10 Dicembre

10 dicembre 2013

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Altri avrebbero potuto farci un libro di fantasia, un romanzo, intorno alle vicende che accaddero a Vigàta la sera del dieci dicembre milleottocentosettantaquattro, quando il teatro “Re d’Italia”, appena inaugurato, venne distrutto dalle fiamme poche ore dopo lo spettacolo d’apertura. Certamente al proposito d’un romanziere non poche occasioni si sarebbero prestate a sostenerne la robusta immaginazione, perché già da subito molti punti parvero oscuri, e proprio perché appresso non chiariti, lasciarono libero campo anche alle più avventate e deliranti supposizioni.
È per me quasi un dovere non cedere alle lusinghe dell’immaginazione, proprio perché io stesso, che all’epoca non avevo compiuto dieci anni, diedi per primo l’allarme a Montelusa

Andrea Camilleri, Il birraio di Preston, 1995, ed. cons. Sellerio, Palermo, 2000, p. 222

La sera di “mercoledì addì 10 dicembre” – come annunciano i manifesti affissi sui muri – viene inaugurato il nuovo teatro di Vigàta, con la discussa rappresentazione dell’opera Il birraio di Preston del compositore Luigi Ricci. Su questa contrastata inaugurazione, e sulla data del 10 dicembre 1874, convergono le storie dei protagonisti maggiori e minori: il prefetto venuto dalla Toscana, il questore, il delegato all’ordine pubblico, e poi i malavitosi, i latitanti, i nobili decaduti, gli onorevoli, le mogli e anche un bambino di dieci anni, Gerd Hoffer, che apre e chiude circolarmente il racconto. È lui, in “una notte che faceva spavento”, ad avvisare il padre, ingegnere minerario e pompiere, che una strana luce emana da Vigàta: si tratta dell’incendio che devasta il teatro la sera dello spettacolo. E alla fine – in un capitolo che è l’ultimo, ma anche il primo –  è il bambino ormai cresciuto a dare una ennesima versione dei fatti accaduti quel 10 dicembre e raccontati, nel corso del libro, da diversi, compresenti, punti di vista. 

Dicono del libro
“Camilleri inventa poco delle vicende che trasforma sulla pagina in vorticosi caroselli di persone e fatti – qui il fatto vero, conosciuto dalla celebre Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1875-76, è il susseguirsi di intrighi, delitti e tumulti seguiti alla incomprensibile determinazione del prefetto di Caltanissetta, il toscano Bortuzzi, di inaugurare il teatro di Caltanissetta con una sconosciuta opera lirica, Il birraio di Preston“.

(Dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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 “… Si mise in viaggio già il 10 dicembre. Prima della partenza disse all’amministratore: Sarò di nuovo qui in febbraio…”
Joseph Roth, La milleduesima notte

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“…Il 10 dicembre, verso mezzogiorno l’oceano si quietò di colpo nel suo moto instancabile…”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso (segnalazione di Valeria Reali)

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“… Si stava suicidando a due settimane da Natale…”
George Saunders, Dieci dicembre

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“… 10 dicembre 1943 Sfilo queste pagine dalla fodera interna dell’uniforme, dove le tengo nascoste…”

Ruth Ozeki, Una storia per l’essere tempo

 

9 Dicembre

9 dicembre 2013

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Il 9 dicembre, alle sei e venti di mattina, mentre una bufera d’acqua e vento infieriva sulla campagna, una Uno turbo FTI nera (vestigia di un’epoca in cui, per qualche lira in più rispetto al modello base, ci si comprava una bara motorizzata che filava come una Porsche, beveva come una Cadillac e si accartocciava come una lattina di cocacola) imboccò lo svincolo che portava dall’Aurelia a Ischiano Scalo e proseguì su una strada a due corsie che tagliava i campi di fango. Superò la Polisportiva e il capannone del Consorzio agrario ed entrò in paese

Niccolò Ammaniti, Ti prendo e ti porto via, 1999, ed. cons. Mondadori 2000, p. 19

Graziano Biglia, quarantaquattrenne playboy che vive alla giornata, torna al suo paese in Maremma dopo due anni di assenza.  È partito all’alba del 9 dicembre da Roma, nonostante un temporale, per raggiungere Ischiano Scalo e comunicare alla madre, la signora Gina, che – dopo anni irregolari e sbandati – ha deciso di sposarsi. Le nozze dovrebbero celebrarsi in Giamaica e la promessa sposa, Erica – una cubista conosciuta in discoteca l’estate prima – dovrebbe arrivare a Ischiano Scalo a breve, trattenuta a Roma da un provino. Da questo 9 dicembre si dipana una storia i cui poli – oltre Graziano ed Erica – sono i dodicenni Pietro e Gloria e la professoressa Flora Palmieri. Una storia che avrà il suo epilogo dopo sei mesi, nel giugno di un anno dell’ultimo decennio del Novecento, in cui si condensano e si intrecciano, con colpi di scena e salti temporali, i destini degli adulti e dei ragazzi. 

Dicono del libro
“A Ischiano Scalo il mare c’è ma non si vede. È un paesino di quattro case accanto a una laguna piena di zanzare. Il turismo lo evita perché d’estate s’infuoca come una graticola e d’inverno si gela. Questo è lo scenario nel quale si svolgono due storie d’amore tormentate. Ammaniti crea e dissolve coincidenze, è pronto a catturare gli aspetti più grotteschi e più sentimentali, più comici e inquietanti della realtà”.

(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 9 dicembre. Sono alla diciannovesima minestra di capellini… ma continuo nelle mie vendette…”
Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca

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“… Il 9 dicembre secondo alcuni, il quindici marzo secondo altri, perse la ragione…”
Manuel Scorza, Il cavaliere insonne

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“… Finì settembre, in un lampo passò l’autunno, e poi venne l’inverno. Il 7 novembre era il compleanno di Sumire, e il 9 dicembre era il mio…”
Murakami Haruki, La ragazza dello Sputnik

 

8 Dicembre

8 dicembre 2013

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Ciò che adesso importava era sopravvivere. Da quel giorno in poi, decisi, non sarei mai più stato povero. Avrei lavorato sodo per Coletti e la Toyo Fish Company. Avrei messo da parte ogni penny. Avrei tenuto in tasca gli spiccioli e messo i dollari in banca. Avrei ricoperto il mio corpo e la mia vita di denaro. Sarei stato adamantino. Non mi sarei fatto più male. Ero ancora giovane. L’8 dicembre, di lì a un mese, avrei compiuto vent’anni. C’era un sacco di tempo. Tutto, finalmente, stava andando per il verso giusto. Sorrisi recitando il Padre nostro 

John Fante, La confraternita dell’uva, 1977 (pubblicazione in volume), tr. it. F. Durante, Einaudi, 2004, p. 91

