22 Febbraio | 22 February

22 febbraio 2024

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He poured himself a nightcap and went into the study to perform the nightly ritual of altering the date of the calendar on his desk. Saturday, 21 February. Great Heavens! It was Sunday morning! Sunday, 22 February. Exactly eight days since the infernal business at the Hanging Rock.
As soon as Albert had attended to the horses he flung himself fully clothed on his unmade truckle bed and fell asleep. He seemed to have hardly laid his head on the pillow before he was wide awake and staring at the little square of grey light at the window, with the events of yesterday, no longer confused by physical exhaustion as they had been last night, falling neatly into place like the pieces of a fretwork puzzle. Except that one of the key pieces was missing. Which was it, and where exactly fit it fit into the pattern?
Joan Lindsay, Picnic at Hanging Rock, 1967, Penguin Books, 1970, p. 90

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Si versò un bicchierino di liquore ed entrò nello studio per compiere il rito serale di cambiare la data sul calendario dello scrittorio. Sabato, 21 febbraio. Santo Cielo!  Era domenica mattina! Domenica, 22 febbraio. Esattamente otto giorni dal dannato affare alla Hanging Rock. Albert, appena terminato di accudire ai cavalli, si buttò tutto vestito sulla branda non rifatta e si addormentò. Gli pareva di avere posato la testa sul guanciale solo da un momento ed era già completamente sveglio e fissava il minuscolo quadrato di luce grigia alla finestra; intanto gli avvenimenti del giorno prima, non più confusi per la stanchezza fisica come lo erano la sera precedente, si collocavano ordinatamente al loro posto come i pezzi di un rompicapo. Ma mancava uno dei pezzi chiave. Qual era? E dove andava sistemato esattamente nel disegno? 

Joan Lindsay, Picnic a Hanging Rock, 1967, tr. it. M.V. Malvano, Sellerio 1993, p.101

L’uomo che cambia la data sul calendario dello scrittoio è il colonnello Fitzhubert, lo zio di Mike, il giovane aristocratico che, con l’amico stalliere Albert, ha visto per l’ultima volta le ragazze scomparse ad Hanging Rock la settimana prima. Durante un picnic organizzato dal collegio Appleyard nel giorno di San Valentino, Miranda, Marion, Irma, Edith e un’insegnante di matematica si sono allontanate in direzione della grande roccia vulcanica, mentre gli orologi sono tutti fermi a mezzogiorno. Solo Edith è tornata indietro, sconvolta da qualcosa che non è in grado di spiegare. Il giovane Mike non si dà pace e continua la ricerca solitaria delle ragazze, mentre lo zio lo aspetta a casa e si accorge che è passato un altro giorno dallo strano accadimento.“Non esiste un solo attimo su questo globo rotante che non sia, per milioni di individui, non misurabile con i comuni sistemi di computo del tempo: un frammento di eternità per sempre privo di rapporto con il tempo e l’orologio”.

Dicono del libro
Dicono del libro
“Hanging Rock, la roccia vulcanica che sorge isolata e improvvisa nella macchia australiana a nord di Melbourne, fu davvero teatro, nel 1900, dell’evento narrato in questo libro: la scomparsa mai spiegata di due fanciulle e una matura insegnante di college, seguita dalla immediata rovina di tante esistenze a quelle vite collegate (…) ‘Se Picnic a Hanging Rock sia realtà o fantasia, i lettori dovranno deciderlo per proprio conto’ “(dalla bandella dell’ed. Sellerio, op. cit.)

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9 Dicembre

9 dicembre 2023

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Il 9 dicembre, alle sei e venti di mattina, mentre una bufera d’acqua e vento infieriva sulla campagna, una Uno turbo FTI nera (vestigia di un’epoca in cui, per qualche lira in più rispetto al modello base, ci si comprava una bara motorizzata che filava come una Porsche, beveva come una Cadillac e si accartocciava come una lattina di cocacola) imboccò lo svincolo che portava dall’Aurelia a Ischiano Scalo e proseguì su una strada a due corsie che tagliava i campi di fango. Superò la Polisportiva e il capannone del Consorzio agrario ed entrò in paese

Niccolò Ammaniti, Ti prendo e ti porto via, 1999, ed. cons. Mondadori 2000, p. 19

Graziano Biglia, quarantaquattrenne playboy che vive alla giornata, torna al suo paese in Maremma dopo due anni di assenza.  È partito all’alba del 9 dicembre da Roma, nonostante un temporale, per raggiungere Ischiano Scalo e comunicare alla madre, la signora Gina, che – dopo anni irregolari e sbandati – ha deciso di sposarsi. Le nozze dovrebbero celebrarsi in Giamaica e la promessa sposa, Erica – una cubista conosciuta in discoteca l’estate prima – dovrebbe arrivare a Ischiano Scalo a breve, trattenuta a Roma da un provino. Da questo 9 dicembre si dipana una storia i cui poli – oltre Graziano ed Erica – sono i dodicenni Pietro e Gloria e la professoressa Flora Palmieri. Una storia che avrà il suo epilogo dopo sei mesi, nel giugno di un anno dell’ultimo decennio del Novecento, in cui si condensano e si intrecciano, con colpi di scena e salti temporali, i destini degli adulti e dei ragazzi. 

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26 Novembre

26 novembre 2023

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martedì, 26.11

Idee un po’ più chiare dopoché a Kirchheim ho comprato una carta Shell. Nella notte una bella bufera, la mattina neve dappertutto, sfrangiata, che si scioglieva. Pioggia, tormenta sono ancora gli ordini minori. La baracca conteneva, a guardar bene, correggiato e rastrello per fieno, appesi alle pareti, per fare il rustico, e anche dei bastoni da passeggio con applicate delle placchette, rastrelli in croce, e un foglio di calendario con Playmate del mese di settembre. Sopra la finestra foto degli abitanti, fatte all’automatico, mi ricordano molto gente come Zef e Schinkel. L’uomo del distributore mi guardava con un’aria così irreale che io mi sono precipitato alla toilette per convincermi davanti allo specchio che ho ancora un aspetto umano. Ma sì, adesso mi faccio trascinare dalla bufera intorno al distributore fintantoché non mi spuntano le ali. Questa notte sarò re nella prossima casa violata; sarà la mia fortezza. Una sveglia da cucina, una volta messa in moto, annuncia in grande stile l’Ultima Fine. Il vento di fuori fruga il bosco. Questa mattina la notte era sospinta, come un’annegata, da fredde onde grigie

Werner Herzog, Sentieri nel ghiaccio, 1978, tr. it. A. M. Carpi, Guanda 1982, p.23


Martedì 26 novembre  è il quarto giorno del viaggio che Herzog ha intrapreso per arrivare da Monaco a Parigi. Sta viaggiando a piedi, nella strana convinzione che il suo pellegrinaggio solitario e faticoso possa aiutare l’amica Lotte, che abita a Parigi ed è gravemente malata, a restare in vita. Piove, nevica e fa molto freddo, mentre Herzog attraversa i boschi e i paesi della Baviera. Ha dormito in una casetta di vacanza, in cui è entrato “senza rompere niente”, trovando delle carte da gioco e il calendario di novembre. Il 26 ha ripreso la marcia, in direzione ovest e con l’aiuto di una mappa stradale della Shell. 

