’anticipare di alcune settimane la propria nascita, che era prevista per l’autunno, ma invece fu alla fine di Agosto, mentre Nino si trovava a un campeggio di avanguardisti. Il 28 di agosto, quando avvertì le prime doglie, Ida era sola in casa; e, presa dal panico, senza nemmeno preannunciasi con una telefonata, si mise su un tram verso l’indirizzo della levatrice

Elsa Morante, La Storia, 1974, Einaudi, p. 94

Concepito nel gennaio del 1941, dalla maestra Ida Ramundo e da un soldato tedesco di passaggio, il 28 agosto nasce – in anticipo – il figlio di quell’unione consumata nel quartiere romano di san Lorenzo. Ida è preoccupata di come dire del suo stato al figlio grande Nino, ed è sollevata dal fatto che il parto avvenga in anticipo, mentre il ragazzo è fuori. Quando il bambino nasce, “piccirillo”, “caruccio” e “con l’intenzione di sopravvivere”, malgrado le difficoltà del momento in cui è venuto al mondo, Ida deve superare lo scoglio di dichiararlo figlio di padre ignoto. Così, scrive su un foglio a lettere stampatello  “Giuseppe Felice Angiolino nato a Roma il 28 agosto 1941 da Ida Ramundo vedova Mancuso e da N. N.”

Dicono del libro
“A questo nuovo romanzo – pensato e scritto in tre anni (dal 1971 al 1974) e preceduto immediatamente da ‘Il mondo salvato dai ragazzini’ (1968) che in qualche modo ne rappresenta l’apertura – Elsa Morante consegna la massima esperienza della sua vita ‘dentro la Storia’ quasi a spiegamento totale di tutte le sue precedenti esperienze narrative”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… il gruppo di amici che aveva voluto festeggiare con molta cortesia il 28 agosto, mio compleanno…”
Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia

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“… Il 28 agosto: il giorno in cui vedemmo cinque iguanodonti vivi in una raduda della Terra di Male White…”
Arthur Conan Doyle, Il mondo perduto

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“… Ventotto agosto. Benone! Pochi giorni ancora: meno che un mese. Benone! E riponeva da parte il fogliolino del calendario…”
Luigi Pirandello, Pallottoline

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“… Oggi, 28 agosto 1913, alle due, prende l’anello e, per la prima e l’ultima volta dalla morte di mio nonno, lo sfila dall’indice…”
Ernst Weiss, L’Aristocratico
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“… Quello che sto per raccontarle qui a Vienna, oggi, il 28 agosto 1985, corrisponde a sacrosanta verità…”

Paolo Maurensig, Canone inverso (segnalazione di Sandra Muzzolini)
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“… Lo sai che è già passato un anno dal 28 di agosto…”
Dente, 28 agosto

27 Agosto

27 agosto 2013

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Era il 27 agosto 1926, alle quattro del pomeriggio, i negozi erano affollati, nei magazzini le donne facevano ressa, nelle case di moda le mannequins giravano su se stesse, nelle pasticcerie chiacchieravano gli sfaccendati, nelle fabbriche sibilavano gli ingranaggi, lungo le rive della Senna si spidocchiavano i mendicanti, nel Bois de Boulogne le coppie d’innamorati si baciavano, nei giardini i bambini andavano in giostra. A quell’ora il mio amico Franz Tunda, trentadue anni, sano e vivace, un uomo giovane, forte, dai molti talenti, era nella piazza davanti alla Madeleine, nel cuore della capitale del mondo, e non sapeva cosa dovesse fare.  Non aveva nessuna professione, nessun amore, nessun desiderio, nessuna speranza, nessuna ambizione e nemmeno egoismo. Superfluo come lui al mondo non c’era nessuno

Joseph Roth, Fuga senza fine, 1927,  tr. it. M. G. Paci Manucci, ed. cons. Adelphi 2010, p. 151

Il 27 agosto del 1926 si chiude il racconto di dieci anni di vita del tenente austriaco Franz Tunda. Le vicende narrate hanno inizio nell’agosto del 1916, quando Tunda è fatto prigioniero dai russi, riesce a fuggire dal campo con l’aiuto di un polacco, vive dimenticato nella taiga, cerca di tornare a Vienna, è catturato, liberato, coinvolto nella rivoluzione bolscevica. Senza dimenticare la sua fidanzata viennese, conosce diverse donne, si sposa anche, nella città di Baku. Ma ogni sosta – com’è stato detto – “è solo un momento di sospensione nel turbine di una fuga senza fine”, che si ferma a Parigi, dove – “gli pareva, era il suo posto e la sua fine” e dove  il narratore della sua storia lo incontra il 27 agosto.

