19 Ottobre

19 ottobre 2014


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Poteva trattarsi di una coincidenza casuale, ma le coincidenze casuali non convincevano Aomame. Era possibile che fra i due fatti ci fosse un collegamento. Anche l’espressione usata dalla signora, quel “grave incidente”, sembrava indicare l’esistenza di una connessione. Lo scontro a fuoco si era svolto il 19 ottobre di tre anni prima (secondo la teoria di Aomame, tre anni prima del 1Q84). I particolari sulla sparatoria li aveva già letti la volta precedente, scorrendo gli articoli di cronaca, quindi un’idea sufficiente dei fatti la possedeva. Quel giorno decise che avrebbe dato solo una rapida scorsa alle notizie, concentrandosi sugli articoli pubblicati in seguito e su quelli che analizzavano l’episodio da vari punti di vista

Murakami Haruki, 1Q84, 1 e 2, 2009, tr. it. G. Amitrano, Einaudi 2011, versione kindle, pos. 6258

Da quando – nel primo dei 24 capitoli del primo libro –  la giovane Aomame è scesa dal taxi sulla tangenziale e ha imboccato la scala d’emergenza nella piazzola di sosta, si è ritrovata in una strana atmosfera, dove le cose – come le ha detto il tassista – “sono diverse da come appaiono”, anche se “la realtà è sempre una sola”. Uno degli indizi di una mutazione nello stato della realtà viene proprio dalle date. Consultando i giornali della biblioteca di quartiere, Aomame si accorge di non ricordare  – lei così attenta alla storia – alcuni dei fatti accaduti nel 1981. In particolare la colpisce la notizia di un incidente avvenuto il 19 ottobre, uno scontro a fuoco fra la polizia e un gruppo estremista, nei pressi del lago Motosu. Non si tratta di una lacuna della sua memoria, ma di  una variante nel corso degli avvenimenti, che conduce in un mondo parallelo, dove una cifra dell’anno corrente, il 9 di 1984, è diventata la Q del “question mark, il punto interrogativo”. Sui fatti del 19 ottobre, Aomame ritorna durante un’altra visita alla biblioteca, in cerca di notizie utili per orientarsi nel nuovo tempo in cui lei e la rete delle cose si trovano. 

Dicono del libro
“Aomame è spietata e fragile. È un killer che, in minigonna e tacchi a spillo, con una tecnica micidiale e impalpabile, vendica tutte le donne che subiscono una violenza. Tengo è un ghost writer che deve riscrivere un libro inquietante e pericoloso come una profezia.Entrambi si giocano la vita in una storia che sembra destinata a farli incontrare. Ma quando Aomame, sollevando gli occhi al cielo, vede sorgere una seconda luna, capisce che non potranno condividere neppure la stessa realtà. Mai come in 1Q84 Murakami ha esplorato le nostre ossessioni per dare vita a un mondo così personale, onirico e malinconico”.
(Dalla scheda del libro nel sito Einaudi)

 

Altre storie che accadono oggi

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“… Era, come ho detto, il 19 ottobre; l’autunno era inoltrato e faceva un tempo orribile…”
Mary Shelley, L’ultimo uomo

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“… 19 ottobre 1921 Nello studio tutto è rimasto uguale, caro Diego..”
Elena Poniatowska, Caro Diego ti abbraccia Quiela

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“… Kala Julk (circa 1700 m.), 19 ottobre. Alcune nuvolette risplendono nel cielo azzurro…”
Robert Byron, La via per l’Oxyana

 

Diconodioggi su Deejay Tv – Dimmi quando

Dal 20 ottobre 2014, alle 20,40 su Deejay Tv, canale 9 del digitale terrestre,  inizia la nuova stagione del programma Dimmi Quando, con Diego Passoni, che ” ci porta alla scoperta della data del giorno… Un almanacco contemporaneo, fresco di giornata, che esplora mondi e caratteri del tempo presente”.

Dimmi Quando
Ogni sera appuntamento con un ospite e tante curiosità sul giorno in corso.
Dimmi quando. Oggi è un altro giorno è il claim del programma e non a caso Diconodioggi è presente: ogni giorno infatti una citazione tratta dal nostro sito viene letta in studio, durante il Momento Diconodioggi. Grazie a tutta la redazione!

Dimmi Quando – dal lunedì al giovedì alle 20.40 su Deejay Tv.

A questo indirizzo, i video delle citazioni trasmesse.

 

18 Ottobre

18 ottobre 2014

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Io nacqui Veneziano ai 18 ottobre del 1775, giorno dell’evangelista san Luca; e morrò per la grazia di Dio Italiano quando lo vorrà quella Provvidenza che governa misteriosamente il mondo.
Ecco la morale della mia vita. E siccome questa morale non fui io ma i tempi che l’hanno fatta, così mi venne in mente che descrivere ingenuamente quest’azione dei tempi sopra la vita d’un uomo potesse recare qualche utilità a coloro, che da altri tempi sono destinati a sentire le conseguenze meno imperfette di quei primi influssi attuati.
Sono vecchio oramai più che ottuagenario nell’anno che corre dell’era cristiana 1858 […] La mia esistenza temporale, come uomo, tocca omai al suo termine; contento del bene che operai, e sicuro di aver riparato per quanto stette in me al male commesso, non ho altra speranza ed altra fede senonché essa sbocchi e si confonda oggimai nel gran mare dell’essere. La pace di cui godo ora, è come quel golfo misterioso in fondo al quale l’ardito navigatore trova un passaggio per l’oceano infinitamente calmo dell’eternità. Ma il pensiero, prima di tuffarsi in quel tempo che non avrà più differenza di tempi, si slancia ancora una volta nel futuro degli uomini

Ippolito Nievo, Le Confessioni d’un Italiano, 1867 (postumo), ed. cons. Mondadori 1984, pp. 3, 6


Carlo Altoviti, detto Carlino, è “testimone ed attore d’un bel capitolo di storia”,  dalla rivoluzione all’arrivo dei Francesi in Italia, dalla caduta di Napoleone ai moti del 1848. Un capitolo di storia osservato all’inizio da una postazione che sembra periferica, il castello di Fratta nella bassa friulana, posto sotto la giurisdizione della Serenissima Repubblica di San Marco. Ma che permette di raccontare gli sconvolgimenti  che porteranno di lì a poco all’unità d’Italia, trasformando il narratore – così spera alla fine della sua lunga vita – da veneziano in italiano. Figlio di una sorella della contessa di Fratta e di un gentiluomo-avventuriero, Carlino viene affidato agli zii appena nato e cresce senza un posto preciso nella casa, fra la servitù, nella grande cucina del castello, guardando da una prospettiva tutta sua le persone, i dettagli, la natura, i sentimenti, soprattutto l’amore per la Pisana. Da Fratta a Padova a Venezia a Milano, a Londra in esilio, Carlino segue la fuga degli anni, alcuni terribili, altri “muti e avviliti”, a cominciare dalla sua nascita, nel 1775, il 18 ottobre, San Luca, giorno con il quale il lungo racconto ha inizio.

