“Era ora” un film con le date dipinte

Il fim Era ora (2022), “commedia esistenziale” diretta da Alessandro Aronadio, interpretata da Edoardo Leo e Barbara Ronchi, distribuita da Netflix, è un piccolo regalo per chi è attratto dal grande tema del tempo e delle invenzioni narrative che ne raccontano i paradossi e i vincoli. La storia – ispirata a Long Story Short di Josh Lawson – è imperniata sul giorno del compleanno del protagonista Dante, un manager talmente concentrato sulla vita lavorativa che passa dal 26 ottobre del suo quarantesimo compleanno a quelli successivi senza rendersi conto di ciò che accade ai suoi cari: la moglie delicata illustratrice, la figlia Galadriel, il padre che perde la memoria, gli amici, le colleghe.
Solo nelle 24 ore del compleanno, il tempo della sua vita coincide con quello condiviso dagli altri, e Dante fa i conti con i cambiamenti di cui non si è accorto nel ritmo condensato delle sue giornate iperattive.
Una parte importante della storia è affidata alla figura della moglie Alice, che firma i suoi disegni con un datario, un vecchio timbro a data da ufficio, in cui le cifre giorno-mese-anno vanno sistemate manualmente.

A chi conosce il panorama degli artisti contemporanei interessati al tempo, non può non venire in mente la tecnica di Federico Pietrella, che ha sviluppato negli anni uno stile peculiare, in cui le forme rappresentate nelle sue tele – paesaggi, interni, ritratti –  sono ottenute proprio attraverso datari. E difatti, nel film, dal dettaglio della data si passa a vedere una grande composizione in cui il volto emerge dalla sapiente trama, più e meno fitta, più e meno regolare, delle date.


Ma anche i disegni di Alice hanno una fonte artistica reale, le opere dell’illustratrice e scrittrice Beatrice Alemagna,  pluripremiata, fra l’altro, per il libro, dal titolo assai pertinente, Un grande giorno di niente. Aver inserito gli stili di questi due artisti italiani nella narrazione dà al film un valore aggiunto, un’intensità visiva che accende la curiosità e permane nella memoria.

(a.s.)

Su diconodioggi: Le date dell’artista Federico Pietrella, di Franco Chirico
e Notizie da una mostra sul tempo

Giorno dopo giorno. Alice Guareschi

Il tubo arriva per posta e dentro, arrotolato, c’è un foglio di carta avoriata, un poster 50 x 70. Una volta disteso, mostra il suo messaggio: una frase di tre parole, composta al centro in modo che emerga – prima ancora della frase –  la consistenza dei gruppi di lettere in cui l’artista Alice Guareschi ha suddiviso e ricomposto le tre parole, che sono “Giorno dopo giorno”. Un sintagma di uso consueto prelevato dal linguaggio; una unità di misura lessicale che suggerisce il ritmo e la misura del tempo circadiano che scandisce le nostre vite;  un modo di dire e raccontare la ripetizione.
E anche una frase di sedici lettere: questo numero fa subito pensare ai quadrati magici di Alighiero Boetti in cui le lettere sono disposte in griglie di 4 righe e 4 colonne, le parole  (dare tempo al tempo / dall’oggi al domani) sono scritte in verticale e gli incroci regolari consentono scorrimenti ortogonali e diagonali dello schema. 
Nella sua opera, Alice Guareschi (nata a Parma nel 1976)  scompone la sua frase in quattro blocchetti che tagliano le parole in gruppi irregolari e li dispone uno sull’altro  (giorn / nod / opo / gior / no), producendo una lettura serpentina e lievemente instabile, che dona all’insieme una illusoria plasticità dinamica.
Realizzata nel 2022, quest’opera fa parte del progetto Utopia dell’Enciclopedia Treccani, che chiede ad artisti e artiste di interpretare visualmente un lemma a scelta fra gli oltre 150.000 del Vocabolario Treccani, “per completare l’impresa utopistica di creare un vocabolario di immagini”, e mettere a disposizione una collezione di poster d’artista acquistabili.
Nella pagina web dedicata al progetto, si possono visionare le parole che hanno trovato già la loro rielaborazione d’autore, fra di esse Ascolto del collettivo Claire Fontaine, Farfalla di Emilio Isgrò, Emigrazione di Giuseppe Stampone, Persona di Francesco Arena, la stessa Utopia, di Elisabetta Benassi e altre, che aggiungono dimensioni visive e concettuali alla nostra lingua.

Il lemma scelto da Alice Guareschi è Giorno e nel verso del poster è riportata per intero la voce del dizionario Treccani, ciò che rende il foglio una medaglia a due facce, da mantenere visibili entrambe.

Come si legge nelle note informative del progetto Utopia, “Alice Guareschi sceglie il lemma giorno, riprendendo la frase palindroma giorno dopo giorno, già protagonista di una sua opera di arte pubblica installata in modo permanente dal 2019 nella periferia sud di Milano”.
Invitata a partecipare al progetto Open (Bando Periferie 2018 del Comune di Milano), Guareschi ha infatti proposto – per quell’incarico – la 
scritta giorno dopo giorno, realizzata al neon in tre esemplari di colore blu, verde e rosa, installati in tre punti nei quartieri Chiesa Rossa e Stadera.
“Giorno dopo giorno è una scritta palindroma, che si può leggere sia in un verso che nell’altro; è una scritta aperta, che continua oltre sé stessa e può essere ripetuta all’infinito, come infinito è il tempo cosmico al di là delle scansioni numeriche del nostro calendario; è una scritta che non ha un soggetto definito, perché riguarda tutti, anche se ognuno a suo modo, a seconda della storia personale o più banalmente dell’umore del momento; è una scritta semplice, eppure complessa, perché allude alla vita quotidiana nelle sue molteplici, e a volte imprevedibili, sfaccettature”.
Mentre la scritta al neon corre in orizzontale, alludendo agli statement concettuali e alle suggestioni pop, quella disposta sul foglio rientra nella ricca tradizione della poesia visiva che manipola e ricombina gli elementi del linguaggio.
Come è stato scritto con acume “le lettere, ora nere su sfondo bianco, si fanno sobrie e minimal, mentre l’intervento di solo testo – quasi un ex libris – riduce all’essenziale la componente gestuale, cancellando ogni immagine e sottraendo elementi al fine di moltiplicare, ancora una volta, i possibili significati”.
Scorrendo l’archivio dell’artista, emergono poliedrici percorsi nel tema del tempo, delle sue misure e dei suoi intervalli, riflessi in opere come Every day, every morning, every day (2007),  I giorni e le ore (2010), 2005 (basato su un calendario), Ogni orologio è un labirinto (2014). 
(a.s.)