Dicono del libro
“il romanzo ha per protagonista la figura granitica, ingombrante, di un padre, il vecchio tirannico e orgoglioso primo scalpellino d’America, almeno questo crede di essere. Un immigrato di prima generazione, Nick Molise, nel quale, come nel gruppo di suoi compaesani, Fante racchiude il ritratto più nitido della prima generazione italoamericana. Un mondo di uomini di testarda virilità, guardati con inorridita inquietudine dagli americani persuasi che gli italiani fossero creature di sangue africano, che tutti girassero con il coltello e che la nazione fosse ormai preda della mafia”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… l’unica cosa ricordata era la solenne promessa dell’otto dicembre…”
Jacob Wassermann, Caspar Hauser

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“… Da Jorge Adano  a Damasa Figuera, 8 di questo immortale Dicembre (stesso oscuro luogo)…”
Anna Maria  Ortese, Il porto di Toledo

7 Dicembre

7 dicembre 2013

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“Cosa significa psionici? Diversi dipendenti del signor Runciter hanno usato questo termine”.
“Poteri parapsichici” disse Joe. “Forze mentali che agiscono direttamente, senza l’intervento di nessun agente fisico”.
“Poteri mistici, intende dire? come conoscere il futuro e altre cose del genere? Il motivo per cui gliene parlo è che alcuni di quei signori hanno accennato al futuro come se esistesse già. Non con me; ne parlavano fra di loro, e ho udito per caso… sa come succede.  Siete per caso dei medium?”
“È un modo come un altro per definirci.”
“Cosa prevedete per la guerra in Europa?”Joe disse: “Germania e Giappone saranno sconfitti. Gli Stati Uniti entreranno in guerra il 7 dicembre 1941.” Poi ripiombò nel silenzio

Philip K, Dick, Ubik, 1969, tr. it. G. Montanari, ed. cons. Fanucci, 1998, pp. 413-414


Dicono del libro
“PKD scrisse Ubik nel 1968-69, in una delle ricorrenti fasi difficili della sua vita e le tracce sono visibili, evidenti; forse la stessa conclusione ambigua è figlia della sua difficoltà a scegliere, a decidere chi doveva prevalere tra Jori e Ubik, tra il divoratore di anime e l’influenza salvatrice”.

(Dall’introduzione di S. Cofferati all’ed. Fanucci, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 7 dicembre 1942, anniversario dell’entrata in guerra del Giappone, emanò un proclama in cui dichiarava che, in onore a quella data, si assumeva la responsabilità di abolire tutte le punizioni…”
Pierre Boulle, Il ponte sul fiume Kwai

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“… Io qui, su questo vagone, di questa eterna giornata che è il 7 dicembre…”
Roberto Pazzi, La città volante

6 Dicembre

6 dicembre 2013

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Il sei di dicembre dell’anno passato, te ne ricorderai e se non te ne ricordi non importa, fece un tempo da diavoli. A guardare la montagna poi, era uno spavento; e anche di quaggiù si sentiva la romba della bufera che mugolava fra i castagni, mandando fino a noi qualche foglia secca insieme col sinibbio che strepitava sui vetri delle finestre come la grandine. Io son fatto peggio delle gru: più cattivo è il tempo, e più sento il bisogno d’essere in giro. E volli uscire con lo schioppo in cerca di qualche animale

Renato Fucini, Le veglie di Neri (Vanno in Maremma) 1844, ed. cons. Newton Compton, 1993, p. 44

Mentre è a caccia di beccaccini, un sei di dicembre particolarmente freddo e tempestoso, Raffaello incontra una famiglia di montanari che – a piedi, malvestiti e con poche provviste – affrontano il viaggio verso Talamone, per passarvi il resto dell’inverno. Padre, madre, due ragazzi e una bambina piccola hanno davanti a loro una settimana di cammino. Raffaello, dopo aver scambiato qualche parola col capofamiglia sul brutto tempo, regala dei soldi a uno dei figli, che non ha mai visto in vita sua una banconota. Quell’incontro rimane vivo nella memoria di Raffaello, che dopo un anno lo racconta – davanti a un piatto di pappardelle con la lepre – e ne ricorda con precisione il gelido nevischio (il sinibbio) e la data, il sei dicembre dell’anno passato.

Dicono del libro
“Vicende semplici, ma cariche di significati umani e sociali, ambientate nelle paludi, nei campi e nelle borgate della maremma toscana: questi famosi racconti di Neri Tanfucio (pseudonimo anagrammato di Renato Fucini) conservano a tutt’oggi una straordinaria vitalità, grazie all’essenzialità del modulo narrativo e alla naturalezza di un linguaggio immediato, popolare e disinvolto”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Newton Compton, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Dove si trovavano essi in quel momento, alle otto del mattino di quel giorno che in Terra era chiamato il 6 dicembre? Certamente vicino alla Luna…”
Jules Verne, Intorno alla luna

 

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“…I ragazzi ricevettero una cena abbondante quella sera del 6 dicembre 184* al Leone Rosso…”

Mary Mapes Dodge, Pattini d’argento

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“… Oggi sei dicembre…”
Marta sui Tubi, Sei dicembre (segnalazione di Francesco Raiola @mrjones1981)

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Vinicio Capossela, Sante Nicola (segnalazione di Sara Marchini)

5 Dicembre

5 dicembre 2013

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Il 5 dicembre fu una splendida giornata. Alla base H. vidi le scintillanti sagome argentee della squadriglia da combattimento degli aerei supersonici F 104, allineati sul campo di volo. Gli addetti al controllo si stavano occupando dello 016 che mi avrebbe ospitato. (…)
Le due e mezza. Lo 016 si immise dolcemente nella pista di decollo, poi si arrestò per provare al massimo i motori. Traboccavo di felicità. La gioia di partire verso un mondo in cui non sarei stato importunato dagli affanni quotidiani e terrestri, di potermi separare completamente da essi in quell’attimo, non era paragonabile alle sensazioni della partenza di un aereo di linea, che si limita a trasportare un’esistenza borghese. Quanto intensamente avevo desiderato, quanto ardentemente avevo atteso questo istante! Alle mie spalle c’era quello che già conoscevo, di fronte a me l’ignoto: questo istante era simile a una sottilissima lametta da barba

Yukio Mishima, Sole e acciaio, 1968, tr. it. L. Origlia, Guanda 1982, pp.84-85

Nel Giappone del dopoguerra, il protagonista di Sole e acciaio, in un lungo monologo, illustra la sua visione di sé e della realtà, la sua  lotta contro l’irreversibilità del tempo, all’insegna del coraggio e del pericolo. Nell’epilogo, c’è il racconto dell’esperienza più significativa del suo percorso: il volo su un aereo  F 104, lanciato oltre la velocità del suono, a quarantacinquemila piedi di altezza nella limpida giornata del 5 dicembre. Chiuso nel suo abitacolo, con la sensazione  di una corrispondenza perfetta fra esterno e interno, fra la sua mente e l’aereo, fra l’aereo e il pianeta, il narratore attraversa lo spazio e il tempo ruotando intorno al cratere del monte Fuji. 

Dicono del libro
“L’autore racconta la scoperta della propria identità fisica, l’interesse per la pratica delle arti marziali e la ricerca di un “linguaggio del corpo”; la testimonianza di un’appassionata indagine nella propria identità di uomo, oltre ogni limite, oltre ogni convenzione”.

