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Oggi
Bulgakov, Hemingway, Richler, temporale
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Il temporale lavò Mosca il 29 aprile, l’aria diventò soave, l’anima s’ammorbidì, e venne voglia di vivere.
Col mio nuovo vestito grigio e un soprabito abbastanza decente, camminavo per una delle vie centrali della capitale, diretto verso un luogo ove non ero ancora mai stato. La causa del mio spostamento era una lettera che avevo in tasca, e che mi era pervenuta improvvisamente
Michail Bulgakov, Romanzo teatrale, 1965 (post.), tr. it. V. Dridso, Einaudi, 1975, p. 11
Da povero redattore del Messaggero della navigazione a scrittore di un romanzo che suscita l’interesse di un regista teatrale, il protagonista di questo racconto passa per delusioni, esaltazioni, incontri con personaggi sfuggenti e situazioni grottesche. Ma all’inizio delle avventure, con in tasca la lettera di convocazione del regista della Scena-Studio del Teatro Indipendente, è contagiato dall’aria di quell’aprile: “fine dell’inverno, fine delle tormente, fine del freddo”, almeno per un po’, per il penultimo giorno del mese centrale della primavera, nelle strade di Mosca.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Un romanziere e drammaturgo d’ingegno al suo debutto, Maksudov, prima di mettere in atto i meditato suicidio, verga le sue memorie e le affida a un amico, che pubblicherà fedelmente l’opera del defunto, mettendovi di suo soltanto il titolo e la presentazione. Maksudov descrive il proprio mondo con piglio irriverente e con caustica intelligenza, ha un modo lucido di fissare gli uomini e i loro rapporti e possiede una saggezza intrisa di amarezza e di ironia. Il ‘prologo al suicidio’ di Maksudov introduce il lettore nell’ambiente bizzarro e colorito del Teatro d’Arte di Mosca.”
(dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)
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Oggi
Bulgakov, Fogazzaro, memoria
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Un giorno, precisamente il 24 aprile, andai verso il tramonto al cimitero protestante di Porta S. Paolo, che non conoscevo ancora. Lo camelie e le azalee erano in fiore e le vecchie mura con l’erbe selvatiche, con le rose gialle, con i gruppi di cipressi erano così belle all’ultimo sole! Presso alla pietra di Percy Bysshe Shelley trovai nell’erba un libretto col titolo: Luisa. Forse l’avevano smarrito alcuni signori usciti quando entravo io. L’apersi, e gli occhi, mi caddero sul passo dove si accenna alla leggenda del Diletto, che mi duole ancora di non conoscer bene, di non sapere a qual popolo appartenga. Mi fece, forse anche per il luogo e l’ora, una impressione tale, mi sentii così improvvisamente rivivere il cuore che n’ebbi sgomento e affanno. Non volevo! Deposi tosto il libro dove l’avevo trovato
Antonio Fogazzaro, Il mistero del poeta, Galli, Milano 1888,
ed. Liber Liber
Dicono del libro
“Il mistero del poeta narra il difficile rapporto amoroso tra un poeta e la bionda e fredda Violet Yves. In questo breve romanzo ritroviamo motivi e temi tipici deIl’opera fogazzariana: il gusto per gli sfondi aristocratici in cui si muovono figure raffinate e sensibili, la tendenza alla creazione di situazioni ambigue, erotiche e religiose, e un certo consenso alle teorie spiritistiche”.
(Dalla scheda nel sito Ibs.)
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Oggi
Bulgakov, memoria
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È difficile enumerare gli ingredienti della poltiglia che Stëpa aveva nella testa. C’era la diavoleria con il berretto nero, la vodka gelata e l’incredibile contratto e, oltre a tutto, per gradire, anche il sigillo sulla porta! […] Dopo il ricordo dell’articolo, arrivava il ricordo di una conversazione ambigua svoltasi la sera del 24 aprile, proprio nella sala da pranzo, mentre Stëpa e Michail Aleksandrovič cenavano. In verità, la conversazione non si poteva definire ambigua nel senso pieno della parola (altrimenti Stëpa non ci si sarebbe avventurato): era una conversazione su un argomento inutile. Era una conversazione, cittadini, che si sarebbe potuto evitare di cominciare
Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita, tr. it. M. Crepax, Feltrinelli 2011, p. 130
Stëpa, il direttore del teatro Variété di Mosca, svegliatosi con un gran mal di testa, senza sapere “che ore fossero” “quale giorno della settimana, quale mese”, trova in camera uno sconosciuto, che si presenta come il professore di magia nera Woland. Non solo, la stanza del suo coinquilino, Michail Aleksandrovič Berlioz, è sigillata. Stëpa non ricorda di aver firmato con il mago un contratto per sette esibizioni, e non sa che Berlioz è stato investito da un tram. Né che fra poco si ritroverà a Jalta… Ricorda solo un dialogo, il 24 aprile, col suo amico e tutto è confuso, ambiguo, prodigioso, in questa primavera moscovita.
Dicono del libro
Dicono del libro
“Il Diavolo è il più appariscente personaggio del grande romanzo postumo di Bulgakov. Appare un mattino davanti a due cittadini, uno dei quali sta enumerando le prove dell’inesistenza di Dio. Il neovenuto non è di questo parere. (…) Ma c’è ben altro: era anche presente al secondo interrogatorio di Gesù da parte di Ponzio Pilato e ne dà ampia relazione in un capitolo che è forse il più stupefacente del libro. (…) Poco dopo, il demonio, in veste del professore di magia nera Woland, si esibisce al Teatro di varietà di fronte a un pubblico enorme. I fatti che accadono sono così fenomenali che alcuni spettatori devono essere ricoverati in una clinica psichiatrica. (…) Un romanzo-poema o, se volete, uno show in cui intervengono numerosissimi personaggi, un libro in cui un realismo quasi crudele si fonde o si mescola col più alto dei possibili temi: quello della Passione, non poteva essere concepito e svolto che da un cervello poeticamente allucinato”
(E.Montale, dalla quarte di copertina dell’ed. Feltrinelli, op. cit.)