Il gioco dei giorni narrati ad Esquilibri 2023: leggere al passo col tempo

Esquilibri è la rassegna romana dedicata al libro usato e d’antiquariato che si tiene nella zona di piazza Vittorio, nel multietnico e letterario quartiere Esquilino. Una rassegna diffusa sotto i portici, nelle librerie e articolata in mostre ed eventi. Fra questi, diconodioggi è lieta di segnalare una conversazione sul Gioco dei giorni narrati, la raccolta di crononimi letterari che è all’origine di questo blog e dell’account Twitter. Pubblicata dall’editore Giunti nel 1994, diventata via via digitale e social, la raccolta è stata ristampata nel 2021, in una felice alternanza di immateriale e cartaceo.
Domenica 19 febbraio 2023 alle ore 15:00,  al Gatsby Cafè di piazza Vittorio, ne parlano l’autrice Antonella Sbrilli e Nicoletta Cardano.
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“Il gioco dei giorni narrati”: Leggere al passo col tempo.
Un incontro con Antonella Sbrilli, a partire dal suo libro “Il gioco dei giorni narrati”, Giunti Editore • Demetra 2021: un libro-calendario, un’antologia portatile, un aiuto per la memoria, un dono da fare o da farsi per attraversare il tempo in sincronia con la letteratura.
Una conversazione in “gioco” tra l’autrice e il pubblico, tra il calendario del tempo reale e il tempo della finzione narrativa, introdotta da Nicoletta Cardano.
Qui il link all’evento facebook

 

24 Gennaio

24 gennaio 2023

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24 gennaio 1947. Una giornata di Cornell

“Mi sono sbarbato, vestito, ho salutato Robert sulla veranda (la mamma era a far spesa). Un saluto a Robert dal treno. Fin qui niente di particolare, ma il resto della giornata ha accumulato quel genere di ricchezza per cui il godimento dei dettagli si trasforma in un’esperienza grandiosa – sono arrivato fino alla Penn Station. Un attimo prima di infilarmi nel tunnel ho alzato lo sguardo verso i carri merci – la parola Jane scarabocchiata su un vagone a larghe lettere, rosse con una punta di rosa, poi tocchi di colori primari che si fondevano in una scena di uomini al lavoro sui binari accanto a un’alta gru montata su un vagone – tutto come in un flash, ma evocando sensazioni forti

Charles Simic, Il cacciatore di immagini, 1992, tr. it. A. Cattaneo, Adelphi, Milano 2005, p. 29

Joseph Cornell (Nyack, NY 1903 – New York 1972) è un artista statunitense noto soprattutto per la sua produzione di scatole di legno chiuse da un vetro, in cui sono assemblati oggetti d’affezione (pipe d’argilla, piume, conchiglie, quadranti, spirali) che compongono delle partiture plastiche affascinanti e dense di significati. Dai primi esemplari di scatola della metà degli anni Trenta (Untitled. Soap Bubble Set, 1936) realizzati in sintonia con le invenzioni di Max Ernst e con le suggestioni surrealiste conosciute a New York nella galleria di Julien Levy, fino agli ultimi esperimenti con la tecnica del collage, le opere di Cornell si basano tutte sulla costruzione di collegamenti e risonanze tra frammenti trovati. Dalla sua casa in Utopia Parkway, dove viveva con la madre e il fratello Robert, Cornell partiva per il centro della città, dove camminava e osservava, in cerca di quei “quattro o cinque oggetti ancora sconosciuti che vanno insieme” e che, “una volta insieme, faranno un’opera d’arte”. Nel libro Il cacciatore di immagini (in inglese Dime-store Alchemy), il poeta Charles Simic immagina una giornata di gennaio dell’artista, con le sue consuetudini e gli incontri casuali che si trasformano in sorprese e ispirazioni. Una giornata unica, come tante. 

Dicono del libro

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Un anno arriva, un anno va: Time’s News n. 53

Come tutti gli anni, l’International Society for the Study of Time (ISST) pubblica un report sulle iniziative che questa associazione, dedicata allo studio del tempo in tutte le sue forme, ha svolto durante l’anno appena trascorso. Time’s News 2022 – curato da Emily DiCarlo – presenta una selezione di ricerche, pubblicazioni, simposi, interventi e opere d’arte che hanno avuto come focus il tempo. 
“Time is what there is. Whatever there is, is also time” / “Il tempo è ciò che c’è. Qualunque cosa ci sia è anche tempo”: una citazione del maestro Zen Dōgen (13° secolo) apre l’introduzione del presidente dell’ISST Raji Steineck, che la connette al pensiero di JT Fraser, il fondatore dell’ISST nel 1969. Per Fraser, il tempo non è una forza esterna, ma qualcosa di “intrinseco al modo in cui le cose (dalle particelle elementari alle società umane) ottengono la loro identità e mantengono la loro integrità”.
Dalla cultura giapponese alla scienza, dal pensiero alla scrittura, una delle caratteristiche dell’ISST è  proprio quella di mettere in dialogo persone esperte e interessate che provengono dai più disparati campi, la fisica, gli studi orientali, la filosofia, l’orologeria, la musica e via elencando: ogni tre anni gli iscritti e le iscritte si ritrovano in un convegno (il prossimo sarà a Yamaguchi, Giappone, sul tema Time and Measure) e scambiano idee sui canali editoriali e web dell’ISST (il sito: studyoftime.it).
Fra i contributi sul tempo pubblicati nel 2022, Time’s News segnala fra gli altri  i volumi Time and Identity in Ulysses and Odyssey di Stephanie Nelson (University of Florida Press), Narrative Worlds and the Texture of Time: A Social Semiotic Perspective di Rosemary Huisman (Routledge), Stravinsky, God, and Time di Helen Sills (Brill), il saggio di Jo Alyson Parker su Ted Chiang’s Time Travel Narratives in “Science Fiction Studies”, il simposio annuale dell’Association of Watch and Clock Collectors, svoltosi a New York nell’ottobre del 2022, la ricerca cross-culturale in corso dal titolo TIMED: TIMe experience in Europe’s Digital age.
Come ogni anno, una sezione di Time’s News è dedicata a una antologia di opere d’arte che hanno affrontato il tempo: Visualizing Time. A Recent Survey of Time-Focused Art (a cura di A. Sbrilli e L. Leuzzi) presenta opere di artisti e artiste di diversa origine e formazione, realizzate con media disparati che vanno dall’analisi dei dati (Ani Liu) all’uso delle reti neurali (Anna Ridler), dal collage di immagini quotidiane (Beeple) alla realtà virtuale (Niya B), dal gioco percettivo (Lahav Halevy) alla installazione potente di Katie Paterson (Requiem); nella raccolta c’è anche l’artista bolzanina Claudia Corrent con la sua serie di immagini dal titolo Neanche il futuro purtroppo è più quello di una volta.

Come raccolta la stessa artista, si tratta di immagini di famiglia trovate in un archivio; tramite un movimento dello scanner con cui vengono acquisite prendono “nuove forme nelle quali si crea un’immagine completamente nuova. I ritratti e il paesaggio intorno risultano trasformati, i volti diventano fluidi, in divenire”; con i loro allungamenti, le sovrapposizioni, le moltiplicazioni, tentano, insomma, “di rappresentare il fluire del tempo”.

