13 Gennaio | 13 января

13 gennaio 2025

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Сего тринадцатого января текущего шестьдесят пятого года, в половине первого пополудни, Елена Ивановна, супруга Ивана Матвеича, образованного друга моего, сослуживца и отчасти отдаленного родственника, пожелала посмотреть крокодила, показываемого за известную плату в Пассаже. Имея уже в кармане свой билет для выезда (не столько по болезни, сколько из любознательности) за границу, — а следственно, уже считаясь по службе в отпуску и, стало быть, будучи совершенно в то утро свободен, Иван Матвеич не только не воспрепятствовал непреодолимому желанию своей супруги, но даже сам возгорелся любопытством. “Прекрасная идея, — сказал он вседовольно, — осмотрим крокодила! 

Федор Михайлович Достоевский, Крокодил, 1865

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Il tredici gennaio del milleottocentosessantacinque, a mezzogiorno e mezzo, a Elena Ivanovna, la consorte di Ivan Matveič, mio colto amico e collega e in parte anche lontano parente, venne il desiderio di vedere il coccodrillo che veniva mostrato, dietro pagamento di una certa somma, nel Passage. Avendo già in tasca il biglietto per un viaggio all’estero (che voleva intraprendere non tanto per motivi di salute, quanto per curiosità) e avendo di conseguenza già ottenuto un congedo dal servizio ed essendo dunque quel mattino assolutamente libero, Ivan Matveič non solo non si oppose alla realizzazione del desiderio della sua consorte, ma anzi fu anch’egli infiammato da quella curiosità. “Splendida idea” disse tutto contento “andiamo a vedere il coccodrillo! 

Fëdor Dostoevskij, Il coccodrillo, 1865, tr. it. C. Moroni, in RaccontiMondadori, 1991, p. 667

Molti racconti cominciano con una data e Dostoevskij  esordisce con una data precisa, radicata  nel tempo-spazio dell’inverno russo; introduce così il lettore nel patto di finzione, presentando uno dopo l’altro l’ora, la città di San Pietroburgo, la galleria detta Passage, gli antefatti dell’avvenimento. Poi la storia prende una piega singolare e lo straordinario si introduce nella trama. 

Dicono del libro
“Un avvenimento insolito, o un passaggio nel Passage, racconto veritiero di come un signore, di una certa età e di un certo aspetto, fu inghiottito vivo e tutto intero dal coccodrillo del Passage, e di ciò che ne seguì”
(Dostoevskij)

 

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12 Gennaio

12 gennaio 2025

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Il vecchio vestito con pelliccia interna di castoro e una lobbia nera lo prese per mano ed entrarono dal cartolaio: era il giorno 12 di gennaio del 1944, in una calle oscura e fumosa di Venezia, accanto a una friggitoria. Qualcosa scendeva dal cielo, non si sa se pioggia o fumo, o microscopica fuliggine di tubi di stufe o la prima nebbia del pomeriggio. Piero non capiva ancora quel che stava per succedere. Era quello che si dice un momento di massima epoché, di sospensione. 

Goffredo Parise, Sogno (Sillabari), 2004, Adelphi, Milano 2009, p. 349

Dicono del libro
Un giorno, sul finire degli anni Sessanta, Parise vede nella piazza sotto casa un bambino con in mano un sillabario. Gli si avvicina e legge: «L’erba è verde». Sono tempi politicizzati, in cui si fa spesso ricorso a parole «difficili», e quella pagina limpida e colorata acquista il significato di un monito, un richiamo all’essenzialità della vita e della poesia: «Gli uomini d’oggi secondo me hanno più bisogno di sentimenti che di ideologie». Nasce così l’idea di una serie di brevi racconti (o romanzi in miniatura o poesie in prosa, difficile dirlo), dedicati a sentimenti umani essenziali, che disposti in ordine alfabetico compongano una sorta di dizionario”.
(dalla bandella dell’ed. Adelphi cit.)

 

 

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11 Gennaio

11 gennaio 2025

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Così, fra le buste e i foglietti ingialliti degli autorevoli autografi gelosamente conservati nei cassetti del salottino Impero, si trovano anche i piccoli, laceri programmi dell’epoca: Elsa, che già nel 1891 ha cantato in pubblico alla Filarmonica di Trieste nel Tramonto del Coronaro, una favola pastoral-musicale, e si è esibita in altri concerti cantando romanze di cui spesso è autore il padre, ha debuttato al Teatro Verdi l’11 gennaio 1894 nella Carmen, dove ha la parte di Micaela (abbonamento per dieci rappresentazioni, lire sette e cinquanta); sfortunatamente la rappresentazione si risolve in un fiasco solenne per tutti quanti, e la sola che si salva dal disastro – lo proclama ad alta voce la critica del tempo – è proprio la gentile e graziosa Micaela, per la qualità del suo canto e la sua perfetta scuola; bionda com’è non ha avuto nemmeno bisogno di una parrucca

