2 Ottobre

2 ottobre 2014

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Arrotolai il sacco a pelo, lo ficcai nello zaino, misi lo zaino sulle spalle, camminai fino alla stazione e lì chiesi all’impiegato come dovevo fare per tornare a Tokyo a quell’ora. Guardò l’orario dei treni e disse che se prendevo un treno notturno sarei arrivato a Osaka la mattina e da lì avrei potuto prendere lo Shinkansen per Tokyo. Ringraziai e con i cinquemila yen che mi aveva regalato il pescatore comprai un biglietto per Tokyo. Aspettando il treno comprai un giornale e guardai la data. Era il 2 ottobre 1970. Il mio viaggio era durato giusto un mese. Coraggio, torniamo alla realtà, mi dissi

Murakami Haruki, Norwegian Wood. Tokyo Blues, 1987, tr. it. G. Amitrano, ed. cons. Einaudi, 2006, p. 352

Su un aereo per Amburgo, ascoltando una versione orchestrale di Norwegian Wood dei Beatles, un uomo – un giapponese di trentasette anni – è preso dai ricordi del passato, dalle immagini di una ragazza, Naoko, frequentata una ventina di anni prima. Ha inizio così un percorso nella memoria e nel tempo, che si allunga “come le ombre al tramonto”. La prima immagine che rievoca è quella di un paesaggio autunnale, un prato attraversato dal vento di ottobre, una conversazione con Naoko. Gli anni sono quelli fra il 1968 e il 1970: la vita nel collegio per studenti a Tokyo, le manifestazioni all’università, le letture, i rapporti con i rari amici e le ragazze, i dubbi, le scomparse. Dopo la morte della ragazza, il narratore è partito per un viaggio senza una meta precisa, che si conclude – con la decisione di tornare a Tokyo – il 2 di ottobre.

 

Dicono del libro
“Norwegian Wood è anche un grande romanzo sull’adolescenza, sul conflitto tra il desiderio di essere integrati nel mondo degli ‘altri’ per entrare vittoriosi nella vita adulta e il bisogno irrinunciabile di essere se stessi, costi quel che costi. Come il giovane Holden, Tōru è continuamente assalito dal dubbio di aver sbagliato o di poter sbagliare nelle sue scelte di vita o di amore, ma è anche guidato da un ostinato e personale senso della morale e da un’istintiva avversione per tutto quello che sa di finto e costruito”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 2 ottobre, di buon mattino, si pianta davanti alla caserma e attende con tutta calma che il tenente esca…”
Arthur Schnitzler, Verso la libertà

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“… È il 2 ottobre (anniversario della nascita di chissà chi)…”
Alessandro Bergonzoni, È già mercoledì e io no

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“…Il toro Saragoza … il 2 ottobre 1898, scappò dalla gabbia e inseguì e ferì molta gente…”
Ernest Hemingway, Morte nel pomeriggio (segnalazione di Sandra Muzzolini)

Diteci di oggi, CambioTempo

Gioco Diteci di oggi – Pagina99 we: settimana 4 – 11 ottobre 2014 (si partecipa fino a lunedì 6 ottobre 2014)

Il blog Diconodioggi collabora con il giornale Pagina99 con Diteci di oggi: una rubrica di giochi e interazioni che hanno a che fare con la scrittura e con il tempo raccontato, in particolare con le date. Ogni settimana lo spunto per il gioco viene da un’opera o da una pagina di letteratura che parla del tempo.

Per il prossimo numero cambiamo genere, come fa Orlando, protagonista dell’omonimo libro di Virginia Woolf.
La storia, ripresa anche nel film di Sally Potter, inizia alla fine del ‘500, quando Orlando è un giovane alla corte di Elisabetta I, e prosegue attraverso i secoli mutando luoghi, avventure e sesso del/della protagonista, che si ritrova, alla fine, come una donna di trentasei anni, nel 1928.

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Orlando (Tilda Swinton) nel film di Sally Potter

Il libro fu pubblicato in Inghilterra l’11 ottobre di quell’anno e la storia si conclude nello stesso giorno:
“Era l’11 ottobre. Era l’anno 1928. Era l’epoca presente. Nessuno si meraviglierà che Orlando trasalisse, che si premesse la mano sul cuore, che impallidisse. Quale rivelazione avrebbe potuto essere più terrificante di quella della nostra epoca? Se noi sopravviviamo all’urto, è solo perché il passato ci fa argine da una parte e il futuro dall’altra” (tr. it. G. Scalero, Mondadori).
Per il prossimo 11 ottobre, l’invito è elencare in quali epoche, in che genere e in che forma avreste voluto ritrovarvi, fra il ‘500 e l’epoca presente.
I testi, non più lunghi di 800 caratteri, vanno inviati a giochi@pagina99.it entro lunedì 6 ottobre, in modo da permettere la scelta per il giornale in edicola sabato 11 ottobre, anniversario di Orlando.

I Ottobre

1 ottobre 2014

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L’ottobre venne come sogliono venire i nuovi mesi; il suo è un arrivo modesto e silenzioso sotto tutti i rapporti, senza segni esteriori, un muto insinuarsi dunque, che sfugge facilmente all’attenzione se questa non mantiene un ordine severo. Il tempo in realtà non ha suddivisioni, non ci sono tempeste, non v’è rumoreggiare di tuoni all’inizio del nuovo mese o del nuovo anno, ed anche a quello del nuovo secolo; siamo soltanto noi uomini che spariamo e tuoniamo. Nel caso di Giovanni Castorp, il primo giorno di ottobre fu identico agli ultimi giorni di settembre, fu altrettanto immusonito e freddo come quelli e come gli altri che lo seguirono

Thomas Mann, La montagna incantata, 1924, tr. it. G. Giachetti-Sorteni, Dall’Oglio 1930 (1976), vol. I, p.249

Sulla montagna incantata (o magica, secondo una recente traduzione), il tempo è chiamato continuamente in causa. Sia il tempo meteorologico, poiché su quella montagna delle Alpi svizzere si trova il sanatorio per le malattie dei polmoni, i cui ospiti sono i protagonisti del romanzo, sia – soprattutto – il tempo del calendario. Il soggiorno del giovane ingegnere Giovanni Castorp – in visita a un cugino – doveva durare meno di un mese, e invece – scopertosi malato – si prolunga per anni, trasformando abitudini e aspettative. Mentre le stagioni cambiano, i giorni avanzano come le lancette di un enorme orologio, e il tempo è sentito come una beffa, un mistero, un trucco senza spiegazione.