 

L’anno dei petali appuntiti: l’orologio floreale di Ridler

L’immagine statica che si vede riprodotta non restituisce se non in minima parte la natura dell’opera dell’artista Anna Ridler dal titolo Anno oxypetalum: il titolo è traducibile comel’anno dei petali appuntiti”, con riferimento al nome di un cactus a fioritura notturna, i cui petali hanno una tipica forma a punta, acuta (in greco ὀξύς ).
Si tratta di un’opera d’arte generativa che si muove – come sempre nella ricerca dell’artista britannica – intrecciando i temi del tempo, dei fenomeni naturali (in particolare botanici) e le occasioni che digitale e Intelligenza artificiale offrono nell’esplorazione e nella generazione di nuove forme miste di arte, calcolo, durata, interazione.
Per vedere l’opera nei suoi effetti mobili e vibratili, ci si può collegare tramite questo link al sito di Sotheby’s, che ha messo all’asta l’NFT (Non Fungible Token) collegato ad essa (2022).
Nel video, il ritmo della fioritura annuale di questo cactus che fiorisce di notte  è compresso in tre minuti. Come si legge nella scheda tecnica dell’opera, ogni mezzo secondo rappresenta un giorno, i fiori si aprono e si chiudono, mentre la luce cambia con le stagioni. Il video è sincronizzato con il solstizio d’inverno del 2021 a Londra, ma la caratteristica sorprendente è che quando viene acquistato (come NFT)  il video si sintonizza con la stagione del passaggio di proprietà.

Non solo: come spiega l’artista “la tempistica codificata algoritmicamente è precisa fino all’anno 3000. L’opera diventa una forma di cronometraggio ad alta precisione, anche se fa riferimento a una forma più medievale di calcolo del tempo, legata al tramonto e all’alba”. L’intento  è dunque anche quello di riflettere su come le capacità di calcolo, montaggio, sincronizzazione offerte dalla tecnologia attuale entrino in risonanza con una materia prima antica, ciclica, organica. Reti neurali e blockchain sono la forma attuale di un tentativo antichissimo di categorizzare tempo e natura. 
Anno oxypetalum si inserisce nella ricerca di Ridler sugli orologi crono-biologici delle piante, avviata con il progetto dal titolo Circadian Bloom, ispirato all’orologio floreale che Carlo Linneo propose nel 1751 nella sua Philosophia Botanica. Osservando come ogni fiore si apra e chiuda in momenti precisi e ricorrenti, il naturalista svedese ipotizzò  di poter utilizzare i momenti delle fioriture per segnare le ore e i minuti di quello che sarebbe stato un “horologium florae”. Sulla scorta di questa idea, Anna Ridler nel 2021 ha utilizzato la tecnologia più avanzata per realizzare una sorta di sistema di misurazione del tempo scandito dalle fioriture, un sistema che fa incontrare e reagire meccanismi naturali e artificiali, aspettative umane e algoritmi, istanti e stagioni. 

(a.s.)

31 Ottobre

31 ottobre 2022

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Con quell’idea buttai giù una breve domanda nella quale chiedevo, ad un’intelligenza immaginaria, in quale canto dell’Ariosto si trovasse la predizione del giorno della mia liberazione. Poi composi una piramide rovesciata con i numeri risultanti dalle parole della mia interrogazione, e sottraendo il numero nove da ciascuna coppia di cifre, trovai alla fine, per risultato, ancora il numero nove. Ritenni perciò che nel nono canto c’era quello che cercavo. Seguii lo stesso metodo per sapere in quale stanza, di quel canto, si trovava la predizione, e trovai il numero sette. Curioso infine di sapere in qual verso della stanza si trovasse l’oracolo, ottenni l’uno. Col cuore palpitante presi subito in mano l’Ariosto e trovai che il primo verso della settima strofa del nono canto era:

Tra il fin d’ottobre e il capo di novembre.

La precisione di quel verso, e il fatto di vederlo così appropriato al mio caso, mi sembrarono tanto mirabili che, senza dire di avervi prestato fede, il lettore mi vorrà perdonare se gli dichiarerò che mi disposi a fare tutto quello che dipendeva da me per favorire il verificarsi dell’oracolo. Lo strano è che “tra il fin d’ottobre e il capo di novembre” non v’è che mezzanotte, e fu precisamente al suono della campana di mezzanotte del 31 ottobre che io uscii dai Piombi, come il lettore vedrà

Giacomo Casanova, Fuga dai Piombi, 1787, ed. cons. a c. di G. Spagnoletti, Fuga dai Piombi – Il Duello, Rizzoli, 1989, pp. 132-133

Rinchiuso nella prigione dei Piombi a Venezia, Giacomo Casanova ha già tentato la fuga in agosto, ma un imprevisto cambio di cella ha mandato all’aria il suo piano. In ottobre, sta organizzando di nuovo la fuga fra Ognissanti e i Morti, quando gli Inquisitori di Stato prendono qualche giorno di vacanza. Cercando di decidere quale sia il giorno migliore per mettere in atto il progetto, Casanova confida in una rivelazione e si affida a un metodo usato nella sua epoca: la consultazione di un libro come se fosse un oracolo. Poiché ha a disposizione l’Orlando Furioso, Casanova – con un sistema che traduce le parole in numeri – interroga il poema dell’Ariosto e ottiene come responso un verso da cui deduce che la data migliore per fuggire corrisponde alla notte del 31 ottobre. 

 

Dicono del libro

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Il clima dei giorni

Lo scrittore islandese Andri Snær Magnason, nei suoi libri e nelle sue conferenze, ripete che non ci sono parole abbastanza grandi per esprimere la portata dei cambiamenti in corso, ghiacciai che si sciolgono, innalzamento degli oceani, riscaldamento globale ecc. Sono previsioni  di modifiche immense che potrebbero aver luogo nell’arco della vita della prossima generazione. Il tempo stringe sul clima che cambia.
È arrivato il momento anche per diconodioggi di osservare la percezione dei cambiamenti del clima attraverso la lente delle narrazioni che la raccontano, tenendo sempre come riferimento la misura del giorno.
Non è facile: ma vorremmo rintracciare descrizioni di giorni specifici (o archi temporali) nella letteratura recente e confrontarle con analoghe descrizioni degli stessi giorni o passaggi di tempo nella letteratura precedente.
Il database di diconodioggi contiene un vasto repertorio di giorni del calendario con le loro caratteristiche climatiche, di cui un esempio è in una frase del Pasticciaccio di Carlo Eilio Gadda: “Ventuno marzo: una giornata piuttosto riggida, pe èsse l’entrata del la primavera”. Come è tratteggiato, nella finzione attuale, il clima di giorni mutanti?