Fausta Cialente, Le quattro ragazze Wieselberger, 1976, Mondadori, Milano, 1976, pp. 57-58

 

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10 Gennaio

10 gennaio 2025

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Né adagio né presto altri tre mesi erano passati. Natale si era già dissolto nella lontananza, anche il nuovo anno era venuto portando per qualche minuto agli uomini strane speranze. Giovanni Drogo già si preparava a partire. Occorreva ancora la formalità della visita medica, come gli aveva promesso il maggiore Matti, e poi sarebbe potuto andare. Egli continuava a ripetersi che questo era un avvenimento lieto, che in città lo aspettava una vita facile, divertente e forse felice, eppure non era contento. Il mattino del 10 gennaio entrò nell’ufficio del dottore, all’ultimo piano della Fortezza

Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari, 1940, Mondadori, 1984, pp. 84-85

Finita l’Accademia militare, il tenente Giovanni Drogo è arrivato alla Fortezza Bastiani in settembre, con la sensazione che la sua vera vita avesse inizio allora. Trascorsi tre mesi e le feste, Drogo decide di chiedere un permesso per tornare nella sua città. Per questo si presenta alla visita medica il mattino del 10 gennaio. Ma qualcosa, alla fine, gli fa cambiare idea e resta alla Fortezza, dove il tempo si consuma “con il suo immobile ritmo”, fra abitudini, attese di azioni eroiche di cui non si crea l’occasione, ripetizioni di situazioni simili. Uno dei temi di questo racconto è la scansione irregolare del tempo, che appare continuamente come una risorsa inesauribile e come qualcosa che è sfuggito per sempre. 

Dicono del libro

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9 Gennaio | January 9

9 gennaio 2025

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On the ninth of January, now four days ago, I received by the evening delivery a registered envelope, addressed in the hand of my colleague and old school-companion, Henry Jekyll. I was a good deal surprised by this; for we were by no means in the habit of correspondence; I had seen the man, dined with him, indeed, the night before; and I could imagine nothing in our intercourse that should justify formality of registration. The contents increased my wonder; for this is how the letter ran:
(…)
“I want you to postpone all other engagements for to-night—ay, even if you were summoned to the bedside of an emperor; to take a cab, unless your carriage should be actually at the door; and with this letter in your hand for consultation, to drive straight to my house. Poole, my butler, has his orders; you will find, him waiting your arrival with a locksmith. The door of my cabinet is then to be forced: and you are to go in alone

Robert Louis Stevenson, The Strange Case Of Dr. Jekyll And Mr. Hyde, 1886

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Quattro giorni or sono, il nove gennaio, ricevetti con la posta del pomeriggio una lettera raccomandata il cui indirizzo rivelava la calligrafia del mio collega, e vecchio compagno di scuola, Henry Jekyll. Ne fui sorpreso non poco poiché non avevamo mai avuto l’abitudine di ricorrere a scambi epistolari. Oltretutto l’avevo incontrato la sera prima trattenendomi con lui a cena, e, per quanto potessi immaginare, non c’era nulla nei nostri rapporti che richiedesse una simile procedura formale. Il contenuto della missiva aumentò il mio stupore

Robert L. Stevenson, Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, 1886, tr. it. A. Brilli, Mondadori, 1993, p. 52

Verso le tre di un mattino d’inverno”, “in una tipica notte di marzo gelida e ventosa”, in giornate buie, senza paesaggio, si svolge lo strano caso del medico Henry Jekyll che, sperimentando droghe che alterano la personalità, si trasforma nel pericoloso criminale Edward Hyde. La reversibilità di questa trasformazione diventa via via più difficile e Hyde, verso le undici di una sera d’ottobre, uccide un uomo. Mentre Jekyll è sopraffatto dal suo rovescio, cercano di portargli aiuto l’amico avvocato Utterson e  il collega Lanyon. La data del 9 gennaio è riportata proprio nel memoriale del dottor Lanyon, che sarà testimone in diretta della metamorfosi Jekyll-Hyde e avrà fra le mani il taccuino del dottore, fitto di centinaia di date che riportano i suoi inquietanti esperimenti.