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14 Novembre | 14th November

14 novembre 2023

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I no longer keep track of the date. Would you say – my dream of the 14th November last? There are intervals, but they are between dreams, and there is no consciousness of them left. The world around me is dissolving, leaving here and there spots of time. The world is a cancer eating itself away. . . I am thinking that when the great silence descends upon all and everywhere music will at last triumph. When into the womb of time everything is again withdrawn chaos will be restored and chaos is the score upon which reality is written. You, Tania, are my chaos. It is why I sing. It is not even I, it is the world dying, shedding the skin of time. I am still alive, kicking in your womb, a reality to write upon. 

Henry Miller, Tropic of Cancer, 1934

Non sto più dietro al calendario. Direte: ma il sogno del 14 novembre scorso? Ci sono intervalli, ma fra un sogno e l’altro, non ne rimane coscienza. Il mondo intorno a noi si dissolve, lasciando qua e là chiazze di tempo. Il mondo è un cancro che si divora… Penso a quando il grande silenzio scenderà su tutto e dappertutto; allora infine trionferà la musica. E quando tutto si sarà ritratto in grembo al tempo, tornerà il caos, ed il caos è la partitura su cui è scritta la realtà. Tania, tu sei il mio caos. Ecco perché canto. Non io, è il mondo che muore, che depone la pelle temporale. Ma io ancora vivo, ancora ti scalcio in grembo, sono ancora una realtà di cui si possa scrivere

 Henry Miller, Tropico del cancro, 1934, tr. it. L. Bianciardi, Feltrinelli 1973, p.16

 

È l’autunno del secondo anno a Parigi per il protagonista di Tropico del Cancro, un giovane americano senza “soldi, né risorse, né speranze”, ma con la sicurezza di essere un artista. A Parigi, nei primi anni Trenta, abita in un albergo dal nome italiano, Villa Borghese, gestito dall’amico Boris che compare proprio all’inizio del romanzo, con le sue idee sul Tempo e i pidocchi. Insieme a Boris, compaiono gli amici e le amiche di Montparnasse, fra cui Tania, evocata in questa pagina che parla di sogni, di sesso e ancora di tempo. 

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5 Novembre | November 5th

5 novembre 2023

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On the fifth day of November, 1718, which to the aera fixed on, was as near nine kalendar months as any husband could in reason have expected,—was I Tristram Shandy, Gentleman, brought forth into this scurvy and disastrous world of ours.—I wish I had been born in the Moon, or in any of the planets, (except Jupiter or Saturn, because I never could bear cold weather) for it could not well have fared worse with me in any of them (though I will not answer for Venus) than it has in this vile, dirty planet of ours,—which, o’ my conscience, with reverence be it spoken, I take to be made up of the shreds and clippings of the rest

Lawrence Sterne, The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman, 1760-67

Il cinque novembre 1718, che rispetto all’epoca fissata era tanto vicino ai nove mesi di calendario quanto qualsiasi marito in senno si sarebbe potuto aspettare, fui io, Tristram Shandy, Gentiluomo, messo in questo scorbutico e disastroso mondo nostro. Vorrei essere nato nella Luna, o in qualsiasi altro pianeta (eccetto Giove o Saturno, siccome non ho mai potuto sopportare il freddo) perché non la sarebbe potuto andare molto peggio per me in uno qualunque di essi (sebbene non mi pronunci su Venere) di quanto è andata in questo vile, lurido pianeta nostro, che, sia detto col dovuto rispetto, credo essere stato fatto cogli sbrendoli e ritagli degli altri

Laurence Sterne, La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, 1760-1767, tr. it. A. Meo, Einaudi 1990, p.12

L’ironica e inafferrabile vita di Tristram Shandy ha inizio col racconto del suo concepimento, avvenuto – pare –  “la notte fra la prima domenica e il primo lunedì di marzo, nell’anno di nostro Signore mille settecento diciotto”. E la nascita  ha luogo – in anticipo sui nove mesi della gravidanza – il 5 novembre. È una data significativa nella storia della Gran Bretagna: il giorno di Guy Fawkes, quando si commemora, con fuochi d’artificio, la fallita congiura delle polveri del 1605. Raccontata nel brevisssimo capitolo quinto, la nascita di Tristram Shandy è occasione per considerazioni sul “disastroso mondo nostro”, in cui i destini degli uomini sono in balìa della fortuna ed è vano seguire una linea diritta, tanto nella vita, quanto nel suo impossibile racconto. Lo scrittore Laurence Sterne era nato il 24 novembre del 1713, quattro anni, undici mesi e 19 giorni prima del suo personaggio.  

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I Novembre | November first

1 novembre 2023

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She recorded each visit on the pages of her calendar using a code she was still inventing: when exactly she left the house and when she returned; facts about the weather, recorded it all in entries like: N1T2″0412* //**KL1704 (November first; Thursday; raining; left ai 12.04; returned at 4.17; with details of the visit sandwiched in between), so that later, when she was gripped by a fear that it might not be real – that it was nothing, had not even happened – she could look at her notes and be calmed.

Jennifer Egan, Look at me, 2001

Registrava ogni incontro sulle pagine del calendario, usando un codice che stava ancora inventando: l’ora esatta in cui era uscita di casa e rientrata, notazioni sul tempo atmosferico, tutto messo per iscritto con voci del tipo: N1T2″0412* //**KL1704 (1° novembre, giovedì, pioggia, uscita alle 12.04, rientrata alle 4.17, con i dettagli dell’incontro nel mezzo), in modo tale che a posteriori, quando veniva colta dal terrore che la cosa non fosse reale – che non fosse nulla, che non fosse neanche successa – poteva dare un’occhiata a quegli appunti e tranquillizzarsi

Jennifer Egan, Guardami, 2001, tr.it. M. Colombo, M. Testa, minimum fax 2012,  versione kindle, 3502-3507

Charlotte, un’adolescente che porta lo stesso nome della protagonista del libro – ed è figlia di una sua amica d’infanzia – ha una storia con un professore della sua scuola. L’uomo, più grande di lei, è capitato nella cittadina per caso; ha un comportamento misterioso ed effettivamente nasconde il segreto di una doppia vita, che Charlotte non può immaginare. Anche lei, nel suo piccolo, tiene riservata quella relazione, inventando un codice per registrare gli incontri con lui e quello che fanno insieme, un codice fatto di asterischi e slash, lettere maiuscole e numeri. Un codice che nasconde, ma che nello stesso tempo memorizza le ore trascorse a casa dell’uomo, i percorsi in bicicletta, la pioggia, come in questo primo di novembre. 