Dicono del libro
“Composte fra il 1857 e il 1858 da un Nievo non ancora trentenne, Le Confessioni d’un Italiano rappresentano il primo romanzo unitario della nostra letteratura e il più significativo fra Manzoni e Verga. Estremamente innovativo per la pluralità dei modelli cui s’ispira – assieme romanzo storico e di avventure, narrazione di memorie e Bildungsroman -, per la molteplicità dei toni e la varietà delle scelte stilistiche, il capolavoro di Nievo ci parla attraverso l’indimenticabile figura del protagonista, Carlo Altoviti. Con i suoi occhi e le sue parole assistiamo alla storia d’amore con la Pisana, personaggio femminile complesso e anticonformista, ma anche a quella tra Clara e Lucilio, tra Leopardo e Doretta. Seguiamo il protagonista dall’incanto dell’infanzia al maturare della passione civile, dal mondo arcaico e ristretto del castello di Fratta alle vie d’Italia e del mondo”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

 

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“… La data: 18 ottobre 1974 L’ora: 15,20 Il luogo: Fontaine Saint-Sulpice (il caffè)  Più tardi, sono andato al bar tabacchi Saint-Sulpice. Sono salito al primo piano, una sala triste, piuttosto fredda, occupata da un quintetto di giocatori di bridge…”
Georges Perec, Tentativo di esaurimento di un luogo parigino
A questo link: #ComePerec, il gioco del 18-20 ottobre 2013

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“… l’arco di tempo che va fino al 18 ottobre, giorno nel quale tutti questi misteriosi avvenimenti cominciarono a volgere rapidamente verso la loro terribile conclusione…”
Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville

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“… comincio a descrivere le conclusioni cui sono arrivato, che si può fare, la lettura, il diciotto di ottobre, se loro sono d’accordo…”
Paolo Nori, Bassotuba non c’è

pittura

Gerhard Richter, 18 ottobre 1977 serie di quadri del 1988 (segnalazione di Michele Brescia)

17 Ottobre

17 ottobre 2014

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Ottobre. Il primo giorno di scuola. 17, lunedì.

Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina nella sezione Baretti a farmi iscrivere per la terza elementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s’accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta

Edmondo De Amicis, Cuore, 1886, ed. cons.Rizzoli, 1978, p.49

Nel 1881, nella scuola di Torino raccontata nel libro Cuore, le lezioni cominciano il 17 ottobre, dopo tre mesi di vacanza. Enrico –  il protagonista – mentre sale nella sua nuova classe al primo piano, ripensa ai boschi e alle montagne dove ha passato l’estate; rivede i compagni e il vecchio maestro della seconda, si accorge addirittura che il direttore ha la barba un po’ più bianca dell’anno prima. Alle dieci sono tutti in classe, lui e i suoi cinquantatré compagni, con il nuovo insegnante di terza, alto e serio. “Ecco il primo giorno” – pensa Enrico – ” Ancora nove mesi. Quanti lavori, quanti esami mensili, quante fatiche!”.

Dicono del libro
“Il libro di De Amicis confessatamente si divide in tre serie alternate, distinte anche per diversità di caratteri tipografici: vicende di una classe terza (secondo la numerazione odierna, quarta) di una scuola elementare (allora pare si dicesse ‘sezione’) di Torino durante l’anno scolastico 1881-’82, narrate da un alunno a guisa di diario, in caratteri ordinari; i racconti dettati mensilmente dal maestro, in corpo maggiore; lettere dei genitori e della sorella maggiore allo storico medesimo (e insieme autobiografo), Enrico, in corsivo”.
(Dall’introduzione di G. Pasquali all’ed. Rizzoli, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 17 ottobre – La pioggia è caduta tutto il giorno frusciando sull’edera e sgocciolando dalle gronde. Ho pensato al forzato, solo, nella tetra brughiera…”
Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville

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“… Il 17 ottobre 1813, a Lipsia, una tregua osservata tra i francesi e le truppe alleate interrompeva la terribile battaglia…”
Raymond Roussel, Locus Solus

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“… L’ultimo appunto è del 17, e dice: Santa Etheldreda, regina di Northumbria contro la sua volontà, povera sciocca…”
Javier Marías, Tutte le anime

16 Ottobre

16 ottobre 2014

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Venne il sedici ottobre (ricorderà, fu quando venne distrutta la Biblioteca di Stato, era un venerdì), tutto andava come al solito, io stavo dietro il banco, i clienti mi porgevano le loro tessere, ormai senza sospetto e senza paura. Non si pregava più da quando il rabbino era stato deportato; ma io, talvolta, invece di pronunciare un altro saluto, dicevo scialom. Era il nostro sabato nella macelleria…

Albrecht Goes, La vittima, 1955, tr. it. R. Leiser Fortini, Linea d’ombra 1990, p.54

La moglie del macellaio di una città tedesca, incaricata di servire la clientela ebraica – proprio mentre ha inizio la deportazione verso i campi di sterminio – compie il suo lavoro con umanità e comprensione. Cerca di aiutare e di proteggere – come può – le persone che si presentano al bancone con le tessere per la carne. Finita la guerra, è lei che racconta a un giovane bibliotecario, che ha preso in affitto una stanza nella sua casa, la storia della macelleria trasformata in sinagoga, in rifugio, in crocevia di destini. Il 16 ottobre  – fra bombardamenti, incendi, tentativi di fuga dalla Germania – è un giorno fatale per la donna e per gli altri protagonisti del suo racconto.
Storicamente, il 16 ottobre del 1943 è il giorno del rastrellamento degli ebrei che abitavano nel ghetto di Roma, rievocato da Giacomo Debenedetti nel libro che porta come titolo la data dell’evento: 
16 ottobre 1943.

Dicono del libro
“La strana vicenda di una macellaia dal volto sfregiato nella Germania della disfatta, una ricostruzione-inchiesta sugli anni della persecuzione degli Ebrei; una testimonianza senza storia e senza cultura. Come reagire? Prima di Böll, uno dei racconti più alti e terribili del passato tedesco”.
(Dalla prima pagina dell’ed. Linea d’ombra)

Altre storie che accadono oggi

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“… Stamattina, 16 ottobre 1832, mi trovavo a San Pietro in Montorio…”
Stendhal, Vita di Henry Brulard

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“… 16 ottobre – Giornata piena di nebbia, uggiosa: cade una pioggia sottile…”
Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville

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“… Un uomo chiamato Latimer disse queste parole a un uomo chiamato Nicholas Ridley, dato che stavano per essere bruciati vivi come eretici a Oxford, il 16 ottobre 1555…”
Ray Bradbury, Fahrenheit 451


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“… la lettera era stata spedita il 16 ottobre 1997, 18 mesi dopo la morte di mia madre…”
Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

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“… Un 16 ottobre la seicento di Busnelli fu vista piombare a tutta velocità davanti al bar …”
Stefano Benni, Bar Sport

Diteci di oggi, #inclasse

Gioco Diteci di oggi – Pagina99 we: settimana 18 – 25 ottobre 2014 (si partecipa fino a lunedì 20 ottobre 2014)

Il blog Diconodioggi collabora con il giornale Pagina99 con Diteci di oggi: una rubrica di giochi e interazioni che hanno a che fare con la scrittura e con il tempo raccontato, in particolare con le date. Ogni settimana il gioco prende avvio da un’opera o da una pagina di letteratura  in cui compare una data. Per il prossimo sabato 25 ottobre, ecco la proposta:scuola

Garrone generoso, Nobis superbo, Precossi timido, Franti l’espulso… il celebre elenco dei compagni di classe dello studente Enrico nel libro Cuore di Edmondo De Amicis porta la data del 25 ottobre, un giorno d’autunno al principio dell’anno scolastico.
Diffuso in tutto il mondo, Cuore arrivò anche negli Stati Uniti, dove commosse – come racconta Emanuele Bevilacqua – lo scrittore Henry Miller, sia da bambino, sia da vecchio: “Appena presi a leggere il libro, le lacrime cominciarono a scorrere dai miei occhi… C’era ogni tipo di ragazzi in quelle classi. Era una fotografia di una società in miniatura, dove tutti i caratteri riuscivano a convivere in un accordo così stretto da portarmi prontamente verso il socialismo e l’anarchia”.
Per il prossimo numero, la proposta è di ricordare (o inventare, o citare) alcuni compagni di classe con le loro caratteristiche, i tic, gli aneddoti.
I testi, non più lunghi di 800 caratteri, vanno inviati a giochi@pagina99.it entro lunedì 20 ottobre, in modo da permettere la scelta per il giornale in edicola sabato 25 ottobre.

Si partecipa anche su Twitter, in collaborazione con gli account @svolgimento e @unblogdiclasse, con l’hashtag: #inclasse.