Dicono del libro
“Così il gruppo di ricchi cosmopoliti del sanatorio di Davos, affetti da quella che era allora la malattia per eccellenza, la tubercolosi, diventa il simbolo della condizione umana per la quale il dolore sta a fondamento dell’amore e la morte è in sostanza un’iniziazione alla vita: tutto il romanzo diventa così, per usare le parole di Mann, un romanzo di iniziazione”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Dall’Oglio, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il primo ottobre, allo spuntare del giorno, il colonnello Aureliano Buendia, con mille uomini bene armati attaccò Macondo…”
Gabriel García Márquez, Cent’anni di solitudine

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“… il primo ottobre, un mercoledì, è una giornata che non dimenticherò. Anzitutto, Riley mi svegliò schiacciandomi le dita con un piede …”
Truman Capote, L’arpa d’erba

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“… c’era anche il progresso del calendario e forse questo contava più di ogni altra cosa. Adesso erano entrati in ottobre…”
Paul Auster, La musica del caso

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“…in macchina faceva caldo. 37 gradi, il primo ottobre più caldo dal 1906…”
Charles Bukowski, Il capitano è fuori a pranzo (segnalazione di Michele Brescia)

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“…Poiché Baldabiou aveva deciso così, Hjervé Joncour ripartì per il Giappone il primo giorno d’ottobre…”
Alessandro Baricco, Seta (segnalazione di Laura Serranti)

100 libri futuri

100 libri futuri

di Sandra Muzzolini

Future Library è un progetto dell’artista scozzese Katie Paterson avviato la scorsa estate in Norvegia: appena fuori Oslo è stata piantata una foresta di 1000 alberi che saranno tagliati nel 2114 e forniranno la carta per stampare un’antologia di 100 libri, uno per ogni anno a partire da ora.

100libri

http://katiepaterson.org/futurelibrary/

La prima scrittrice a cui è stato chiesto di aderire al progetto è Margaret Atwood, che consegnerà il suo lavoro in una cerimonia prevista per giugno 2015. Il testo sarà conservato in una biblioteca di Oslo e nessuno potrà leggerlo fino al 2114, quando sarà pubblicato insieme agli altri 99. La scrittrice canadese, parlando dell’iniziativa nel corso del suo recente intervento a Pordenonelegge, l’ha definita un progetto ottimista per quattro ragioni: innanzitutto presuppone che fra 100 anni ci saranno ancora persone sulla terra, poi che ci sarà una biblioteca ad Oslo, che la gente saprà leggere e che avrà voglia di leggere. Ogni libro – osserva la scrittrice – è come un messaggio in bottiglia, si proietta nel futuro, rivolgendosi a lettori che l’autore non conosce e che lo leggeranno in tempi e luoghi diversi. Il progetto dunque è una sorta di versione estesa dell’avventura di ciascun libro.
Se da una parte dispiace l’idea che noi non potremo leggere questi libri è bello però pensare – sottolinea Katie Paterson – che molti degli autori di quest’antologia non sono ancora nati.
(s. m.)

30 Settembre

30 settembre 2014

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Così i giorni, gli ultimi giorni, turbinano nella mia memoria, indistinti, autunnali, tutti eguali come foglie: fino a un giorno diverso da tutti quelli che ho vissuto.
Accadde in autunno, il 30 settembre, il giorno del mio compleanno, particolare che non ebbe alcun peso sugli avvenimenti, a parte il fatto che, sperando in un ricordino finanziario della mia famiglia, aspettavo con impazienza la visita mattutina del portalettere. Anzi, scesi dabbasso per vederlo prima. Se non fossi stato nell’atrio in attesa, Holly non mi avrebbe invitato ad andare a cavallo e, di conseguenza, non avrebbe avuto modo di salvarmi la vita

Truman Capote, Colazione da Tiffany, 1958, tr. it. B. Tasso, ed. cons. Garzanti, 1973, pp. 99-100

Mentre in Europa si combatte una guerra a cui partecipano anche molti soldati americani – fra cui Fred, il fratello della protagonista di questa storia – la giovane e bizzarra Holiday (Holly) Golightly fa di ogni giorno una festa, come dice il suo nome, o almeno ci prova. Fra l’autunno del 1943 e quello del 1944, a New York, trascorrono le sue vicende, raccontate dal vicino di casa, aspirante scrittore (e riprese nel celebre film, interpretato da Audrey Hepburn). Sposata giovanissima con un veterinario, “stellina cinematografica”, corriere di messaggi in codice per conto di un contrabbandiere in carcere, incinta di un politico brasiliano, Holly è eccentrica e imprendibile, continuamente di passaggio, “in transito”, come è scritto sulla sua porta. Il 30 settembre è una data cruciale nella storia: compleanno del narratore, è il giorno in cui questi cade da cavallo durante un giro in Central Park e in cui Holly viene arrestata per i suoi contatti con la malavita. Il 30 settembre era anche il compleanno dell’autore di Colazione da Tiffany: Truman Capote, nato il 30 settembre del 1924.

Dicono del libro
“Chi è Holiday Golightly, la protagonista del più estroso romanzo breve del più estroso scrittore americano del dopoguerra? È una cover-girl di New York, attrice cinematografica mancata, generosa di sé con tutti, consolatrice di carcerati, chiassosa, eterna bambina. E forse, Holiday è la più incantevole creazione di Capote”:
(Dalla quarte di copertina dell’ed. Garzanti, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 30 settembre, quando la facoltà di medicina elegge i suoi rappresentanti annuali, riempii di gas il pallone…”
Rudolph Raspe, Gottfried Bürger, Il barone di Münchhausen

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“… con la stessa solennità della prima volta celebrai il 30 settembre, anniversario del mio sbarco sull’isola…”
Daniel Defoe, Robinson Crusoe

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“… Che meraviglioso calendarietto che sei, Celia! Sono sei mesi secondo il calendario o sei mesi lunari? siamo all’ultimo giorno di settembre ora…”
George Eliot, Middlemarch

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“… Il 30 settembre si fece vedere il sole fin dalla mattina e, sperando nel tempo, Lévin cominciò a prepararsi…”
Lev Tolstoj, Anna Karenina

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“… Giurasti e disegnasti una ghirlanda / sul muro, di viole e di saette, / coi nomi e con la data memoranda: / trenta settembre novecentosette…”
Guido Gozzano, La signorina Felicita

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30 settembre, Roberto Billi (segnalazione di Alice Scolamacchia)

29 Settembre

29 settembre 2014

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Fattoria Grange
Old Heanor, 29 settembre

[…] Questo è il mio quarantesimo inverno. E non c’è nulla che possa fare per tutti gli inverni che sono passati. Ma quest’inverno resterò fedele alla mia fiammella di Pentecoste, e avrò un po’ di pace. Non permetterò che il fiato della gente la spenga. Credo in un mistero superiore che non fa morire nemmeno il croco. E anche se tu sei in Scozia e io sono nei Midlands e non posso stringerti tra le braccia e mettere le mie gambe intorno a te, di te ho ugualmente qualcosa. La mia anima batte dolcemente le ali con te nella fiammella della Pentecoste, ed è come la pace che si raggiunge scopando. Scopando, abbiamo messo al mondo una fiammella. E, scopando, il sole e la terra mettono al mondo i fiori. Ma è una cosa delicata, ci vuole pazienza, ci vuole una lunga pausa

David Herbert Lawrence, L’amante di Lady Chatterley, 1928, tr. it. S. Melani, Garzanti 1987, p.358-61

La lunga lettera del guardacaccia Oliver Mellors a lady Constance, la moglie di Clifford Chatterley, conclude il romanzo di David Herbert Lawrence. È spedita dalla fattoria dove l’uomo sta lavorando in attesa che Constance – che aspetta un figlio da lui – lo raggiunga, per cominciare la nuova vita insieme, lontano dai rispettivi coniugi, una nuova vita in armonia con la natura e con i sensi. In attesa dell’estate, del bambino e della riunione con Constance, Oliver descrive la sua situazione e il suo punto di vista sulla vita, in un giorno di autunno, il 29 settembre, ultima data del libro.