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5 Ottobre

5 ottobre 2023

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Interrompo questo diario, come lo interruppi allora, con stupore, il 5 ottobre, alle dodici di notte, accorgendomi che tutto ciò che Porfiria aveva scritto nel suo diario quasi un anno prima stava verificandosi. Roberto Cárdenas era venuto a mangiare quella sera per la prima volta. E lì avevo, davanti ai miei occhi, la data incredibile, 5 ottobre, scritta sulla pagina del diario, come una testimonianza magica, infernale. Il quaderno era stato in mio potere per tutto quel tempo

Silvina Ocampo, Il diario di Porfiria Bernal, 1961, tr. it. L. Bacchi Wilcock, in Porfiria, Einaudi, 1973, p. 275

Il 5 ottobre è la data in cui il racconto di Antonia Fielding – istitutrice inglese al servizio della famiglia Bernal a Buenos Aires – e il diario della sua piccola allieva Porfiria, si incontrano per un istante nel tempo “reale”, rivelando le doti premonitrici della bambina. Come se vedesse dentro le persone che passano per la sua casa, intuendone i segreti, la piccola Porfiria annota giorno dopo giorno gli accadimenti, le immaginazioni, le visioni, finché la sua voce copre quella del racconto di Antonia, che si è accorta con stupore del potere di quel diario.

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8 Settembre | September 8

8 settembre 2023

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Perhaps Anne has another week before time stops for her. As for myself, three weeks? It’s curious to think that, say, precisely 3:47 P. M. September 8, time will stop forever. A single microsecond will flash past unnoticed for everyone else, but for me will last an eternity. I’d better decide how I want to spend it!

James G. Ballard, Memories of the Space Age, 1982

Forse Anne ha un’altra settimana prima che per lei il tempo si fermi definitivamente. Quanto a me, tre settimane, forse? È strano pensare che, diciamo alle 15:47 precise dell’8 settembre, il tempo si fermerà per sempre. Un unico microsecondo scorrerà senza che nessun altro lo noti, ma per me durerà un’eternità. Farei meglio a decidere come voglio trascorrerlo!

James G. Ballard, Ricordi dell’era spaziale, 1982, tr. it. L. Briasco, in Tutti i racconti, vol. 3 1969-1992, Fanucci, 2007, p. 446

C’è ancora qualche data nel mondo del dottor Mallory, ex medico della Nasa afflitto – come la moglie Anne – da strani attacchi durante i quali il tempo sembra rallentare. Arrivato da Vancouver a Cape Kennedy in cerca di Hinton – un astronauta che ha ucciso il co-pilota – e di una spiegazione del fenomeno, Mallory si accorge che tutto il centro spaziale e l’intera Florida è coinvolta nella deformazione del passaggio del tempo. Il tempo, “come una pellicola in un proiettore difettoso, si muoveva a ritmo irregolare, rallentando a tratti fino a fermarsi”. Nei grandi alberghi vuoti, fra le rovine del centro spaziale, fra pochi esseri viventi – gli animali di uno zoo, molti uccelli, la figlia del pilota ucciso, l’astronauta Hinton che sta cercando di fuggire dal tempo attraverso la competenza nel volo – Mallory si muove in un tempo “ agglutinato”. Fra la fine di agosto e i primi giorni del mese successivo, registra ancora gli effetti di questa esperienza su di sé e sulla moglie, in attesa del momento in cui il presente si sarebbe fermato su un unico istante, forse nella luce vivida del pomeriggio dell’8 settembre.

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31 Agosto

31 agosto 2023

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Il 31 agosto, sabato, in casa Rostov tutto era sottosopra. Tutte le porte erano spalancate, tutti i mobili portati fuori o spostati, specchi e quadri tolti dalle pareti. Nelle camere c’erano ovunque bauli, mucchi di paglia, carta da imballaggio e corde. I contadini e i domestici che trasportavano la roba camminavano a passi pesanti sul parquet. In cortile si ammassavano i carri dei contadini, alcuni già stracarichi e legati, altri ancora vuoti

Lev Tolstoj, Guerra e pace, 1867-69, tr. it.P. Zveteremich, ed. cons. Garzanti, 1985, vol. III, p. 1283

Dopo la battaglia di Borodino, le truppe di Napoleone stanno avanzando verso Mosca e la città è “in subbuglio e in movimento”. Fra notizie incerte, voci e dicerie, gli abitanti si preparano a lasciare le loro dimore. Anche in casa dei Rostov, una delle famiglie di cui si raccontano le vicende in Guerra e pace, ci si prepara alla partenza, imballando porcellane, cristallerie, vestiti e caricando i carri. È il 31 agosto, secondo il calendario giuliano ancora in uso nella Russia ortodossa, e la battaglia di Borodino– sempre secondo questo computo del tempo – è avvenuta il 26 agosto. Per i paesi cattolici che avevano attuato la riforma del calendario di Papa Gregorio XIII, la battaglia cade il giorno 7 settembre 1812. E l’ultimo giorno che i Rostov trascorrono nella loro casa, è contemporaneamente il 12 settembre e il 31 agosto del 1812.

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25 Agosto | 25 de agosto

25 agosto 2023

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― Qué raro – decía – somos dos y somos el mismo. Pero nada es raro en los sueños.
Pregunté asustado:
― Entonces, todo esto es un sueño? ― Es, estoy seguro, mi último sueño. Con la mano mostró el frasco vacío sobre el mármol de la mesa de luz.
― Vos tendrás mucho que sonar, sin embargo, antes de llegar a esta noche. En qué fecha estás?
― No sé muy bien – le dije aturdido –. Pero ayer cumplí sesenta y un años.
― Cuando tu vigilia llegue a esta noche, habrás cumplido, ayer, ochenta y quatro. Hoy estamos a 25 de agosto de 1983.
― Tantos años habrá que esperar – murmuré.

Jorge Luis Borges, Veinticinco de agosto 1983, 1977

“Che strano” diceva, “siamo due e siamo la stessa persona. Ma nulla è strano nei sogni. “
Chiesi sgomento: “Allora, tutto questo è un sogno?”
Con la mano mostrò il flacone vuoto sul marmo del comodino.
“Tu avrai molto da sognare, però, prima di giungere a questa notte. In che data sei?”
“Non saprei con precisione” gli dissi confuso, “Ma ieri ho compiuto sessantun anni.”
“Quando la tua veglia arriverà a questa notte, ne avrai compiuti ieri ottantaquattro. Oggi è il 25 agosto 1983.”
“Tanti anni bisognerà aspettare” mormorai

Jorge Luis Borges, 25 agosto 1983, 1977, tr. it. G. Guadalupi, Franco Maria Ricci, 1980, ora anche in Tutte le opere, I Meridiani Mondadori, 1985, vol. II, p. 1122

Uno sdoppiamento del tempo (e del sogno) mette accanto due date: il 25 agosto del 1960 che è il presente del viaggiatore sessantunenne che entra nell’Hotel Las Delicias del paese di Adrogué e il 25 agosto del 1983, che è il presente del vecchio che il viaggiatore trova nella stanza 19. Hanno lo stesso nome e si somigliano, sono la stessa persona – lo scrittore Borges – presente contemporaneamente in due tempi diversi, che entrano in contatto. Nel dialogo fra i due personaggi, lo scrittore fa riferimento al suo giorno effettivo di nascita, il 24 agosto: “ieri”, rispetto alla data del 25, in cui il racconto si svolge.