15 Ottobre

15 ottobre 2014

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Giunsero a Livorno, visitarono Firenze, Genova, tutta la Costa Azzurra. Un mattino che spirava il maestrale si ritrovarono a Marsiglia, ed eran passati due mesi dalla loro partenza dai “Pioppi”, era il 15 ottobre. Colpita da quel vento freddo che pareva venir di laggiù, dalla lontana Normandia, Giovanna si sentiva un po’ malinconica. Giuliano non era già stanco, indifferente, cambiato? Lei aveva paura, non sapeva bene di che

Guy de Maupassant, Una vita, 1883, tr. it. M. Moretti, Mondadori 1993, p.65

La storia di una vita femminile, raccontata in questo romanzo di Maupassant, ha inizio con un calendario da muro dove Giovanna (Jeanne nell’originale) ha cancellato i giorni e i mesi fino alla data della sua uscita dal convento, il 2 maggio 1819. Tornata nella casa di famiglia, la tenuta dei Pioppi sulla scogliera presso Yport, in Normandia, è stata subito chiesta in matrimonio da un vicino, il giovane visconte di Lamare e si è sposata alla metà di agosto. Il 15 ottobre, dopo due mesi di viaggio di nozze trascorsi in Corsica, è sulla via del ritorno, a Marsiglia. Le prime avvisaglie del carattere poco trattabile del marito le danno un presentimento di quello saranno i giorni futuri, che aveva immaginato pieni di eccitazione e felicità, quando cancellava le date sul calendario, in attesa di un tempo che è già disatteso.

Dicono del libro
“È il primo dei sei romanzi di Maupassant, forse il migliore. Racconta la desolata, ma non disperata, odissea di una donna che, accostatasi ignara e fiduciosa alla vita, vi trova miserie e amarezze. Il marito la tradisce, il figlio,c che adora, la delude e fugge di casa. Perfino il ricordo che ha della propria madre verrà deturpato da infamanti, dolorose rivelazioni. Stanca, logorata nell’entusiasmo la Viscontessa di Lamarre si concede un ultimo barlume di fiducia e un’ultima ragione di tenerezza e di pace quando stringe fra le braccia la creatura del figlio”.

(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… programmai l’intero anno in modo da potervi trascorrere una vacanza a fine stagione, tra il 15 agosto e il 15 ottobre..”
Colette, L’uomo che amava le ragazzine

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“… Il 15 ottobre di ogni anno, la Quinta Strada apriva le sue imposte, srotolava i suoi tappeti e attaccava i suoi tre strati di tende alle finestre…”
Edith Wharton, L’età dell’innocenza

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“… L’indomani, addì 15 ottobre, essa cominciò verso le otto a prepararsi per uscire…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Il 15 ottobre alle due del mattino, la porta della cella sarà aperta e il carceriere occupato altrove..”
Georges Simenon, Maigret e una vita in gioco

 

14 Ottobre

14 ottobre 2014

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Immagine composita, codificata otticamente dall’apparecchio di scorta della nave aerea trans-canale Lord Brunel: veduta aerea dei sobborghi di Cherbourg, 14 ottobre 1905.
Una villa, un giardino, un terrazzo.
Cancellate le curve in ferro battuto del terrazzo, scoprendo una poltrona a rotelle e la sua occupante. La luce del sole al tramonto si riflette sui raggi nichelati delle ruote. L’occupante, proprietaria della villa, appoggia le mani artritiche sulla stoffa, lavorata da un telaio Jacquard. Queste mani consistono di tendini, tessuti, ossa. Attraverso un silenzioso processo di tempo e di informazioni, i fili all’interno delle cellule umane si sono intessuti in una donna.  Il suo nome è Sybil Gerard

William Gibson, Bruce Sterling, La macchina della realtà, 1991, tr. it. D.Zinoni, Mondadori, Milano, 1995, p. 9

In questo romanzo di Gibson e Sterling la storia  – nell’Ottocento – ha preso un corso alternativo. Le ricerche pionieristiche sulla macchina analitica di Charles Babbage e di Ada Byron (la figlia del poeta) hanno  condotto alla creazione dei primi computer, alimentati a vapore, grazie a cui i governi registrano informazioni su schede perforate. Lo stesso Byron non è morto in Grecia nel 1824, ma è diventato primo ministro di una Gran Bretagna dominata dal partito degli Industriali Radicali. La catena di conseguenze prodotte da questi eventi alternativi sulla scena dell’Europa porta lontano ed è raccontata a partire da singole immagini. La prima di queste immagini è catturata in un paese sulla Manica, il 14 ottobre del 1905. Mostra Sybil Gerard, figlia di un avversario del progresso industriale, impiccato anni prima, mostra i pensieri e i ricordi della donna, che danno inizio al racconto di questa storia possibile. “E la Memoria si volta, riflessa, veloce come la luce, lungo un’altra deviazione…”.


Dicono del libro
“Che cosa sarebbe successo nel mondo se più di un secolo fa un geniale scienziato vittoriano fosse riuscito a creare il primo computer? Quale sarebbe stato il destino dell’allora trionfante Impero Britannico? Sviluppando con straordinaria abilità narrativa questa affascinante ipotesi di partenza (che comunque i due autori ritengono teoricamente possibile) William Gibson e Bruce Sterling, gli inventori della letteratura cyberpunk, hanno daoto vita a uno dei più avvincenti romanzi sulle realtà alternative della fantascienza contemporanea”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… La sera del 14 ottobre la Città dell’Acciaio era investita di un vero e proprio esercito di cronisti..”
Jules Verne, I 500 milioni della Begum

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“… Il 14 ottobre, nelle ultime ore del pomeriggio, arrivò per lei una strana lettera…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Il 14 ottobre 1880 la nebbia avvolgeva la baia di Port Breton…”
Stanislao Nievo, Le isole del Paradiso

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“… il generale aveva appeso la camicia a brandelli in mezzo alla stanza, appiccicandoci un foglio con sopra scritta la data dell’evento: 14 ottobre 1959…”
Paul Auster, Moon Palace

13 Ottobre

13 ottobre 2014

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Maniero di Baskerville, 13 ottobre 

Mio caro Holmes,

le mie lettere e i telegrammi precedenti l’hanno tenuta abbastanza al corrente su quanto è sinora accaduto in questo angolo di terra abbandonato da Dio. Più si rimane qui e più lo spirito della brughiera, la sua vastità, diciamo pure il suo lugubre fascino, prende l’anima. Una volta chiusi nella sua stretta ci si lascia alle spalle ogni traccia della moderna Inghilterra, mentre si avverte sempre più intensamente la presenza delle dimore e delle opere delle genti preistoriche. Ci si trova circondati da ogni lato dalle abitazioni di questa gente dimenticata, dalle loro tombe e dai monoliti enormi che si suppone siano le vestigia dei loro templi. Quando si guardano le grigie capanne di pietra che si stagliano contro i tormentati versanti di queste colline, ci si dimentica del nostro tempo, e se ci dovessimo imbattere in un uomo villoso, ricoperto di pelli d’animale, e lo vedessimo strisciare fuori da una bassa porta, in atto di aggiustare alla corda del proprio arco una freccia dalla punta di selce, avremmo la sensazione che la sua presenza fosse più naturale della nostra

Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville, 1901-1902, tr. it. M. Gallone, Mondadori 1992, p.84

Il caso della morte di Sir Charles Baskerville e della leggenda che aleggia sul Maniero della famiglia  – situato nel Devonshire – è raccontato dal dottor Watson, sula base delle annotazione nel diario, dei resoconti e delle lettere spedite a Sherlock Holmes. Watson si trova infatti nella residenza dei Baskerville insieme con Henry, l’erede del defunto Charles, con il compito di riferire dettagliatamente tutto quel che accade a Holmes, il quale, a sua volta, finge di essere a Londra, ma in realtà è anch’egli sul campo. È ottobre e la brughiera è avvolta dalla nebbia; il clima rende più inquietanti i racconti sul mastino diabolico e vendicatore legato alla famiglia. Il primo resoconto di Watson è datato 13 ottobre e di lì a pochi giorni il caso verrà risolto. Holmes e Watson ne discuteranno i particolari in una “sera rigida e nebbiosa” di novembre, nel salotto di Baker Street.