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8 Gennaio

8 gennaio 2025

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“Il nostro viaggio è lungo e stancante, ci si ferma dove capita, una volta andrà bene, se il cibo sarà caldo e il futon pulito, una volta andrà male. Santoka, un po’ tripadvisor, fermandosi nelle bettole bordo strada, annoterà sul suo taccuino come si è trovato ripetendo uno schemetto fisso fatto di data, luogo, nome della locanda, prezzo e un brevissimo giudizio finale.
8 gennaio 1932 – Pioggia – Città di Yunoharu – Locanda Komeya – 35 sen – media”

Susanna Tartaro, Haiku e sakè. In viaggio con Santoka, add editore, 2016 , p. 123

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7 Gennaio

7 gennaio 2025

 

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Per le anatre avevo inventato una specie di amo, fatto con spille e con acini di granturco, che mettevo a galleggiare nell’acqua sopra delle foglie che tenevo fissate con una bacchetta infilzata nel fango della riva; ma erano poche le anatre che abboccavano e se una rimaneva prigioniera, le altre andavano via con i loro voli che disegnavano una lettera altissima nel cielo.
Queste lettere delle anatre erano altri segnali del mutare dell’invernata, finché mi trovai al 7 gennaio, giorno del mio compleanno

Paolo Volponi, La macchina mondiale, 1965, Garzanti 1973, p. 206

Dal suo angolo di campagna marchigiana, Anteo Crocioni – scienziato e filosofo autodidatta, fine osservatore della natura – riflette sul sistema dell’esistente, sulle generazioni di individui che, come macchine autopoietiche, producono altri individui, ripetendo autonomamente l’opera dei progettisti dell’universo. Lavora a un trattato sulla “genesi e sulla palingenesi”, per la costituzione di una “nuova Accademia dell’Amicizia”, corredato di schemi e disegni, e ragiona sulla costruzione di macchine esperte in grado di migliorare l’evoluzione dell’uomo stesso. Emarginato e avversato dalla famiglia di origine e da quella della moglie Massimina, che scappa a Roma, Anteo pellegrina fra le Marche e la capitale, sempre inseguendo le sue ricerche e la donna amata, finché viene rimandato a casa con un foglio di via. Il giorno del compleanno, 7 gennaio, è una data immersa nella natura, nella neve, nelle tracce degli animali. Una data naturale, tanto diversa dalle date burocratiche dei verbali dei tribunali, con cui il romanzo si apre, e da quelle di cronaca nera, che si affollano verso la fine della storia. 

Dicono del libro

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6 Gennaio | 6 Janvier

6 gennaio 2025

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“Ce n’est cependant pas un jour dont l’histoire ait gardé souvenir que le 6 janvier 1482. Rien de notable dans l’événement qui mettait ainsi en branle, dès le matin, les cloches et les bourgeois de Paris. (…)
Le 6 janvier, ce qui mettoit en émotion tout le populaire de Paris, comme dit Jehan de Troyes, c’était la double solennité, réunie depuis un temps immémorial, du jour des Rois et de la Fête des Fous. Ce jour-là, il devait y avoir feu de joie à la Grève, plantation de mai à la chapelle de Braque et mystère au Palais de Justice”

Victor Hugo, Notre-Dame de Paris, 1831
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“Il 6 gennaio 1482 non è però un giorno che la storia ricordi. Nulla di rimarchevole nell’evento che così scuoteva fin dal mattino, le campane e i borghesi di Parigi (…)
Il 6 gennaio, quello che metteva in agitazione il popolo di Parigi, come dice Jehan de Troyes, era la doppia solennità, unificata da tempo immemorabile, del giorno dei Magi e della festa dei Matti. In quel giorno dovevano esserci fuoco di gioia alla Grève, piantagione del maggio alla cappella di Braque e mistero al Palazzo di Giustizia”

Victor Hugo, Nostra Signora di Parigi, 1831

 

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5 Gennaio | January 5

5 gennaio 2025

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On January the Fifth, 1888—that is eleven months and four days after—my uncle, Edward Prendick, a private gentleman, who certainly went aboard the Lady Vain at Callao, and who had been considered drowned, was picked up in latitude 5° 3′ S. and longitude 101° W. in a small open boat of which the name was illegible, but which is supposed to have belonged to the missing schooner Ipecacuanha. He gave such a strange account of himself that he was supposed demented. Subsequently he alleged that his mind was a blank from the moment of his escape from the Lady Vain. His case was discussed among psychologists at the time as a curious instance of the lapse of memory consequent upon physical and mental stress. The following narrative was found among his papers by the undersigned, his nephew and heir, but unaccompanied by any definite request for publication.

Herbert G. Wells, The Island of Doctor Moreau, 1895

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“Il 5  gennaio del 1888 – vale a dire  undici mesi e quattro giorni dopo – mio zio, Edward Prendick, un gentiluomo riservato, che si era certamente imbarcato sulla Lady Vain a Callao e che si supponeva annegato, fu recuperato a 5° e 3’ di latitudine Sud e 101° di longitudine Ovest, in una piccola imbarcazione dal nome illeggibile, ma che si poteva presumere fosse appartenuta alla goletta dispersa Ipecacuanha. Di sé egli fece un resoconto tanto strano da credere che fosse pazzo”

Herbert G, Wells, L’isola del dottor Moreau, 1895

 

 