Dicono del libro
“Dalla steppa siberiana all’asfalto di Parigi e Berlino, fra amori facili e amori impossibili: il romanzo del disincanto e dello smarrimento nell’aria di Weimar. «Io so soltanto che non è stata, come si dice, la ‘inquietudine’ a spingermi, ma al contrario – una assoluta quiete. Non ho nulla da perdere. Non sono né coraggioso né curioso di avventure. Un vento mi spinge, e non temo di andare a fondo» Joseph Roth”.

(Dalla scheda del libro nel sito Adelphi)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… 27 agosto, fu una delle date più importanti del viaggio sotterraneo. Quando me lo rammento, ancora mi batte il cuore dallo spavento…”
Jules Verne, Viaggio al centro della Terra

 

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“… presso all’orlo, portava una scritta ancora leggibile: ‘Le more: 27 agosto 1880. Memento!’…”
Gabriele D’Annunzio, L’innocente (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… Caro Mainardi – coraggio, l’estate sta per finire. Siamo al 27 agosto e il gran caldo di questi giorni non è che lo spasimo culmine…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“…. Una notte di agosto, di quelle agitate da un vento tiepido e tempestoso, camminavamo sul marciapiede indugiando e scambiando rade parole…”
Cesare Pavese, Fine d’agosto

26 Agosto

26 agosto 2013

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– Niente è accaduto, i fatti sono sempre quelli. I fatti sono lì; – era tornato alla tavola e premeva con le palme aperte sullo scartafaccio del Diario – quel che importa, che mi sconvolge, non sono i fatti, tutti li sanno; sono i rapporti, le concorrenze, la interpretazione; è qui – e con l’indice, lungo e secco che pareva un bastone, picchiava sui margini coperti di note minutissime in inchiostro rosso.
Maurizio ricordò i vaneggiamenti sul ventisei di agosto, che a suo tempo Carmela gli aveva raccontati, e respirò. Carmela uscì in un riso ebete, ma l’abate la fulminò. Narcisa rimaneva fredda e attenta. Poiché ora lo sguardo febbrile dell’abate era arrivato su lei, ella disse rigidamente:
– Per conto mio, le prometto il più rigoroso segreto.
– Ecco; lo confesso, io m’ero ingannato allora, quando ho trovato quella coincidenza di date


Massimo Bontempelli, Gente nel tempo, 1937, ed. cons. Mondadori 1942, pp. 114-115

“È a forza di anniversari che il tempo se ne va tanto presto, invece gli uomini ci hanno una vera passione”. Nella storia della famiglia Medici, le date hanno una fatale importanza, scandendo la successione della scomparsa dei componenti, a partire dalla nonna delle due protagoniste (le sorelle Nora e Dirce),  la “Gran Vecchia”, morta il 26 agosto del 1900. È una suggestione collettiva che coinvolge, oltre alla famiglia, l’intero paese e soprattutto l’abate Clementi, che registra su un Diario il ritmo “astrale” delle date di famiglia, a partire da quel 26 agosto di inizio secolo, per poi ammettere che “non importa morire, importa non sapere quando”. “Se uno quando c’è ci pensasse forte, ma ben forte, mi pare che il tempo non dovrebbe andarsene a questo modo”.

Dicono del libro
“La storia ha inizio il 26 agosto 1900, a Colonna, una cittadina dell’entroterra ligure, alla villa La Coronata, il giorno della morte della Gran Vecchia, e si snoda seguendo le vicende di personaggi tutti appartenenti alla stessa famiglia, per chiudersi allo scadere del 1925, all’alba, nello stesso luogo della scena iniziale, sulla drammatica sorte di follia e di morte delle sorelle Nora e Dirce. Autentiche e straordinarie figure femminili, vittime e insieme artefici del proprio destino”.
(Dalla scheda dell’ed. SE sul sito Amazon)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Decisi dunque di fuggire la notte dal 26 al 27 agosto…”
Giacomo Casanova, Fuga dai Piombi

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“… Dal 14 al 26 agosto, pioggia incessante, cosicché mi vidi costretto a non uscire…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“… 26 agosto 17** Hai letto questa storia terrorizzante e bizzarra, mia Margaret?…”
Mary Shelley, Frankenstein

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“… Avvistai la costa il 26 agosto, di mattina; non lontano, credo, da Hornsea, ma non vidi alcuna città…”
Matthew P. Shiel, La nube purpurea

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“… ‘Suonano le loro conche, chiamano Lighea per le feste della bufera’. Questa ci assalì all’alba del giorno ventisei…”

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

25 Agosto

25 agosto 2013

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“Che strano” diceva, “siamo due e siamo la stessa persona. Ma nulla è strano nei sogni. ”
Chiesi sgomento: “Allora, tutto questo è un sogno?”
Con la mano mostrò il flacone vuoto sul marmo del comodino.
“Tu avrai molto da sognare, però, prima di giungere a questa notte. In che data sei?”