(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Persino nell’autunno avanzato vidi, un anno (un 5 dicembre), ondulazioni sullo specchio, e pensando che improvvisamente stesse per mettersi a piovere fitto… mi affrettai a dare mano ai remi…”
Henry D. Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi

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“… giovedì, 5.12 Partenza la mattina prestissimo…”
Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio

 

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“… Non ho ancora detto che il giorno dopo era il 5 dicembre, e cioè il mio compleanno…”
Elsa Morante, L’isola di Arturo (segnalazione di @Ilaria_Restivo)

4 Dicembre

4 dicembre 2013

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Il signor Ruche rimase ancora un istante sulla terrazza. Ormai era calata la notte. Dimenticando l’indagine, Grosrouvre e la Biblioteca della Foresta, ripensò a Khayyām, al quale si era sentito subito così vicino. Gli tornarono alla mente due date. “Nato il 18 giugno 1048, morto il 4 dicembre 1131.” Khayyām era morto a quasi ottantaquattro anni. La stessa età di Grosrouvre. E… Si raddrizzò sulla sedia, aggrappandosi alla balaustra. Nel freddo e nella notte di Parigi, esclamò al vento del nord: “La mia stessa età!”
Il signor Ruche era nell’ottantaquattresimo anno di età. In quell’istante seppe con certezza che per quell’anno non gli sarebbe accaduto nulla. Si sentì eterno, almeno per qualche anno ancora

Denis Guedj, Il teorema del pappagallo, 1998, tr. it. L. Perria, Longanesi, 2000 p. 281

Il signor Ruche, un vecchio libraio parigino che si muove su una sedia a rotelle, ha avuto da giovane un amico – poi espatriato in Brasile – che  gli ha affidato decine di casse di libri sulla matematica, da rimettere in ordine. Nella sua libreria Mille e una pagina, Ruche ripercorre i testi, scoprendovi non solo nozioni che non conosceva e nuovi punti di vista, ma anche una rete di coincidenze e di corrispondenze fra la sua vita, quella dell’amico Grosrouvre e le esistenze di grandi scienziati del passato. In una fredda giornata invernale, Ruche è alle prese con il matematico e poeta persiano al-Khayyām, il cui nome significa il figlio del venditore di tende. Fu esperto di polinomi e di astronomia, tanto che partecipò anche all’elaborazione di un nuovo calendario, e fu anche astrologo. È per questo che si conoscono – “cosa assai rara all’epoca” –  le date precise della sua nascita e della sua morte, avvenuta nel 1131, un 4 dicembre, data che rivela al libraio un’altra, sorprendente coincidenza. 

Dicono del libro
“La matematica diventa in questo libro protagonista di un romanzo. Un libraio in pensione, per scoprire le strane circostanze della morte di un amico che gli ha lasciato in eredità una biblioteca interamente dedicata alle scienze matematiche, deve rimettersi a studiare aritmetica, algebra, trigonometria e logica, materie che ha sempre detestato fin da quando era studente di filosofia”
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 4 dicembre. Ti prego – vedi, per me è finita, non resisto più!…”
Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther

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“Parigi, 4 dicembre 17** Risposta della marchesa di Merteuil scritta in calce alla stessa lettera: Ebbene! Guerra sia!”
Choderlos de Laclos, I legami pericolosi

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“… Un diario? disse Nikolaj con una sfumatura d’ironia e prese in mano il quaderno. Vi si trovava scritto in francese: 4 dicembre…”
Lev Tolstoj, Guerra e Pace

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“… mercoledì, 4.12 Una mattina fresca, d’immacolata chiarezza. Tutto nella foschia in pianura, ma i suoni della vita giungono fin qui….”

Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio

3 Dicembre

3 dicembre 2013

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Certe volte gli era stata affidata persino la rettifica degli articoli di fondo del Times, che erano scritti interamente in neolingua. Srotolò la comunicazione che aveva messa da parte prima. Diceva:
times 3. 12. 83. Riproduz ordogior gf bispluserrata nonesisper riscrinter pristes supautor anteinclucoll

In archelingua (ovvero nella lingua normale) tale comunicazione si poteva rendere così:
La riproduzione dell’Ordine del Giorno del Grande Fratello pubblicata nel Times del 3 dicembre 1983 è del tutto insoddisfacente e allude addirittura a persone che non esistono. Riscriverlo da capo e sottoporre tale prima stesura all’autorità superiore prima di includerla nella collezione. Winston lesse per intero l’articolo incriminato. L’Ordine del Giorno del Grande Fratello era dedicato principalmente a lodare l’operato di una organizzazione conosciuta con la sigla SSFG che riforniva sigarette e altri generi voluttuari ai marinai della Fortezza Galleggiante

George Orwell, 1984, 1949, tr. it. G. Baldini, Mondadori, 1989, p. 48

Nella società futura dominata dal Grande Fratello e dalle sue tecniche pervasive di controllo, Londra  è una delle province dell’iperstato di Oceania, in conflitto permanente con Eurasia. La lingua ufficiale è la Neolingua, che deve via via sostituire l’Archelingua, eliminando ogni possibilità di pensiero eretico e indipendente. Winston Smith, un uomo di quasi qurant’anni, è impiegato al Ministero della Verità con il compito di correggere i documenti non conformi alle direttive del regime. In aprile, con un gesto di autonomia che egli stesso non sa spiegarsi, Winston ha cominciato a scrivere un diario, azione non vietata ma punibile con la morte. Per chi sta correndo il pericolo di scrivere il diario? si chiede Winston, immaginando un tempo in cui “quel che è fatto non può essere disfatto”, come accade invece negli uffici del Ministero, in cui  le notizie – per esempio quelle del Times del 3 dicembre – vengono riscritte e rimesse in circolo: “Non appena tutte le correzioni  che si rendevano necessarie a ogni numero del Times  erano state messe insieme e verificate, quel numero veniva ristampato di nuovo, la copia originale distrutta, e la copia corretta collocata nelle collezioni al suo posto”, alterando così per sempre il passato e la memoria. 

Dicono del libro
“L’azione si svolge in un futuro prossimo del mondo (l’anno 1984) in cui il potere si concentra in tre immensi superstati: Oceania, Eurasia ed Estasia. Al vertice del potere politico in Oceania c’è il Grande Fratello, onnisciente e infallibile, che nessuno ha visto di persona ma di cui ovunque sono visibili grandi manifesti. Il Ministero della Verità, nel quale lavora il personaggio principale, Smith, ha il compito di censurare libri e giornali non in linea con la politica ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità espressive della lingua. Per quanto sia tenuto sotto controllo da telecamere, Smith comincia a condurre un’esistenza sovversiva. Scritto nel 1949, il libro è considerato una delle più lucide rappresentazioni del totalitarismo”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Entrò la Bordin. Era il 3 dicembre 1851. Aveva un giornale in mano…”
Gustave Flaubert, Bouvard e Pécuchet

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“… La data?  chiese Holmes aprendo la sua agenda. Sparì il 3 dicembre 1878, quasi dieci anni fa…”
Arthur Conan Doyle, Il segno dei quattro