Dicono del libro
Il mastino dei Baskerville è il romanzo più famoso fra quelli che vedono Sherlock Holmes e il dottor Watson come protagonisti. Un romanzo che, secondo le intenzioni dell’autore, non avrebbe mai dovuto vedere la luce. Perché nell’avventura precedente Sherlock Holmes era precipitato, insieme al suo acerrimo nemico Moriarty, in un crepaccio, inghiottito dalle tenebre. Un finale che non lasciava via di scampo, e che non riuscì gradito ai lettori, ormai stregati dalla ferrea logica e dall’infallibile fiuto del detective. E così, costretto dalle insistenze del pubblico e dell’editore, Conan Doyle fece ‘resuscitare’ il suo celebre personaggio, abbandonando il genere del romanzo storico cui avrebbe preferito dedicarsi”.
(Dalla scheda del libro nel sito ibs)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ottobre, 13. ‘Laggiù soffia’, fu gridato dalla testa d’albero. ‘Da che parte?’ domandò il capitano…”
Herman Melville, Moby Dick

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“… 13 ottobre 183… Caro signor Bealand, sarebbe così gentile da incontrarsi con me in chiesa domattina alle otto?…”
Thomas Hardy,La cena pronta

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“… Quel giorno, 13 di ottobre, essa non uscì e fino a sera mi tenne nelle sue braccia…”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Tra l’invio dell’ordine e l’arresto, che avviene il 13 ottobre, passa un mese. I Templari non sospettano di nulla…”
Umberto Eco, Il pendolo di Foucault

12 Ottobre

12 ottobre 2014

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“Ho cinquemila dollari in banconote del governo di grosso taglio” si disse. “Quindi non sono del tutto inerme. E quella cosa è scomparsa dal mio petto, assieme ai suoi tubi di suzione. All’ospedale devono essere riusciti a rimuoverli chirurgicamente.
Quindi, se non altro, sono vivo; di questo posso rallegrarmi.
C’è stato un salto temporale? Dov’è un giornale?”
Trovò una copia del “Los Angeles Times” su un divano lì vicino, lesse la data: 12 ottobre 1988. Nessun salto temporale. Era il giorno dopo il suo ultimo show

Philip K. Dick, Scorrete lacrime, disse il poliziotto, 1976, tr. it. V. Curtoni, Mondadori, 1998, p. 26

Due “corridoi spaziali” – uno corrispondente alla realtà, l’altro a una “possibilità latente fra le molte”, concretizzata  da una potente droga assunta dalla sorella del generale Buckman – sono accaduti contemporaneamente, confondendo le percezioni, la memoria, le relazioni delle persone coinvolte.  L’11 ottobre il protagonista, il cantante Jason Taverner, è un celebre conduttore televisivo, con uno show seguito da milioni di spettatori. Il giorno dopo, il 12 ottobre si ritrova solo, senza documenti, in un hotel periferico, mentre tutti intorno sembrano non aver mai sentito parlare di lui. Nel corso di quel 12 ottobre entrerà in contatto con il sistema di controllo poliziesco e burocratico della società, con le psicosi e le allucinazioni degli abitanti, mentre la storia (e la lettura) oscillano fra metafore del tempo e della coscienza, ricerca di conferme sull’ora e sulla data. 

 

Dicono del libro
“Edito nel 1977 in Italia, con il titolo Episodio Temporale, questo romanzo rimase una lettura segreta, un libro per iniziati. Certamente il grande pubblico non era a conoscenza della fucina formidabile che Philip K. Dick alimentava in quegli anni con il suo genio”.
(Dalla bandella dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 12 ottobre. Oggi un marziano è sceso con la sua aeronave a Villa Borghese, nel prato del galoppatoio…”
Ennio Flaiano, Un marziano a Roma

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“… il 12 ottobre, giorno di festa, anniversario della scoperta dell’America, alle 2 meno un quarto del mattino, nell’istante esatto in cui credevo di essermi addormentata, squillò il campanello…”
Almudena Grandes, Atlante di geografia umana

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“… Il suo ultimo pensiero prima di perdere conoscenza fu per Juliette e il suo compleanno. Il dodici ottobre era fra quarantasei giorni…”
Paul Auster, La musica del caso

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“… La mattina del 12 ottobre, alle dieci e mezza, Monica è seduta sulle scale esterne della sua vecchia scuola…”
Ada Villa, L’anniversario

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“… uno degli arbitri annotava su un pannello appeso alla parete, tra un ritratto del Caudillo e un calendario con la data – 12 ottobre 1945…”
Arturo Pérez-Reverte, La tavola fiamminga

11 Ottobre

11 ottobre 2014

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Per qualche secondo la luce crebbe d’intensità, ella vide le cose sempre più chiare e nette, l’orologio ticchettò più forte, finché una tremenda esplosione giunse proprio all’orecchio di Orlando. Ella balzò, come se avesse ricevuto un violento colpo al capo. Per dieci volte fu colpita. Erano le dieci del mattino. Era l’11 ottobre. Era l’anno 1928. Era l’epoca presente.Nessuno si meraviglierà che Orlando trasalisse, che si premesse la mano sul cuore, che impallidisse. Quale rivelazione avrebbe potuto essere più terrificante di quella della nostra epoca? Se noi sopravviviamo all’urto, è solo perché il passato ci fa argine da una parte e il futuro dall’altra

Virginia Woolf, Orlando, 1928, tr. it G. Scalero, Mondadori, Milano, 1993, pp. 290-291

L’orologio, con la sua misurazione del tempo convenzionale, sembra essere in questo romanzo l’antagonista di Orlando, la cui esperienza interiore e biografica esula dal tempo reale. L’11 ottobre del 1928 è il giorno in cui fu pubblicato per la prima volta in Inghilterra questo romanzo della Woolf, che si conclude  proprio al “dodicesimo colpo di mezzanotte, giovedì undici ottobre millenovecentoventotto”. La coincidenza rivela una particolare attenzione della scrittrice per il tema del tempo, cui dedicò innovative riflessioni in tutta la sua opera. In questo romanzo la Woolf sfida e scardina la nozione convenzionale del tempo ed anche la nozione di genere e le convenzioni letterarie di romanzo e biografia, in un dialogo diretto e sottilmente ironico con il lettore. La storia ha inizio verso la fine del XVI secolo e Orlando, che quando incontriamo nelle prime pagine è un giovane di sedici anni, alla fine del romanzo è una donna di trentasei anni, con alle spalle una serie di avventure che l’hanno portato/a nell’arco di quasi quattro secoli dalla corte della regina Elisabetta all’ambasciata a Costantinopoli, in un campo nomadi in Turchia e infine di nuovo a Londra, proprio nell’anno in cui le donne inglesi – la cui causa stava così a cuore alla scrittrice – per la prima volta possono votare. In un quadro così ricco e talvolta surreale non sfugge al lettore la valenza simbolica della aristocratica dimora di Orlando, una casa tanto grande da imprigionare il vento, che vi soffia in tutte le stagioni, e con ben 365 stanze da letto e 52 scaloni, tanti quanti i giorni e le settimane di un anno. (Commento di Sandra Muzzolini)

Dicono del libro
“Nella produzione letteraria di Virginia Woolf questo romanzo imprevedibile e smagliante è un episodio davvero singolare, una straordinaria vacanza che la scrittrice si è concessa e ha regalato ai suoi lettori. Al centro del racconto – scintillante concatenazione di eventi su uno sfondo storico che ha i colori di volta in volta teneri e cupi, vellutati e metallici di un prezioso arazzo rinascimentale – orlando, che trascorre lieve attraverso i secoli trasformandosi da giovanotto seducente in aggraziatissima dama, e riassume in sé, sul fondo di una immaginazione ariostesca, profili e destini di una nobile casata”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Santa Sofia de la Piedad gli chiese, come tutte le mattine, che giorno della settimana era e lui rispose che era martedì undici ottobre…”
Gabriel García MárquezCent’anni di solitudine