“Non saprei con precisione” gli dissi confuso, “Ma ieri ho compiuto sessantun anni.”
“Quando la tua veglia arriverà a questa notte, ne avrai compiuti ieri ottantaquattro. Oggi è il 25 agosto 1983.”
“Tanti anni bisognerà aspettare” mormorai

Jorge Luis Borges, 25 agosto 1983, 1977, tr. it. G. Guadalupi, Franco Maria Ricci, 1980, ora anche in Tutte le opere, I Meridiani Mondadori, 1985, vol. II, p. 1122

Uno sdoppiamento del tempo (e del sogno) mette accanto due date: il 25 agosto del 1960 che è il presente del viaggiatore sessantunenne che entra nell’Hotel Las Delicias del paese di Adrogué e il 25 agosto del 1983, che è il presente del vecchio che il viaggiatore trova nella stanza 19. Hanno lo stesso nome e si somigliano, sono la stessa persona – lo scrittore Borges – presente contemporaneamente in due tempi diversi, che entrano in contatto. Nel dialogo fra i due personaggi, lo scrittore fa riferimento al suo giorno effettivo di nascita, il 24 agosto: “ieri”, rispetto alla data del 25, in cui il racconto si svolge. 

Dicono del libro
“’Prego Birmah e Bramah di conservarti sino a 130 anni, età oltre la quale la vita diventa un peso’. Leggendo questa graziosa frase nelle Lettres d’Amabed di Voltaire, ho pensato a Borges, innamorato di Voltaire, e ho voluto inviargli l’augurio del bramino Amabed attraverso questo volume che festeggia i suoi 80 anni. Tre dei quattro racconti qui raccolti sono inediti per l’Italia; il quarto, Utopia di un uomo che è stanco, l’ho incluso perché Borges mi confidò di considerarlo la sua méjor pagina”.
(Dall’ed. Franco Maria Ricci, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 25 agosto del 1940 mi raggiunse a Freising la notizia che si era spento il resto di una vita la quale era stata il contenuto essenziale della mia…”
Thomas Mann, Doctor Faustus

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“… Era il 25 di agosto dappertutto, e c’era il sole che entrava dentro gli astucci, dentro i negozi…”
Aldo Nove, Amore mio infinito

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“… Quella particolare mattina, il 25 agosto, alle otto in punto, i commercianti algerini stavano iniziando la loro giornata…”

Bruce Chatwin, Che ci faccio qui?

 

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“… La mia prima apparizione in pubblico avvenne il 25 di agosto 1927: fu una sola serata alla Fiera della Pawnee County….”
Paul Auster, Mr Vertigo


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“… Così il giorno dopo, era il 25 di agosto, madre e figlia presero un taxi e arrivarono lì…”

Haruki Murakami, Norwegian Wood (segnalazione di @atrapurpurea)

 

pittura      Guttuso Funerali Togliatti MAMbo

Renato Guttuso, I funerali di Togliatti (25 agosto 1964), 1972, Bologna, MAMbo

pittura

Alighiero Boetti, Oggi venticinquesimo giorno dell’ottavo mese dell’anno millenovecentoottantotto

24 Agosto

24 agosto 2013

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Ma in  quale epoca della vita di Pompei era stato trasportato? Un’iscrizione edile scolpita su un muro gli fece capire, dal nome dei personaggi pubblici, che si era all’inizio del regno di Tito, cioè nell’anno 79 della nostra era. Un pensiero improvviso attraversò la mente di Octavien: la donna di cui aveva ammirato l’impronta al museo di Napoli doveva essere viva perché l’eruzione del Vesuvio nella quale era morta era avvenuta il 24 agosto di quell’anno. Poteva dunque ritrovarla, vederla, parlarle… Il desiderio folle che aveva provato vedendo quella cenere modellata su forme divine poteva essere soddisfatto, perché nulla doveva essere impossibile a un amore che aveva avuto la forza di far tornare indietro il tempo e di far passare due volte la stessa ora nella clessidra dell’eternità 

Théophile Gautier, Arria Marcella, 1852, in Il vello d’oro e altri racconti, tr. it. L. Binni, Giunti 1993, p.155

In un anno dell’Ottocento, Octavien, un giovane francese in viaggio a Napoli con due amici, visita il Museo e s’incanta di fronte alla vetrina, dove è conservato un pezzo di lava nera che reca l’impronta di un senso e di un fianco femminili. Arrivato a Pompei e trovata la casa da cui proviene l’impronta, Octavien vive – o immagina di vivere – un’esperienza prodigiosa. Mentre i suoi amici dormono sotto i fumi del vino Falerno, Octavien visita di nuovo, da solo, le rovine. Per lui “la ruota del tempo era uscita dalla sua carreggiata” , riportandolo a un giorno che precede di poco il 24 agosto del 79 dopo Cristo, data dell’eruzione del Vesuvio che seppellì la città. Un’ondulazione del tempo, un ritorno del passato – o una sincope, come apparirà agli amici che lo ritrovano svenuto – gli permette di trovarsi di fronte ad Arria Marcella, in un punto nodale della storia antica. 