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14 Agosto

14 agosto 2023

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Il generale tirò fuori la lettera, lisciò con cura il foglio di carta e sotto la luce forte, con gli occhiali sul naso, lesse ancora una volta quelle brevi righe ben allineate, vergate con una grafia appuntita. Intrecciò le mani dietro la schiena e proseguì la lettura. Sul muro c’era un calendario con cifre grandi come pugni. Quattordici agosto. Il generale rovesciò la testa all’indietro e si mise a contare. Quattordici agosto. Due luglio. Calcolava il tempo trascorso tra un giorno remoto e il giorno presente. Quarantun anni, disse infine a fior di labbra

Sándor Márai, Le braci, 1942, tr. it. M. d’Alessandro, Adelphi, 1998, p. 13

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27 Luglio | 27. Juli

27 luglio 2023

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Und man liess mich besonders lange warten an dieser Donnerstag, del 27. Juli, zwei geschlagene Stunden im Vorzimmer stehend warten: ich erinnere mich auch an dieses Datum aus einem bestimmten Grunde so genau, denn in diesem Vorzimmer, wo ich – selbstverständlich ohne mich niedersetzen zu dürfen – zwei Stunden mit die Beine in den Leib stehen musste, hing ein Kalender, und ich vermag Ihnen nicht zu erklären, wie in meinem Hunger nach Gedrucktem, nach Geschriebenem, ich diese eine Zahl, diese wenige Worte ’27. Juli’ and der Wand anstarrte und anstarrte; ich frass sie gleichsam in mein Gehirn hinein

Stefan Zweig, Die Schachnovelle, 1941

E mi fecero aspettare particolarmente a lungo quel giovedì, 27 luglio, aspettare in piedi nell’anticamera per due ore buone; mi ricordo con tanta esattezza anche di questa data per un particolare motivo, perché nell’anticamera dove io – senza potermi sedere, naturalmente – dovetti starmene impalato per due ore, era appeso un calendario, e non so descriverle con quanta avidità di cose stampate, di cose scritte continuai a fissare quella cifra, quella parola, ’27 luglio’ sulla parete; le divoravo quasi nel cervello

Stefan Zweig, Novella degli scacchi, 1941, tr. it. S. Martini Vigezzi, Garzanti, 1991, p. 65

Su una grande nave passeggeri, il narratore – assistendo a una partita di scacchi giocata da un campione mondiale – incontra il signor B., nel cui passato gli scacchi hanno avuto un ruolo cruciale. Per quattro mesi, il signor B. ha vissuto segregato in una stanza d’albergo, “fuori del tempo, fuori del mondo”. Senza orologio, libri, giornali, matite, senza contatti né distrazioni: è una forma di tortura della Gestapo per indurlo a rivelare delle informazioni. Lasciato nel nulla, in balia dei suoi pensieri, il signor B. trova una temporanea salvezza nell’incontro fortuito – prima di un interrogatorio – con un manuale di scacchi, su cui concentrerà, di lì in avanti, tutta la sua attenzione mentale. Anche il giorno in cui si è imbattuto nel manuale è rimasto impresso nella sua memoria, avendo guardato a lungo, in attesa della chiamata, il calendario con la scritta 27 luglio.

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26 Luglio | VII kalendas Sextiles

26 luglio 2023

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Et plane interpellavit saltationis libidinem actuarius, qui tanquam Vrbis acta recitavit: “VII kalendas Sextiles: in praedio Cumano, quod est Trimalchionis, nati sunt pueri XXX, puellae XL; sublata in horreum ex area tritici milia modium quingenta; boves domiti quingenti. Eodem die: Mithridates servus in crucem actus est, quia Gai nostri genio male dixerat. Eodem die: in arcam relatum est, quod collocari non potuit, sestertium centies. Eodem die: incendium factum est in hortis Pompeianis, ortum ex aedibus Nastae vilici. — Quid, inquit Trimalchio, quando mihi Pompeiani horti empti sunt?

C. Petronii Satiricon LIII

A interrompere la sua foga ballerina venne il segretario, il quale lesse delle carte come se si trattasse di un foglio di annunzi governativi: “Ventisei luglio. Nel podere di Cuma, che è di Trimalcione, sono nati trenta bambini e quaranta bambine. Sono stati trasferiti dall’aia al granaio cinquecentomila moggi di frumento. Sono stati sottomessi al giogo cinquecento buoi. Lo stesso giorno è stato crocefisso lo schiavo Mitridate colpevole di aver parlato male del nostro Gaio. Lo stesso giorno sono stati messi in cassaforte dieci milioni di sesterzi per i quali non era stato trovato un investimento. Lo stesso giorno negli Orti Pompeiani è scoppiato un incendio iniziatosi nella casa del fattore Nasta”. “Cosa?” disse Trimalcione. “Quand’è che mi sono stati comperati i giardini di Pompeo?”

Petronio, Satiricon, tr. it. P. Chiara, Mondadori 1988, p.133

Il giovane Encolpio, in giro per il meridione d’Italia vivendo alla giornata, è arrivato – dopo diverse avventure – a casa di Trimalcione. Ricchissimo commerciante e proprietario di terre sterminate, Trimalcione possiede una schiera di servitori che tratta capricciosamente e vive con la moglie Fortunata in una dimora di gran lusso, dove è solito offrire banchetti sontuosi, che durano giorno e notte. Avvicinandosi al triclinio, Encolpio ha avuto modo di ammirare gli oggetti preziosi, le pitture e anche un calendario con i giorni favorevoli e quelli contrari, i pianeti e gli impegni del padrone. Durante il banchetto, fra danze, bevute di vino Falerno, giochi e indovinelli, un amministratore legge una relazione su quel che è successo nelle proprietà di Trimalcione il giorno settimo prima delle calende di agosto, cioè il 26 di luglio di un’estate antica.

 