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“… Oggi, 11 ottobre, Mme Aubry-Abrivard tornerà molto tardi, ma tornerà sicuramente…”
André Breton, Nadja

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“… Martedì 11 ottobre 1988. Il Jason Taverner Show durò trenta secondi meno del solito…”
Philip K. Dick, Scorrete lacrime, disse il poliziotto

 

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“… L’undici ottobre del 1968 diventai cittadino americano. Erano passati cinque anni dal nostro arrivo a Berkeley…”
Mario Soldati, La sposa americana

10 Ottobre

10 ottobre 2014

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Il 10 ottobre seguente ci imbarcavamo sull’Impossibile. Eravamo in otto, se ve ne ricordate: Arthur Beaver, proprietario dello yacht; Pierre Sogol, capo della spedizione, Ivan Lapse, il linguista; i fratelli Hans e Karl; Judith Pancake, la pittrice d’alta montagna; mia moglie e io. Era inteso che non avremmo reso noto fra gli amici lo scopo esatto della spedizione, perché ci avrebbero presi per pazzi o, cosa più probabile, avrebbero creduto che raccontassimo delle storie per dissimulare il vero scopo della nostra impresa, sul quale si sarebbero fatte ogni sorta di supposizioni. Avevamo dichiarato che andavamo a esplorare alcune isole dell’Oceania, le montagne del Borneo e le Alpi australiane. Ciascuno di noi aveva predisposto le cose in vista di una lunga assenza dall’Europa

René Daumal, Il Monte Analogo, 1944 (1952, postumo), tr. it. C. Rugafiori, Adelphi 1991, p.67

La data centrale di questo racconto incompiuto di René Daumal (il cui titolo è Il Monte Analogo. Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche)  è quella del 10 ottobre. È il giorno in cui il gruppo di esploratori – fra cui il narratore – si imbarca su uno yacht a due alberi dal nome l’Impossibile. La spedizione è diretta verso il Monte Analogo, una montagna – sfuggita finora all’osservazione –  la cui cima è inarrivabile “con i mezzi finora conosciuti”, mentre la base è accessibile agli esseri umani. Misteriosamente situato in una zona rinchiusa “in un guscio di spazio curvo”, il Monte Analogo segna l’accesso all’invisibile e alla conoscenza di sé, raccontato attraverso un viaggio via mare, col suo libro di bordo, iniziato un 10 ottobre. 

 

Dicono del libro
“Sotto le parvenze di un romanzo d’avventura, Il Monte Analogo ci offre una «metafisica dell’alpinismo» che è anche un itinerario minuzioso, lentamente maturato nelle esperienze dell’autore, verso un centro, verso una vetta dove ciascuno possa diventare ciò che è. Il Monte Analogo è stato pubblicato per la prima volta, postumo, nel 1952″
(Dalla scheda del libro nel sito Adelphi)

Leggi Popinga, La scienza nel Monte Analogo

Altre storie che accadono oggi

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“… Ah, oggi è proprio il 10 ottobre, la festa della Repubblica. Qui però non è segnato!..”
Lu Hsün, Fuga sulla luna 

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“… Poi fu il dieci ottobre e il tempo pioveva….”
Elio Vittorini, Il garofano rosso

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“… Ti scriverò per spiegarti tutto. 10 del 10 del 10 (due giorni prima della scoperta dell’America)…”
Antonio Tabucchi, Il gatto dello Cheshire

9 Ottobre

9 ottobre 2014

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Quel mercoledì 9 ottobre alle undici del mattino, doveva approdare a Suez il piroscafo Mongolia, della Compagnia Peninsulare e Orientale. Era un vapore di ferro, a elica, con il ponte coperto. Il Mongolia stazzava duemilaottocento tonnellate e sviluppava una forza di cinquecento cavalli; compiva regolarmente il tragitto Brindisi-Bombay attraverso il canale di Suez. Era uno dei bastimenti più veloci della Compagnia, e aveva sempre superato le velocità regolamentari, fissate in dieci miglia all’ora nel tratto Brindisi-Suez,  in nove miglia e mezzo nel tratto Suez-Bombay. (…) Quel metodico itinerario teneva conto di tutto, e mister Fogg sapeva sempre se era in anticipo o in ritardo. Così, quel giorno, mercoledì 9 ottobre, riportò il suo arrivo a Suez: concordava in pieno con l’orario ufficiale, e dunque il bilancio restava in pareggio

Jules Verne, Il giro del mondo in ottanta giorni, 1873, tr. it. V. Beggio, ed. cons. De Agostini, 2010, pp. 34, 42-43

Il racconto del viaggio intorno al mondo dell’inglese Phileas Fogg e del suo servitore Passepartout – frutto di una scommessa sulla possibilità di compierlo in 80 giorni- è tutto incentrato sulle date. Calendari, orari, orologi, fogli e tabelle di viaggio scandiscono la storia giorno dopo giorno, quasi minuto per minuto. La partenza da Londra è avvenuta mercoledì 2 ottobre 1872 e la prima tappa del lungo itinerario – da Londra a Suez via Moncenisio e Brindisi – viene percorsa in una settimana. Quando il piroscafo Mongolia arriva a Suez è di nuovo mercoledì, il 9 ottobre. Phileas Fogg annota puntualmente  l’arrivo nella sua tabella di viaggio, dove tiene il conto delle distanze percorse e del tempo impiegato, con precisi calcoli delle perdite e dei guadagni.  Ancora non sa che, andando verso est, inconsapevolmente, guadagnerà un giorno decisivo per la sua scommessa. 


Dicono del libro

“Phileas Fogg, gentiluomo inglese assai flemmatico, scommette con i soci del suo club che riuscirà a compiere in ottanta giorni il giro del mondo. Parte seguito dal suo fedelissimo servo Giovanni detto Passepartout. Gli è però alle calcagna un poliziotto che si affanna a seguirlo nelle tappe dell’eccezionale itinerario perché Fogg è sospettato di un grosso furto perpetrato in una banca inglese. Questo è l’avvio del romanzo che Verne pubblicò nel 1873 e che costituisce da più di un secolo uno dei più duraturi successi in tutte le lingue. E’ una storia sospesa di continuo tra avventura e ironia”.
(Dalla scheda del libro sul sito libreriauniversitaria.it)

Altre storie che accadono oggi

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“… trovo che Lione fu presa il 9 ottobre 1793. Fu pertanto in quell’estate del 1793  a dieci anni che io venivo ad ascoltare quel cannone…”
Stendhal, Vita di Henry Brulard

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“… La notte del 9 ottobre – rammentava ancora molto bene quella data – aveva sentito battere pesanti colpi alla porta…”
Victor Van Hagen, Le quattro stagioni di Manuela

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“… Parigi, 9 ottobre 1951. Lettera di papà. Ce l’avevo sul tavolo da dieci giorni…”
Mordecai Richler, La versione di Barney (segnalazione di Sandra Muzzolini)

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“… La notte del 9 ottobre – rammentava ancora molto bene quella data – aveva sentito battere pesanti colpi alla porta…”
Victor Van Hagen, Le quattro stagioni di Manuela

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“… Parigi, 9 ottobre 1951. Lettera di papà. Ce l’avevo sul tavolo da dieci giorni…”
Mordecai Richler, La versione di Barney (segnalazione di Sandra Muzzolini)

Diteci di oggi, Tentativo

Gioco Diteci di oggi – Pagina99 we: settimana 11 – 18 ottobre 2014 (si partecipa fino a lunedì 13 ottobre 2014)

Il blog Diconodioggi collabora con il giornale Pagina99 con Diteci di oggi: una rubrica di giochi e interazioni che hanno a che fare con la scrittura e con il tempo raccontato, in particolare con le date. Ecco la nuova proposta:
esattamente quarant’anni fa, nell’ottobre del 1974, lo scrittore Georges Perec, seduto sulle panchine e nei caffè di Place Saint-Sulpice a Parigi, prese nota di “tutto quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole”.

gente al bar

Qui davanti, disegno di Valerio Eletti, 1991

Per tre giorni, 18, 19 e 20 ottobre, Perec trascrisse le sue osservazioni, pubblicate poi col titolo Tentative d’épuisement d’un lieu parisien (Tentativo di esaurimento di un luogo parigino, tr. it. A. Lecaldano, Voland).