Dicono del libro
“Visioni, apparizioni, giochi di forme: nello specchio dell’Arte lo sguardo oggettivo di Gautier sottrae alla Morte e al vuoto cristalli e pietre preziose, antiche civiltà e bellezze perfette”.

(Dalla bandella dell’ed. Giunti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Sognò di trovarsi nell’antica Pompei, proprio quel 24 agosto del 79, giorno della terribile eruzione del Vesuvio…”
Wilhelm Jensen, Gradiva

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“… In che data sei? Non saprei con precisione – gli dissi confuso. Ma ieri ho compiuto sessantun anni…”
Jorge Luis Borges, 25 agosto 1983 (Tre racconti)

 

23 Agosto

23 agosto 2013

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Il ventitré agosto del 1964 fu l’ultima giornata felice che il farmacista Manno ebbe su questa terra. Secondo il medico legale, la visse fino al tramonto; e del resto, a suffragare la constatazione della scienza, c’erano i pezzi di caccia che dal suo carniere e da quello del dottor Roscio traboccavano: undici conigli, sei pernici, tre lepri. Secondo i competenti, quella era messe di tutta una giornata di caccia, e considerando che la località non era di riserva, e non proprio ricca di selvaggina. Il farmacista e il dottore la caccia amavano farla con fatica, mettendo a prova la virtù dei cani e la propria: perciò andavano d’accordo e sempre uscivano insieme, senza cercare altri compagni. E insieme chiusero quella felice giornata di caccia, a dieci metri di distanza

Leonardo Sciascia, A ciascuno il suo, 1966, ed. cons. Adelphi, 1994, p. 18

Domenica 23 agosto 1964 (mentre nella realtà – a Roma – si preparano i funerali di Togliatti), nella campagna siciliana vengono uccisi due amici, il dottor Roscio e il farmacista Manno. Quest’ultimo, uomo senza nemici,  lontano dalle discussioni politiche, pochi giorni prima aveva ricevuto in farmacia una lettera anonima con una minaccia di morte. Il messaggio non lo aveva spaventato più di tanto e il 23 agosto è andato a caccia con l’amico e i cani, che torneranno in paese da soli, verso le nove di sera, “misteriosamente ululando”. Del caso si occuperà – oltre che il maresciallo dei carabinieri – anche il professor Laurana, l’unico ad accorgersi che la lettera anonima – guardata dal rovescio – rivela una parola latina (unicuique, dal motto unicuique suum che compare sulla testata dell’Osservatore romano, e che, tradotto come “a ciascuno il suo”, dà il titolo al romanzo). Un indizio, questo, che porterà Laurana fatalmente vicino alla spiegazione degli omicidi e alla catena di fatti che li ha determinati, diversa da come poteva apparire – collegando la lettera con il farmacista – in quel giorno di agosto.

Dicono del libro 

“Pubblicato nel 1966, e oggi tradotto in tutto il mondo, questo romanzo dell’oscura, crudele Sicilia è universalmente considerato una delle maggiori imprese narrative di Sciascia. Sobrio, amaro, sottilmente sarcastico, e insieme netto e preciso nei contorni, racconta la storia di un farmacista che «viveva tranquillo, non aveva mai avuto questioni, non faceva politica», e un giorno riceve una lettera anonima che lo minaccia di morte. Da questo punto in avanti tutta la realtà comincia a traballare, e il sospetto, l’insinuazione e il sangue dominano la realtà del paese, nell’entroterra siciliano. Tutta l’arte di Sciascia sta nell’aggrovigliare e dipanare, volta a volta, questa matassa”:
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 23 agosto. Dove siamo? la zattera ci trascina con una incredibile velocità…”
Jules Verne, Viaggio al centro della terra

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“… Quella giornata mi procurò tre eterogenei stupori…”
Jorges Luis Borges, Annotazione al 23 agosto 1944

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“… I bambini erano sempre particolarmente ubbidienti il mese di agosto, specie quando si avvicinava il 23. Era in quel giorno che la grande astronave argentea…”
Edward D. Hoch, Zoo

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“… Il 23 agosto il principe Michail Bakunin, all’età di cinquantanove anni, lascia il Ticino alla volta di Berna…”
Lars Gustafsson, Preparativi di fuga (Il viaggio di Bakunin)

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“… Adelmo Franci sarebbe sparito in un attimo dalla mia mente. Mi rotolai sul letto. 23 agosto. Settembre doveva arrivare veloce…”
Teresa Ciabatti, Adelmo, torna da me