Dicono del libro
“Per il verismo tattile con il quale racconta l’amore sessuale, per la critica aperta alle convenzioni sociali, per l’apparente esaltazione dell’adulterio, l’opera più famosa di Lawrence (colpita da sentenze di oscenità e volgarità) uscì ‘purgata’ nel 1928, in Inghilterra; sarà pubblicata in edizione integrale solo nel 1960. Lady Chatterley è una “morta viva”: l’ambizione e la sterilità emotiva del marito la imprigionano in una esistenza vuota e disperante, dalla quale la riscatta l’incontro con la delicata sensibilità del guardiacaccia Mellors. Nel romanzo, la possente sensualità degli amanti respira all’unisono con la natura traboccante della campagna inglese dei Midlands, selvaggia e regale a un tempo”.
(Dalla scheda del libro nel sito delle edizioni Garzanti)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 29 settembre scorso, venne commesso ai danni della Banca d’Inghilterra un furto di cinquantacinquemila sterline…”
Jules Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni

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“… Ciò avviene il 29 settembre. È un giorno radioso, un giovedì. La Nouvelle France vede il sole salire all’orizzonte verso le 9 del mattino…”
Stanislao Nievo, Le isole del paradiso

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“… L’appunto successivo è del 29 e sembra copiato da un’agenda o da un calendario, perché dice soltanto: “San Michele e tutti gli Angeli. Diciassettesima domenica dopo la Trinità…”
Javier Marias, Tutte le anime

28 Settembre

28 settembre 2014

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28.9.1932 […] Non è questa prima giornata di avvertibile autunno (la prima giornata di freddo non fresco che veste l’estate morta di minore luce) che mi dà, in una trasparenza straniata, una sensazione di proposito morto o di falsa volontà. Eppure non c’è, in questo interludio di cose perdute, una traccia incerta di memoria inutile. È, più dolorosamente, un tedio di stare rammentando ciò che non si ricorda, uno scoraggiamento di ciò che la coscienza ha perso fra alghe o giunchi, in riva a non so cosa. Vedo che la giornata, limpida e immobile, ha un cielo positivo, di un azzurro meno chiaro dell’azzurro profondo. Vedo che il sole, leggermente meno dorato di prima, infiamma di riflessi umidi i muri e le finestre. Mi rendo conto che, nonostante non ci sia vento, o brezza che lo ricordi e lo neghi, nella città indefinita dorme tuttavia una frescura sveglia. Mi rendo conto di tutto ciò, senza pensare o volere, e non ho sonno se non come ricordo, e non ho nostalgia se non come inquietudine

Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares, 1982 (post.), tr. it. M. J. De Lancastre, A. Tabucchi, Feltrinelli 1987, p.138

Bernardo Soares, impiegato contabile in una ditta di tessuti, passa le sue giornate nel suo ufficio al centro di Lisbona. Giornate tutte simili, senza grandi avvenimenti esteriori, ma ricche di osservazioni sottili sul tempo, il tempo che passa e quello atmosferico. Il 28 settembre del 1932, Soares riprende a scrivere i suoi pensieri dopo una lunga pausa e si accorge del cambiamento di luce, temperatura e atmosfera che ha portato con sé la prima settimana di autunno. Cerca – come fa sempre – di descrivere le piccole variazioni che segnano il cambiamento, da un giorno all’altro, come stazioni successive della corsa del tempo.

Dicono del libro
“Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bemardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell’autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l’unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo”.
(Dalla scheda del libro nel sito della Feltrinelli)

Altre storie che accadono oggi

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“… Mi ricordo che era scritta da Weymouth edatata ventotto settembre, e cominciava: ‘Mia cara signora’, ma non ricordo come continuava…”
Jane Austen, Emma

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“… 28 settembre 1972, Mia cara, ho saputo oggi che sei stata assunta la settimana scorsa. Congratulazioni…”
Ian McEwan, Miele

27 Settembre

27 settembre 2014

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27 settembre 1990
Berlino, Amalienpark

Un altro “giorno dell’anno”, per la trentesima volta. Senza l’indicazione sul calendario non avrei pensato all’obbligo che ho da assolvere oggi. Sono tentata di interrompere questo progetto più per un’inibizione profonda che per l’usuale svogliatezza. Da mezz’ora siedo inattiva davanti al foglio su cui voglio prendere appunti. Conosco da un pezzo la causa dei miei “blocchi”: un’invincibile resistenza a prendere atto di cose che mi toccherebbero troppo da vicino. Naturalmente è sempre possibile descrivere i rituali: alzarsi, fare colazione, bere il tè, sfogliare il giornale, che con mia sorpresa non mi interessa affatto, tanto che adesso già non so più che cosa ho letto. Ma questi rituali mi appaiono troppo insignificanti in un periodo in cui tutto è “fuori dai cardini”. Il tempo fa sempre il suo corso, oggi coperto ma non ancora freddo. Il sole, leggo sul calendario, è sorto alle 5.54 e tramonterà alle 17.48, mentre la luna sorgerà alle 14.50 e tramonterà alle 22.05. Adesso sono le 10.30, e come quasi ogni mattina mi meraviglio di quante attività sono capace di inventarmi per evitare di mettermi alla scrivania

Christa Wolf, Un giorno all’anno 1960-2000, 2003, tr. it. A. Raja, ed. cons. edizioni e/o, 2013, p. 390

Nel 1960, il giornale moscovita Isvestija pubblicò un invito rivolto agli scrittori: raccontare un giorno di quell’anno, per la precisione il 27 settembre. Si trattava di un progetto già tentato negli anni Trenta con il titolo “Un giorno nel mondo”. Un’idea – questa – che porta la giornata dallo sfondo al primo piano della storia, mettendo in luce le ripetizioni e le variazioni che, tutte insieme e giorno dopo giorno, costituiscono la vita. Rispondendo all’invito della rivista, a partire dal 1960, la scrittrice tedesca Christa Wolf descrive quello che le accade ogni 27 settembre, per quarant’anni di seguito, fino al 2000. Il brano di oggi racconta, dal risveglio svogliato alla cena, il 27 settembre del 1990, un anno “attraversato da un asse intorno al quale il tempo si “rivolge”, un anno di svolta.