In questo nostro 2014, è di nuovo ottobre, è di nuovo un fine settimana e dunque l’invito per il prossimo numero è a sostare su una panchina o in un caffè, descrivendo – in non più di 800 caratteri – quello che capita sotto gli occhi in un periodo di tempo circoscritto.
I testi vanno inviati come sempre all’indirizzo giochi@pagina99.it entro lunedì 13 ottobre, per consentire la scelta per il numero di sabato 18 ottobre 2014, quarant’anni dopo il tentativo di Perec.

p.s. Nel 2013, in cui il 18, 19 e 20 ottobre cadevano – come nel 1974 – di venerdì, sabato e domenica,  abbiamo giocato in tanti,  su Twitter, per i tre giorni corrispondenti, con #ComePerec.

8 Ottobre

8 ottobre 2014

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Quella mattina dell’8 ottobre, come tutte le mattine, la vecchia lappone Skolt Naska Mosnikoff si era alzata, si era fatta il caffè, aveva sbriciolato nella tazza un pezzo di delizioso formaggio lappone ed era poi andata dietro l’angolo della casa per i suoi bisogni mattutini. Durante la notte era nevicato e la casupola, appena più grande di una casetta per i giochi dei bambini del sud, si era graziosamente coperta di una coltre bianca. (…)
Naska si ricordò che quel giorno avrebbe dovuto compiere novant’anni, se era davvero l’8 ottobre. E così doveva essere

Arto Paasilinna, Il Bosco delle Volpi, 1983, tr. it. E. Boella, Iperborea, ed. cons. 2003, p.141

A metà della vicende raccontate nel Bosco delle Volpi – la fuga di un ladro di lingotti d’oro, che cerca riparo nella solitudine della Lapponia, dove incontra un maggiore dell’esercito anch’egli in fuga dalla sua esistenza precedente – fa la sua comparsa una vecchia lappone, una delle ultime rappresentanti dell’etnia Skolt. Il giorno del suo novantesimo compleanno, l’8 di ottobre, con la scusa di festeggiarla, gli assistenti sociali del suo villaggio cercano di portarla in una casa di riposo. Ma Naska Mosnikoff riesce a scappare, con il suo gatto, a resistere al viaggio nella neve e a trovare infine riparo nel rifugio dei due uomini. Testimone di guerre, rivoluzioni, spostamenti di confini nelle terre che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, Naska misura il tempo con le feste religiose ortodosse. Anche quell’8 di ottobre ringrazia san Dimitri per tutti i giorni che le sono stati concessi, non immaginando l’avventura e le novità che ancora la attendono quel giorno e i seguenti.

Dicono del libro
“Così, è nella capanna dei boscaioli del monte Kuopsu, vicino all’inquietante Bosco delle Volpi, in uno sperduto angolo della foresta lappone, che casualmente si ritrovano Oiva Juntunen con i suoi lingotti d’oro, Sulo Remes, maggiore alcolizzato in congedo sabbatico, e Naska Mosniikoff,gagliarda ultranovantenne evasa dal ricovero per vecchi. Non è un caso se è sempre la fuga il destino dei protagonisti di Paasilinna”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Iperborea, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 8 ottobre 1846. Cari e venerati genitori! Il sottoscritto si trova nella gradita situazione di annunziar loro il parto felice, avvenuto mezz’ora fa, della loro figlia…”
Thomas Mann, I Buddenbrook

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“… nel giorno 8 ottobre e consumato nella stessa data con la conseguente nascita d’un erede di sesso femminile…”
James Joyce, Ulisse

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“… L’8 ottobre raggiungemmo l’alto corso del fiume Kennebec…”
Gore Vidal, Burr

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“… Più progredivano col lavoro, più il lavoro li avrebbe resi liberi. L’otto di ottobre posarono la millesima pietra…”
Paul Auster, La musica del caso

 

7 Ottobre

7 ottobre 2014

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Leonida squarciò la lettera con risolutezza. Ma lo strappo non era ancora profondo due centimetri e già le sue mani si fermarono. Accadde ora il contrario di ciò che era accaduto quindici anni prima a Sankt Gilgen. Allora, volendo aprire la lettera, l’aveva strappata. Ora, volendola strappare, la aprì. Dal foglio ferito, l’intera personalità della scrittura femminile azzurro pallido, che si poteva espandere in diverse righe, lo guardava sarcastica. Sopra, in testa alla lettera, con tratti rapidi e precisi, era scritta la data: ” 7 ottobre 1936″. Ecco l’esattezza della donna matematica, fu il giudizio di Leonida, Amelie non ha mai datato una lettera in tutta la sua vita. Poi lesse: “Egregio signor capodivisione!”

Franz Werfel, Una scrittura femminile azzurro pallido, 1941, tr. it. R. Colorni, Adelphi, Milano, 1991, p. 30

A Vienna, durante un ottobre tanto tiepido da sembrare aprile, l’alto funzionario Leonida, che ha da poco compiuto cinquant’anni ed è stato nominato capodivisione ministeriale, trova – nella posta – una lettera scritta a mano da una grafia femminile. È sposato con Amelie e non pensa più a Vera, dottoressa in filosofia, l’amante che ha lasciato malamente molti anni prima e di cui aveva distrutto, senza leggerla, una lettera. Questa nuova lettera, arrivata “nel bel mezzo di una luminosa giornata di ottobre” , mette in moto una catena di ricordi, di ipotesi, di rimorsi che riguardano le conseguenze nel tempo di azioni lontane, che verranno chiarite in un’altra giornata di quell’ottobre speciale.

 

Dicono del libro
“Siamo a Vienna, nel 1936. Un alto funzionario ministeriale, sposato a una bella e ricca dama viennese, apre una mattina una lettera. Sulla busta riconosce una scrittura femminile azzurro pallido. Quella lettera si insinua immediatamente, come una lama, nella sua vita troppo levigata e la disarticola dall’interno. Apparentemente, in poche righe molto formali, la scrivente chiede l’aiuto del potente funzionario per trasferire in una scuola viennese un giovane tedesco di diciotto anni. Ma, per il destinatario, quelle righe cifrate significano il riaffiorare di un amore di molti anni prima, un amore cancellato con ogni cura. E il giovane ignoto non sarà forse un figlio ignorato? (…) Questa storia dalla forma perfetta, pubblicata da Werfel in esilio a Buenos Aires, nel 1941, si legge oggi come un amaro gesto di congedo da Vienna e da tutta la civiltà mitteleuropea, quasi una naturale prosecuzione dei racconti dell’ultimo Schnitzler”.
(Dalla bandella dell’ed. Adelphi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Ma il sette ottobre, giornata di sole dolce come vino, ebbe un crepuscolo che parve di cupo inverno…”
Anna Banti, Artemisia

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“… Solo quando aprì la porta e si chinò in avanti come al solito per scendere il gradino, seppe che era il 7 ottobre…”
Georges Simenon, Il ranch della Giumenta perduta

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“… Poi non c’è più nulla fino al 7 ottobre, dove scrive: “Luna all’ultimo quarto alle 05,04…”
Javier Marias, Tutte le anime