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4 Gennaio

4 gennaio 2025

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Sono nato il 4 gennaio 1951, nella prima settimana del primo mese del primo anno della seconda metà del ventesimo secolo. Lo si potrebbe quasi considerare un evento da commemorare ed è per questo che i miei genitori mi hanno chiamato Hajime che significa ‘inizio’. A parte questa singolare coincidenza, non ci sono altri particolari degni di nota riguardo la mia nascita. Mio padre lavorava in una grande società di intermediazione mobiliare, mentre mia madre era una comune casalinga. Mio padre era stato mandato a Singapore a combattere insieme agli altri studenti ed era rimasto lì in un campo di prigionia per un po’, anche dopo la fine della guerra. Nell’ultimo anno del conflitto la casa di mia madre era stata completamente distrutta dalle fiamme, dopo il bombardamento di un B29.  Quella dei miei genitori era una generazione che aveva sofferto le ferite di una lunga guerra.
Alla mia nascita, però, non era rimasto quasi nulla che potesse richiamarne alla mente il ricordo…

Haruki Murakami, A sud del confine, a ovest del sole1992, tr. it. M. De Petra, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 9

Dicono del libro

 

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2 Gennaio | 2 Enero

2 gennaio 2025

“La víspera del casamiento, el 2 de enero, el termómetro marcaba cuarenta grados. Hacía tanto calor que no necesitábamos mojarnos el pelo para peinarlo ni lavarnos la cara con agua para quitarnos la suciedad. Exhaustas Roberta y yo estábamos en el patio. Anochecía. El cielo, de un color gris de plomo, nos asustó. La tormenta se resolvió sólo en relámpagos y avalanchas de insectos. Una enorme araña se detuvo en la enredadera del patio:
me pareció que nos miraba. Tomé el palo de una escoba para matarla, pero me detuve no sé por qué. Roberta exclamó:
-Es la esperanza. Una señora francesa me contó una vez que La araña por la noche es esperanza”

Silvina Ocampo, La boda, 1959 (Cuentos completos 1, Internet Archive)

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“La vigilia dello sposalizio, il 2 gennaio, il termometro segnava 40 gradi. Faceva tanto caldo che non avevamo bisogno di bagnarci i capelli per pettinarli né di lavarci il viso con l’acqua per toglierci la sporcizia. Esauste, Roberta e io eravamo nel cortile. Arrivava la notte. Il cielo, di un colore grigio piombo, ci spaventò. La tempesta si sciolse in lampi e in valanghe di insetti, null’altro. Un enorme ragno si fermò sul rampicante del cortile: mi sembrò che ci osservasse. Presi il palo di una scopa per ucciderlo, ma mi trattenni non so perché, Roberta esclamò:
– È la speranza. Una signora francese una volta mi ha detto che ‘il ragno di sera è speranza”

Silvina Ocampo, Le nozze, 1959, in Porfiria, tr. L. Bacchi Wilcock, Einaudi, 1973, p. 165

 

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Una cifra in cornice per il 2025

Dal 1988, l’artista, illustratore, grafico ed editore Paolo Bernacca accoglie l’anno nuovo con un calendario d’autore. In una singola pagina, i dodici mesi  sono condensati graficamente seguendo un’idea-guida che caratterizza le cifre dell’anno. Con lo sguardo creativo di chi riesce a vedere storie nei segni impaginati, per Bernacca i numeri diventano racconti: lo zero un barometro o un salvagente, l’otto due bicchieri visti dall’alto, l’uno una pagaia, il nove una virgola, il cinque una mano aperta; oppure emergono da oggetti che li racchiudono: il sei nella faccia fortunata del dado, il sette nella carta di denari, il tredici nella palla del biliardo.
In ogni caso, ogni volta, si crea un felice collegamento fra la forma del numero e il riferimento visivo suggerito. Un collegamento che è venuto in mente all’autore per chissà quali accostamenti personali e che egli ci mette a disposizione per tutte le volte in cui, dal primo gennaio, scriveremo la data di quell’anno su documenti e corrispondenze.
Anche le cifre che indicano i giorni, così come i nomi dei mesi, sono riportate ogni anno con piccole ma significative varianti: di solito, sono disposte in orizzontale o in verticale, con le domeniche allineate; ma ci sono anni in cui l’andamento dei giorni è diagonale, come se il tempo procedesse a zig zag;  spesso il nome del mese è scritto per intero, ma a volte è affidato alla sola lettera iniziale che, a sua volta, può essere racchiusa in un cerchietto colorato o in una stella. In certi anni, i giorni sono scritti su dodici matite colorate o su un metro da falegname e c’è anche un anno in cui i numeri sono scritti in lettere. 
Chi vuole, può rintracciare a questo indirizzo tutti i Calendari con le loro fantasiose variazioni, per personali ricerche e giochi con il tempo.