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“… su quell’angolo di strada faceva un freddo tremendo, era il 3 dicembre…”
Almudena Grandes, Atlante di geografia umana Winston

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“… Creature astrali che giocano, 3 dicembre 1919…”
Aldous Huxley, Giallo cromo

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“… Il tre dicembre del ’39 a stare al mondo volli provar…”
Francesco Guccini, Il 3 dicembre del ’39 (segnalazione di Antonio Zangara @anfesibena)

2 Dicembre

2 dicembre 2013

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Nell’anno 1918, e precisamente nei giorni intorno al 15 giugno, si svolgeranno in Germania feste solenni per il trentesimo anno di regno dell’imperatore Guglielmo II, feste che dovranno  attestare al mondo intero la grandezza e la potenza germaniche. Quantunque manchino ancora parecchi anni a tale data, si sa da fonti degne di fede che si stanno già facendo preparativi, per ora naturalmente non ufficiali. Ora tu ben sai che nello stesso anno il nostro augusto Imperatore celebrerà il settantesimo giubileo della sua ascesa al trono e che l’anniversario cade il 2 dicembre. La troppa modestia che distingue sempre noi austriaci nelle questioni riguardanti la nostra Patria m’ispira il timore che si prepari per noi, diciamolo pure, una nuova Königgrätz, vale a dire che i tedeschi con il loro metodo mirante all’effetto, ci prevengano, così come allora adottarono il fucile ad ago prima che noi pensassimo a una sorpresa da parte loro. […] Poiché il 2 dicembre non si può naturalmente far cadere prima del 15 giugno, si è avuta la felice idea di estendere i festeggiamenti a tutta l’annata 1918, facendone l’anno giubilare del nostro Imperatore della Pace

Robert Musil, L’uomo senza qualità, 1930-1933, tr. it. A. Rho, ed. cons. Einaudi 1972, vo. I, p. 73

Siamo nel 1913, a qualche anno di distanza dalla “magica data della svolta del secolo”, quel passaggio fra l’Ottocento e il Novecento, che aveva seminato illusioni di grandi novità, come se il tempo tornasse giovane. Nell’Austria imperial-regia, con i suoi vasti territori, le tante popolazioni, la struttura burocratica, le aperture  liberali,  vive Ulrich Anders, un uomo di trentadue anni, la cui “intelligenza affascinata dall’esattezza scientifica e dall’infinita indeterminatezza della realtà, dissolve ogni decisione in lucida ironia”. Su iniziativa del padre, Ulrich viene nominato segretario di un comitato che deve organizzare – con largo anticipo – i festeggiamenti del settantesimo anno di regno del vecchio imperatore Francesco Giuseppe, salito al trono il 2 dicembre del 1848. L’anniversario cade dunque nel 1918, lo stesso anno in cui in Germania si celebra l’imperatore Guglielmo II. In vista di questa competizione fra le due scadenze, si mette in moto a Vienna una azione parallela, un meccanismo complesso quanto vago di decisioni che non giungeranno mai allo scopo, segnando quella data, il 1918, la dissoluzione dell’impero austro-ungarico.

 

Dicono del libro
“L’uomo senza qualità, il romanzo al quale Musil lavorò per gran parte della vita, è un’insuperabile rappresentazione delle grandi crisi del Novecento. Nella Vienna alle soglie del primo conflitto mondiale, il protagonista Ulrich, per una sorta di malattia dell’anima o del carattere, non sa né vuole dare corpo e forma alle proprie inclinazioni. Preda di un’intelligenza affascinata dall’esattezza scientifica e dall’infinita indeterminatezza del reale, Ulrich si presta con lucida ironia a quell’infinito gioco di simulazioni che Musil orchestra con vertiginosa intelligenza”.
(Dalla scheda del libro nel sito Einaudi)

Altre storie che accadono oggi

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“… Quanto a Muffat, figlio tardivo di un generale fatto conte da Napoleone I, naturalmente si era trovato in auge dopo il 2 dicembre…”
Emile Zola, Nanà

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“… Sui giornali Kazuo leggeva spesso una nuova espressione: guerra fredda. Era in voga dal due dicembre dell’anno precedente…”
Yukio Mishima, Una stanza chiusa a chiave

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“… Era – finalmente una data a cui appigliarci – la sera del 2 dicembre del 1642. Uscivano da un teatro…”
Umberto Eco, L’isola del giorno prima

 

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“… Due anni dopo scoppiò un’altra rivolta, il 2 dicembre del 1649 e quella volta ci si immischiarono pure dei grandi baroni…”
Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa

 

I Dicembre

1 dicembre 2013

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Il primo dicembre 1987, dopo aver osservato a lungo le figure intagliate nel legno del portale della cattedrale di Spalato, tra cui Giovanni, triste, che all’ultima Cena reclina il capo sulla spalla di Gesù, e allo stesso tempo cerca conforto anche con una mano – variante sul tema – nella manica del suo maestro, il viaggiatore scese alla passeggiata della spiaggia, illuminata dal sole, dove vide un decrepito lustrascarpe, che disoccupato ormai da lungo tempo, iniziava a pulire le proprie scarpe. A dire il vero ne avevano anche bisogno. E quell’uomo le lustrava scrupolosamente, come avrebbe fatto per chiunque altro – non era capace altrimenti -, con calma, riflessivamente, un lembo di pelle alla volta. E le sue scarpe, tanto amorevolmente passate, alla fine cominciarono a rilucere, per poi splendere all’ombra della palma sotto cui era seduto

Peter Handke, Il lustrascarpe di Spalato, 1990, in Epopea del baleno, tr. it. L. Salerno, Guanda 1993, p.11

Dicono del libro
“Il volo di una farfalla in una mattina di primavera; l’incontro di un turista con un lustrascarpe nei dintorni della cattedrale di Spoleto; una fitta nevicata sulla città portuale di Aomari, nel nord del Giappone; un luminoso frullar di lucciole in una notte di maggio, a Cormons, in Friuli: Peter Handke osserva i fenomeni naturali e l’aspetto fisico degli eventi e anche il più piccolo accadimento trova nelle pagine di questo libro una rifrazione luminosa. La descrizione è così particolareggiata da far pensare a un microscopio sempre in funzione”.
(Dalla scheda del libro sul sito ibs)

 

 

 

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il primo di dicembre fu per le povere ragazze una giornata d’inverno davvero oscura. Di fuori soffiava un vento gelato e l’anno sembrava si preparasse alla morte…”
Louisa May Alcott,  Piccole donne

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“… I° dicembre, 1969. Non si può combattere una guerra senza acronimi…”
Don DeLillo, Underworld