6 Ottobre

6 ottobre 2014

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Ma il barone Paolo dichiarò lealmente che, sebbene queste triglie fossero ottime, egli continuava a rimpiangere le triglie che aveva mangiato in casa della nuora il 6 ottobre 1902. “Io non capisco più come devo friggerle”, disse la signora Marietta, “ho provato in tutti i modi, ma non riesco mai ad accontentare papà”. “Non è esatto quello che dici”, ribatté il barone, “sono contentissimo di come tu fai friggere le triglie. Queste di oggi, per esempio, sono eccellenti, ma le triglie che ho mangiato a casa tua il 6 ottobre 1902…”, il barone socchiuse gli occhi facendo del presente la luce che si vede al di là di un tunnel, mentre nell’ombra della memoria riappariva una tavola imbandita sotto la pergola, e circondata da gente in gran parte defunta, “avevano qualcosa… io non so bene… un sapore così delicato e insieme così stuzzicante… si sentiva il mare e si sentiva pure la buona frittura…”

Vitaliano Brancati, Paolo il caldo, 1955 (post.), Mondadori 1976, p.60

A Catania, nel palazzo della famiglia Castorini si consuma il pranzo dell’una, fra discussioni politiche e portate di carne e di pesce. A tavola siede il vecchio barone Paolo – il nonno di quel Paolo che, con la sua ossessione erotica, dà il titolo al libro; è un uomo in grado di bere cinque bicchieri di vino di seguito, a differenza del figlio Michele, che si è già ritirato dalla tavola per tornare nel suo studio. Intorno a un piatto di triglie fritte le lingue si sciolgono “come la campane del sabato santo” e una data precisa del passato – un 6 di ottobre di molti anni prima – è richiamata al presente nella conversazione: si tratta di un ricordo suscitato nel barone dai sapori e dagli odori, con un meccanismo tipico della memoria, che è in grado di associare le sensazioni ad alcune date.

Dicono del libro
“Paolo il caldo è la storia di un giovane meridionale invasato di ‘gallismo’ che cerca prima in Sicilia e poi a Roma lo sfogo alla propria sensualità. Sullo sfondo delle sue avventure, ora tragiche ora grottesche, sta il decadimento fisico di una famiglia, mentre nel gioco della sensibilità amorosa, nelle delizie e nelle inquietudini della carne s’insinua l’esperienza della corruzione e della vecchiaia, il senso del peccato e della morte”.
(Dalla quarta di copertina dell’ed. Mondadori, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… 6 ottobre. Volendo evitare di vagabondare troppo a lungo, esco verso le 4 del pomeriggio…”
André Breton, Nadja

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“… Il 6 ottobre il presidente Sadat era stato assassinato…”
Murakami Haruki, 1Q84

5 Ottobre

5 ottobre 2014

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Interrompo questo diario, come lo interruppi allora, con stupore, il 5 ottobre, alle dodici di notte, accorgendomi che tutto ciò che Porfiria aveva scritto nel suo diario quasi un anno prima stava verificandosi. Roberto Cárdenas era venuto a mangiare quella sera per la prima volta. E lì avevo, davanti ai miei occhi, la data incredibile, 5 ottobre, scritta sulla pagina del diario, come una testimonianza magica, infernale. Il quaderno era stato in mio potere per tutto quel tempo

Silvina Ocampo, Il diario di Porfiria Bernal, 1961, tr. it. L. Bacchi Wilcock, in Porfiria, Einaudi, 1973, p. 275

Il 5 ottobre è la data in cui il racconto di Antonia Fielding – istitutrice inglese al servizio della famiglia Bernal a Buenos Aires – e il diario della sua piccola allieva Porfiria, si incontrano per un istante nel tempo “reale”, rivelando le doti premonitrici della bambina. Come se vedesse dentro le persone che passano per la sua casa, intuendone i segreti, la piccola Porfiria annota giorno dopo giorno gli accadimenti, le immaginazioni, le visioni, finché la sua voce copre quella del racconto di Antonia, che si è accorta con stupore del potere di quel diario.

Dicono del libro
“Il diario di Porfiria Bernal: una signorina inglese entra in una ricca famiglia d’un quartiere elegante di Buenos Aires come istitutrice d’una bambina. Tra la zitella romantica e repressa e la bambina ai cui occhi nulla sfugge e tutto viene registrato e trasfigurato, si forma come un campo magnetico di impulsi aggressivi e di stregonerie, e la minuta cronaca familiare s’accende di colori visionari”
(I. Calvino, dalla bandella dell’ed. Einaudi, op. cit.)

Altre storie che accadono oggi

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“… Il 5 ottobre. Erano circa le sei di sera: il cielo era ingombro di vapori, tra i quali un bel sole d’autunno filtrava i suoi raggi d’oro…”
Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo

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“… Ho una notizia, vecchio mio, Anna e io ci sposeremo, il 5 ottobre…”
Françoise Sagan, Bonjour tristesse,

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“… scrivo da una strada che ha nome Speranza, dove si riunirono per l’ultima volta i congiurati del 5 ottobre…”
José Saramago, Una lettera con inchiostro di lontano

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“… Minnie avrebbe potuto commettere un errore solo se avesse dato il suo appuntamento il 5 ottobre del 1582!
E perché?
La riforma gregoriana del calendario! Ma è naturale. Nel 1582 entra in vigore la riforma gregoriana che corregge il calendario giuliano, e per ristabilire l’equilibrio abolisce dieci giorni del mese di ottobre, dal 5 al 14!…”
Umberto Eco, Il pendolo di Foucault, Bompiani 1988 (segnalato da Sandra Muzzolini)

4 Ottobre

4 ottobre 2014

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Il sole tramontò quattro volte sul suo viaggio e alla fine del quarto giorno, che era il quattro di ottobre del millenovecentoquarantatre, il marinaio, nocchiero semplice della fu regia Marina ‘Ndrja Cambrìa arrivò al paese delle Femmine, sui mari dello scill’e cariddi

Stefano D’Arrigo, Horcynus Orca, Milano, Mondadori, 1975, p. 7.

Comincia così, in un’Italia divisa dall’armistizio dell’8 settembre 1943, il lungo racconto del viaggio di ritorno di ‘Ndrja Cambrìa a Cariddi, dopo aver attraversato a piedi le coste della Calabria, il «paese delle Femmine». A traghettarlo clandestinamente lungo le acque dello Stretto, in una notte senza luna popolata da visioni, sarà la figura ammaliante della «femminota» Ciccina Circè, espressione, già nel suo nome omerico, di una femminilità potente e trasgressiva come il suo linguaggio che ‘Ndrja fa fatica a comprendere («Io, parola mia, non vi riesco a penetrare tutta…»). Il mare dello «scill’e cariddi», quello attraversato e quello che fa da sfondo alle storie di uomini e donne che vivono lungo le sue rive, è il vero polo d’attrazione del romanzo: luogo fisico e mentale, è infatti lingua, letteratura, tempo e memoria. In questo mare-mondo, che contiene l’origine e la fine di tutto, che è genesi e apocalisse, il traghettamento del protagonista tra i contrari della vita ha un alto valore simbolico e figurale. All’arrivo in Sicilia, ‘Ndrja troverà una terra stravolta, devastata dalla guerra, quasi irriconoscibile ai suoi occhi, offesi dal dolore per tanto degrado e tanta miseria. Per di più, il suo nostos coinciderà con quello dell’Orca, il Leviatano simbolo di morte, con cui sembra condividere la parabola esistenziale: quattro giorni impiega ‘Ndrja per arrivare al paese delle femmine, che sarà l’inizio della sua fine, e per quattro giorni l’Orca si aggira nello «scill’e cariddi» prima di “riassommare” e di andare incontro alla morte.

