Exploring the Mystery of Time: a Pari (GR) settembre 2018

Dal 6 al 12 settembre 2018 a Pari (Grosseto), si svolge un convegno dal titolo multidisciplinare:
Exploring the mystery of time from different perspectives: art, science, philosophy, psychology, literature, film, mystical experience.
La presentazione pone in apertura una citazione dell’Ulisse di Joyce “I hear the ruin of all space, shattered glass and toppled masonry, and time one livid final flame” e prosegue con la domanda, centrale e diagonale: “What is time?”.

Qui il link e questi gli interventi in programma:
Julian Barbour, The Janus Point: A New Theory of Time’s Arrows and the Big Bang
Mauro Bergonzi, Time and Consciousness
Warwick Fox, Language, Time, and the Value of Lives
Christopher Hauke, Film and Time: How Movies Make the Impossible Real, or, How Reality Makes the Unreal Possible
Alison MacLeod, Making Time: Writers, Time and Literary Creation
Hester Reeve, Time in Contemporary Art
Shantena Augusto Sabbadini, Being and Becoming in Modern Physics
David Schrum, Time, the Psyche, and Timeless Mind
Gordon Shippey and James Peat Barbieri, Time Travel: The Physics, Philosophy & Fiction behind Doctor Who

 

La Terra è l’orologio della Terra: Chronogeoscope

“The Earth is its own Clock”, “La Terra è l’orologio della Terra”: è questa l’idea sottesa a una app che visualizza – con un’interfaccia chiara e attraente –  la presenza implicita, in ogni quadrante di orologio,  della rotazione del nostro pianeta sul suo asse. L’app si chiama Chronogeoscope, si scarica facilmente sui dispositivi mobili ed è spiegata nei dettagli e nelle implicazioni sul sito dedicato
Ideata e realizzata da Robero Casati, filosofo cognitivista (“Penso che non siano molti i filosofi che producono app, così sono orgoglioso di annunciare l’uscita di Chronogeoscope” ha scritto in un tweet dei primi di luglio 2018) e dal ricercatore Glen Lomax,  Chronogeoscope è un modellino godibile della rotazione della Terra, che consente di visualizzare “in tempo reale” il suo movimento rispetto alla propria posizione geografica. Consente anche di riflettere su diverse convenzioni che riguardano la rappresentazione di tempo e spazio, nord e sud, centro e periferia, orario e antiorario. 

Un cerchio esterno suddiviso in 24 ore avvolge una mappa rotante della Terra, impostata in modo che compia un giro completo in 24 ore. La mappa è centrata sul Polo Sud, poiché in questo modo la rotazione può essere rappresentata in senso orario (quello che, per convenzione, seguono da secoli gli orologi). Da quel centro partono tutti i meridiani, mentre i paralleli sono rappresentati da cerchi concentrici e il Polo Nord è collocato sulla circonferenza più esterna.
L’area in ombra rappresenta la notte, mentre il sole si trova in direzione del mezzogiorno.
La propria posizione è geolocalizzata da un punto rosso sulla lancetta delle ore, mentre una seconda lancetta, più sottile,  indica il tempo convenzionale effettivo, suscettibile dell’ora legale e dell’altrettanto convenzionale suddivisione in fusi orari.
Se si è pazienti, come raccomandano gli autori, e si guarda a distanza di ore la propria posizione, ci si accorge che la mappa  gira lentamente, il doppio del tempo impiegato dalle lancette di un orologio che indica le 12 ore. 

Shadows, il sito di Roberto Casati.

(a.s.)

Su temi affini, vedi nel blog il post sull’opera di Olafur Eliasson Daylight Map.

 

 

Memoria per le date e tempo ciclico

Luglio 2018: diversi articoli riportano la ricerca di Valerio Santangelo e Patrizia Campolongo  su un gruppo di persone – donne e uomini di varia età – dotate di una formidabile memoria autobiografica. Come Funes nel racconto di Borges, i dettagli delle giornate trascorse, anche molto lontane nel tempo, tornano in superficie in modo vivido e inarrestabile.
“Non ho bisogno di un’agenda e non ho mai avuto il diario a scuola. È un dono che non riesci a spiegare agli altri. Per me il tempo è circolare: le cose successe 10 anni fa, le vivo come se fossero accadute oggi” – racconta una delle persone coinvolte in questa ricerca (fonte un articolo de La Stampa, 12 luglio 2018).
“Con il tempo ho imparato a scindere i ricordi del passato da quelli di oggi. La mia mente gli dà la stessa importanza. è come se vivessi un eterno presente. Se mi sveglio la mattina e vedo che è l’11 luglio mi vengono in mente tutti i compleanni di chi è nato quel giorno e quello che ho fatto l’11 luglio di ogni anno della mia vita”.
Le date funzionano come una griglia su cui appoggiare le esperienze, per poi  richiamarle, e non solo quelle macroscopiche, ma anche quelle minuscole, in apparenza ininfluenti e cancellabili.
Chi segue Diconodioggi sa che il repertorio di racconti organizzati per giorno in cui la storia si svolge nella finzione risponde a suo modo alla forza mnemonica della data: la data incontra – nel momento della lettura – il tempo presente, scatenando in chi legge una catena di ricordi anche autobiografici. 