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Calendaria 2022

A gennaio troviamo ricordate la prima donna medico del mondo antico, la greca Agnodice, poi la dottoressa olandese Jacobs, pioniera della contraccezione, un’altra olandese, d’Eaubonne, considerata la fondatrice dell’ecofemminismo, l’attivista politica lussemburghese Thomas-Clement, e la storica e sociologa croata Sklevicky.
A febbraio la scrittrice e traduttrice bulgara Gabe, l’insegnante irlandese Herlihy, attiva nella nascita delle cooperative di credito, la politica spagnola Montseny, prima donna ministra della Sanità e della Previdenza sociale nel 1936, la fisiologa nutrizionista svedese Kronberg, a cui si deve l’invenzione del latte in polvere, e l’esperta di alimentazione Ochorowicz-Monatowa, nata in Polonia nella metà dell’Ottocento.
E così via, ogni mese del 2022 ricorda un nucleo di donne che “hanno dato una nuova idea del sapere femminile: concreto, realistico, ma profondamente intriso di umanità”, per un totale di 62 ritratti: biografie essenziali  in tre lingue, accompagnate da disegni realizzati da illustratrici di diversa provenienza. 
Stiamo parlando di Calendaria 2022, un calendario sui generis – è il caso di dirlo – curato da Toponomastica femminile, l’associazione che lavora da un decennio sui temi della parità, a partire da un dato statistico ben visibile: le strade, le piazze, i giardini, insomma gli spazi pubblici, intitolati a donne, sono nettamente di meno di quelli dedicati a uomini. Da qui l’impegno del gruppo di ricerca perché la presenza di nomi femminili nelle targhe stradali aumenti, compensando il gap attuale e arricchendo i percorsi quotidiani delle persone di presenze importanti, che hanno contribuito a migliorare le società in cui hanno vissuto e operato, rimanendo spesso in secondo piano.
Sul sito di Toponomastica femminile si trovano informazioni sulle attività dell’associazione, le iniziative educative, le collaborazioni con istituzioni e media, la documentazione su ricerche e progetti in corso, tutti collegati a questo obiettivo.
La creazione di un calendario rientra nelle imprese che contribuiscono a creare una nuova sensibilità: dopo Calendaria 2021, realizzato nel pieno della pandemia, l’edizione del 2022 prosegue nella diffusione di conoscenze su donne europee che si sono distinte – come si legge nella presentazione – “nei diversi campi correlati ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030”.
La Nobel polacca Wisława Szymborska – in Voltando pagina – ricorda che il destino del calendario è effimero e il suo carattere umile, ma la sua diffusione è capillare e quotidiana e la varietà di testi che contiene lo imparenta a una piccola grande narrazione collettiva. Trovare dentro la sua griglia di caselle con i giorni dell’anno le storie e i volti di scrittrici, sindacaliste, cuoche, scienziate ecc. consente di collocare queste donne nel tempo, in attesa di incontrarle nello spazio cittadino.

Il progetto editoriale è di  Donatella Caione, Maria Pia Ercolini, Livia Fabiani che firma anche  il progetto grafico.
(a.s.)

 

Giorni barocchi in una mostra a Roma

Oltre a dipinti e disegni esemplari, a manufatti di grande ingegno e perizia meccanica – come gli orologi notturni – la mostra Tempo barocco (Roma, Palazzo Barberini), offre una riflessione sul tempo nella poesia, firmata in catalogo da Emilio Russo. La riflessione prende avvio dalla Riforma del calendario di Gregorio XIII, e  da una lettera di Torquato Tasso, siglata 8 ottobre 1582. Una lettera – scrive lo storico della letteratura – “letteralmente fuori dal tempo”, perché scritta in uno di quei dieci giorni dell’ottobre 1582 soppressi dalla bolla di papa Gregorio XIII. Elaborata per correggere l’invecchiamento del calendario istituito da Giulio Cesare, sistemare i calcoli sull’Equinozio e sulla data della Pasqua, la Riforma che introduce il calendario gregoriano ha avuto un influsso sul senso del tempo di chi l’ha vissuta. Michel de Montaigne annotava di non riuscire ad adattarsi  al cambiamento, tanto da essere con la mente  sempre dieci giorni avanti oppure dieci giorni indietro (Saggi, libro III, capitolo X).
Nel Pendolo di Foucault di Umberto Eco lo sfasamento di dieci giorni fra i calendari in vigore dopo la Riforma – che fu accettata prima, e in diverse fasi, dai paesi cattolici e più avanti in quelli protestanti –  ha la sua rilevanza nell’intricata vicenda. E la cancellazione di quella decina di giorni è stata di ispirazione per un’artista contemporanea, Chiara Camoni, che li ha rivendicati da un notaio e ha costruito intorno ad essi una performance durante la quale regala uno dei giorni ai visitatori, con tanto di certificato timbrato.
Tornando alla mostra Tempo barocco e alle riflessioni sulla rappresentazione ed elaborazione poetica della dimensione temporale, si incontrano altre meraviglie, come l’elogio di Gregorio XIII, il “pontefice che aveva ereditato da Dio la capacità di correggere il sole e di mutare il corso del tempo”, fatto da Giovan Battista Marino nella Galeria. Del poeta napoletano, l’autore del saggio ricorda e discute altre incursioni nella zona del tempo e delle sue iconografie, vecchio alato, rivelatore della verità, cancellatore della bellezza e della memoria, portatore sulla schiena di una clessidra che imprigiona il moto perenne della sabbia prigioniera nelle ampolle (Adone) . 
In dialogo con le fonti classiche e con la cultura iconologica, Giovan Battista Marino svolge – per mezzo delle parole e delle strutture poetiche – percorsi ciclici e orizzontali nel dominio del tempo, dai secoli ai giorni, fermandosi sugli snodi concettuali dell’arte in grado di superare il volo entropico del tempo e sulla sfida dialettica fra Tempo e Amore. 
Il saggio di Emilio Russo si addentra poi nel territorio della “misurazione analitica” del tempo, con le lettere di Galileo che nel gennaio del 1610, “notte dopo notte” annota le sue osservazioni sul moto dei pianeti e della luna: “Tempo come misura del movimento e tempo come orizzonte di una durata, di una permanenza nei cieli”.
Dalla scrittura poetica alla scrittura scientifica, il tempo barocco – e le riflessioni su di esso – si rivela il “perno di un’intera concezione del mondo”, ampia, variegata, virtuosistica, che può venarsi di rimandi morali alla vanitas e di concettismo.

Una postilla su un tema centrale nella mostra:
la contesa fra Tempo e Amore, Cronos e Cupido, illustrato da tele e splendidi orologi, è oggetto del saggio in catalogo di Francesca Cappelletti, Il tempo ma anche l’amore: pseudomorfosi seicentesche fra l’Italia e il Nord.

Il testo svolge un percorso fra allegorie ed ecfrasi, fonti classiche e rivisitazioni, che si intreccia con il tema della Fortuna e con i potenti mutamenti della considerazione del tempo nel pensiero del secolo XVII. 

E poi una osservazione molto laterale, che rimbalza da uno straordinario dipinto in mostra, Il Tempo taglia le ali all’Amore di Antoon van Dyck a un passo dell’Adone di Marino (X, 56-57) citato nel saggio di Russo, dove si legge: “Quell’uomo antico, ch’a le spalle ha i vanni”.


Il termine “vanni” per ali, desueto, si rintraccia ancora nella cultura rebussistica del Novecento: nella vignetta qui riprodotta, una spigliata figura femminile taglia le ali all’amorino in un così detto “rebus onomastico”, la cui soluzione è un nome, in questo caso B a T taglia = Battaglia, GO vanni = Giovanni. 
Il gioco enigmistico mantiene tracce, anche umoristiche, di cultura mitologica e lessicale mescolando le carte (le figure e i termini) della scena.

La mostra Tempo barocco, a cura di Francesca Cappelletti e Flaminia Gennari Santori, è aperta a Palazzo Barberini (nel nuovo spazio mostre) fino al 3 ottobre 2021. Il catalogo è edito da Officina Libraria, il saggio di Emilio Russo citato in questo post si trova alle pagine 33-43 e quello di Francesca Cappelletti alle pagine 23-31.