Il tempo reale entro il quale prendono corpo le 1257 pagine del romanzo si dispiega biblicamente lungo l’arco temporale della creazione, sette giorni, nel corso dei quali le peripezie fisiche e mentali vissute da ‘Ndrja assumono il valore di un’esperienza conoscitiva, che avrà la sua acme nell’incontro con un vecchio «spiaggiatore», «linguto e occhiuto». A lui lo scrittore affida di esporre la sua teoria della conoscenza della vita, fondata su tre diversi gradi: l’ingannevole e infondato «sentitodire», il solido e concreto «vistocogliocchi» e l’immaginifico e fantastico «visto cogli occhi della mente»: «Voi, amico del sole, vi dovete immaginare di vedere…». Allora, se vedi con gli occhi della mente tutto diventa possibile, le distanze tra lingue e culture si annullano e quella lingua di mare dello «scill’e cariddi» è sì Calabria e Sicilia, ma è anche Grecia, Africa, mille e una notte. Tutto diventa possibile perché l’«andamento epico-magico» (M. Corti) della scrittura di D’Arrigo attiva un fervore espressivo che gioca sulla sovrapposizione dei registri stilistici e sulla contaminazione espressionistica di lingua e dialetto. È necessaria una nuova lingua per dire l’indicibile, per raccontare il tempo impastato della storia dell’uomo, anche a rischio che essa diventi un labirinto per il lettore, che deve cercare in vocabolari immaginari o nella memoria di lingue ignote il senso delle parole che il racconto fa fiorire per gemmazione. D’Arrigo è un narratore lirico. L’ultima conferma è nelle parole che chiudono il romanzo: «La lancia saliva verso lo scill’e cariddi, fra i sospiri rotti e il dolidoli degli sbarbatelli, come in un mare di lagrime fatto e disfatto a ogni colpo di remo, dentro, più dentro dove il mare è mare». Parole che riecheggiano simbolicamente i versi epici di una sua più antica poesia, dove il destino del personaggio si conclude oniricamente nello stesso mare in cui ‘Ndrja avrebbe trovato la morte:

«Qui, dove m’assomiglio, in patria,
sui prati, ora in cenere, d’Omero,
io da una guerra reduce, e da quante
un gran figlio mi ricorda mia madre,
perduto con lo scudo o sullo scudo,
desidero tornare spalla a spalla
coi miei amici marinai che vanno
sempre più dentro nei versi, nel mare».
(Sui prati, ora in cenere, d’Omero)

Commento di Gianfranco Crupi

Dicono del libro
“Horcynus Orca è un mitico e epico poema della metamorfosi. La concezione del mondo come metamorfosi affonda le sue radici nella religiosità mediterranea… Per questo D’Arrigo ha potuto creare un epos moderno, riprendendo, come Joyce nell’Ulisse, un tema mitico: perché in un’età in cui il mito dominante è quello di dissolvere i miti arcaici, solo la tragedia incommensurabile della loro perdita può essere il tema della tragedia. (Giuseppe Pontiggia)”
(Dalla scheda dell’ed. Rizzoli nel sito ibs)

 

Altre storie che accadono oggi

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“…Il 4 ottobre scorso, alla fine di uno di quei pomeriggi completamente inoperosi e piuttosto tetri di cui ho il segreto, mi trovavo in rue Lafayette…”
André Breton, Nadja

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“… E così alla fine comprò la palla da baseball, – disse Brian. – E ne ricostruii la storia fino al 4 di ottobre, il giorno dopo la partita…”
Don DeLillo, Underworld

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“… 4 ottobre Oggi è la sua festa. Avrei voluto essergli amico, a Francesco d’Assisi…”
Aurelio Picca, L’esame di maturità

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“… Il quattro di ottobre, per essere precisi. Nessuno azzeccava il numero vincente da molte settimane…”
Paul Auster, La musica del caso

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“… Il 4 ottobre 1957, l’Unione Sovietica lanciò dalla base spaziale di Baykonur, Repubblica del Kazakistan, il primo satellite artificiale della storia…”
Murakami Haruki, La ragazza dello Sputnik

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“… La mattina del 4 ottobre ero alla fermata Odéon ad aspettare il metrò. Mancava poco alle otto…”
Alexander Maksik, Non ti meriti nulla (segnalazione di Sandra Muzzolini)

3 Ottobre

3 ottobre 2014

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Edgar fissa la data odierna. 3 ottobre 1951. Registra la data. Se la imprime nella mente. Sa che la cosa non è del tutto inaspettata. È la seconda esplosione atomica dei russi. Ma è una notizia dura da incassare, lo mette in agitazione, lo costringe a pensare alle spie che hanno trasmesso i segreti, alla possibilità di testate nucleari inviate alle forze comuniste in Corea. Se li sente alle spalle, sempre più vicini, che guadagnano terreno, sorpassano. La cosa lo turba, lo cambia fisicamente mentre se ne sta lì impalato, la pelle tesa sulla faccia, lo sguardo fisso.
Rafferty è più in basso sulla rampa rispetto a Hoover.
Sì, Edgar si imprime in testa la data. Pensa a Pearl Harbor, meno di dieci anni prima, anche quel giorno era a New York, e la notizia era stata un bagliore nell’aria, lo scatto di un flash su ogni cosa, oggetti comuni caldi e carichi di elettricità.
Il rumore della folla esplode sopra di loro

Don DeLillo, Underworld, 1997, tr. it. D. Vezzoli, ed. cons. Einaudi, 1999, p. 19

Il 3 ottobre 1951 è la data d’avvio delle vicende – a volte intrecciate e conseguenti, a volte parallele e contigue – del romanzo Underworld. L’Edgar citato nel brano è il capo dell’FBI, il celebre Edgar Hoover: si trova allo stadio, a vedere la partita di baseball fra i Giants e i Dodgers, quando viene a sapere che l’Unione Sovietica ha compiuto un esperimento nucleare. Intanto, un memorabile evento sportivo sta per avere luogo mentre Edgar è preso dalle sue preoccupazioni di stato. La squadra dei Giants vince la partita e la palla della vittoria – con i suoi passaggi di proprietà – sarà d’ora in avanti uno dei fili conduttori della storia. Così come la data – 3 ottobre – le cui cifre sono legate al 13, numero fatale, soprattutto negli Stati Uniti: “I Giants hanno incominciato la corsa al campionato con tredici partite e mezzo meno dei Dodgers. Il mese e il giorno della partita di ieri. Tre del dieci. Somma le cifre e ottieni tredici”.

Dicono del libro
“Il 3 ottobre 1951, al Polo Grounds di New York, si gioca una leggendaria partita di baseball tra i Giants e i Dodgers. Della palla con cui viene battuto l’altrettanto leggendario fuoricampo che assicura la vittoria e il campionato ai Giants si impadronisce un ragazzino nero di Harlem. La palla viene via via rubata, venduta, regalata: la ritroveremo anni dopo in possesso di Nick Shay, un waste manager, un dirigente dell’industria del riciclaggio di origine italiana che nel ’51 era a sua volta un ragazzino, un passo piú in là, nel Bronx.
Nel romanzo di DeLillo i passaggi di mano della mitica palla sono il filo narrativo per la costruzione di un gigantesco quadro dell’America dall’inizio della guerra fredda fino al crollo dell’Unione Sovietica”.
(Dalla scheda del libro nel sito Einaudi)

Altre storie che accadono oggi

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“… gli scabini della città daranno una festa il 3 di ottobre. La cosa si combina a perfezione…”
Alexandre Dumas, I Tre Moschettieri

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“… il giorno delle nozze, fissato per il 3 ottobre, si avvicinava…”
Theodor Fontane, Effi Briest

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“… Il 3 ottobre 1961 ha il presentimento di incontrare, in piazza del Campo a Siena, la sua donna…”
Giuseppe Pontiggia, Vite di uomini non illustri

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“… È il 3 ottobre 1869, Morris lascia in eredità al mondo il suo telaio con metà dell’arazzo di foglie di acanto e metà dei fili in attesa…”
Marisa Volpi, L’intrepido William Morris (Fuoco inglese)

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“… La canzone seguente era Early Autumn, cantata da Woody Herman. La sveglia sul tavolo segnava le 7 e 25. Le 7 e 25 del mattino del 3 ottobre…”
Murakami Haruki, La fine del mondo e il paese delle meraviglie

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