Dicono del libro
“Un giorno all’anno è l’opera più personale di Christa Wolf. Per quarant’anni – a partire dal 1960 – l’autrice ha raccontato ogni 27 settembre, annotando tutte le esperienze, i pensieri e i sentimenti vissuti in quel giorno. Il risultato è una testimonianza incisiva e commovente della sua esistenza di scrittrice, di contemporanea, di donna, madre, cittadina della Repubblica democratica tedesca e poi della Repubblica federale tedesca. ‘Come accade la vita?’ – ecco la domanda che occupa la scrittrice lungo tutti questi anni”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. e/o, op. cit.)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Non ho letto giornali / Non mi sono girato a guardare donne / Non ho aperto la cassetta della posta / Non ho augurato buon giorno…”
Thomas Brasch, Il bel 27 settembre

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“… Nelle prime ore pomeridiane del 27 settembre Luisa ritornava da Porlezza con alcune carte da copiare per il notaio…”
Antonio Fogazzaro, Piccolo mondo antico

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“… Lunedì 27 settembre il tempo si mise al brutto…”
Bruce Chatwin, Che ci faccio qui?

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“… 27 settembre. Marianna, perché non sei qui a passeggiare, a trastullarti, a divertirti con noi…”
Giovanni Verga, Storia di una capinera (segnalazione di @francofri)

25 Settembre

25 settembre 2014

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Lo sapevo, Eccellenza, lo sapevo. Sono stati visti baciarsi Martedì 25 Settembre, la vigilia della partenza di don Tancredi; nel vostro giardino, vicino alla fontana. Le siepi di alloro non sempre sono fitte come si crede. Per un mese ho atteso un passo di vostro nipote, e adesso pensavo già di venire a chiedere a Vostra Eccellenza quali fossero le intenzioni di lui

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1958 (post.), Feltrinelli 1993, p.119

Garibaldi è sbarcato in Sicilia, e l’Italia sta diventando una nazione, mentre a Donnafugata, nel giardino del palazzo di Don Fabrizio Corbera, Principe di Salina, qualcuno osserva due giovani che si baciano. È un 25 settembre che sembra ancora estate e i due sono Tancredi Falconieri, nipote del Principe, e Angelica, bellissima figlia di Calogero Sedara, la cui recente fortuna è frutto di traffici e speculazioni. Il bacio è la prova che suggella l’unione delle due famiglie, un patto matrimoniale fra l’antica nobiltà e la nuova ricchezza, sotto lo stemma azzurro in cui campeggia il Gattopardo.

Dicono del libro
“Giuseppe Tomasi, duca di Palma e principe di Lampedusa, nacque a Palermo nel dicembre del 1896 e morì a Roma nel Luglio del 1957. Il suo capolavoro, Il Gattopardo, pubblicato un anno e mezzo dopo la sua morte, rimase a lungo inedito, rifiutato da molti ediori, ma al suo apparire fu subito riconosciuto come una delle massime opere letterarie del nostro secolo. Tradotto in tutto il mondo, letto da milioni di lettori, portato sullo schermo, Il Gattopardo è ormai un classico. Siamo in Sicilia, all’epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzavano i tempi nuovi (dall’anno dell’impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento)”.
(Dalla scheda del libro sul sito dell’editore Feltrinelli)

Altre storie che accadono oggi

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“… 25 settembre 1933. Oh, gloria di esser vivo! di essere ancora un vivente!…”
William Saroyan, Me stesso sulla terra

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“… Il venticinque settembre milleduecentosessantaquattro, sul far del giorno, il Duca d’Auge salì in cima al torrione del suo castello…”
Raymond Queneau, I fiori blu

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“… Alzò le spalle, definendo il console generale un imbecille; l’indomani sarebbe stato il 25 settembre…”
Thomas Pynchon, Sotto la rosa

Diteci di oggi, Coincidenze

Gioco Diteci di oggi – Pagina99 we: settimana 27 settembre  . 4 ottobre 2014 (si partecipa fino a lunedì 29 settembre 2014)

Il blog Diconodioggi collabora con il giornale Pagina99 con Diteci di oggi: una rubrica di giochi e interazioni che hanno a che fare con la scrittura e con il tempo raccontato, in particolare con le date. Ogni settimana lo spunto per il gioco viene da un’opera d’arte o da una pagina di letteratura che parla del tempo.

“Il 4 ottobre scorso, alla fine di uno di quei pomeriggi completamene inoperosi e piuttosto tetri di cui ho il segreto, mi trovavo in rue Lafayette: dopo essermi fermato per qualche minuto davanti alla vetrina della libreria dell’Humanité e aver fatto acquisto dell’ultima opera di Trockij, proseguivo senza meta in direzione dell’Opéra”.

foto di @atrapurpurea

foto di @atrapurpurea

È una pagina del libro dell’artista francese André Breton, intitolato Nadja (edizione italiana Einaudi), e da qui viene la proposta del gioco per la prossima settimana: raccontare o immaginare incontri e coincidenze avvenuti dentro o intorno a una libreria.

I testi, non più lunghi di 800 caratteri vanno inviati all’indirizzo mail giochi@pagina99.it entro lunedì 29 settembre, per consentire la scelta da pubblicare nel numero di Pagina99 in edicola sabato 4 ottobre 2014.

24 Settembre

24 settembre 2014

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24 settembre
Mi sono svegliato tardi e senza appetito. Meglio così perché i soldi che mi restano sono pochi. La pioggia non è diminuita. Alla reception, quando chiedo di Frau Else, mi dicono che è a Barcellona o a Girona, al Gran Hospital, insieme al marito. Sulla gravità delle condizioni di quest’ultimo il commento è inequivocabile: sta morendo. La mia colazione è consistita in un latte e caffè e un croissant. Nel ristorante rimaneva solo un cameriere per servire cinque vecchi surinamesi e me.
L’Hotel del Mar, di colpo, si è svuotato. A metà pomeriggio, seduto sul balcone, mi sono reso conto che il mio orologio non funzionava. Ho cercato di caricarlo, gli ho dato qualche botta, ma non c’è stato niente da fare. Da quanto tempo è fermo? La cosa ha un qualche significato? Lo spero

Roberto Bolaño, Il Terzo Reich, 2010 (postumo), tr. it. I. Carmignani, Adelphi, 2010, p. 308

Il diario del giovane tedesco Udo Berger – in vacanza con la fidanzata in un albergo sulla Costa Brava – è cominciato il 20 di agosto e termina dopo poco più di un mese, insieme con la stagione balneare. Durante quel periodo si è dedicato a un wargame sul Terzo Reich, montato su un grande tavolo nella sua stanza. Oltre a Frau Else, la proprietaria dell’albergo, Udo conosce strani personaggi, con cui ingaggia partite piene di tensione, mentre il tempo del gioco si insinua in quello della vicenda. Fino alla fine del suo soggiorno, il 24 settembre, vigilia della partenza.