Enrico Benetta, fra lettere e tempo

Tempo sospeso Benetta

Courtesy Enrico Benetta, Tempo sospeso

“È molto diverso misurare il tempo con l’acqua, il fuoco o la luce” scrive Ernst Jünger nel Libro dell’orologio a polvere, ricordando anche che i primi costruttori di clessidre appartennero probabilmente alla corporazione dei fabbri. C’è un’opera dell’artista veneto Enrico Benetta che conferma e arricchisce la raccolta di geroglifici del tempo di Jünger: Tempo sospeso ha la forma di una grande clessidra, con un’incastellatura  cilindrica costituita da quattro sostegni alti due metri fissati su due dischi dal diametro di 85 cm. Due coni di lettere in acciaio cor-ten, fissate ai due dischi, alludono con la loro forma alle ampolle della clessidra, divise simmetricamente da una strozzatura centrale, che dà all’insieme la forma reversibile, e continuamente rovesciabile, di un otto. Nella clessidra di Benetta non c’è il vetro e neanche la sabbia. L’ingombro delle ampolle e la materia che dovrebbe riempirle è costituita dai caratteri tipografici disegnati nel ‘700 dal tipografo Giambattista Bodoni. I caratteri sono sagomati dall’artista-fabbro nel cor-ten, un acciaio arricchito di atomi di rame che danno al materiale il segno visivo del passare del tempo:  la coloritura della ruggine senza il suo effetto corrosivo. E sono disposti in modo da creare la metafora visiva del gocciolare dall’alto e dell’accumularsi in basso, con un assottigliamento al centro, in cui è visibile – come una congiunzione – una E maiuscola. Se nella clessidra sono i granelli di sabbia setacciata (o di polvere ottenuta dalla macinazione di diversi metalli) a colare dal basso verso l’alto, qui sono lettere dell’alfabeto: unità atomiche, costituenti di base di tutte le parole, materia prima del linguaggio. Sono loro – con i grovigli e le catene delle loro combinazioni – a segnare il tempo e insieme a sospenderlo, come fa da sempre la lettura.
Benetta versione grandeL’opera di Benetta (ne esiste anche una versione alta più di 6 metri) è stata esposta nel 2012 nel Museo Bodoniano di Parma insieme a installazioni autoportanti e composizioni polimateriche, tutte basate sui caratteri del grande tipografo. Fra queste, anche un Libro del tempo, 2011. E il tempo è un motivo di riflessione, già nel titolo, anche nella mostra L’attesa… La Tempesta (Castelfranco Veneto, fino al 7 gennaio 2013), che indaga “lo spazio temporale fra il lampo e il tuono”, partendo dal celebre quadro di Giorgione .
Viene da chiedere seguendo quali segnali l’artista assembli i caratteri, con quale frequenza ricorrano vocali e consonanti, e se emergano significati più o meno volontari nei percorsi non lineari delle opere, nei cui titoli non è raro trovare giochi di parole. Del resto l’anagramma del nome di Enrico Benetta, in un dialogo ideale con le sue opere, è: “beate in cor-ten”.
Antonella Sbrilli (@asbrilli)
Link al sito dell’artista

30 Novembre

30 novembre 2013

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“Si finisce sempre per essere assassinati, se non si ottiene la propria nobiltà direttamente dagli Dèi, e dal cuore del cielo il proprio potere.”
“È così che sono nobile, anch’io” diss’ella.
Ma non era convinta. E con maggior decisione tornò al suo pensiero d’andarsene.
Scrisse a Città del Messico per prenotarsi una cabina da Vera Cruz a Southampton: sarebbe partita l’ultimo di novembre

David Herbert Lawrence, Il serpente piumato, 1926, tr. it. E. Vittorini, ed. cons. Mondadori, 1969, p. 554

L’irlandese Kate è arrivata in Messico la domenica dopo Pasqua e nel tempo trascorso nel paese ha conosciuto, non senza inquietudine, tradizioni e possibilità di vita del tutto diverse da quelle europee. Si è sposata con Cipriano, un generale che, insieme con l’amico Ramon, lavora per la rinascita del culto di Quetzalcoatl, il dio-serpente piumato, sullo sfondo dell’instabile situazione politica messicana. Attratta e spaventata dalla forza che emana dal Messico, Kate a volte crede “di essere risalita a un’èra primigenia della coscienza umana, quando gli uomini, pieni di oscure volontà  e indifferenti alla morte, avevano la loro forza spirituale nel sangue e nella colonna vertebrale, non nel cervello…”. A volte,  è presa dai ricordi della sua vita precedente, come le accade, in un assolato giorno di novembre, pensando all’avvicinarsi del Natale nel paesaggio inglese. Incerta, sempre in bilico sul presente/serpente del tempo, prenota – e sono le ultime pagine del libro, ma non della storia -un biglietto di ritorno per il 30 novembre. 

Dicono del libro
“Il serpente piumato è il romanzo che diede a David Herbert Lawrence larga fama. Ne è protagonista una donna intelligente e moderna che si lascia sottomettere, pur attraverso infinite ribellioni, al mistero segreto delle cose. Storia di una sconfitta dell’intelletto dinanzi alla natura, si svolge intorno al duplice fascino di una lentissima trasformazione psicologica da una parte, e di un meraviglioso crescendo d’atmosfera dall’altra: poiché questo romanzo ha per sfondo il Messico e sa renderlo vivo nei suoi abitanti, nei suoi costumi e nella sua tremenda solitudine tropicale”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Fu solamente il 30 novembre che la prima raffica di vento si fece sentire…”
Emilio Salgari, Gli scorridori del mare

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“… che avrebbe fatto Fernando Pessoa se avesse potuto leggere, due mesi prima. L’autore di Mensagem morirà il 30 novembre prossimo per una colica epatica…”
José Saramago, L’anno della morte di Ricardo Reis

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“… La mattina del 30 novembre, mancando notizie da Montreal, Arnold mi consegnò una lettera da recapitare al generale Montgomery… Anche il freddo era delizioso in quella bianca mattina”
Gore Vidal, Burr

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“…. Colette si è sposata il 30 novembre a mezzogiorno. La famiglia si è riunita per un grande pranzo…”
Irène Némirovsky, Il calore del sangue

 

Oggi 29 novembre. Una cover di Rauschenberg per “Time”

Oggi, 29 novembre. Una cover di Robert Rauschenberg per “Time”
di Angelica Gatto

Per il numero del 29 Novembre del 1976 della rivista “Time” (vol. 108, n. 22),  l’artista statunitense Robert Rauschenberg è chiamato a realizzare la copertina. Rauschenberg, la cui inconfondibile firma compare in basso, sceglie e assembla una serie di immagini che mostrano – intorno a lui stesso sorridente – vedute dell’isola di Captiva, in Florida, dove si era trasferito a partire dal 1970, insieme ad alcune sue celebri opere, tra le quali, Bed del 1955, Charlene del 1954, Pilgrim del 1960; la scritta The Joy of Art, rossa