Antonella Sbrilli
@diconodioggi

 

29 Febbraio

29 febbraio 2020

« »

“Cinquantadue carte fanno cinquantadue settimane”, mormorò.
“Il tutto fa 364 giorni. Fin qui tutto bene. E poi i mesi diventano tredici, di ventotto giorni ciascuno…
E anche qui arriviamo a 364. Tutte e due le volte, però, avanza un giorno…”
“Che sarebbe il Giorno del Jolly”, spiegai.
“Per la miseria!”
Rimase a lungo a fissare gli aranci, poi 
mormora: “E tu, quando sei nato, Hans Thomas?”
Non capivo dove voleva arrivare. “Il 29 febbraio 1972”, risposi.
“Ma in quale giorno cadeva?”
Allora ebbi l’illuminazione: nel giorno ‘in più’ di un anno bisestile. Secondo il calendario dell’isola incantata, sarebbe stato il Giorno del Jolly.

Jostein Gaarder, L’enigma del solitario, (Kabalmysteriet)1990, tr.it. D. Braun Savio, Longanesi 1996,ed. cons. TEA, 1998, pp. 216-17

Dicono del libro
“Chi sei, tu? Sei un fante di fiori, una donna di cuori, un asso di quadri, un due di picche? Già, perché ognuno di noi non è che una carta di quel grande solitario chiamato vita, una carta che esce a un certo punto del gioco, prende il proprio posto sul grande tavolo dell’universo e segue le regole che altri hanno stabilito. Ma che cosa ci accadrebbe se, nel ‘grande solitario’, spuntasse un jolly? Probabilmente ci sentiremmo un po’ come il dodicenne Hans Thomas che, nel suo viaggio verso la Grecia alla ricerca della mamma (fuggita di casa per trovare se stessa), scopre un’isola incantata (in cui vivono cinquantadue nani, un naufrago pieno di immaginazione e un folletto molto sarcastico) e finisce per capire che l’unico modo per non essere schiacciati dal destino è trasformarsi lui stesso in un jolly curioso e impertinente, sempre pronto a porsi domande” (dalla quarta di copertina dell’ed. TEA citata)

Altre storie che accadono oggi

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“… Che santi si festeggiano sul calendario, il ventinove di febbraio?…”
Marco Malvaldi, Buchi nella sabbia

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“… So it was that on the twenty-ninth day of February, at the beginning of the thaw, this singular person fell out of infinity into Iping village…”
H. G. Wells, The Invisible Man

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“… Con la presente, dichiaro che sabato 29 febbraio 1967 ho colpito mia cognata Isabe Kerr con un posacenere e l’ho uccisa…”
Rex Stout, Nero Wolfe. Invito a un’indagine

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“… 29 febbraio ’71 Caro Michele, mi sono arrivate le dodici tutine di spugna…”
Natalia Ginzburg, Caro Michele

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“… La Repubblica fu finalmente proclamata in forma solenne a Marsiglia la mattina del 29 febbraio…”
Emile Zola, I misteri di Marsiglia (segnalazione di @atrapurpurea)

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“… si trattava di una sera del tutto fuori dall’usuale, non compresa quasi nel calendario, un hors d’oeuvre, per così dire, una sera extra, una sera bisestile, il 29 febbraio…”
Thomas Mann, La montagna incantata

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“… Il tuo giorno fortunato è stato un 29 febbraio. Una data ballerina…”
Simona Sparaco, Se chiudi gli occhi (segnalazione di Libreria Feedbooks @feedbooks_it)

 

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“… Erano le ultime ore di un freddissimo 29 febbraio del 1936 quando nacqui ad Ampezzo…”
Luigi Schneider, Nato il 29 febbraio. Storia di un uomo fortunato (segnalazione di @atrapurpurea)

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“… campava con uno stecco 365 giorni all’anno e 366 quando l’anno era bisestile…”
Anton Giulio Barrili, La notte del commendatore (segnalazione di @atrapurpurea)

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“… Ma questo è un giorno speciale, è il 29 febbraio Marco Carrera non ha resistito. Non è superstizioso, non è scaramantico, ma si fa comunque ispirare da numeri e ricorrenze, e un giorno che capita solo ogni quattro anni è un buon giorno per giocare…”
Sandro Veronesi, Il colibrì (segnalazione di Fabiazep)

I venti venti di Paolo Bernacca

L’illustratore e grafico romano Paolo Bernacca è un artista poliedrico, che gioca con le immagini, i supporti, le tecniche e spesso anche con le parole. Oltre all’attività professionale per case editrici e periodici, Bernacca svolge una ricerca su temi che lo appassionano: il mare, la navigazione, il tempo nelle sue accezioni cronologiche e meteorologiche, affrontandole con la pittura, l’assemblage e il disegno dal vero.
Chi ha avuto modo di vedere qualche sua mostra o catalogo, conosce di certo i suoi Fari, una serie di dipinti e di grafiche realizzate negli anni Novanta, che presentano – con tagli prospettici originali e talvolta l’inserzione di un elemento narrativo e letterario – una collezione di queste architetture di segnalazione, presenze cromatiche che svettano sulla linea delle coste. Nelle Pagine salate – altra serie di ispirazione marina –  l’autore riconosce, in grandi schegge di legno, dei profili di paesaggio e le assembla per ottenere vedute che sono insieme bi- e tri-dimensionali.
Dal 2012, Bernacca si dedica poi alla pratica dello sketchcrawl (traducibile come “maratona di disegno”), realizzando schizzi dal vero di vedute paesistiche, scorci cittadini e architetture: l’editore Palombi ha pubblicato  una selezione di sketch di Bernacca  e del collega Maurizio Moretti in un volume prezioso, che si spera il primo di una serie.
Questo post è dedicato però soprattutto a uno dei temi che l’artista affronta con rigorosa e fantasiosa puntualità tra la fine e il principio di ogni anno: il calendario.  

Dal 1988, l’anno che sta per arrivare è visualizzato in forme sempre diverse, che alludono graficamente alle cifre che ne compongono il numero, in un gioco di riferimenti e suggestioni venato di arguzia.
Le invenzioni prodotte fin qui dalla fantasia di Bernacca si possono vedere a questo indirizzo web; ogni schermata un anno che è trascorso, salutato dalla sua immagine emblematica, che ne accompagna il passaggio: ciliegie, virgole, aquiloni, punti interrogativi, coppe e così via.
Il calendario del 2020 racchiude  anche un enigma da risolvere, che ne allarga le dimensioni concettuali e il piacere di averlo accanto nei mesi di questo nuovo anno. Il disegno, che accompagna la sequenza dei mesi e dei giorni dell’anno nuovo, è un diagramma stellare, con le cifre 2 2 0 0 sulle quattro punte principali. Sotto ad esso, la parola Rebus indica che l’osservatore deve risolvere un enigma, la cui soluzione corrisponde a una frase di quattro parole – la cui lunghezza è indicata dai numeri fra parentesi – da ottenere ragionando sul disegno e sui segni che lo accompagnano.