Dicono del libro
“Appena mette piede nella sua stanza d’albergo sulla Costa Brava, il giovane Udo Berger ottiene, dopo molte insistenze, che gli venga portato un grande tavolo, sul quale piazza il wargame di cui è campione assoluto e di cui intende elaborare nuove e più audaci strategie: il Terzo Reich. L’atmosfera è delle più beatamente, ottusamente balneari. Eppure, quasi subito, sentiamo che non tutto è luce, e che nell’ombra sono in agguato fantasmi inquietanti”.
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Milano, 24 settembre. Arrivo, alle sette di sera, morto di stanchezza; corro alla scala.- Il mio viaggio è ripagato…”
Stendhal, Roma, Napoli e Firenze

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“… dichiaro e certifico a termini di legge che, nella causa criminale aperta il 24 settembre 1799 contro i negri della nave San Dominique, venne fatta davanti a me la dichiarazione seguente…”
Herman Melville, Benito Cereno

23 Settembre

23 settembre 2014

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Stavo attento a tutto, anche ai passaggi di stagione, ma la natura non si preoccupa di dare i suoi avvisi. Il 23 settembre si passava dall’Estate all’Autunno, io stavo lì a aspettare, ma non succedeva niente. Nessuno sembrava accorgersene, non avevo notato nulla di speciale, la solita gente che passava con indifferenza sulla strada, niente. Il giorno dopo l’aria era diventata pesante, il cielo nero, carico di onde elettromagnetiche, lampi, tuoni. Forse forse qualcosa incominciava a succedere, mi dicevo

Luigi Malerba, Il serpente, 1966, ed. cons. Mondadori, 1989, pp. 129-30

Da dietro la vetrina del suo negozio di francobolli, il narratore – arrivato a Roma da Parma – guarda la città che si muove, con la sensazione che “alla fine della giornata non è successo niente, l’unica cosa che è successa è la giornata che è passata via senza che succeda niente”. Anche i fatti che vengono raccontati – amori, gelosie, sogni, addirittura un assassinio – sono incerti, forse mai accaduti, ma solo immaginati dal narratore, sullo sfondo di Roma e di Parma, in un tempo anch’esso incerto, in cui si riconoscono alcune giornate speciali, fra le quali quella dell’equinozio d’autunno (la cui data oscilla in genere fra il 22 e il 23 settembre) e che nell’anno del racconto cadeva (come nel 2014)  il 23 del mese.

Dicono del libro
“Un uomo maniacalmente geloso della sua amante la uccide, quindi ne divora il cadavere e si autodenuncia: a un livello superficiale, Il serpente di Malerba lo si potrebbe riassumere così. Ma ben altra è la natura profonda, l’assoluta originalità del romanzo. Non soltanto alla lunga confessione dell’uomo si alternano – inquietante controcanto – astratte, folgoranti divagazioni/esortazioni affatto estranee alla ‘trama’ (esortazioni rivolte a chi? E da chi? dall’autore, dal personaggio, da un suo doppio lucidamente ragionatore che scriva in un tempo diverso da quello della narrazione?), ma il lettore non tarda ad apprendere dallo stesso io narrante che egli mente, così che l’intera narrazione annulla in qualche modo se stessa, e, nel progressivo smantellamento di ogni realtà costruita, nello sconvolgente trionfo di una filosofia (o un’etica) del dubbio, dell’incerto, del possibile, in un gioco continuo di realtà e finzioni che si incastrano l’una nell’altra, si intrecciano, si negano, si affermano, il romanzo diviene la negazione di sé, ogni realtà viene rimessa in gioco, nulla appare certo e reale se non l’incerto, e il serpente -per riprendere la metafora suggerita dal titolo -divora inesorabilmente, ininterrottamente, se stesso”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Vi ricordate del 23 settembre? – ella disse. Andrea non aveva ben distinto nella memoria quel ricordo, ma assentì col capo…”
Gabriele d’Annunzio, Il piacere

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“… ‘Me lo dai un bacetto?’. Era il 22, o il 23, di settembre…”
Elsa Morante, La Storia (segnalazione di ggianluca @thumbsupGG)

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“… Mi ricordi come mi ha conosciuto. Il Suo X. La data diceva: Calangute, Goa, 23 settembre…”
Antonio Tabucchi, Notturno indiano

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“… Era venuto l’equinozio d’autunno. Già si sentiva, fresco sulla pelle, il frizzo dell’aria serale…”
Murasaki, Storia di Genji, il principe splendente

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“… Presto così cominciò per me un altro autunno. Era in tutto diverso dal precedente..”
Anna Maria Ortese, Poveri e semplici

22 Settembre

22 settembre 2014
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Il maggiore ed il preferito era Frodo Baggins. A novantanove anni Bilbo lo adottò e lo portò con sé a Casa Baggins, e tutte le speranze dei Sackville-Baggins sfumarono. Si dà il caso che tanto Bilbo quanto Frodo festeggiassero il compleanno il 22 settembre.
“Sarebbe meglio che tu venissi a stare da me”, disse un giorno Bilbo, “così potremmo festeggiare insieme i nostri compleanni”.
A quell’epoca Frodo era ancora negli enti, come gli Hobbit chiamavano gli irresponsabili anni tra l’infanzia e la maggiore età (33)

John Ronald Reuel Tolkien, Il Signore degli Anelli, 1954-55, tr. it. Q. Principe, ed. cons. Rusconi,1993, pp. 47-48

Nella terra di mezzo, mondo fantastico abitato da creature fatate, la Contea è un’isola di rustica serenità e spensieratezza abitata da piccoli esseri laboriosi chiamati hobbit. Creature per natura longeve, uno fra loro è in procinto di raggiungere la veneranda età di cento undici anni: si tratta di Bilbo Baggins, zio adottivo del protagonista Frodo e possessore di un anello incantato, oggetto della brama di re e stregoni. Ereditato il magico anello, il destino dei popoli liberi sarà nelle mani del giovane hobbit, che lascerà per la prima volta il proprio locus amoenus per un viaggio ricco di peripezie. È proprio il 22 settembre – compleanno sia del vecchio Bilbo che del giovane Frodo – che l’avventura ha inizio, con una grande festa nella giornata assolata. (Commento di Oliviero Eletti)

Dicono del libro
“Il Signore degli Anelli è un romanzo d’eccezione, al di fuori del tempo: chiarissimo ed enigmatico, semplice e sublime”
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Rusconi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… (eravamo ormai al 22 settembre) e Lo indicava il seguente indirizzo: ‘Fermo posta, Coalmont’…”
Vladimir Nabokov, Lolita

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“… Il calendario ci aveva precipitati di colpo nell’autunno, ma il cielo del 22 settembre apparve all’alba dipinto di un azzurro purissimo…”
Almudena Grandes, Atlante di geografia umana

 

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“… La notte del 22 settembre del 1939, il giorno prima di morire, il dottor Sigmund Freud, interprete dei sogni altrui, fece un sogno…”
Antonio Tabucchi, Sogni di sogni

pittura
Lorser Feitelson,Untitled (September 22), acrilico su tela, 1964 (segnalazione di Michele Brescia)