E intanto, ecco il 2025: i mesi piovono paralleli sulle prime tre cifre 2 0 2, mentre l’ultima, il 5, esce dallo schema. È un cinque colorato con i colori dell’iride da un pennello immaginario: un cinque pittorico che merita un’ampia cornice di legno, un materiale molto caro a Bernacca, che lo ha usato in particolare per la serie Pagine salate, e che qui è evocato con la speranza che l’anno nuovo sia da incorniciare.

Notizie sulla casa editrice Bernacca Immagine.

a.s.

 

I Gennaio | January 1

1 gennaio 2025

“I knew I have fallen in love with Lolita forever; but I also knew she would not be forever Lolita. She would be thirteen on January 1. In two years or so she would cease being a nymphet and would turn into a ‘young girl’ and then, into a ‘college girl’ – that horror of horrors. The word ‘forever’ referred only to may own passion, to the eternal lolita as reflected in my blood”

Vladimir Nabokov, Lolita, 1955 (The Annotated Lolita, ed. by Alfred Appel), Vintage Books, 1991, p. 65

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“Sapevo di essermi innamorato di Lolita per sempre; ma sapevo anche che lei non sarebbe stata per sempre Lolita. Il primo gennaio avrebbe compiuto tredici anni.
Entro un paio d’anni avrebbe cessato di essere una ninfetta e si sarebbe trasformata in una ‘ragazza’, e poi, orrore degli orrori, in una college girl.
La parola ‘per sempre’ si riferiva solo alla mia intima passione, a quell’eterna Lolita che si rifletteva nel mio sangue”    

Vladimir Nabokov, Lolita, 1955, tr. it. G. Arborio Mella, Adelphi, 1993, p. 86

Chi parla di questo primo gennaio, nel romanzo di Nabokov, è il professor Humbert Humbert. Colto europeo trasferitosi nel New England, vive nella casa della signora Haze, la cui figlia dodicenne, Dolores detta Lolita, è una fanciulla in fiore, immagine perfetta, antichissima e attuale, del desiderio. Quando Humbert Humbert riflette sul compleanno della ragazza, la vicenda è a una svolta. Stanno per accadere dei fatti (il matrimonio con la Haze e la morte di questa) che porteranno Humbert Humbert e Lolita in un viaggio attraverso gli Stati Uniti, fra motel e cittadine sconosciute, sospetti, capricci, perversioni. Intanto Lolita cresce, comincia a frequentare amiche e ragazzi, finché non scappa, realizzando il presentimento di Humbert Humbert sull’inesorabile passaggio di tempo di cui il compleanno è simbolo e soglia. 

Dicono del libro

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31 Dicembre | ultimo dia del año

31 dicembre 2024

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Hoy es el ultimo dia del año. En todo el mundo que por este calendario se gobierna anda la gente entretenida debatiendo consigo las buenas acciones que intentan practicar en el año que entra, jurando que van a ser rectas, justas y ecuánimes, que de su enmendada boca no volverá  a salir una palabra mala, una mentira, una insidia, aunque las mereciera el enemigo, claro es que estamos hablando de personas vulgares, las otras, las de excepción, las que se fuera de lo común, se ajustan a sus propias razones para ser y hacer lo contrario siempre que les apetezca o aproveche, ésas son las que no se dejan engañar, llegan a reírse de nosotros y de las buenas intenciones que mostramos, en fin, vamos aprendiendo con la experiencia, y mediado enero ya habremos olvidado la mitad de lo que habíamos prometido, y, habiendo olvidado tanto, no hay realmente motivo para cumplir el resto, es come un castillo de naipes 

José Saramago, El año de la muerte de Ricardo Reis, 1984

Oggi è l’ultimo giorno dell’anno. In tutto il mondo retto da questo calendario le persone si intrattengono a dibattere con se stesse le buone azioni che intendono mettere in atto nell’anno che incomincia, giurando che saranno rette, giuste ed equanimi, che dalla loro bocca emendata non uscirà mai più una parola cattiva, una bugia,  un inganno, anche se il nemico se lo meritasse, è chiaro che è degli uomini comuni che stiamo parlando, gli altri, quelli d’eccezione, fuori dell’ordinario, si regolano in base a ragioni proprie per essere e fare il contrario sempre che ne ricavino gusto o interesse, questi sono coloro che non si lasciano illudere, arrivano a ridersela di noi e delle buone intenzioni che mostriamo, ma, alla fin fine, lo impariamo con l’esperienza, già nei primi giorni di gennaio abbiamo dimenticato metà dei nostri propositi e, avendo tanto dimenticato davvero non c’è motivo di tener fede al resto, è come un castello di carte

José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis, 1984, tr. it. R. Desti, Feltrinelli, 1985, p. 48