Se non si riesce a risolvere il rebus, basta capovolgere il calendario e la soluzione si può leggere lì in fondo.
Due piccoli aiuti: il primo è un’opera del 1971 dell’artista verbo-visivo Arrigo Lora-Totino, dal titolo Parole ai quattro venti, che si basa su un meccanismo simile a quello del calendario di Paolo Bernacca per il 2020. 
Il secondo aiuto ci porta a Fivizzano,  in provincia di Massa-Carrara, dove ha sede il Meteo Museo Edmondo Bernacca (MMEB), dedicato al celebre  meteorologo dell’Aeronautica Militare, padre di Paolo ed egli stesso fine disegnatore di fenomeni, carte e diagrammi.
Entriamo così nel 2020 con una mappa del tempo cronologico che racchiude in sé folate di tempo atmosferico, collegate da un gioco antico grazie alla matita felice di Paolo Bernacca. 

a.s.

 

 

 

Daybook: il calendario di “Documenta 14”

Il tempo della terra e il tempo delle comunità, il tempo storico e il tempo personale si incontrano fatalmente nelle griglie dei calendari. Lo sanno gli artisti, che hanno regalato innumerevoli varianti creative alla forma calendariale, e lo sanno – da alcuni decenni – i curatori di mostre e cataloghi, che scelgono la successione regolare delle date per alloggiare opere e autori. L’esempio più recente lo troviamo nella rassegna Documenta 14, in corso nella città tedesca di Kassel. La mostra quinquennale, dedicata a ricerche artistiche di taglio politico, sociale, ecologico, partecipativo, e svoltasi quest’anno, oltre che nella sede consueta di Kassel, anche ad Atene, offre – accanto al catalogo, ai booklet e alle mappe – un Daybook. Si tratta di un diario-agenda, in cui i giorni e le date (quelle della durata della mostra e quelle scelte dagli artisti, come vedremo) si presentano come formato organizzativo dei contenuti e come spunto per attraversamenti personali da parte dei lettori.

Al posto dei numeri delle pagine, il Daybook riporta, in alto al centro di ciascuna doppia pagina, le date in cui la rassegna si svolge: dall’8 aprile (stampigliato sulla copertina) al 17 settembre 2017. Le prime pagine (e dunque i primi giorni) ospitano l’indice e l’introduzione; le ultime un’appendice con l’esergo, il colophon, l’elenco degli sponsor e dei collaboratori, i ringraziamenti, lo spazio per le annotazioni. Il nucleo centrale – le doppie pagine che vanno dal 15 aprile al 3 settembre – è dedicato a 143 artisti fra quelli presenti alla rassegna. 
Sfogliando il Daybook, la prima azione che viene da fare è cercare l’artista che corrisponde alla data in corso, o a date che abbiano una risonanza per chi legge. E mentre emerge la curiosità di sapere quale criterio abbia determinato l’associazione fra artisti e date, ci si accorge che nella pagina di sinistra è presente un riquadro nero che riporta un’altra data. Dunque, oltre al calendario progressivo che va dall’aprile al settembre 2017, un’altra time-line si dipana sfogliando questo catalogo temporale. Una time-line fatta di date discontinue, che vanno da un futuro indistinto al passato preistorico, attraversando i secoli a ritroso e con salti enormi. Queste date sono state scelte dagli artisti su invito dei curatori: sono giorni e tempi che hanno, per ciascuno dei partecipanti, un significato particolare, sul piano intimo o pubblico, storico o fantastico. Sono queste date, messe in ordine dal futuro al passato, a determinare l’ordine di apparizione degli artisti nella sequenza dell’impaginato. 
Un doppio criterio cronologico governa così il Daybook di Documenta 14: la griglia del calendario convenzionale condiviso e i giorni vaganti nella memoria degli artisti interpellati. Insieme, invitano a esplorare la varietà geografica e concettuale delle presenze tenendosi attaccati a un foglio di diario con la familiare sequenza giorno-mese. Un accorgimento che coinvolge chi legge, facendo appello al bagaglio personale di giorni accumulati nella memoria e nell’immaginazione. 
Tre riferimenti puntellano l’introduzione al Daybook: il film di Guy Debord del 1959 Sul passaggio di alcune persone attraverso un’unità di tempo piuttosto breve;  l’incipit di Sotto il vulcano di Malcolm Lowry e la poesia Itaca di Kavafis: passaggi di tempo, lunga durata e condizione effimera, viaggi, distanze. E anche, tempo-reale: queste date – si legge sempre nell’introduzione – in sé “non significano niente di speciale, ma ciascuna di loro può diventare significativa, per via di eventi personali e politici che avranno luogo nel corso dello svolgimento di Documenta 14”. 
Ma si può sfogliare il Daybook anche leggendo – in sequenza o casualmente – i riquadri neri con le date scelte da ciascun artista e le motivazioni: ne viene fuori uno spaccato vivido della storia di ognuno, che rivela di più di quanto possa fare il testo critico che accompagna la scheda dell’artista, o l’immagine riprodotta. La scelta di un punto nel tempo svela i contesti, le aspettative, gli obiettivi, talvolta la fisionomia profonda di ciascuno. 

Il cinese Wang Bing (allocato al 9 giugno) sceglie il 29 gennaio 1987 “un giorno qualunque nella storia, ma un giorno molto importante per me” – scrive nel suo riquadro nero – poiché quel giorno ha visto per la prima volta l’oceano, ha preso in mano una videocamera e le immagini hanno iniziato a riempire la sua vita.
Giorni qualunque che diventano eccezionali, anniversari di eventi storici, tragedie collettive, gioie personali, compleanni, nascite, morti, inizi di rivolte, proclamazioni di indipendenze, censure. C’è chi immagina un futuro senza data, chi un “giorno qualunque”, chi sceglie l’avverbio deittico per eccellenza “oggi” (“this current day matters the most”, afferma il lituano Algirdas Šeškus), chi lascia il riquadro nero e spoglio (il polacco Artur Żmijewski) e chi sprofonda nel neolitico, o nell’inizio (“In the beginning was the Word”, dicono Marie Cool e Fabio Balducci), o nella negazione del tempo calcolabile (la nigeriana Otobong Nkanga).
Una variegata “cronologia discontinua di tipo storico, personale, speculativo emerge da questi contributi”, scrivono i curatori. E questo è un altro modo di visitare la mostra Documenta 14, anche dopo la chiusura, perché l’artificio del calendario permette di ritornare ciclicamente in punti del tempo dispersi nelle linee del passato.

Fra i precedenti dell’uso della griglia calendariale in cataloghi: la mostra di Seth Siegelaub; il catalogo Effemeridi su e intorno Marcel Duchamp (Venezia 1993), il catalogo di Hanne Darboven alla Diaart.org (ora rimosso); l’opera Sono stata io. Diario 1900-1999 di Daniela Comani. Altri riferimenti nella mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea (Macro, Roma, 2016). 