Per chi vuole partecipare alla raccolta, l’hashtag su Twitter è #ilclimadeigiorni e l’account @diconodioggi

Qualche lettura sulla letteratura e il clima
Andri Snær Magnason, Il tempo e l’acqua, 2019 (trad. it. di Silvia Cosimini, Iperborea edizioni)
Il rumore bianco del clima che cambia, Il Post, 20 ottobre 2020 (da cui è tratta la foto in apertura)
Chiara Mengozzi, La letteratura italiana all’epoca della crisi climatica, “Narrativa”, nuova serie, 41, 2019, pp. 23-39
A cura di Niccolò Scaffai, Racconti del pianeta terra, Einaudi, 2022
Luca Ortino, La percezione del clima. Nella società e nella letteratura, Odoya, 2021
Nicola Turi, Ecosistemi letterari. Luoghi e paesaggi nella finzione novecentesca, Firenze University Press, 2016

(a.s.)

 

The Age/L’Età

The Age/L’Età è il titolo di una mostra dell’artista inglese Emma Talbot (Stourbridge, UK, 1969), vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women, nato dalla collaborazione fra Whitechapel Gallery, Max Mara e la Collezione Maramotti di Reggio Emilia.
Proprio alla Collezione Maramotti l’artista  presenta  un’opera complessa, realizzata con varie tecniche e materiali (dal disegno su seta all’animazione), frutto di ricerche sui temi intrecciati dell’invecchiamento, della crisi climatica, con uno sguardo al concetto di “permacultura” e alla sopravvivenza del  sostrato mitico e artigianale delle culture antiche nel presente.
Il  titolo  – come si legge nel comunicato stampa – “assume come punto di partenza il dipinto Le tre età della donna (1905) di Gustav Klimt”, studiato da Emma Talbot durante la sua residenza in Italia e di cui l’artista reinterpreta la figura della vecchia. 
Uno dei nuclei dell’esposizione è un’animazione in dodici capitoli, durante i quali la protagonista affronta una serie di prove simili alle dodici fatiche di Ercole. “Invece di superare le prove attraverso la distruzione, il furto, l’inganno e l’omicidio (come fece Ercole), la protagonista adotta soluzioni pratiche, produttive e incentrate sulla cura ispirate ai dodici principi della permacultura, un metodo che permette di convivere in modo etico e sostenibile con la terra”. 
Un’altra tappa della mostra è costituita da due grandi pannelli di seta dipinti con paesaggi in rovina e terreni vulcanici, frutto della riflessione svolta dall’artista in Sicilia, in un soggiorno che l’ha portata a contatto sia con le rovine classiche sia con la Casa di Paglia Felcerossa, azienda agricola sull’Etna in cui si sperimenta la costruzione di un ambiente sostenibile.
Ai tanti fili di questa ricerca creativa si aggiunge la competenza sul riciclo di materiali tessili e l’utilizzo di tessuti particolari per l’elemento culmine della mostra The Age/L’Età: una figura tridimensionale di donna anziana a grandezza naturale, per le cui rughe “sono stati utilizzati materiali ideati dall’artista in collaborazione con Imax, la divisione maglieria di Max Mara”.

A questo link le informazioni nel sito della Collezione Maramotti.

 

 

IDEA: visualizzare la storia

IDEA è l’acronimo di Interdisciplinary Discourses, Education and Analysis, una pubblicazione annuale del London Centre for Interdisciplinary Research. Animato da studiose e studiosi accademici e indipendenti, il Centro promuove confronti nelle aree interconnesse che interessano “memory studies, historiography, migration studies, gender studies, anthropology, narratives, creativity, media and film studies, and medical humanities”.
Dopo un primo numero sul mito (Myth: Intersections and Interdisciplinary Perspectives, 2021), il fascicolo uscito nell’estate del 2022 si focalizza sul tema multisfaccettato della Visual History, con una sezione speciale dedicata a Life, Narration and Storytelling.
Introdotti dall’editoriale del direttore Gabriele Biotti, e da un affondo di Florian Brody su come i media digitali stanno cambiando la nostra percezione e interazione con la storia e con la memoria (The Digital Penumbra of Memory), i contributi toccano episodi della storia recente riverberati, smontati, riassemblati nei linguaggi del cinema, dei media, dell’arte concettuale e performativa, del discorso storico e narrativo, con un focus finale sul racconto biografico e autobiografico. Ecco l’indice:

Maria Duarte Furtado Marques and Elena Stanciu – Horrors of History and Colonial Imaginaries. The Construction and Representation of Black Embodiment in Them (2021)

Louise Francezon – (Re)building Women’s War Memory in Biographical Cinema: the Case of Female Spies’ Films in Post-war Britain

Elisa Oliver and Jonathan Whitehall – ‘The Past Dreams the Future Present’: Dream as Political Visual Historiography in the work of Artist and Film Maker Derek Jarman

Steve Ostovich – Visualizing Historical Trauma in Claude Lanzmann’s ‘Shoah’ (1985)

Stefania Guglielmo, Tiziana Lentini and Barbara Priolo – Contemporary Migrations Between Cinematographic Representation and Historical Reconstruction: the Cases of ‘Human Flow’ (2017) and ‘Fuocoammare’ (2016)

Edoardo Rugo – Representation and Dismissal of the Past in Pasolini’s Cinema

Aurélia Gafsi – Representing the Last Military Dictatorship in Argentina: The Example of the Graphic Novel ‘ESMA’ (Juan Carrá, Iñaki Echeverría)

Ewa Grajber – Representations of the Past in Visual Form as a Tool in Educational Process. An Example of History of Spain Till XIX Century

Antonella Sbrilli – A Wall of Dates: How a Work of Art Can Make the 20th Century Readable, Audible and Traversable

Tiziana Lentini – Life Narration and Storytelling

Chiara Corazza – ‘The Eternal Paradox of History’: An Analysis of W.E.B. Du Bois’s Autobiographical and Fictional Writings

Wolfgang Büchel – The Biographical Darkness. On the Fragmentation of Life Narratives

Il numero 2 del 2022 di IDEA – Interdisciplinary Discourses, Education and Analysis si può scaricare gratuitamente a questo indirizzo.

L’immagine in apertura: Daniela Comani, dettaglio dell’installazione My Diary – Your News, OSA Archivum and Goethe Institut Budapest, 2016

(a.s.)