È il 31 dicembre del 1935 quando Ricardo Reis, medico portoghese di quarantotto anni, aspetta l’arrivo dell’anno nuovo nell’albergo Bragança di Lisbona. Nelle case di Lisbona si preparano i festeggiamenti e l’uva passa da mangiare a mezzanotte, un chicco per ogni rintocco, per chiamare la fortuna nei dodici mesi che verranno. È una giornata di temporali improvvisi e di schiarite. Ricardo Reis è arrivato a Lisbona da due giorni, dopo sedici anni di lontananza dal suo paese. Ha intenzione di aprire uno studio medico. Ma, prima di tutto, vuole rendere omaggio alla tomba di Fernando Pessoa, il poeta e amico morto un mese prima. È il poeta che l’ha inventato, proprio così, e grazie al quale vive una vita propria, apparentemente reale. Il 31 dicembre, dopo aver passeggiato per il centro, Ricardo Reis è tornato in albergo, dove tutti attendono, con gli occhi sull’orologio, la “riga di luce”, la “frontiera” invisibile che scandisce il passaggio da un anno all’altro. Rientrato in camera Reis trova seduto sul sofà proprio Pessoa: non è un fantasma, ma l’ombra che permane sulla terra per nove mesi dopo la morte e che lo visiterà ancora, da buon amico, per il tempo che gli rimane, pieno di avvenimenti privati e di tragedie pubbliche, la dittatura, e la guerra di Spagna del 1936. 

Dicono del libro
“Nel 1936, mentre all’orizzonte si preannuncia la seconda guerra mondiale, scoppia la guerra di Spagna. In quello stesso fatidico 1936 muore Ricardo Reis, solo un anno dopo la scomparsa del suo inventore, Fernando Pessoa. Reis è infatti uno dei tanti eteronimi di Pessoa, che ne aveva immaginato l’ideale biografia (nato a Porto nel 1887, educato dai gesuiti, medico, espatriato per ragioni politiche in Brasile nel 1919) e gli aveva attribuito come poeta classicistiche odi oraziane, ma non gli aveva dato carne e sentimenti. Cosa che invece compie Saramago, che lo fa tornare dal volontario esilio in occasione della morte del suo creatore, gli fa aprire uno studio medico a Lisbona, gli fa vivere una vita sociale, gli fa avere due donne, la cameriera d’albergo Lidia e la giovane Marcenda, e un figlio, e prima di morire lo fa essere testimone di tragici eventi, filtro attraverso cui rileggere la storia della patria salazarista, allineata a fascisti, nazisti e falangisti in tutt’Europa”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Per la sera di San Silvestro poi il diavolo mi riserva sempre una festa speciale…”
E.T.A. Hoffmann, La notte di San Silvestro

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“… La sera del 31 dicembre arrivò un telegramma con le parole: Buon anno a te, Nora…”
Massimo Bontempelli, Gente nel tempo


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“… Una volta all’anno, il pomeriggio del 31 dicembre, si recava con i figli nella cattedrale…”
Sandor Marai, Divorzio a Buda
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“… Martedì  31 dicembre 199… Ore 19:00 Cristiano Carucci aveva in testa tre possibilità per sfangarequella maledettissima notte…”
Niccolò Ammaniti, L’ultimo capodanno dell’umanità

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“… E la notte di Capodanno del duemila, cosa farai? Scenderai giù nelle piazze a far capriole…”
Marco Lodoli, Diario di un millennio che fugge

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“…È l’ultimo giorno dell’anno. Un grande freddo vento dal nord si è impadronito della terra…”
Agota Kristof, La prova

 

30 Dicembre

30 dicembre 2024

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Quando, la mattina del 30 dicembre, nella via dei Condotti, inaspettatamente si rincontrò con Elena Muti, egli ebbe una commozione inesprimibile, come d’innanzi al compiersi d’un fatto meraviglioso, come se il riapparir di quella donna in quel momento tristissimo della sua vita avvenisse per virtù d’una predestinazione ed ella gli fosse inviata per soccorso ultimo o per ultimo danno nel naufragio oscuro

Gabriele d’Annunzio, Il Piacere, 1889, ed. cons. Mondadori 1990, p. 244

Dopo due anni di lontananza, il conte Andrea Sperelli incontra di nuovo, a Roma, la sua amante Elena Muti. Si sono lasciati senza un motivo e da allora Andrea ha avuto diverse avventure, ha affrontato un duello e si è innamorato di una donna sposata, molto diversa da Elena. Tornato a Roma in autunno, si è rituffato nella vita mondana della città. Il 30 dicembre, giornata serena e tiepida, quasi primaverile, passeggia fra le vetrine e le vetture di via dei Condotti, vicino a piazza di Spagna. È lì che inaspettatamente incontra Elena e la invita a casa sua per l’indomani, giorno di San Silvestro, ultimo dell’anno, sperando che l’incontro possa riportare in vita il passato che hanno vissuto insieme.