22 Agosto

22 agosto 2013

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Così arrivò il ventidue di agosto e così vennero le tre Notti di Ferro.
La prima Notte di Ferro. Alle nove il sole tramonta. Sopra la terra si stende un’ombra opaca, si vedono alcune stelle e, due ore dopo, appare un barlume di luna. Col fucile e col cane me ne vado nel bosco, accendo un focherello e il bagliore della fiamma si insinua fra i tronchi dei pini. Non c’è brina.
La prima Notte di Ferro! dico fra me. E una gioia violenta per il tempo e il luogo mi confonde e mi scuote stranamente

Knut Hamsun, Pan, 1894, tr. it. E. Pocar, in Pan. L’estrema gioia, Mondadori, 1941, p. 88-89

Il tenente Glahn ricorda l’estate del 1855 , quando “il tempo passava molto veloce, senza confronto più veloce di adesso”. Nella foresta norvegese di betulle, popolata di animali ma anche carica di silenzi, Glahn ha trascorso un tempo speciale, in ascolto della natura e di sé stesso. Più adatto alla vita solitaria che alle relazioni umane e amorose, Glahn è sensibile a ogni manifestazione della natura, alle lievi variazioni di luce e calore che accompagnano il cambiamento della stagione. La notte del ventidue agosto – la prima delle notti di agosto in cui comincia ad apparire il primo ghiaccio – il sole tramonta alle nove e Glahn si prepara a passarla all’aperto, mentre un aurora boreale “passa sopra il cielo del Nord”. Lo scrittore norvegese Knut Hamsun – premio Nobel nel 1920 – era nato nel 1859, il 4 agosto. 

Dicono del libro
“… abbiamo raccolto in questo volume due delle opere più significative: il romanzo lirico Pan (1894) e il racconto polemico L’estrema gioia (1912). Nel primo il poeta ha fatto uso dell’arte di un Björnson nel descrivere la vergine natura nordica con l’acume di un Dostojevski nell’analizzare l’anima umana, ma creando nell’insieme una visione mistica in cui palpita e vive Pan, il Tutto”.
(Dalla seconda di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… finché la morte non spezzi il mio cuore A. D. 1603, questo 22 Agosto Phi. Chandos…”
Hugo von Hofmannsthal, Lettera di Lord Chandos

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“… le vigilie di un viaggio sono una preziosa parte del viaggio. Il nostro in Europa cominciò, di fatto, l’altro ieri, il 22 agosto…”
Jorge Luis Borges, Il 22 agosto 1983

21 Agosto

21 agosto 2013

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Presa in consegna dal “braccio secolare”, Antonia fu trasferita, il 21 agosto, nella Torre dei Paratici che era l’antica torre del Broletto, cioè del palazzo del Comune di Novara prima che questo si riducesse ad essere com’è ora: soffocato dagli edifici che gli sono cresciuti addosso nel corso dei secoli, e senza torre. All’epoca della nostra storia, invece, il Broletto era un palazzo indipendente, attorno a cui correvano le strade; e la Torre dei Paratici, che s’alzava a sud, nella sua parte superiore era una prigione… aerea, di due stanze sovrapposte e raggiungibili per mezzo di una scala esterna, piuttosto ardimentosa. Speciali immagini devote, in quelle due stanze, avevano il compito di redimere i detenuti. Al piano superiore, destinato alle donne, era dipinto un Cristo morto in braccio alla Madonna, mentre al piano di sotto, dov’erano tenuti prigionieri gli uomini, c’era il patrono dei carcerati, San Leonardo: entrambi gli affreschi, però, erano ricoperti di nomi, date, graffiti osceni, ed entrambi si vedevano poco, perché non c’erano finestre in quelle due stanze, soltanto feritoie che d’inverno venivano chiuse con la paglia, e allora buonanotte! Si restava al buio. D’estate poi le feritoie si riaprivano, e ci si tornava a vedere: ma chi entrava ai Paratici, qualunque fosse la stagione in cui ci arrivava, doveva attendere un po’ di tempo prima che i suoi occhi s’adattassero alla penombra; e così anche successe a Antonia

Sebastiano Vassalli, La chimera, 1990, Einaudi 1990, p.282

In un agosto senza pioggia, col sole che “riaffiorava all’alba da un mare di vapore” , trascorrono gli ultimi giorni di vita di Antonia, una ragazza di vent’anni vissuta al principio del Seicento  in un piccolo centro agricolo della “bassa”, di cui non resta traccia. Trovatella lasciata alla Casa di Carità di San Michele fuori le Mura a Novara, adottata da una coppia di contadini del paese di Zardino, Antonia  si è rivelata troppo bella e intelligente per non suscitare invidie, maldicenze e infine l’accusa di stregoneria, in quell’estate di siccità e paura. Processata, torturata e dichiarata colpevole, il 21 agosto è condotta in prigione dove, in attesa dell’esecuzione, perde il conto dei giorni e delle notti e si rifugia nei sogni, dove nessuno la chiama strega e dove il tempo non si è ancora richiuso. 