Trasformare le date in immagini con l’IA

Le multiformi ricerche in corso sull’Intelligenza Artificiale e il machine learning stanno aprendo nuove strade anche alla creazione di immagini generate a partire da grandi database di riproduzioni. Le così dette reti generative avversarie (GAN) hanno prodotto esempi plausibili di ritratti in stile sette-ottocentesco, che assomigliano, senza replicarle, alle immagini di addestramento (uno di questi ritratti fu venduto da Christie’s  nel 2018), scatenando discussioni sull’autorialità, sul valore, sulla natura estetica di questi nuovi prodotti tecnologici e creativi. 
Di recente, diversi progetti in corso  – fra cui Dall-E e Midjourney – mettono a disposizione di utenti invitati dei software che trasformano input di testi in immagini, creando aggregati visivi che mescolano fotorealismo, fantasy, stili artistici canonici, effetti cromatici ecc.
Come spiega Pietro Minto nell’articolo Un’intelligenza artificiale può creare arte? (Il Post, maggio 2022), si tratta di immagini prodotte

“da un’intelligenza artificiale. O, più precisamente, da un modello di linguaggio chiamato Generative Pre-trained Transformer (GPT), in grado di generare immagini (ma anche testi) sulla base di input testuali. Questo genere di modelli, normalmente, deve essere «allenato» dai suoi ricercatori, che scelgono, curano e inseriscono nel sistema documenti e testi in modo che l’intelligenza artificiale li possa analizzare, imparando i meccanismi della scrittura o dell’arte umana. La caratteristica principale di GPT è la sua relativa indipendenza: una volta ricevute le enormi moli di documenti su cui basarsi, il modello di linguaggio evolve, come se imparasse da solo senza bisogno di “spiegazioni”.

Gli utenti invitati che stanno usando Dall-E o Midjourney, e condividendo i risultati sui social network, rivelano una gamma di potenzialità degli strumenti e della loro risonanza con le chiavi di ricerca testuali utilizzate. C’è chi chiede all’algoritmo di produrre figure o scene alla maniera di artisti famosi, chi scrive incipit di romanzi, chi storyboard di fumetti (è il caso dell’artista Francesco D’Isa) e qualcuno anche delle date, vere o fantastiche.

Immettendo il testo “30 febbraio 2068” in Dall-E si ottiene la sequenza cosmica sopra riprodotta, mentre l’immagine in apertura e in chiusura, accesa di rossi, è la risposta di Midjourney all’inserimento della stessa data impossibile: scene narrative da un mondo con altri calendari. (as)


Per Anna Martinatti il tempo è

Fra i tanti completamenti della frase “Il tempo è” (tiranno, denaro, galantuomo, relativo ecc.), Anna Martinatti ne ha scelti alcuni collegati al tema del valore e li ha presi a oggetto di un’azione artistica trasformativa. 
Le frasi fatte sul tempo che ripetiamo nei discorsi quotidiani, spesso senza più pensare agli strati di significato che contengono, sono state scritte in grande su una parete: in corsivo l’incipit col soggetto e il verbo (“il tempo è”) e in maiuscolo il predicato nominale. Questa seconda parte Anna Martinatti l’ha poi modificata secondo le regole dell’anagramma, ottenendo nuovi completamenti, che cambiano profondamente il significato iniziale e quindi – come lei spiega  – possono stravolgere “potenzialmente anche la nostra interazione con il tempo”, nella fattispecie nel suo legame con i temi del valore di scambio. Per esempio “Il tempo è denaro – il tempo è donare”: qui basta lo spostamento di due vocali per ribaltare il detto che collega tradizionalmente la dimensione temporale a quella economica, aprendo alla gratuità e al regalo. 
Studentessa allo IUAV di Venezia, Martinatti ha allestito la sua azione nell’ambito della Summer School of Contemporary Art Counterproduction, organizzata annualmente a Palermo da Stefania Galegati, Davide Ricco e Daria Filardo. Si tratta di una scuola autoprodotta e innovativa che – sulla scia del così detto pedagogical turn –  intreccia pratiche artistiche, curatoriali, e formative. In questo contesto, Anna Martinatti ha scelto dunque di concentrarsi sulle parole e le metafore con cui  affrontiamo il tempo nel quotidiano, ottenendo ribaltamenti ironici, come questo: “Il tempo è risorsa limitata – il tempo è risata, moralisti!” e aperture esoteriche, come nel bellissimo:
“Il tempo è merce pregiata – il tempo è rete magica per…”, che lascia a chi legge la possibilità di completare a sua volta il pensiero.

Ph. courtesy Anna Martinatti, Giacomo Isidori
(a.s.)

C’è tempo e tempo: Nevio Mengacci ad Arezzo

In tedesco il termine Tempo indica velocità, ritmo.
Qualunque sia il motivo per cui il termine fu scelto per nominare la marca di fazzolettini che ancora oggi immette sul mercato le morbide confezioni di carta a più veli, la parola si porta dietro consistenti strati di senso: il tempo che cambia, il tempo che passa.
Per l’artista Nevio Mengacci i fazzolettini Tempo – bruciacchiati, distesi, allestiti su pavimenti o pareti – sono la materia prima di installazioni che appaiono come grandi partiture, dove gli spettatori percepiscono diversi ritmi: un ritmo visivo e tattile, dove il bianco è liscio e il bruno dorato delle bruciature è screziato; un ritmo statico e mobile, dove il modulo rettangolare del fazzolettino ripiegato è la pausa e il lembo rialzato il movimento leggero.
Con questi elementi di base, l’artista mette in scena il suo alfabeto astratto, che si appoggia a un artefatto intimo e commerciale, povero e pop (il fazzolettino), a un gesto espressivo e informale (la bruciatura) e alla traccia grafica dei suoi esiti, a un formato storico (la griglia), a una scelta cromatica assoluta (il bianco), affidandosi alla luce della stanza per cui l’installazione è progettata, alle sue correnti d’aria, al tempo che vi scorre. 
Una di queste installazioni, dal titolo La mia nascita bianca, è visibile, fino a giugno 2022, nello spazio espositivo dell’associazione culturale Le Nuove Stanze, nella mostra Astrazione prima del tempo, che raccoglie disegni recenti dell’artista urbinate, oltre ad alcuni video realizzati a Creta, che restituiscono – come si legge nel comunicato stampa della mostra – “la naturalezza di un tempo ripetuto, eterno nella sua ripresentazione, che cela dietro la familiarità del rumore delle onde che si infrangono sulla riva, la complessità del flusso a cui apparteniamo”. 

La mostra Nevio Mengacci. Astrazione prima del tempo è aperta dal 25 marzo al 5 giugno 2022 presso Le Nuove Stanze (Arezzo, via Mazzini 12), a cura della storica dell’arte Moira Chiavarini. Catalogo della casa editrice Magonza.

Immagine: Nevio Mengacci, La mia nascita bianca, 2022, veduta dell’installazione
Ph. courtesy Alessandro Sarteanesi

(a.s.)