Dicono del libro


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29 Dicembre

29 dicembre 2024

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Oki era l’unico viaggiatore in quel vagone. Sprofondato nel sedile, guardava distratto la poltrona sull’altro lato, che continuava a girare su se stessa. Non che girasse sempre nella medesima direzione o con la medesima velocità. Accelerava, rallentava, si arrestava di tanto in tanto e a volte rimaneva completamente  immobile per qualche minuto, poi riprendeva a girare nella direzione opposta. Guardando la poltrona che girava da sola nel vagone deserto Oki sentiva affiorare la solitudine stagnante in fondo al suo cuore, dove continuavano a fluttuare pensieri incerti. Era il ventinove dicembre. L’anno stava per finire. Oki aveva preso il treno perché voleva sentire il suono delle campane a Kyoto, nell’ultima notte dell’anno

Yasunari Kawabata, Bellezza e tristezza, 1965, tr. it. A. Suga, Einaudi 1983, p. 3

A due giorni dalla fine dell’anno, il celebre scrittore Oki sta viaggiando sul treno per Kyoto. Tutti gli anni, per capodanno, la radio trasmette i rintocchi delle campane di Kyoto e Oki vuole sentirli dal vivo. Ma non solo per questo ha intrapreso il viaggio. A Kyoto vive una donna con cui molti anni prima ha avuto una relazione, quando lei era una sedicenne e lui un uomo sposato. La storia era finita male, con un bambino nato morto e un tentativo di suicidio della ragazza. Dopo quella vicenda, Oki aveva pubblicato un libro di grande successo. Ora vuole rivedere la donna, che fa la pittrice e vive nel recinto di un tempio buddista. Per questo è sul treno, il 29 dicembre, mentre viene buio presto e il monte Fuji appare all’orizzonte. 

Dicono del libro

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28 Dicembre

28 dicembre 2024

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Quanti, di qui a molti anni, avranno la ventura di rivedere risorte Reggio e Messina dal terribile disastro del 28 dicembre 1908, non potranno mai figurarsi l’impressione che si aveva, allorché, passando in treno, pochi mesi dopo la catastrofe, cominciava a scoprirsi, tra il verde lussureggiante dei boschi d’aranci e di limoni e il dolce azzurro del mare, la vista atroce dei primi borghi in rovina, gli squarci e lo sconquasso delle case

Luigi Pirandello, Il professor Terremoto, 1910, in Novelle per un anno, Giunti, 1994, vol. I, p. 572

In uno scompartimento di prima classe di un treno che percorre la Sicilia, i viaggiatori rievocano il terremoto che distrusse Messina il 28 dicembre 1908 e alcuni episodi di salvataggi ed eroismi che che accaddero in quella tragica occasione. Il professore protagonista della novella, però, ha un parere tutto suo sul tema dell’eroismo e sulle conseguenze di atti a prima vista sublimi. Più che esaltare l’attimo glorioso il professore considera l’evolversi successivo dei fatti, quando la vita ordinaria – passata l’emergenza – riprende il sopravvento. Come esempio porta se stesso, autore, anni prima, del coraggioso salvataggio di una famiglia di sei persone la cui riconoscenza, col tempo, è diventata una catena e un peso che ha rovinato la sua vita.

Dicono del libro
“Pubblicata nel ‘Corriere della sera’ del 10 aprile 1910; in La trappola, Milano, Treves, 1915; in L’uomo solo, Firenze, Bemporad, 1922″.
(Dalla nota nell’ed. Giunti, op. cit.)

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27 Dicembre

27 dicembre 2024

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Un 27 dicembre mi sposai. Un quadro di Paul Klee dedicato al  numero 27 sintetizza mirabilmente le luci e le ombre della società segreta: può essere visto in casa della contessa di Vansept, che vive al numero 27 di una via di Parigi e ha 27 nipoti, ecc…

Enrique Vila-Matas, Storia abbreviata della letteratura portatile, 1985, tr. it. L. Panunzio Cipriani, Sellerio, 1989, p. 62 