Il calendario come sistema di memoria, la stringa giorno-mese come accesso al passato, che avviene seguendo percorsi profondi e misteriosi, anche sinestetici, come si legge ancora nell’articolo citato: “E la cosa particolare è che associo anche i colori, una sorta di sinestesia mentale:l’11 lo vedo nero, il luglio viola, il 2 rosso e lo 0 grigio”.
E come aveva raccontato nei suoi studi Oliver Sacks: vedi questo post sui colori delle date

2020: la ricerca è andata avanti e ha permesso di “identificare le aree del cervello specificamente deputate a dare una dimensione temporale ai ricordi, organizzando quelle informazioni che nelle persone comuni restano memorie indistinte e sfocate”. I risultati degli studi di Valerio Santangelo, Tiziana Pedale, Simone Macrì, Patrizia Campolongo sono pubblicati sulla rivista Cortex: Enhanced cortical specialization to distinguish older and newer memories in highly superior autobiographical memory (https://doi.org/10.1016/j.cortex.2020.04.029).
Come si legge nella pagina Sapienza che riporta gli aggiornamenti della ricerca “c
omprendere i sistemi neurobiologici alla base dell’iper-funzionamento della memoria – concludono i ricercatori – fornisce importanti indicazioni su quali aree è necessario intervenire per stimolare il ripristino di un funzionamento adeguato della memoria in persone con deficit o lesioni neurologiche”.
(a.s.)

 

24 Hours in Contemporary Art

24 Hours in Contemporary Art: Reflections on an Exhibition About Time è il titolo dell’articolo di Antonella Sbrilli uscito sulla rivista “Kronoscope. Journal for the Study of Time” (2017) che racconta la mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea svoltasi al Macro di Roma nel 2016. Il testo riprende la relazione tenuta nel corso della XVI Triennal Conference dell’International Society for the Study of Time, dal titolo Time’s Urgency (University of Edinburgh, 26 June – 2 July 2016).

Qui l’abstract:
Time and its representation have been historically fascinating, as Books of Hours, allegories, and artistic calendars testify. This attention to time has become increasingly more urgent recently, as studies confirm. The exhibition Dall’oggi al domani (From Today till Tomorrow), held in Rome in 2016, focused on the discrete single day, with its date and its 24- hour rhythm. The article addresses the main aspects of that exhibition, its historical background, the conceptual attraction for calendars’ grids, the interest of artists in the everyday, the processing of daily digital traces, time-lapse, and 24/7 formats. Artworks were displayed according to their affinity towards time rhythms, time words, dates, calendars, and diaries. Although the itinerary of the show was not chronological, some historical clusters emerged: for example, the importance of the pivotal year 1966 in time consideration.

Kronoscope, Volume 17, Issue 2, 2017 Brill, Leiden-Boston

The Time is Right For…

The Time is Right For… / è il momento giusto per… è una frase che può essere completata in diversi modi, con sostantivi, con verbi, con locuzioni che rimandano a desideri da soddisfare, a doveri da compiere, ad azioni e imprese. È una frase che ricorre nelle pubblicità e nel linguaggio politico,  una frase che risuona in canzoni e jingle, in conversazioni e riunioni.
Nel 1984, l’artista finlandese Marikki Hakola la scelse per intitolare un suo video-collage, realizzato montando spezzoni di news e pubblicità televisive. Ora The Time is Right For… è il titolo di una mostra aperta fino al 24 settembre 2017  a Edimburgo, Summerhall.

The Time is right For / è il momento giusto per rivedere le opere di quattro artiste: Marikki Hakola, Ketty La Rocca, Elaine Shemilt e Giny Vos. Quattro artiste che sin dagli anni ’70 hanno lavorato su temi cruciali e attuali, il “dialogo, l’apertura, lo scambio fra culture, la pace”, sperimentando tecnologie e linguaggi in modo autonomo e singolare.