Un anno di tempo: Time’s News n. 52

Un anno di studi, ricerche, mostre ed esperimenti sul tempo: sono raccolti e presentati nel numero 52 di “Time’s News”, una pubblicazione collegata strettamente all’ISST (l’International Society for the Study of Time) e curata dall’artista-ricercatrice Emily DiCarlo.
Il volume si apre in copertina un’installazione monumentale di Tim Etchells (ne abbiamo parlato anche qui) in cui l’artista britannico propone uno dei suoi esperimenti del pensiero, scrivendo con il neon la frase “This precise moment in time as seen from the future”. Prosegue con gli storici collage fotografici di Laura Grisi che ripetono immagini cronometriche (Tempo reale; Ipotesi sul tempo, 1975) ed entra nel vivo delle tematiche affrontate durante il 2021.
A Glossary of Emergence racconta l’anno in cui la pandemia ha continuato a modificare l’assetto delle relazioni pubbliche e private attraverso un dizionario di parole ed espressioni chiave (fra cui affordance, paradigme, change, autopoesis, self-organizing) mutuate da studi interdisciplinari sui temi della complessità e del concetto sfaccettato di “emergenza”.
Visualizing time. A recent survey of time-focused art offre una galleria di opere d’arte e mostre che – sempre nel corso del 2021 – hanno trattato del tempo: oltre all’installazione di Etchells al Circo Massimo di Roma per il Capodanno e all’esposizione dedicata a Laura Grisi al Muzeum Susch, scorrono le immagini dell’Autobiografía para un presente continuo dello spagnolo Pablo Rubio nel Vestibulo dell’Hospital General di  Córdoba; Time Delation di Daniel Arsham; l’Antarctic Air del britannico Wayne Binitie; Timeframe di H.H. Lim; il diario della quarantena attraverso i quotidiani di Tatiana Trouvé e quello cromatico di Susan Rose Dalton.
Dopo due testi poetici di Eric Kincanon, c’è un’altra galleria visuale, Stones on Stools, curata da Paul Harris che raccoglie la sua collezione di pietre sagomate dal tempo, allestite su sgabelli d’epoca, a loro volta parte di una collezione.
Fra i volumi recenti, le ristampe, e le nuove edizioni affrontate nell’ultima parte di Time’s News, emerge una riflessione sull’esperienza temporale in carcere con il libro The Cage of Days; letture su tempo, narrazione, memoria (fra cui Performing Memories. Media, Creation, Anthropology and Remembrance a cura di Gabriele Biotti); raccolte di lectures, come Time to Think of Time a cura di Peter Hancock;  il racconto della performance we imitate sleep to dream of dissent (FADO Performance Art Centre di Toronto) e, in chiusura, il resoconto del worskshop Contemporaneità barocca, tenutosi a Roma, Palazzo Barberini e Galleria Borghese il 20 settembre del 2021.
(a.s.)

“Time’s News” 52, 2021; © 2022 by Time’s News, Inc. Printed in Canada through Blurb Publishing

 

Calendaria 2022

A gennaio troviamo ricordate la prima donna medico del mondo antico, la greca Agnodice, poi la dottoressa olandese Jacobs, pioniera della contraccezione, un’altra olandese, d’Eaubonne, considerata la fondatrice dell’ecofemminismo, l’attivista politica lussemburghese Thomas-Clement, e la storica e sociologa croata Sklevicky.
A febbraio la scrittrice e traduttrice bulgara Gabe, l’insegnante irlandese Herlihy, attiva nella nascita delle cooperative di credito, la politica spagnola Montseny, prima donna ministra della Sanità e della Previdenza sociale nel 1936, la fisiologa nutrizionista svedese Kronberg, a cui si deve l’invenzione del latte in polvere, e l’esperta di alimentazione Ochorowicz-Monatowa, nata in Polonia nella metà dell’Ottocento.
E così via, ogni mese del 2022 ricorda un nucleo di donne che “hanno dato una nuova idea del sapere femminile: concreto, realistico, ma profondamente intriso di umanità”, per un totale di 62 ritratti: biografie essenziali  in tre lingue, accompagnate da disegni realizzati da illustratrici di diversa provenienza. 
Stiamo parlando di Calendaria 2022, un calendario sui generis – è il caso di dirlo – curato da Toponomastica femminile, l’associazione che lavora da un decennio sui temi della parità, a partire da un dato statistico ben visibile: le strade, le piazze, i giardini, insomma gli spazi pubblici, intitolati a donne, sono nettamente di meno di quelli dedicati a uomini. Da qui l’impegno del gruppo di ricerca perché la presenza di nomi femminili nelle targhe stradali aumenti, compensando il gap attuale e arricchendo i percorsi quotidiani delle persone di presenze importanti, che hanno contribuito a migliorare le società in cui hanno vissuto e operato, rimanendo spesso in secondo piano.
Sul sito di Toponomastica femminile si trovano informazioni sulle attività dell’associazione, le iniziative educative, le collaborazioni con istituzioni e media, la documentazione su ricerche e progetti in corso, tutti collegati a questo obiettivo.
La creazione di un calendario rientra nelle imprese che contribuiscono a creare una nuova sensibilità: dopo Calendaria 2021, realizzato nel pieno della pandemia, l’edizione del 2022 prosegue nella diffusione di conoscenze su donne europee che si sono distinte – come si legge nella presentazione – “nei diversi campi correlati ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030”.
La Nobel polacca Wisława Szymborska – in Voltando pagina – ricorda che il destino del calendario è effimero e il suo carattere umile, ma la sua diffusione è capillare e quotidiana e la varietà di testi che contiene lo imparenta a una piccola grande narrazione collettiva. Trovare dentro la sua griglia di caselle con i giorni dell’anno le storie e i volti di scrittrici, sindacaliste, cuoche, scienziate ecc. consente di collocare queste donne nel tempo, in attesa di incontrarle nello spazio cittadino.

Il progetto editoriale è di  Donatella Caione, Maria Pia Ercolini, Livia Fabiani che firma anche  il progetto grafico.
(a.s.)

 

Ti con zero per l’anno nuovo

Un post breve per ricordare che a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, la grande mostra “Tre stazioni per Arte-Scienza” ci accompagna nel passaggio dal 2021 al 2022. Aperta fino alla fine di febbraio, la mostra offre tre diversi percorsi nel rapporto fra l’arte e la scienza. Uno segue il filo della storia, rintracciando nella città di Roma le vestigia, i personaggi, i luoghi della ricerca scientifica nel passato e nel presente, con un affaccio sul futuro prossimo. Un altro percorso si avventura nel tema dell’Incertezza, come categoria pervasiva, che investe anche le scienze “esatte”. Il terzo percorso è quello che prende il nome dal testo di Italo Calvino del 1967, Ti con zero, in cui lo scrittore si prefiggeva di “vedere il tempo con la concretezza con cui si vede lo spazio”.
In questa sezione della mostra trovano posto opere sorprendenti, che richiedono una partecipazione attenta per coglierne le dimensioni e gli obiettivi: “algoritmi che usano l’errore come sistema generativo di forme, apparati biologici sintetici, microbi eucarioti intuitivi e intelligenze artificiali, processi di trasformazione dei territori, desertificazioni, esplorazioni spaziali e panorami marziani”. Opere che parlano di ambiti in cui la ricerca è in fieri, dalla genetica al clima, alle reti, con lo sguardo e la perizia dell’arte che trasforma materie e dati in un’esperienza percettiva e cognitiva insieme. 
Nel saggio che apre il catalogo, le curatrici di questa sezione – Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano, Laura Perrone – partono da Ti con zero,  “concetto astratto e fertile luogo di proiezioni immaginative” e anche “condizione di sospensione spazio-temporale” impostasi durante la pandemia, per illustrare  con chiarezza le tappe della mostra, in cui si intrecciano – in un gioco dei tempi – artisti del passato (fra cui Dürer, Steiner, Boetti, De Dominicis,opalka, Smithson) e artisti e artiste contemporanee, di diverse generazioni, da Penone, Tacita Dean, Carsten Nicolai, Pierre Huyghe, ai più giovani Adelita Husni-Bey, Tega Brain, daniel Steegman Mangrané…