Dicono del libro
“In un villaggio padano del Seicento, cancellato dalla storia, si consuma la tragica vita di Antonia, strega di Zardino. Dalla nebbia del passato riemergono situazioni e personaggi a volte comici e persino grotteschi, a volte colmi di tristezza”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“…. sua madre, Divina Arriaga, l’aveva registrata come colombiana, nata a Saint-Malo il 21 di agosto del 1937, figlia illegittima di un tale Stanislas Czartoryski…”
Marvel Moreno, In dicembre tornavano le brezze

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“…un editore di Milano che mi ha detto che son molto convinti e devono darmi una risposta entro fine luglio: oggi è il ventuno di agosto…”
Paolo Nori, Bassotuba non c’è

20 Agosto

20 agosto 2013

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Il dì 20 di agosto del 1849 all’una e mezza del pomeriggio l’Austria doveva essere distrutta: così era stato deciso nel “Circolo della pistola”. Non so più neanche di che cosa si fosse resa colpevole l’Austria allora, ma posso affermare senza il minimo dubbio che la decisione era stata presa dopo matura riflessione. Non c’era ormai niente da fare, la cosa era stata deliberata e giurata e l’esecuzione era stata affidata alle mani esperte di Jan Zizka da Trocnov, di Prokop Holy di Prokupek e di Mikulas da Husi, ossia a me, a Peppino Rumpal, il figlio del salumaio, a Cecchino Mastny, il figlio del calzolaio, e a Tonino Hochmann, quello che veniva dai dintorni di Rakonikov e studiava a spese del fratello, contadino benestante. […] Racconto con perfetta sincerità: mi sentivo proprio male. Veramente un certo malessere mi serpeggiava in corpo già da parecchi giorni e cresceva in proporzione di quanto si avvicinava il 20 di agosto

Jan Neruda, Come fu che il dì 20 di agosto 1849, all’una e mezza del pomeriggio, l’Austria non fu distrutta, 1878, tr. it. J. Vesela Torraca, in I racconti di Mala Strana, Marietti, 1982,  pp.105, 112

Quattro ragazzini di Praga,  amici che trascorrono insieme le giornate di un anno di metà Ottocento, decidono di organizzare – per il 20 di agosto – l’insurrezione della città e la distruzione dell’Austria. Con  nomi di battaglia presi dai condottieri hussiti del Quattrocento, predispongono un piano d’attacco, a cui manca solo la polvere da sparo, che deve arrivare da fuori, portata da un venditore ambulante.  Quando sorge la mattina “del memorabile giorno”, il narratore – angosciato di fronte a un gioco troppo serio –  si ritrova a desiderare che “non albeggiasse, che la luce non venisse e che la natura lo saltasse addirittura, quel solo, quell’unico giorno!”. La polvere da sparo non arriverà e  il 20 agosto passerà in effetti senza avvenimenti memorabili, se non l’attesa e l’agitazione dei ragazzi nella giornata estiva.

Dicono del libro
I racconti di Mala Strana (1878) sono il suo capolavoro; un capolavoro di umanità e di humour, un epico ritratto del famoso e incantevole quartiere praghese che diviene un concentrato del mondo, la saga picaresca e familiare di una piccola realtà borghese innalzata all’universalità del quotidiano”.

(Dalla bandella dell’ed. Marietti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Nella notte dal 19 al 20 agosto 1928 calò sulla Russia un freddo inaudito, mai verificatosi a memoria d’uomo in questa stagione…”

Michail Bulgakov, Uova fatali

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“… In ragione della sua violenza stessa, quell’estate fu breve. Un po’ dopo il venti Agosto si riunirono le prime timide nuvole, piovve qualche goccia isolata tiepida come sangue…”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La sirena

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“… Il 20 agosto, Nussie Ibrahim seguì mia madre nella clinica di Pedder Road, e il piccolo Sonny seguì me nel mondo – ma era restio a venir fuori…”
Salman Rushdie, I figli della mezzanotte

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“… Il 20 agosto arriva galleggiando sulla corrente una mucca…”
Lars Gustafsson, Preparativi di fuga (I pescatori)

 

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“…. 20 agosto. Dalla finestra entra il mormorio delle onde misto alle risate degli ultimi nottambuli…”
Roberto Bolaño, Il Terzo Reich