Timesu fascia gialla, attraversa in modo eloquente l’angolo destro della cover. In quell’occasione il critico e collaboratore della rivista, Robert Hughes, da sempre molto legato all’artista e suo grande estimatore, scrive un lungo articolo dal significativo titolo The Most Living Artist.  Non è un caso che Rauschenberg sia stato il primo artista, ancora in vita, a comparire sulla copertina di uno dei settimanali di attualità, politica e cultura, più popolari d’America. L’artista ha in più occasioni disegnato copertine di riviste e dischi (Speaking in tongues, disco dei Talking Heads,1983) billboards per gli autobus e poster per le proprie mostre (Gallerie di Leo Castelli e Ileana Sonnabend, Rauschenberg: Hoarfrost series, Dicembre 7-28, 1974), per eventi teatrali e musicali, per pubblicità di film e manifestazioni a carattere sociale e politico (il poster Earth Day, April 22 Poster, 1970),  sempre in cerca di nuove soluzioni espressive. Lo stesso Hughes sottolinea in varie occasioni il carattere di molteplicità che fa di Rauschenberg un artista difficilmente inquadrabile entro rigide categorie precostituite, un artista che nel corso della sua lunga carriera (è morto nel maggio del 2008 all’età di 83 anni, continuando a lavorare affiancato dai suoi assistenti) ha saputo rinnovarsi costantemente, sperimentando i media più diversi e  rifuggendo il rischio di ripetersi. “L’artista della democrazia americana”, come lo definirà ancora Hughes vent’anni dopo la celebre copertina, l’enfant terrible dal carattere innovativo, non ha timore di contraddire sé stesso, per rinnovarsi costantemente: forse è per questo che il suo nome e quello del poeta americano Walt Whitman vengono accostati, nel segno dell’inesauribile curiosità, della continua scoperta, della capacità di trovare l’epica del quotidiano, la durata del presente, e la gioia  dell’arte, The Joy of Art. (a.g.)

29 Novembre

29 novembre 2013

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Il 29 novembre Kutuzov entrò in Vilno, nella sua “buona Vilno” come egli la chiamava. Per due volte nella sua carriera Kutuzov era stato governatore di Vilno. Nella ricca e intatta Vilno, oltre alle comodità della vita, di cui da tempo era stato privato, Kutuzov trovò vecchi amici e ricordi. E voltando di colpo le spalle a tutte le preoccupazioni militari e statali, si immerse in una vita tranquilla e uniforme, nella misura in cui lo lasciavano in pace le passioni che gli ribollivano intorno, come se tutto ciò che stava accadendo o sarebbe accaduto nel mondo della storia non lo toccasse minimamente

Lev Tolstoj, Guerra e pace, 1863-69, tr. it. P. Zveteremich, Garzanti 1982, vol. IV, p.1648

Nell’autunno del 1812, l’esercito francese in rapida fuga è inseguito dai Russi, guidati dal generale Kutuzov, il cui motto era pazienza e tempo. Criticato per la sua scelta strategica di non tagliare la ritirata dei Francesi, Kutuzov è presentato in Guerra e pace come un uomo consapevole “del futuro significato degli avvenimenti”. In questa pagina, la carriera di Kutuzov volge al termine e il militare arriva nella città di Vilno (Vilnius, in Lituania), dove era stato governatore, in una delle gelide giornate di novembre di quell’anno cruciale.

Dicono del libro
“Sette anni occorsero a Tolstoj (dal 1863 al 1869) per comporre uno dei capolavori della letteratura ottocentesca. L’ossatura del romanzo, sullo sfondo delle guerre napoleoniche – dal 1805 alla travolgente insurrezione di tutto il popolo russo nel 1812 – è data dalle vicende di due grandi famiglie dell’alta nobiltà, i Rostov e i Bolkonskij, depositari dei valori autentici e genuini, intrecciate a quelle dei corrotti e dissoluti Kuragin. Spiccano, nella moltitudine di personaggi, le figure di Natasa, fanciulla e poi donna di straordinaria purezza e d’indole forte e impetuosa; del principe Andrei, che porta il suo orgoglio nella guerra, nella prigionia e nell’infelice amore per Natasa; dell’enigmatico e complesso Pierre Bezuchov, capace di autentica adesione al dolore del mondo”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 29 novembre pranzai piuttosto tardi, alle otto di sera; ero seduto a gambe incrociate, come solevo fare quando il mare era calmo…”
Matthew P. Shiel, La nube purpurea

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“… Il 29 novembre nevicava intensamente su tutta la Scania…”
Henning Mankell, La mano (segnalazione di @ClabHouse)

28 Novembre

28 novembre 2013

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Mente umana non può concepire quello che sta avvenendo a Mosca. Sette bancarellisti della Sùcharevka sono già al fresco per aver diffuso voci sulla imminente fine del mondo provocata dai bolscevichi. Dar’ja Petrovna ne ha parlato indicando perfino la data esatta: il 28 novembre 1925, festività di Santo Stefano Martire, la terra si scontrerà con l’asse celeste

Michail Bulgakov, Cuore di cane, 1925, tr. it. M. Olsoufieva, Garzanti 1974, p.90

Pallino, un cane randagio affamato e pulcioso, e molto esperto della dura vita  di strada nella Mosca della rivoluzione bolscevica, è stato accolto in casa del professor Preobrazenskij, uno scienziato che sperimenta tecniche chirurgiche di ringiovanimento. Dopo qualche giorno di bella vita, Pallino è l’oggetto di un’operazione: gli vengono innestate ghiandole genitali e ipofisi di un uomo appena morto in una rissa. Invece di ringiovanire, però,  il cane si trasforma in una specie di  essere umano: piccolo e sgraziato, il nuovo Pallino è in grado di parlare – usando il repertorio di parolacce sentito nella sua precedente vita canina – e addirittura di leggere. La notizia di questo evento portentoso alimenta il caos che regna a Mosca, aggiungendosi alle voci di fine del mondo, prevista per il giorno di Santo Stefano il giovane, monaco orientale commemorato il 28 novembre. 

Dicono del libro
“A Mosca, negli anni della NEP, un cane viene trasformato in essere umano, ma il bisturi del chirurgo ha creato un sottoessere, pieno degli istinti più bassi. Allo stesso modo, si conclude, sono fallite nel compromesso e nel fiasco totale le grandi speranze bolsceviche di una umanità nuova, ottenibile rapidamente”
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Garzanti, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Enrico è partito il 28 novembre 1909, imbarcandosi a Trieste per l’Argentina. senza avvisare quasi nessuno…”
Claudio Magris, Un altro mare

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“… Quando ne compirai 70?. Il ventotto novembre. Allora sarà magnifico, Taylor. Quel giorno diventerai uno dei nostri” esclamò Charmian…”
Muriel Spark, Memento mori

27 Novembre

27 novembre 2013

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Il Visconte di Valmont alla Marchesa di Merteuil […]

Addio, incantevole amica; non sigillerò questa lettera che alle due, nella speranza di poterci accludere la desiderata risposta.
Alle due del pomeriggio.
Niente ancora, e l’ora incalza; non ho tempo di aggiungere altro; ma stavolta mi neghereste ancora i più teneri baci dell’amore?