21 Settembre

21 settembre 2014

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Quel 21 settembre i titoli dei giornali della sera annunciavano a tutti i baiani: CITTA’ IN FESTA – LA PRIMAVERA E I MARINAI.
Al bar Flor-de-São-Miguel, la sera precedente, prima che si sapesse dell’invasione di rua Barroquinha da parte delle forze di polizia della Sezione Giuoco e Buoncostume e del grido di guerra di Nilia Cabarè, e prima del pronunciamento di Exú Tirirí, il giovane Kalíl Chamas aveva biasimato con parole piene di infiammata indignazione la pletora di pedissequi imitatori dei costumi europei che festeggiavano l’arrivo della primavera nel bel mezzo dei piovaschi settembrini – una caterva di idioti, gli stessi che, in occasione della Pasqua, travestivano i figli da conigli e, nel più torrido dicembre, collocavano fiocchi di cotonina sugli alberi di Natale simulando le nevi invernali (…) Seduto al tavolino del bar si sfoga contro il vezzo idiota di importare abitudini straniere che in Brasile non hanno senso. Ai Tropici l’inverno dura sei mesi di pioggia e l’estate sei mesi di calore soffocante: parlare di primavera e d’autunno è ridicolo

Jorge Amado, Teresa Batista stanca di guerra, 1972, tr. it. G. Segre Giorgi, Einaudi 1975, p.485, 486

Dopo molte vicissitudini, dopo aver ucciso il suo violentatore, dopo essere stata amante, prostituta, infermiera, ballerina di samba, Teresa Batista si trova nella città brasiliana di Bahia. Grande è il disordine di quei giorni in cui gli interessi degli speculatori e degli sfruttatori della prostituzione – aiutati dalla polizia – si scontrano con la rivolta delle donne, mentre una nave americana piena di marinai, potenziali clienti, sta entrando in porto. Il calendario segna il 21 settembre e dunque – nell’emisfero meridionale – l’inizio della primavera. E proprio una festa della primavera, con la sfilata, si prepara, come annuncia il giornale della sera. Ma in quella zona del Brasile – fa notare uno studente – parlare di primavera e di autunno è “puro colonialismo”, una tradizione importata dall’Europa.

Dicono del libro
“In questo romanzo, pubblicato in Brasile nel 1972, Jorge Amado riprende certi motivi del racconto popolare: quelle storie ‘vere’, di ‘peste, fame e guerra, morte e amore’, diffuse dai cantastorie. Le cinque narrazioni che compongono il libro si fingono raccolte nelle fiere del ‘sertão’ o sui moli del porto di Bahia da un venditore ambulante, cui l’autore si rivolge per sapere di Teresa Batista, la bella dalla pelle ramata e dai lunghi capelli neri, guizzante come una ballerina di samba. Venduta tredicenne a un signorotto sadico, poi prostituta, amante di un potente dottore che la sottrae al carcere e al bordello, Teresa risorge miracolosamente vergine ad ogni nuovo sbocciare dell’amore, e infine trova il suo vero uomo nel marinaio Janu, che la porta sulla sua casa-barca”.
(Dalla bandella dell’ed. einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… le ultime ore sane e salve, integre, per così dire, della sua vita, nel pomeriggio di quel lunedì 21 settembre 1925…”
Heimito von Doderer, I demoni

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“… Dopo di che, non ci volle molto per arrivare al 21 settembre 1668, quando la Company mise finalmente le mani sull’isola…”
Salman Rushdie, I figli mezzanotte

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“… Il 21 settembre 1933 Enrico trasferisce la sua residenza dal comune di Gorizia a quello di Umago, in Istria…”
Claudio Magris, Un altro mare

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“… La mattina successiva, che era il 21 settembre, partivamo in crociera per una settimana…”
Piero Chiara, La stanza del vescovo (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“…Do you remember the 21st night of September?…”
Earth, Wind & Fire, September (da Sandra Muzzolini e Laura Serranti)

 

20 Settembre

20 settembre 2014

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Settembre 20
Ecco fatto. Ho voluto ricopiare qui in questo mio giornalino il foglietto del calendario d’oggi, che segna l’entrata delle truppe italiane in Roma e che è anche il giorno che son nato io, come ci ho scritto sotto, perché gli amici che vengono in casa si ricordino di farmi il regalo

Vamba, Il giornalino di Gian Burrasca, 1912 (in volume), ed. cons. Giunti, 1994, p. 5

Il 20 settembre 1870 è il giorno della breccia di Porta Pia. Ventisette anni dopo, nello stesso giorno di settembre, nasce Giannino Stoppani, detto Gian Burrasca. Per il suo compleanno ha avuto in regalo dalla mamma un giornalino con la “rilegatura di tela verde e tutte le pagine bianche”. Su questo diario, racconterà le sue disavventure, le punizioni, gli slanci verso la libertà.
Per cominciare, non sapendo ancora cosa scrivere, ricopia proprio il foglietto del calendario del 20 settembre, 263° giorno dell’anno, Sant’Eustachio. Entrata delle truppe italiane in Roma. Luna piena.

Dicono del libro
“Ogni giorno Giannino Stoppani, detto Gian Burrasca, annota in un diario gli avvenimenti della sua vita e della vita della sua famiglia. Naturalmente, poiché è stato educato a non mentire mai, dice sempre la verità, anche quella che non dovrebbe o potrebbe dire, o che le sorelle e i loro fidanzati, poi mariti, non vorrebbero si sapesse. E, certo, combina un sacco di guai per merito dei quali viene chiuso nel collegio Pierpaoli dove non solo non si educa, bensì diviene l’anima di una ribellione contro la falsa e tirannica disciplina che vi è imposta da una ridicola ma prepotente coppia di proprietari-direttori. Il diario diviene così la protesta e la rivolta di un ragazzo contro il mondo conformista e soffocante dei ‘grandi’. Non per nulla Vamba dedicò il Giornalino ‘ai ragazzi d’Italia perché lo facciano leggere ai loro genitori'”
(dalla scheda del libro su Ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… È il 20 settembre 1850. Conosco queste cifre che ho appena scritto come se fossero un’iscrizione da lungo tempo familiare…”
George Eliot, Il velo strappato

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“… Tutto era cominciato quel venerdì pomeriggio, il 20 settembre…”
Rudy Rucker, Su e giù per lo spazio-tempo

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“…l’unità del Regno è compiuta da 4 anni e già non contenta più nessuno, peggio che se avesse 4 secoli. La borghesia accende i bengala la sera del 20 settembre, ma essa stessa è divisa..”
Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo

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“… Eppure, proprio quel 20 settembre, l’Italia era diventata Una…”
Vasco Pratolini, Metello

 

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“… Il 20 settembre due carri partirono alla volta di Crifosso, carichi di roba: trasportavano nella nuova dimora tutto il mobilio…”
J. R. R. Tolkien, Il signore degli anelli

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“… I cento florali vennero inaugurati contemporaneamente il 20 settembre 1875 (squisita coincidenza: la vecchia parola russa rjuen, che significa settembre e non rovina…”
Vladimir Nabokov, Ada

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“… Sono tornato a casa, ho preso un foglio ho scritto Dove sei che non ti trovo. venti settembre novantotto. Ore undici e venti…”
Paolo Nori, Bassotuba non c’è

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“… Il 20 settembre si era tenuta a Giakarta una grande manifestazione internazionale di aquiloni…”
Haruki Murakami, 1Q84

pittura

Giacomo Balla, Dimostrazione XX settembre, olio su tela, 1915, (Balla Futurista Via Paisiello Dimostrazione 20 settembre), coll. pr. (segnalazione @mickybrescia)