Antonella Sbrilli @asbrilli

29 Febbraio

29 febbraio 2016

« »

“Cinquantadue carte fanno cinquantadue settimane”, mormorò.
“Il tutto fa 364 giorni. Fin qui tutto bene. E poi i mesi diventano tredici, di ventotto giorni ciascuno…
E anche qui arriviamo a 364. Tutte e due le volte, però, avanza un giorno…”
“Che sarebbe il Giorno del Jolly”, spiegai.
“Per la miseria!”
Rimase a lungo a fissare gli aranci, poi 
mormora: “E tu, quando sei nato, Hans Thomas?”
Non capivo dove voleva arrivare. “Il 29 febbraio 1972”, risposi.
“Ma in quale giorno cadeva?”
Allora ebbi l’illuminazione: nel giorno ‘in più’ di un anno bisestile. Secondo il calendario dell’isola incantata, sarebbe stato il Giorno del Jolly.

Jostein Gaarder, L’enigma del solitario, 1990, tr.it. D. Braun Savio, Longanesi 1996,ed. cons. TEA, 1998, pp. 216-17

Dicono del libro
“Chi sei, tu? Sei un fante di fiori, una donna di cuori, un asso di quadri, un due di picche? Già, perché ognuno di noi non è che una carta di quel grande solitario chiamato vita, una carta che esce a un certo punto del gioco, prende il proprio posto sul grande tavolo dell’universo e segue le regole che altri hanno stabilito. Ma che cosa ci accadrebbe se, nel ‘grande solitario’, spuntasse un jolly? Probabilmente ci sentiremmo un po’ come il dodicenne Hans Thomas che, nel suo viaggio verso la Grecia alla ricerca della mamma (fuggita di casa per trovare se stessa), scopre un’isola incantata (in cui vivono cinquantadue nani, un naufrago pieno di immaginazione e un folletto molto sarcastico) e finisce per capire che l’unico modo per non essere schiacciati dal destino è trasformarsi lui stesso in un jolly curioso e impertinente, sempre pronto a porsi domande” (dalla quarta di copertina dell’ed. TEA citata)

Altre storie che accadono oggi

tn-1

“… Che santi si festeggiano sul calendario, il ventinove di febbraio?…”
Marco Malvaldi, Buchi nella sabbia

tn-1

“… So it was that on the twenty-ninth day of February, at the beginning of the thaw, this singular person fell out of infinity into Iping village…”
H. G. Wells, The Invisible Man

tn-1

“… Con la presente, dichiaro che sabato 29 febbraio 1967 ho colpito mia cognata Isabe Kerr con un posacenere e l’ho uccisa…”
Rex Stout, Nero Wolfe. Invito a un’indagine

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“… 29 febbraio ’71 Caro Michele, mi sono arrivate le dodici tutine di spugna…”
Natalia Ginzburg, Caro Michele

tn-1
“… La Repubblica fu finalmente proclamata in forma solenne a Marsiglia la mattina del 29 febbraio…”
Emile Zola, I misteri di Marsiglia (segnalazione di @atrapurpurea)

tn-1

“… Il tuo giorno fortunato è stato un 29 febbraio. Una data ballerina…”
Simona Sparaco, Se chiudi gli occhi (segnalazione di Libreria Feedbooks @feedbooks_it)

 

tn-1

“… Erano le ultime ore di un freddissimo 29 febbraio del 1936 quando nacqui ad Ampezzo…”
Luigi Schneider, Nato il 29 febbraio. Storia di un uomo fortunato (segnalazione di @atrapurpurea)

tn-1

“… campava con uno stecco 365 giorni all’anno e 366 quando l’anno era bisestile…”
Anton Giulio Barrili, La notte del commendatore (segnalazione di @atrapurpurea)

Dieci giorni scomparsi e ritrovati, di Chiara Camoni

Dieci giorni cancellati da calendari, agende, libri di conti, diari: sono quelli fra il 5 e il 14 ottobre 1582, quando entrò in vigore la Riforma del calendario di Papa Gregorio XIII.
Elaborata per correggere l’invecchiamento del calendario istituito da Giulio Cesare, sistemare i calcoli sull’Equinozio e sulla data della Pasqua, la Riforma che introduce il calendario gregoriano ha avuto il suo peso sul senso del tempo.
Il francese Michel de Montaigne, per esempio, annotava di non riuscire ad adattarsi  al cambiamento, tanto da essere con la mente  sempre dieci giorni avanti oppure dieci giorni indietro (Saggi, libro III, capitolo X).
E nel libro di Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, lo sfasamento di dieci giorni fra i calendari in vigore dopo la Riforma – che fu accettata prima, e in diverse fasi, dai paesi cattolici e più avanti in quelli protestanti –  ha la sua rilevanza nella vicenda.

Camoni

Nel 2003, l’artista Chiara Camoni, nata a Piacenza e residente in Toscana, riprende le fila di quella storia.
“Appena scopro i documenti che testimoniano questa operazione sul tempo, cerco di capire che fine hanno fatto i dieci giorni. Mi rendo conto che nessuno li ha mai reclamati. Me ne posso quindi legalmente appropriare!”.
Disegna così due medaglioni con i profili affrontati, quello di Papa Gregorio XIII e il suo, e prepara degli atti di restituzione di quei dieci giorni, da consegnare durante una performance, che ha luogo in diverse sedi (Cartiere Vannucci,  Galleria Blanchaert di Milano) fra il 2003 e il 2004.

Camoni 2

“Potrei regalare un giorno a qualcuno, o magari venderglielo” scrive l’autrice nel decalogo di intenzioni collegato a questa performance che – come molte altre sue opere da (Di)segnare il tempo a Clessidra, a Notturni – ha a che fare con il tempo, la scansione di giorni e notti, la regolarità, la ripetizione, la durata.
“Gentile Principessa, sono sinceramente dolente di non potervi restituire l’ultimo giorno di giovinezza che io vi debbo…” scrive il mago gentiluomo del racconto di Giovanni Papini, Il giorno non restituito: per donare tempo alla figlia malata, l’uomo convince giovani donne a donargli 365 giorni per poi restituirli, uno a uno, negli anni successivi, quando le donatrici sono diventate vecchie. E non sempre la restituzione riesce.
La magia omeopatica di Chiara Camoni restituisce giorni  potenziali, riserve di 24 ore, con cui fare qualcosa, anche solo riflettere sul tempo attraverso un pezzetto di tempo.

Camoni macro 2016
Sia durante lo svolgimento della performance, sia soprattutto dopo, alla distanza, l’artista ha ricevuto riscontri in forma di fotografie, messaggi, pensieri su questo dono o baratto proposto ai visitatori, che hanno avuto da lei  l’input ad aggiungere, invece cha a togliere, giorni dal calendario.
Nel corso della mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea (Museo Macro di Roma, via Nizza dal 29 aprile al 2 ottobre 2016) la performance è effettuata tutti i venerdì, sabato e domenica, alle ore 11 e alle ore 16:30, da studenti del Dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo.

Antonella Sbrilli @asbrilli

Immagini: courtesy Chiara Camoni e Macro