La mostra, curata da Laura Leuzzi e Adam Lockhart, nasce da una collaborazione fra Summerhall ed EWVA (European Women’s Video Art in the 1970s and 1980s). 

@asbrilli

Sara Morawetz: Marte a Roma (il I giugno 2017)

Sara Morawetz si presenta come un’artista interdisciplinare che esplora le profonde connessioni fra ricerca scientifica e artistica. Di lei e dei suoi esperimenti sul tempo ha scritto su questo blog Roberta Aureli nell’articolo Un giorno su Marte. Il testo faceva riferimento in particolare a un’opera dell’artista di origine australiana, un’opera dal titolo How the Stars Stand, consistente in una performance dominata da un vincolo: dalle 9 del mattino del 15 luglio 2015 fino alle  18 del 21 agosto, l’artista ha organizzato le sue giornate e le sue notti sull’ora di Marte, sperimentando slittamenti e derive del tempo.
“I have been in another time – another place – somewhere in between Earth and Mars // awake and asleep… transitioning through thoughts – ideas – feelings in a real time that is entirely of my own creation…”, scrive l’artista a proposito di questo soggiorno straniante in un diverso trascorrere del ritmo sonno/veglia, luce/buio. 

Il I giugno 2017, in dialogo con Antonella Sbrilli e Roberta Aureli, Sara Morawetz racconta quella esperienza – ed altre azioni su e intorno al tempo – in un incontro pubblico presso il Dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo della Sapienza (piazzale Aldo Moro, 5 – Facoltà di Lettere e Filosofia, aula 2 – ore 11).

(Immagine: two times//two watches Credit: Sara Morawetz/Instagram)

 

Oggi 29 novembre. Una cover di Rauschenberg per “Time”

Oggi, 29 novembre. Una cover di Robert Rauschenberg per “Time”
di Angelica Gatto

Per il numero del 29 Novembre del 1976 della rivista “Time” (vol. 108, n. 22),  l’artista statunitense Robert Rauschenberg è chiamato a realizzare la copertina. Rauschenberg, la cui inconfondibile firma compare in basso, sceglie e assembla una serie di immagini che mostrano – intorno a lui stesso sorridente – vedute dell’isola di Captiva, in Florida, dove si era trasferito a partire dal 1970, insieme ad alcune sue celebri opere, tra le quali, Bed del 1955, Charlene del 1954, Pilgrim del 1960; la scritta The Joy of Art, rossa

Timesu fascia gialla, attraversa in modo eloquente l’angolo destro della cover. In quell’occasione il critico e collaboratore della rivista, Robert Hughes, da sempre molto legato all’artista e suo grande estimatore, scrive un lungo articolo dal significativo titolo The Most Living Artist.  Non è un caso che Rauschenberg sia stato il primo artista, ancora in vita, a comparire sulla copertina di uno dei settimanali di attualità, politica e cultura, più popolari d’America. L’artista ha in più occasioni disegnato copertine di riviste e dischi (Speaking in tongues, disco dei Talking Heads,1983) billboards per gli autobus e poster per le proprie mostre (Gallerie di Leo Castelli e Ileana Sonnabend, Rauschenberg: Hoarfrost series, Dicembre 7-28, 1974), per eventi teatrali e musicali, per pubblicità di film e manifestazioni a carattere sociale e politico (il poster Earth Day, April 22 Poster, 1970),  sempre in cerca di nuove soluzioni espressive. Lo stesso Hughes sottolinea in varie occasioni il carattere di molteplicità che fa di Rauschenberg un artista difficilmente inquadrabile entro rigide categorie precostituite, un artista che nel corso della sua lunga carriera (è morto nel maggio del 2008 all’età di 83 anni, continuando a lavorare affiancato dai suoi assistenti) ha saputo rinnovarsi costantemente, sperimentando i media più diversi e  rifuggendo il rischio di ripetersi. “L’artista della democrazia americana”, come lo definirà ancora Hughes vent’anni dopo la celebre copertina, l’enfant terrible dal carattere innovativo, non ha timore di contraddire sé stesso, per rinnovarsi costantemente: forse è per questo che il suo nome e quello del poeta americano Walt Whitman vengono accostati, nel segno dell’inesauribile curiosità, della continua scoperta, della capacità di trovare l’epica del quotidiano, la durata del presente, e la gioia  dell’arte, The Joy of Art. (a.g.)