Il sito della mostra Tre stazioni per Arte-Scienza
Palazzo delle Esposizioni, Roma
fino al 27 febbraio 2022

Nelle tappe del tempo, con Franco Rella (il 27 ottobre 2021)

In copertina c’è la riproduzione di una scatola di Joseph Cornell, della serie Aviary (voliera), in cui la sagoma di un pappagallo ci guarda da una incastellatura di quadranti d’orologio (marca Elgin), fra molle, spirali e un carillon rotto. È l’ingresso visivo, quanto mai pertinente, al libro del filosofo Franco Rella, L’arte e il tempo (Jaca Book 2020), da poco ristampato in seconda edizione, e che è presentato mercoledì 27 ottobre 2021 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. 
Come un segnatempo, anche il libro di Rella rende omaggio alla scansione delle ore e dei mesi e raccoglie – nella prima parte – dodici saggi che attraversano il pensiero, la scrittura, la visione del Novecento, con affacci sul XIX secolo di Baudelaire, su Van Gogh (Volti e paesaggi), incursioni in Dürer (Specchi e clessidre), in Leonardo (Freud e Leonardo). 
Già pubblicati in diverse sedi e occasioni, questi dodici testi sono considerati dall’autore “capitoli di un libro sostanzialmente unitario, che disegna un lungo arco temporale fatto anche di rinvii, riprese, scoperte e riscoperte. Li vedo come una storia che si è dipanata in diverse tappe. Alcune cose sono ripetute, forse è meglio dire ribadite. Non ho cercato di cancellare questi segni che indicano anche nel tempo la costanza di temi, di concetti, di immagini che costituiscono di fatto il mio sguardo”. Qualunque sia infatti il focus o l’occasione del testo – presentazione, conferenza, saggio – la prosa dell’autore si dipana come un diario intellettuale, ritmato da paragrafi contigui, in cui chi legge ritrova – per motivi sempre leggermente diversi e sempre profondamente  affini – gli interlocutori e le interlocutrici del suo pensiero e del suo sguardo, Benjamin, Rilke, Adorno, Weil, Mann, fra molti (e qui un invito all’editore: proprio perché il libro costruisce una rete di relazioni, l’indice dei nomi sarebbe prezioso).

Nella seconda parte del volume, dal titolo Micrologie, Rella propone dieci “microsaggi”, definiti “elaborazioni, senza note o riferimenti”, che si affiancano ai dodici testi della prima parte, proponendosi come “una sequenza di domande che vengono poste al pensiero”. 
Chiude il libro un album di 41 immagini, riproduzioni di opere incontrate o alluse nei testi che le precedono e che entrano in tensione con essi, sempre attraverso la porta – e il gioco di specchi –  del tempo. Volendo, si può cominciare la consultazione del libro proprio da questa sequenza, che si apre con l’Inverno di Benedetto Antelami (una stagione) e si chiude con la Lupa di Kentridge dal fregio Triumphs and Laments sul muraglione del Tevere: un’opera del 2016, ottenuta togliendo la patina dal travertino, e che sta ormai svanendo, ricoperta da nuova patina. Un’opera che si introduce consapevolmente nell’azione entropica del tempo, facendone la sua sostanza. E da questa immagine che chiude il libro, si può cominciarne, o ricominciarne, la lettura. 

Presentazione del libro di Franco Rella L’arte e il tempo (Jaca Book)
con Cristiana Collu, Maurizio Gargano, Michele Trionfera
Mercoledì 27 ottobre 2021, alle 17:30
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma, viale delle Belle Arti, 131

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Il Gioco dei giorni narrati, edizione 2021

Dopo 27 anni dalla prima edizione, la casa editrice Giunti ripubblica Il gioco dei giorni narrati, l’antologia che è all’origine del blog diconodioggi.  Ecco la nuova Introduzione:

Il gioco dei giorni narrati è stato pubblicato per la prima volta nel 1994 dalla casa editrice Giunti, complice l’allora direttore editoriale Lucio Felici. Negli anni ha avuto una sua diffusione in nicchie di lettori e lettrici interessate alla rappresentazione del tempo e al radicamento della lettura nel quotidiano; è stato usato per rubriche radiofoniche e televisive; è stato presentato all’International Society for the Study of Time (ISST).
Nel frattempo, le citazioni crescevano fino a diventare un database strutturato e arricchibile.

Con la diffusione dei social network, Il gioco dei giorni narrati ha dato vita all’account twitter @diconodioggi, che dal 2013 ogni giorno propone frammenti narrativi in cui compare la data del giorno in corso.
I brani da cui sono tratti si ritrovano in diconodioggi.it  con i riferimenti editoriali completi: il blog è in un certo senso la casa-madre da cui parte e a cui ritorna l’interazione sui social. Negli anni, vi hanno trovato posto centinaia di nuove citazioni, inviate da una vivace e generosa comunità di una decina di migliaia di persone, che leggono molto e che hanno la cura di memorizzare un passo e di condividerlo. In questo modo, un database molto specifico si arricchisce di tanti contributi sfaccettati, che una sola persona non potrebbe mai acquisire.
Nel 2016, questo gioco sul tempo ha dato origine a una mostra di arte contemporanea, ospitata nel Museo Macro di Roma e durata 155 giorni, scanditi da un grande calendario all’ingresso, di quelli da cui si staccano i “foglietti” con le date.
E ora, il gioco torna in stampa: un libro-calendario, un’antologia portatile, un aiuto per la memoria, un dono da fare o da farsi per attraversare il tempo in sincronia con la letteratura.