19 Settembre

19 settembre 2014

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andai prima nel bagno e pensai di buttarlo nel gabinetto, ma poi mi sembrò troppo banale, troppo pratico e troppo giusto, volevo il mio dramma, volevo adesso anche attribuire un significato all’anello, e andai in macchina fino a Klosterneuburg, rimasi lì per ore sul ponte sopra il Danubio nel primo vento invernale, poi presi l’astuccio dalla tasca del cappotto e tolsi l’anello dall’astuccio, perché non lo portavo già più da qualche settimana. Era il 19 settembre. Un pomeriggio freddo, era ancora giorno, lo gettai nel Danubio

Ingeborg Bachmann, Malina, 1971, tr. it. M. G. Manucci, Adelphi, 1973, pp. 194-195

La narratrice – una giovane scrittrice viennese – sta raccontando a un uomo che si chiama Malina i suoi sogni, pieni di situazioni angosciose, che hanno al centro la figura temibile del padre. In questo dialogo si parla di un anello che il padre le ha comprato dopo molte insistenze e di cui lei ora vuole liberarsi, immaginando prima di tirarglielo in faccia, poi di buttarlo nel bagno e infine di lanciarlo nel Danubio. Il Danubio è pieno di anelli gettati dai ponti – le dice l’uomo: ogni giorno qualcuno si toglie un anello e lo butta nel fiume. E così fa lei in un pomeriggio, forse sognato, che porta la data del 19 settembre.

Dicono del libro
“Malina è la storia di un abnorme triangolo amoroso e di un abnorme assassinio. Leggibile sui più diversi piani, immediato e insieme carico di riferimenti nascosti, agilissimo e quasi temerario nel toccare anche l’attualità più intrattabile o la più proibita realtà dei sentimenti, questo romanzo riesce in ciò che molti hanno provato e che rare volte non è fallito: narrare una storia che ha la massima concretezza, facendola però coincidere con un delirio segreto che appartiene a un’altra realtà, con una favola nera che nessun mondo visibile potrebbe ospitare”.
(Dalla scheda del libro nel sito dell’editore Adelphi).

Altre storie che accadono oggi

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“… A Dublino, una settimana più tardi, diciamo il 19 settembre, Neary, privo dei suoi mustacchi, fu riconosciuto…”
Samuel Beckett, Murphy

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“… 19 Settembre Ci sono in città sei “bordelli”. Due di essi godono fra i soldati di ottima reputazione: il più povero e il più ricco…”
Henri-Pierre Roché, Le due Inglesi e il continente

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“… 19 settembre. Il Largeau, atteso inutilmente per due giorni, arriva all’alba…”
André Gide, Viaggio al Congo

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“… Il colpo finale gli venne però dato il 19 settembre…”
Oscar Wilde, Il fantasma di Canterville (segnalazione di Sandra Muzzolini)

 

 

18 Settembre

18 settembre 2014

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Conoscevamo la data precisa, 18 settembre 1867, in cui il bisnonno del dottor Hoffman era arrivato nel mio paese, un esponente della piccola nobiltà dai magri mezzi, sfuggito a imprecisabili rovesci in un montagnoso principato slavo infestato dai lupi, che in seguito era stato soppresso giuridicamente durante la guerra franco-prussiana o qualche altra simile. Sapevamo che, quando era nato il figlio, suo padre gli aveva fatto l’oroscopo e poi aveva offerto alla levatrice che lo aveva aiutato a venire al mondo una ricompensa di alcune migliaia di dollari

Angela Carter, Le infernali macchine del desiderio, 1972, tr. it. L. Perria, Interno Giallo, 1989, p. 27

Le infernali macchine del desiderio del dottor Hoffman, romanzo del 1972, è noto anche come War of dreams (e i sogni son Desiderio, come il protagonista del libro). Riecheggia H.G.Wells ma il romanzo forse più immaginifico di Angela Carter è fantarealtà più che fantascienza. Ci ha messo dentro tutto, come in una vignetta di Jacovitti, di quello che amava e abitava il suo subconscio: femminismo, ambiguità sessuale, rapporto media e società (ed era solo il 1972!), tra ragione e sentimento, tra finzione artistica e realtà. Nel recensirlo, il “Fancy Fantasy” scrisse “ci si dimentica subito che il terreno che la Carter scruta con tanta cura è l’interno della sua stessa immaginazione, perché il mondo che descrive diventa reale come un resoconto naturalista”: e infatti nessuno come Angela Carter riesce a descrivere con precisione botanica la frutta e la verdura esposte nel banco di un mercato e allo stesso tempo collocare quel mercato in un mondo tanto lisergico da sembrare inventato da un altro Hofman(n) – Albert, il padre dell’LSD.
La storia sarebbe quella di un Dottor Faust le cui diaboliche macchine del titolo liberano il potere dell’immaginazione e la cui figlia (Albertina…vien da pensare che la Carter avesse davvero in mente lo scienziato svizzero) seduce Desiderio, l’io narrante, segretario del Ministro della Determinazione di un non identificato paese che sfugge ad Hoffman e sopravvive ai suoi inganni perché “riesce a non arrendersi al flusso dei miraggi”. Di fatto il romanzo è un affresco fiammingo, pieno zeppo di trame e figurine (e qualche data da ricordare), apparentemente normali e un po’ naif, ma che viste da vicino rivelano ghigni goffi e pose assurde. È la realtà, bellezza. And there’s nothing you can do about it. Nothing! (Commento di Silvia Veroli)

Dicono del libro
“Un’epica erotica, picaresca, esplosiva, che narra della guerra contro il diabolico dottor Hoffmann, deciso a demolire tutte le strutture della ragione usando come campo di battaglia la mente e il cuore dell’uomo. Le infernali macchine del desiderio è il romanzo più magico fra quelli scritti da Angela Carter; un pirotecnico racconto di avventure dentro e fuori dallo spazio e dal tempo, una visione appassionata e surreale di ciò che potrebbe essere”.
(Dalla bandella dell’ed. Interno Giallo, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Era buio; ma vide la Wilson entrar furtiva nella stanza e prender la sacca di sotto il letto e portarla fuori senza far rumore. Ciò accadeva la sera di venerdì 18 di settembre…”
Virginia Woolf, Flush. Una biografia

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“…18 settembre. La temperatura non è elevatissima (non supera i 32 gradi); ma l’aria è satura di elettricità e umidità..”
André Gide, Viaggio al Congo

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“…La lettera era datata 18 settembre 1952 (era il 22), e l’indirizzo che Lolita mi dava era ‘Fermo Posta Coalmont’…”
Vladimir Nabokov, Lolita

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“… 18-9-1949. E’ più che incantata, è impietrita. E’ catatonica. Sono parole di venti anni fa. Anselmo continua: Come colpita dalle folgore, il viso verso l’alto. Giovanna d’Arco insensibile alle sevizie…”
Mario Tobino, Per le antiche scale