Parigi, 27 novembre 17**

Choderlos de Laclos, I legami pericolosi, 1782, tr. it. P. Bianconi, Rizzoli 1976, pp.330-31

L’intreccio di vicende dei Legami pericolosi emerge dalle lettere che i protagonisti si scambiano, dall’agosto al dicembre di un anno del Settecento, con un epilogo nel gennaio dell’anno successivo. Dal carteggio fra il libertino Visconte di Valmont e la cinica Marchesa di Merteuil si conoscono i piani per sedurre la giovane Cecilia Volanges, innamorata del cavalier Danceny, ma promessa sposa a un altro, e soprattutto per sedurre la leale signora di Tourvel. Le strategie attuate dal Visconte e dalla Marchesa – al fine di esercitare il potere sul prossimo attraverso una raffinata trama di piaceri e di inganni – sfuggono però di mano.
Il 27 novembre Valmont attende – ora dopo ora – una risposta dalla signora di Tourvel, per comunicarla alla sua complice, la Marchesa. Ma la risposta non arriva e l’intrigo si avvia ad essere rivelato, con conseguenza fatali per tutti i protagonisti. 

Dicono del libro
“Il perfetto intrigo creato da Laclos nel suo unico romanzo è stato definito in molti modi: una partita a scacchi, un trattato di strategia erotica – non bisogna dimenticare che Laclos era ufficiale d’artiglieria e terminò la sua carriera come generale napoleonico -, un balletto del Desiderio e della Vanità, un monito di virtù, un incitamento al vizio. Certo nei Legami pericolosi c’è un po’ di tutto questo: una concezione profondamente pessimistica dell’uomo, che ha avuto superbe espressioni letterarie, da La Rochefoucauld a Stendhal, e una vena libertina che lo avvicina a Sade. Giorno dopo giorno i due predatori, la marchesa di Merteuil e Valmont, tessono la rete micidiale per le tenere vittime predestinate, Cecilia e la signora di Tourvel”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Rizzoli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 27 novembre. Mi sono alzato tardi e, ormai sveglio, sono rimasto a lungo a letto cedendo alla pigrizia…”

Lev Tolstoj, Guerra e pace

 

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“… laddove essendosi ciò svolto l’ultima volta il 27 novembre 1893, ovvero 5 settimane prima del 29 dicembre, data della nascita d’un secondo erede…”
James Joyce, Ulisse

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“… 27 novembre 1889. L’anziana donna trotterellò silenziosamente lungo oscuri corridoi e salì le scale, soffermandosi incerta su vari pianerottoli…”
Antonia S. Byatt, Possessione

26 Novembre

26 novembre 2013

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martedì, 26.11

Idee un po’ più chiare dopoché a Kirchheim ho comprato una carta Shell. Nella notte una bella bufera, la mattina neve dappertutto, sfrangiata, che si scioglieva. Pioggia, tormenta sono ancora gli ordini minori. La baracca conteneva, a guardar bene, correggiato e rastrello per fieno, appesi alle pareti, per fare il rustico, e anche dei bastoni da passeggio con applicate delle placchette, rastrelli in croce, e un foglio di calendario con Playmate del mese di settembre. Sopra la finestra foto degli abitanti, fatte all’automatico, mi ricordano molto gente come Zef e Schinkel. L’uomo del distributore mi guardava con un’aria così irreale che io mi sono precipitato alla toilette per convincermi davanti allo specchio che ho ancora un aspetto umano. Ma sì, adesso mi faccio trascinare dalla bufera intorno al distributore fintantoché non mi spuntano le ali. Questa notte sarò re nella prossima casa violata; sarà la mia fortezza. Una sveglia da cucina, una volta messa in moto, annuncia in grande stile l’Ultima Fine. Il vento di fuori fruga il bosco. Questa mattina la notte era sospinta, come un’annegata, da fredde onde grigie

Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio, 1978, tr. it. A. M. Carpi, Guanda 1982, p.23


Martedì 26 novembre – nel 1974 i giorni della settimana corrispondono a quelli di quest’anno – è il quarto giorno del viaggio che Herzog ha intrapreso per arrivare da Monaco a Parigi. Sta viaggiando a piedi, nella strana convinzione che il suo pellegrinaggio solitario e faticoso possa aiutare l’amica Lotte, che abita a Parigi ed è gravemente malata, a restare in vita. Piove, nevica e fa molto freddo, mentre Herzog attraversa i boschi e i paesi della Baviera. Ha dormito in una casetta di vacanza, in cui è entrato “senza rompere niente”, trovando delle carte da gioco e il calendario di novembre. Il 26 ha ripreso la marcia, in direzione ovest e con l’aiuto di una mappa stradale della Shell. 

Dicono del libro
“Questo libro è la storia di un viaggio in certo modo straordinario: il viaggio a piedi intrapreso nell’inverno 1974 da Werner Herzog, per recarsi da Monaco a Parigi, dove lo aspettava un’amica malata, Lotte Eisner, storica e studiosa del cinema tedesco. Una testimonianza d’affetto che, secondo Herzog, avrebbe dovuto contribuire a tenere in vita una persona cara. Strade, boschi, paesi squassati da temporali e bufere di neve, villaggi deserti e campi disabitati: questo il paesaggio che percorriamo insieme a un uomo che compie il più anacronistico dei gesti. Il racconto di Herzog ha la capacità di rappresentare in modo nuovo quell’Europa che attraversiamo in treno, in auto o sorvoliamo in aereo, quell’Europa di cui cogliamo di solito solo i paesaggi urbani, le fabbriche, le autostrade, i quartieri industriali. È un’Europa restituita a una quasi inconcepibile naturalità, a una dimensione arcaica e segreta. E al contempo queste avventure, questi incontri, queste scoperte che si situano in una sorprendente ‘terra di nessuno’, si accostano a un modello aulico, fanno rivivere in modo singolare il mito del viaggio come prova e il tema dell’eroica peregrinazione”.

(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 26 novembre Talvolta mi dico: Il tuo destino è unico…”
Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther

25 Novembre

25 novembre 2013

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Il diciannovesimo compleanno di Mario Incandenza sarà mercoledì 25 novembre, il giorno prima del Ringraziamento. La sua insonnia peggiora con l’entrare nella terza settimana dello iato di Madame Psychosis e il tentativo della Wyyy di riproporre la povera Miss Diagnosis, che ha iniziato una lettura in latino della Rivelazione di Giovanni che è così imbarazzante da farti sentire in pena per lei. Per un paio di notti Mario cerca di addormentarsi nel salotto della CdP con la Wods, una stazione Am che trasmette narcotizzanti arrangiamenti orchestrali di vecchie canzoni dei Carpenters. Il che rende le cose ancora più difficili. È strano sentire che ti manca qualcuno che forse non conosci neanche

David Foster Wallace, Infinite Jest, 1996, tr. it. E. Nesi (con la coll. di A. Villoresi e G. Giua), Einaudi, 2006, p. 706

Nel tempo raccontato in Infinite Jest, un tempo futuro in cui la geografia politica del Nordamerica è profondamente modificata, gli anni sono sponsorizzati da aziende di prodotti alimentari, medicali, elettrodomestici. L’anno a cui si riferisce questa pagina – indicato in italiano dall’acronimo APAD – prende il nome dal Pannolone per Adulti Depend  e interseca il calendario reale fra il 2008 e il 2009. Il secondogenito della famiglia Incandenza, Mario, un ragazzo disabile, compirà diciannove anni la vigilia del Giorno del Ringraziamento, che cade il quarto giovedì di novembre, mese di giornate “grigie, fredde e ventose”, col cielo colore “vetro sporco”. Mario fa parte della famiglia di James Incandenza, fondatore dell’Ensfield Tennis Academy e autore del film  perduto che dà il titolo al libro, oggetto di infinito intrattenimento e dipendenza.  Detto Booboo dal fratello più piccolo Hal, allievo dell’accademia di tennis, Mario ha competenze tecniche nelle riprese cinematografiche e una passione per il programma radiofonico – trasmesso dalla Wyyy – di Madame Psychosis. A qualche giorno dal suo compleanno Mario si è trasferito per la notte nella CdP, la casa del preside, in ascolto della radio. Madame Psychosis è sostituita, ma Mario si imbatte passeggiando nella registrazione di una vecchia puntata del programma, un programma in cui sembra di ascoltare “una persona triste” che legge ad alta voce lettere ingiallite, tirate fuori “da una scatola da scarpe durante un pomeriggio piovoso”. 