2021

Pablo Rubio, “un presente continuo”

Solo a leggere i titoli delle opere e dei progetti di Pablo Rubio (Córdoba, 1974), il tempo e la memoria emergono come i punti cardinali della sua ricerca: Llanuras para cinco vértices, Diarios de navegación, La mañana de un blanco lunes e così via. Ai titoli corrisponde spesso un racconto, sprigionato da un’esperienza, da un palinsesto di letture e di incontri, da una riflessione sulla perdita e sulla trasformazione continua di persone e di ambienti. 
Chi ha avuto l’occasione di conoscere l’artista spagnolo al lavoro, ha avuto un’idea del suo metodo: un contenuto, a volte doloroso, trova la sua forma percepibile attraverso la scelta di carte, tracce scritte, fotografie, oggetti, materie allestite con sapienza (e bellezza) nello spazio che le ospita, anche per breve tempo. 
La pietas di Pablo Rubio nei confronti delle memorie diventa tangibile e provoca in chi guarda, o percorre le sue opere, una gamma di reazioni, che vanno dal piano della sensibilità a quello dell’intuizione scientifica, là dove si sente che l’artista sta cercando di rappresentare l’impossibile,  il tempo. 
Il progetto più recente di Rubio si intitola Autobiografía para un presente continuo ed è visibile fino a dicembre 2021 a Córdoba, presso il Vestibulo dell’Hospital Universitario Reina Sofía.
Il progetto si lega allo stato di paura, solitudine e dolore che la pandemia ha instillato, e – coerentemente con la ricerca dell’artista – vuole dare vita a “un tempo che è passato troppo in fretta”, che “si disintegra all’istante”, con il rischio che tutto diventi “un ricordo remoto”.
Come si legge con chiarezza nella presentazione, si tratta di un progetto espositivo “per ringraziare i professionisti dell’Ospedale Universitario Reina Sofía per la loro dedizione e il loro impegno durante la pandemia di COVID-19, sia per la loro grande capacità di adattarsi a una situazione sconosciuta sia per la loro dedizione e il loro sforzo, che li ha resi un esempio di progresso e umanizzazione”.
In bilico fra solitudine e fragilità individuale e forza collettiva, l’Autobiografía para un presente continuo prende come fulcro un luogo, l’ospedale, inteso “come un gigantesco nido dove risiedono resistenze, sforzi e vittorie, e naturalmente la gratitudine nel senso più ampio della parola”.

Qui il sito di Pablo Rubio 

(a.s.)

 

Incursioni nel tempo

Incursioni nel tempo

Nel libro di Salvatore Settis dal titolo Incursioni. Arte contemporanea e tradizione il termine tempo ricorre in tante pagine, che indagano e avvicinano gli artisti scelti nel suo viaggio trasversale nella storia dell’arte. Il capitolo dedicato a Giuseppe Penone lo racchiude nel titolo: “Giuseppe Penone: scolpire il tempo”, che rimanda a un altro titolo, quello della raccolta di testi di Marguerite Yourcenar Le Temps, ce grand sculpteur, che – a sua volta – è mutuato da un verso della poesia di Victor Hugo sull’Arco di Trionfo
Settis ripercorre le azioni scultoree dell’artista piemontese, i suoi interventi nei boschi, gli scavi interni al legno dei tronchi o la duplicazione di pietre con pietre e alberi con metalli. Qui la tradizione sprofonda nella dimensione mitica dei regni naturali e trova il suo faro in Ovidio, la cui poesia metamorfica coglie “l’incessante fluire delle forme e delle specie insistendo sui momenti di trapasso […] per suggerire che la mutazione non è solo il momento chiave del suo racconto, ma il cuore stesso della struttura del mondo”.
Insieme al pensiero classico, la lettura di Penone è condotta con affacci su visioni ecologiche attuali, e prende rilievo il tema dell’interconnessione dei fenomeni, che siano naturali o artefatti, inclusi noi stessi osservatori e osservatrici. Discutendo degli alberi bronzei di Penone, Settis chiama in causa le tre diverse temporalità che si intersecano in questa tipologia di opere: la lunga durata naturale, il lavoro minuzioso dell’artista e poi la percezione che ne hanno le persone, che a sua volta implica due dimensioni spazio-temporali; prima lo sguardo da lontano e poi il contatto tattile da vicino. A quel punto, l’inganno è svelato e l’osservatore è incluso per sempre nella vita della materia sfiorata e nella rete di informazioni elaborate.

Una delle incursioni più intense di questo libro di Settis è dedicata all’opera romana di William Kentridge, Triumphs and Laments, il lungo fregio sui muraglioni del Tevere, ottenuto togliendo la patina dal travertino, e che – dopo poco appena cinque anni dalla sua realizzazione – sta ormai svanendo. L’opera monumentale dell’artista sudafricano consente a Settis di tirare molte fila dei suoi interessi archeologici, storici, artistici e politici, offrendo un montaggio di forme e formati che percorrono ricorsivamente la storia di Roma e in cui innesta considerazioni che vengono dalla lezione di Aby Warburg e del suo Atlante Mnemosyne.
La tessitura dei rimandi al passato è talmente fitta e il movimento nel tempo si fa tanto intricato che Settis ricorre anche a degli schemi visuali per fare emergere la stratificazione dei livelli cronologici che si intersecano in molti punti del fregio: il livello dell’evento rappresentato, quello dell’immagine scelta come fonte, quello definito dall’adiacenza ad altre figure. Sono schemi che a loro volta innestano catene di cortocircuiti temporali e anacronismi, intesi non come ‘fuori posto’, ma come compresenze di figure e accadimenti sotto un unico sguardo sinottico. Pur svolgendosi in orizzontale lungo una linea di mezzo chilometro, la linearità è estranea a quest’opera, che parla la lingua aggregante della memoria, con i suoi ingorghi, le zone nere e vuote, i camuffamenti e i ritorni. E pur essendo un’opera statica, si muove con chi la guarda camminando. E la nona incursione di Settis cerca di restituire su pagina sia la non linearità sia la mobilità storica e figurativa, simbolica e tecnica dei Trionfi e Lamenti di Kentridge.

Del resto, Kentridge è stato l’autore di un’altra impresa colossale, The Refusal of Time, una potente installazione multimediale, uno spettacolo, una ricerca sulla temporalità, a cui ha collaborato lo storico della fisica e filosofo della scienza Peter Galison. Presentata alla documenta di Kassel nel 2012, trasformata anche in un libro sui generis, l’opera mette chi partecipa in mezzo a una congerie di stimoli visivi, sonori e ritmici che generano una percezione del tempo multipla e discontinua. Il tempo ‘rifiutato’ è quello della standardizzazione oraria ‘capitalistico-coloniale’, decisa politicamente ed esportata via via in tutto il mondo, il tempo delle sincronie e delle cronologie diritte e progressive. A questa rappresentazione, l’arte è in grado di opporre tecniche e linguaggi che sovrappongono stati temporali e moltiplicano punti di vista. Sono gli scarti, le scomparse e i ritorni, le illusioni e i lampi che si producono nella memoria personale e condivisa, e nei suoi passaggi da un’epoca all’altra, da un emisfero all’altro. Inseguirli e raccontarli in una forma non lineare è la sfida contemporanea.

Salvatore Settis, Incursioni. Arte contemporanea e tradizione, Feltrinelli, Milano 2020

Il testo è un estratto da A. Sbrilli, Ordini e incursioni del tempo, apparso in Incursioni, Arte contemporanea e tradizione di Salvatore Settis. Una lettura corale, uscito nella rivista Engramma, n. 180, marzo/aprile 2021 a cura di M. Centanni e G. Pucci