Diteci di oggi, Un giorno all’anno

Gioco Diteci di oggi – Pagina99 we: settimana 20 – 27 settembre 2014 (si partecipa fino a lunedì 22 settembre 2014)

Il blog Diconodioggi collabora con il giornale Pagina99 con Diteci di oggi: una rubrica di giochi e interazioni che hanno a che fare con la scrittura e con il tempo raccontato, in particolare con le date. Ogni settimana lo spunto per il gioco viene da un’opera o da una pagina che parla del tempo. Ecco la nuova proposta:
27 settembre
Nel 1960, il giornale moscovita Isvestija invitò gli scrittori a raccontare un giorno di quell’anno, per la precisione il 27 settembre. Si trattava di un progetto già tentato negli anni ‘30 con il titolo Un giorno nel mondo e che ritorna attuale nei recentissimi film collettivi come Life in a Day e Italy in a Day (Un giorno da italiani, regia di Salvatores).
La scrittrice tedesca Christa Wolf rispose all’appello e dal 1960, per quarant’anni, raccontò la giornata del 27 settembre. La raccolta di questi giorni narrati è nel volume Un giorno all’anno (ed. italiana e/o).

Le descrizioni di Christa Wolf si fermano all’anno 2000. L’invito per la prossima settimana è ad aggiornare l’elenco fino a oggi, raccontando o immaginando alcuni dei 27 settembre trascorsi dal 2000 al 2014 con brevi frasi, parole chiave, flash di memoria.
I testi, non più lunghi di 800 caratteri, vanno inviati all’indirizzo giochi@pagina99.it.
Si partecipa fino a lunedì 22 settembre, per consentire la scelta da pubblicare nel giornale di sabato 27.

17 Settembre

17 settembre 2014

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“Ma bene,” pensò il giovine signore Andrea von Ferschengelder, quando il barcaiolo quel dì 17 settembre 1778 gli ebbe posato la valigia in cima alla scala di pietra e si allontanava, “ma benissimo, costui mi pianta qui e festa signori, carrozze a Venezia non ce ne sono, chi non lo sa, un facchino, e che verrebbe a farci? è un angolo sperduto dove non passa un cane. Come se alle sei del mattino si facesse scendere di posta sulla Rossauerlande o tra i Weissgarber chi non è pratico di Vienna. So la lingua, e con questo? fanno di me quel che vogliono egualmente. E come rivolgersi a gente che non s’è mai vista e se ne sta dormendo placidamente – busso e dico: ehi, di casa?” – Sapeva che non l’avrebbe fatto, – intanto passi si avvicinavano sul lastrico sonoro netti e distinti nel silenzio del mattino, ci volle del tempo perché si facessero vicini, e un uomo in maschera uscì da una piccola calle, si avviluppò stretto nel mantello, lo tenne chiuso con tutte e due le mani, e fece per attraversare la piazza

Hugo von Hofmannsthal, Andrea o I ricongiunti, 1930, 1932 in volume (post.), tr. it. G. Bemporad, Adelphi 1970, pp.11-12

Ha inizio in una mattina di settembre del 1778 il viaggio in Italia del giovane Andrea. Dopo una sosta in Carinzia, dove è caduto vittima di un imbroglio e si è innamorato di una ragazza, Andrea è arrivato a Venezia alle sei del mattino. Non sa a chi rivolgersi, quando vede un uomo in maschera, avvolto in un mantello, sotto il quale indossa solo la camicia, e ai piedi porta scarpe senza fibbie, che ha perso al gioco. Con aria affabile, lo sconosciuto lo conduce nella casa di un conte, dove Andrea prenderà in affitto la stanza di Nina, la figlia maggiore. In poche ore di quella giornata, Andrea entra in un mondo fatto di teatro e lotterie, di donne e personaggi emblematici, di enigmi e avventure, durante cui tutto si trasforma, a cominciare da lui stesso: “non esiste nulla di passato; tutto ciò che esiste è presente”.

Dicono del libro
“Andrea o I ricongiunti è uno dei grandi romanzi del nostro secolo. Come L’uomo senza qualità di Musil, esso nasce nel clima della rovina asburgica, nel crollo di quella tradizione aristocratica dell’Austria che trovò in Hofmannsthal la sua espressione suprema. Iniziata ne 1912, quest’opera avrebbe accompagnato Hofmannsthal fino alla sua morte, avvenuta nel 1929, rimanendo incompiuta e insieme perfetta, chiusa”.
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 17 settembre, onomastico di Liubinka, il cartellone del teatro di Samovarnov annunciava una rappresentazione straordinaria…”
Michail Saltikov-Scedrin, I signori Golovljov

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“… 17 settembre. Stamani è partito Manuel. Siamo stati ad accompagnarlo fino alla stazione di Rovigliano…”
Gabriele d’Annunzio, Il Piacere

Magritte, 16 settembre

“Riuniti intorno al pittore, di fronte alla tela fresca a cui era necessario dare un titolo, i suoi amici si scambiavano idee delle quali almeno una alla fine sarebbe stata tenuta. Un buon titolo doveva riunire alcune qualità che escludevano l’aleatorio, anche se si può pensare che questo fosse a volte presente. Era necessario che il titolo corrispondesse al processo mentale che aveva portato l’artista a dipingere quella certa immagine (…)

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René Magritte, Seize Septembre, 1956 – Anversa, Museo reale di Belle arti

Il titolo doveva spaesare sufficientemente gli osservatori in modo che si interrogassero sugli antefatti che l’immagine trasmetteva. Cosa si nasconde dietro a questa immagine? Era inoltre necessario che il titolo introducesse a una dimensione poetica, cioè che facesse capire che il discorso sprigionato dal quadro si affidava all’immaginazione dell’osservatore – alle sue reazioni segrete – sia con ciò mostra sia con ciò che non mostra, ma suggerisce” (Jacques Meuris, Magritte, Taschen 1993/2001, p. 121).

Magritte era dunque solito domandare ai suoi amici quello che pensavano delle sue opere e faceva appello a loro per trovare un titolo. Nel caso del dipinto Seize Septembre (Sedici Settembre), fu l’amico poeta surrealista  Louis Scutenaire a sceglierlo, come riporta la scheda dell’opera nel catalogo del Museo reale di Belle arti di Anversa.
I titoli dei quadri di Magritte si aggiungono alla pittura per vie misteriose e interrogative, entrano in risonanza con le immagini, moltiplicandone le descrizioni e le possibili, e mai definitive, interpretazioni. Non smettono di suggerire collegamenti e riprese. Una storia di coincidenze fatali riguarda proprio il dipinto Seize Septembre / Sedici settembre, che rappresenta un falcetto di luna appoggiato sulla chioma di un albero. In un articolo pubblicato sul Guardian nel 2011, in occasione della mostra  René Magritte: the Pleasure Principle (Tate Liverpool),  il quadro di Magritte è messo in relazione con la morte di Marc Bolan, leader dei T-Rex, avvenuta il 16 settembre del 1977, in un incidente d’auto: Magritte exhibition at Tate Liverpool gets fans of Marc Bolan raving.
(a.s.)