Dicono del libro
“In un futuro non troppo remoto e che somiglia in modo preoccupante al nostro presente, la merce, l’intrattenimento e la pubblicità hanno ormai occupato anche gli interstizi della vita quotidiana. Le droghe sono diffuse ovunque, come una panacea alla noia e alla disperazione. Finché sul mercato irrompe un film misterioso, Infinite Jest, cosí appassionante e ipnotico da cancellare in un istante ogni desiderio se non quello di guardarne le immagini all’infinito, fino alla morte. Nella caccia che si scatena attorno a questa che è la droga perfetta finiscono coinvolti i residenti di una casa di recupero per tossicodipendenti e gli studenti di un’Accademia del Tennis; e ancora imbroglioni, travestiti, artisti falliti, giocatori di football professionistico, medici, bibliofili, studiosi di cinema, cospiratori. DFW costruisce una vera e propria enciclopedia dei nostri tempi, e ci regala un’opera insieme universale e profondamente generazionale, una autentica nuova commedia umana”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il giorno di santa Caterina (25 novembre), onomastico di C. C., andai a messa nella chiesa del convento…” Giacomo Casanova, Storia della mia vita

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“… Al prossimo 25 novembre butterò nel fuoco questi fogli e cercherò di dimenticarli…”
Georges Bernanos, Diario di un curato di campagna

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“… Eppure sul calendario c’era scritto 25 novembre, interi mesi si erano consumati…”
Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari

24 Novembre

24 novembre 2013

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“La prima prova è studiata perché voi dimostriate la vostra audacia” disse a Harry, Cedric, Fleur e Krum, “quindi non vi diremo di che cosa si tratta. Il coraggio di fronte all’ignoto è una qualità importante in un mago… molto importante…”
“La prima prova avrà luogo il 24 novembre, davanti agli altri studenti e alla commissione giudicatrice. Ai campioni non è permesso di chiedere o accettare aiuti di nessun genere dai loro insegnanti per portare a termine le prove del Torneo. I campioni affronteranno la prima sfida armati solo di bacchetta magica

Joanne K. Rowling, Harry Potter e il calice di fuoco, 2000, tr. it. B. Masini, Salani, Editore, 2001, p. 241

Dicono del libro
“È un momento cruciale nella vita di Harry Potter: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa dei pestiferi Dursley, vuole sognare la cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda… E poi vuole scoprire quali sono i grandiosi avvenimenti che si terranno a Hogwarts e che riguarderanno altre due scuole di magia e una grande competizione che non si svolge da cento anni. Harry Potter vuole davvero essere un normale mago di quattordici anni. Ma sfortunatamente, Harry non è un mago normale”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… 24 novembre …ho levato la barricata e sono uscito di camera. Viva la libertà!…”
Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca

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“… Il 24 novembre 1987, spaziavano per tutto l’orizzonte dell’isola iugoslava di Veglia quei bagliori celesti che gli antichi greci chiamavano occhio delle stelle…”
Peter Handke, Epopea del baleno

23 Novembre

23 novembre 2013

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Tutti lo credevano morto. Nel 1988, quando pubblicai il libro sui suoi film, di Hector Mann non si avevano più notizie da quasi sessant’anni. Salvo un pugno di storici e patiti del cinema di un tempo, pochi sembravano anche solo al corrente che fosse esistito. Doppio o niente, l’ultima delle dodici comiche realizzate da Mann sullo scorcio finale del periodo del muto, apparve in sala il 23 novembre 1928. Due mesi dopo, senza aver salutato nemmeno uno dei suoi amici e compagni di lavoro, senza aver lasciato una lettera o informato chicchessia dei suoi progetti, uscì dalla sua casa di North Orange Drive e non fu mai più visto

Paul Auster, Il libro delle illusioni, 2002, tr. it. M. Bocchiola, Einaudi, 2003, p. 3

La storia raccontata nel Libro delle illusioni comincia con la data dell’ultima proiezione, in una sala cinematografica, di Doppio o niente, una comica dell’attore Hector Mann, un divo del cinema muto. Il 23 novembre del 1928 è l’ultima data rintracciabile nella vita dell’uomo, scomparso senza lasciare traccia. Le vicende di Mann e dei suoi film vengono ricostruite – sessant’anni dopo – dal narratore della storia, il professor Zimmer, che trova in essi un nuovo motivo di interesse per la vita, dopo aver perso la sua famiglia in un incidente. È in novembre che Zimmer ricomincia a viaggiare e di nuovo in novembre (il giorno del Ringraziamento) ha un attacco di cuore, verso la fine della narrazione. 

Dicono del libro
“Che fine ha fatto Hector Mann? Era una stella di Hollywood, all’epoca del cinema muto, ma poi è scomparso nel nulla. Molti anni dopo David Zimmer ripercorre le tracce della sua incredibile storia. Ma qualcuno non vuole che la verità venga a galla. Hector Mann ha concepito la vita come un’opera d’arte, e Zimmer scopre a proprie spese che l’arte può dare e togliere la vita”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il ventitré, esattamente. Non ti ricordi cosa è accaduto il ventitré novembre? Hai dimenticato l’anniversario?…” Michail Saltykov-Šcedrin, I signori Golovljov

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“… Difatti il Generale Grant il 23 novembre passava il 180° meridiano, quello sul quale si trovano, nell’emisfero australe, gli antipodi di Londra…”
Jules Verne, Il giro del mondo in 80 giorni

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“… L’atto di illuminazione che s’incendia in un cielo di solitudine.Pascal nella sua stanza la notte del 23 novembre 1654…”
Paul Auster, L’invenzione della solitudine (Il libro della memoria)

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“…La luce s’era levata così limpida, che pareva d’essere in aprile, invece che al 23 novembre…”
Elsa Morante, L’isola di Arturo (segnalazione di Ilaria Restivo)
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“… La data del 23 novembre, più che scritta è scavata dentro la mia mente…”
Piero Chiara,  Vedrò Singapore? (segnalazione di @evacruciani)

.VIDEO-GIOCHI

Paper, please

È il 23 novembre  nel video-gioco Papers, please (segnalazione di @appalachi)