Dicono del libro
“Confondendo come sempre realtà e finzione, compilando note e bibliografie fasulle, Vila-Matas ci getta nel solco dell’esplosione creativa che fece seguito al dadaismo, narrando l’improbabile storia di Duchamp, Savinio, De La Mare, Larbaud, Littbarski e molti altri membri di una fantomatica ‘società portatile’. Unica regola: l’opera d’arte dev’essere minuscola e stare in valigia. Il mondo è una miniatura, la guerra un gioco di soldatini, l’amore una macchina celibe. Per questo tutti gli affiliati a questa sconclusionata società segreta si chiamano shandys, ‘scervellati’ – secondo il dialetto parlato da Sterne – seguaci di Toby Shandy, primo artista “portatile” della storia, inerme soldato che sul suo cavalluccio attraversa con ostinata semplicità la strada della vita, riducendo a un gioco da giardino la guerra che, con la sua terribile realtà, l’ha reso impotente. Nuovi shandys, testimoni e protagonisti malinconici delle scorribande intellettuali degli anni venti, sono due colossi del pensiero e della poesia del Novecento: Walter Benjamin e Andreij Belij. I lori volti, che arrivano a confondersi nella scena finale, portano i segni di ‘coloro che rischiarono parecchio, se non la vita per lo meno la follia’, creando opere forse oscure ma sempre “portatili”, nemiche dell’ingombro e del pensiero tetragono. Si rilegga dunque questa breve storia, utile a smascherare quelli che non sono cattivi scrittori ma, diceva Broch, soltanto delinquenti”.
Stefano Moretti (dalla pagina del libro nel sito ibs)

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26 Dicembre | December 26

26 dicembre 2024

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Mr Willard drove me up to the Adirondacks. It was the day after Christmas and a grey sky bellied over us, fat with snow. I felt overstuffed and dull and disappointed, the way I always do the day after Christmas, as if whatever it was the pine boughs and the candles and the silver and gilt-ribboned presents and the birch-log fires and the Christmas turkey and the carols at the piano promised never came to pass. 

Sylvia Plath, The Bell Jar, 1963

Il signor Willard mi portò in macchina sugli Adirondacks. Mi sentivo rimpinzata, ottusa e delusa, come sempre mi accade il giorno dopo Natale quasi che tutte le promesse, qualunque esse fossero: rami di pino, candele, regali avvolti in nastri d’oro e d’argento, fuoco del ceppo di betulla, tacchino natalizio e inni cantati al pianoforte mai si realizzassero. 

Sylvia Plath, La campana di vetro, 1963, tr. it. D. Menicanti, Mondadori, 1979, p. 80

In un albergo di New York, città dove sta svolgendo uno stage in una rivista, la giovane Esther, aspirante scrittrice, sente risvegliarsi un dolore alla tibia. È un dolore profondo, che la riporta a un episodio altrettanto doloroso, accaduto durante le feste di Natale. Il suo amico Buddy Willard, studente di medicina con cui ha una contrastata relazione, è ricoverato in un ospedale sui monti Adirondack, per curare una malattia dei polmoni. Esther va a trovarlo insieme col padre di lui, il signor Willard, che guida la macchina nel paesaggio innevato. La ragazza, in realtà, vorrebbe tornare indietro, ma non riesce a farlo e prosegue il viaggio verso Buddy e verso un incidente con gli sci, in cui riporterà la frattura della gamba. Il viaggio si svolge il 26 dicembre,  il giorno successivo al Natale, giornata che riflette in pieno – con la sua atmosfera da giorno-dopo la festa – l’insoddisfazione di Esther in quel momento. 

Dicono del libro

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25 Dicembre | the 25th day of December

25 dicembre 2024

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If I were to believe in the stars I should have to believe that I was completely under the reign of Saturn. Everything that happened to me happened too late to mean much to me. It was even so with my birth. Slated for Christmas I was born a half hour too late. It always seemed to me that I was meant to be the sort of individual that one is destined to be by virtue of being born on the 25th day of December, Admiral Dewey was born on that day and so Jesus Christ… perhaps Krishnamurti too, for all I know. Anyway that’s the sort of guy I was intended to be.

Henry Miller, Tropic of Capricorn, 1939

Se credessi nelle stelle dovrei credere che io fossi proprio sotto l’influenza di Saturno. Tutto quel che mi succedeva era troppo tardi per significare qualcosa. Fu così anche la mia nascita. Fissato per Natale, venni al mondo con mezz’ora di ritardo. Parve sempre a me che io dovevo essere il tipo di individuo che uno è destinato a diventare per esser nato il 25° giorno di dicembre. L’ammiraglio Dewey nacque in quel giorno, e così Gesù Cristo… forse anche Krishnamurti, ch’io sappia. Comunque questo ero il tipo che io dovevo essere

Henry Miller, Tropico del Capricorno, 1939, tr. it. L. Bianciardi, Feltrinelli 1987, p. 67

In Tropico del Capricorno, romanzo largamente autobiografico che prende il titolo dal segno zodiacale di questo periodo, lo scrittore americano Henry Miller (nato il 26 dicembre del 1891), si presenta sotto le spoglie del protagonista della storia. Un giovane inquieto e contraddittorio, che guarda spietatamente dentro di sé mentre vive, negli anni Venti, a New York, impiegato nell’ufficio del personale della Cosmodemonic Telegraph Company. In questa pagina il discorso cade sulla data di nascita, giorno fatale che può segnare tutto il destino futuro, delle persone comuni, come dei grandi della storia e della religione, Gesù compreso. 

Dicono del libro

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