19 Agosto

19 agosto 2013

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19 agosto 17**

Ieri lo straniero mi ha detto: “Avrete senz’altro capito, capitan Walton, che ho sofferto grandi e incomparabili disgrazie. In un primo tempo ero determinato a portare la memoria di questi dolori nella tomba; ma voi mi avete convinto a mutare proposito. Voi cercate sapienza e saggezza, come anch’io ho fatto un giorno; spero ardentemente che l’esaudimento dei vostri desideri non si trasformi in un serpente che vi aggredisca, come è accaduto per me.” […] Aggiunse che avrebbe iniziato il racconto il giorno successivo, quando fossi stato libero. Lo ringraziai con calore. Ho deciso di registrare ogni sera, quando i miei doveri non mi reclamano imperiosamente, ciò che mi narra durante il giorno, riportando per quanto possibile le sue stesse parole. Se sarò troppo impegnato, ne prenderò almeno degli appunti. Il manoscritto ti darà sicuramente grande piacere; ma anch’io, che lo ascolto dalle sue stesse labbra, con quale interesse e affetto lo rileggerò un giorno, nel futuro! Già ora, all’inizio di questo compito, la sua voce ben modulata mi risuona all’orecchio; i suoi occhi lucidi si fissano su di me, con dolce malinconia 

Mary Shelley, Frankenstein, 1818, tr. it. M. P. Saci, F. Troncarelli, Garzanti 1991, p.29

Scritto in Svizzera nell’estate inclemente del 1816, umida e piovosa, Frankenstein di Mary Shelley (che il 30 agosto di quell’anno avrebbe compiuto diciannove anni), è un romanzo che si compone di lettere, resoconti, confessioni di tre personaggi: l’esploratore e scienziato Robert Walton, il dottor Frankenstein e la creatura. Walton, in viaggio verso il Polo Nord, si imbatte fra i ghiacci in un naufrago che gli racconta le terribili esperienze che lo hanno condotto fin là. È il dottor Frankenstein, colui che ha creato la vita componendo membra di uomini morti. Il 19 agosto è la data dell’ultima lettera che Walton scrive alla sorella raccontandole dell’incontro con Frankenstein, prima che la parola passi a questi e alla “strana, ossessiva storia” della sua creazione. 

 

Dicono del libro
“Il 1816 è conosciuto come ‘l’anno senza estate’. A causa dell’eruzione del vulcano Tamboro in India e delle polveri penetrate nella stratosfera, i mesi estivi furono freddi e spesso piovosi. In quell’estate vide la luce Frankenstein, terrificante storia di un mostro scritta da una giovane donna di appena diciannove anni (…) La narrazione dell’avventura di Frankenstein, l’inventore, e della sua creatura, scaturisce dall’abile intrecciarsi di tre storie, di tre destini che si incrociano”.

(Dal profilo storico-critico di M. P. Saci nell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 19 agosto. Il vento si mantiene costante, l’ittiosauro non è più emerso, né abbiamo incontrato altri mostri…”

Jules Verne, Viaggio al centro della Terra

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“… Il 19 agosto Prokop Holy consegnò a Pohorak sei fiorini interi, di cui due come mancia regale…”
Jan Neruda, Come fu che il dì 20 di agosto….

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“… Quando uscì, la guerra era una realtà, e fiorì in continue sparatorie fino al 19 agosto 1903…”
Jorge Luis Borges, Monk Eastman, il procuratore di iniquità

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“… Il 19 agosto non era la data stabilita per la caduta del meteorite?…”
Jules Verne, La caccia al meteorite

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“… al ristorante sul lago, un diciannove agosto, giorno del mio compleanno, dopo una passeggiata con Alfredo, vedo lei assorta…”
Marisa Volpi, La casa di via Tolmino

 

Cartolina per un 18 agosto

BufalinoBufalino_GuccioneLa cartolina per un 18 agosto è dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino (1920-1996), viene da Comiso ed è indirizzata a Toni A. Brizi (alias Antonella Sbrilli)  presso l’editore Giunti di Firenze che nel 1994 pubblicò Il gioco dei giorni narrati. In quell’edizione dell’antologia che racconta un anno giorno dopo giorno, Bufalino era presente – al 7 febbraio – con una pagina tratta da Le menzogne della notte, il libro edito da Bompiani nel 1988, con cui aveva vinto il premio Strega.  Nel data-base dei “giorni narrati” c’era (e c’è) anche un altro passo di Bufalino, dalla Diceria dell’untore, dove il 18 agosto (una domenica del 1946) spicca con grande personalità. È il giorno dell’appuntamento fra il narratore e Marta, un giorno talmente intenso da superare la dialettica fra Essere e Non Essere, a favore del “bellissimo Riessere…”.
Nell’edizione a stampa del Gioco dei giorni narrati, che prevedeva un unico brano per giorno, la scelta cadde su un passo del romanzo di Franz Werfel  Il cielo rubato, in cui il 18 agosto è immaginato come una stazione lungo una linea ferroviaria, un luogo nel tempo, dove qualcuno resta e altri non possono tornare.
Sia la pagina di Werfel sia quella di Bufalino trasformano la data di piena estate da semplice crononimo a tentativo di captare il tempo come spazio (di percorrenza, di sosta, di recita). In diconodioggi.it  ora trovano posto entrambe e anche l’elegante cartolina (con una grafica dell’artista siciliano Piero Guccione) che lo scrittore Bufalino inviò per segnalare quanto gli fosse cara la data del 18 agosto: “E grazie per l’inclusione (ma forse avrei preferito figurare al 18 agosto, inizio cap. XI della mia Diceria dell’untore.”).
Una cartolina dal tempo ciclico della finzione, che fa “riessere” i giorni, almeno nella lettura, inviata da uno scrittore che definisce il suo protagonista un  “forestiero turista” del passato. (a.s.)

18 Agosto

18 agosto 2013

 

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Quella domenica 18 agosto è, fra i giorni della mia vita, uno dei tre o quattro che mi recito da cima a fondo, quando voglio cercare di raggiungere l’estasi di rivivermi. Mi spiego: io col passato ho rapporti di tipo vizioso, e lo imbalsamo in me, lo accarezzo senza posa, come taluno fa coi cadaveri amati. Le strategie per possederlo sono le solite, e le adopero tutt’e due. Dapprincipio mi visito da forestiero turista, con agio, sostando davanti a ogni cocciopesto, a ogni anticaglia regale; bracconiere di ricordi, non voglio spaventare la selvaggina. Poi metto da parte le lusinghe, l’educazione, lancio a ritroso dentro me stesso occhi crudeli di Parto, lesti a cogliere e a fuggire. Dagli attimi che dissotterro – quanti ne ho vissuti apposta per potermeli ricordare!- non so cavare pensieri, io non ho una testa forte, e il pensiero o mi spaventa o mi stanca. Ma bagliori, invece… bagliori di luce e ombra, e quell’odore di accaduto, rimasto nascosto con milioni d’altri per anni e anni in un castone invisibile, quassopra, dietro la fronte… Sento a volte che basterebbe un niente, un filo di forza in più o un demone suggeritore… e sforzerei il muro, otterrei, io che il Non Essere indigna e l’Essere intimidisce, il miracolo del Bis, il bellissimo Riessere

Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore, 1981, ed. cons. Bompiani, 1992, p. 75

 

I giorni dell’estate del 1946, al sanatorio della Rocca nei pressi di Palermo, passano come i gradini della “scala mobile di una Rinascente”, che si assottigliano inesorabilmente e spariscono uno dopo l’altro. Di tutti i giorni che il narratore trascorre nella casa di cura, in compagnia di altri ammalati di tubercolosi – ai quali è destinato a sopravvivere – uno, in particolare, torna nei suoi ricordi. Domenica 18 agosto è la data dell’incontro con la giovane Marta per una passeggiata in città, fra chioschi di granite, viali di palme e confidenze via via più intime, che porteranno ad altri rari ma intensi appuntamenti. Una giornata degna di essere rivissuta, richiamata al presente come un bis a teatro.

Vai a Cartolina per un 18 agosto

Dicono del libro
“Iniziata in tempi remoti e riscritta più volte, Diceria dell’untore incontrò subito, quando fu data alle stampe, nel 1981, un unanime consenso di critica e pubblico, sanzionato dalla vittoria nel Supercampiello dello stesso anno. Stupiva l’esordio tardivo e riluttante dell’autore, la sua distanza dai modelli correnti, la composita ragione narrativa, tramata di estasi e pena, melodramma e ironia; non senza il contrappunto di una sotterranea inquietudine religiosa, come di chi si dibatte tra la fatalità e l’impossibilità della fede… Stupiva, infine, l’oltranza lirica della scrittura, disposta a compromettersi con tutte le malizie della retorica, senza per ciò vietarsi di accogliere con partecipe abbandono l’impeto dei sentimenti più ingenui. La vicenda racconta un amore di sanatorio, nel dopoguerra, fra due malati, un amore-duello sulla frontiera del buio”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Bompiani, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il diciotto d’agosto il sole splendeva e tutti ne apprezzavano ancor più la provvida giocondità dopo i tristi giorni piovosi…”
George Eliot, Adam Bede

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“… Il pomeriggio di quel giorno (il mio diario tascabile mi dice che era martedì 18 agosto), almeno sei o sette tamburi rullarono da vari punti…”
Arthur Conan Doyle, Il mondo perduto

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“…. Ecco qui. Il 18 agosto, capisci, è il 18 agosto 1936… C’è una piccola stazione, come quella di Grafenegg, la vedi?…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… E Phili non può più muoversi dal 18 agosto, mentre noi non possiamo più ripassare da questo 18 agosto…”
Franz Werfel, Il cielo rubato

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“… Strappai ai miei editori un anticipo di un migliaio di dollari e il 18 agosto ripartii per la Francia…”
Frederic Prokosch, Voci