Date in coincidenza: Joyce, Svevo e un libro di Enrico Terrinoni

Date in coincidenza: Joyce, Svevo e un libro di Enrico Terrinoni

di Sandra Muzzolini

Nella recensione al libro di Antonella Sbrilli Il gioco dei giorni narrati, primo nucleo del progetto editoriale di cui fa parte questo blog, Umberto Eco scrive: “Si sa di autori che hanno situato la loro vicenda in una data precisa per ragioni magico-sentimentali, perché era un giorno in cui a loro (non ai personaggi) era accaduto un evento mirabile, e in tal senso un crononimo lasciato cadere quasi per caso può tener luogo di una rinnovata dichiarazione d’amore.”
Questa osservazione vale sicuramente per una delle date letterarie più note, quel 16 giugno 1904 in cui si svolge l’Ulisse di Joyce e che oggi è festeggiato in Irlanda e in altri paesi come “Bloomsday”.
Sappiamo infatti che Joyce scelse quel giorno perché era una delle date più importanti nella sua storia d’amore con Nora Barnacle. Ma l’attenzione e la fascinazione dello scrittore irlandese per le date, i nomi e i numeri vanno ben oltre questa scelta, come ci spiega in un libro uscito alcuni mesi fa lo studioso Enrico Terrinoni, esperto traduttore di Joyce.

La vita dell’altro – Svevo, Joyce: un’amicizia geniale (Bompiani, 2023) ci offre una ricca e ben documentata ricostruzione del rapporto d’amicizia tra i due scrittori, delle loro affinità elettive ed anche caratteriali. Sorprendono le numerose corrispondenze tra i due scrittori e le loro opere, tra le loro vite e quelle dei loro personaggi, quei continui travasi dal piano dell’esistenza a quello della scrittura per i quali Svevo coniò il concetto di “vita letteraturizzata”.  Scrive Terrinoni in una postfazione specificamente dedicata alle coincidenze: “Le loro vite, come i loro libri, sono infatti abitate anche da numeri, cifre, date, orari che le colorano di misteriosi echi. Quasi che entrambi sfogassero in rare ricorrenze numeriche certe attitudini vagamente superstiziose.”

Joyce era particolarmente, anzi maniacalmente, attento alle date, cui assegnava un valore magico, augurale. Era sempre felice di scoprire coincidenze che riguardavano le date dei compleanni delle persone con cui entrava in contatto. Era nato a Dublino il 2 febbraio 1882 e in quella stessa data fu pubblicato l’Ulisse, nel 1922; il 2 febbraio 1939 ricevette le prime copie rilegate del Finnegans Wake. Sarà stato sicuramente contento di scoprire che anche l’amico triestino aveva scelto questa data per uno snodo fondamentale del romanzo La coscienza di Zeno: “Oggi, 2 febbraio 1886, passo dagli studii di legge a quelli di chimica. Ultima sigaretta!!”.

Ci sono anche altri aspetti del libro di Terrinoni che i lettori di questo blog sicuramente apprezzano: il discorso sul tempo, rilevante in entrambi gli scrittori, e il gusto per l’invenzione linguistica e per i giochi di parole. La sovrapposizione di letteratura e vita, gli intrecci che uniscono le opere dei due scrittori in un misterioso entanglement e la circolarità e simultaneità del tempo della narrazione trovano un’originale sintesi nei titoli di gusto joyciano di alcuni capitoli: Narravita, Senilitalia, Zenotipia e Finizio.

Sandra Muzzolini, 12 aprile 2024

Time’s News 2024

È uscito in stampa, come ogni anno, il magazine dell’International Society for the Study of Time, con una panoramica delle attività svolte dall’associazione nel corso del 2023-24. Curato dall’artista e ricercatrice Emily DiCarlo, “Time’s News” di quest’anno, dopo una introduzione della sociologa Carmen Leccardi, presidente attuale dell’ISST, documenta la 18ma Conferenza triennale, svoltasi a Yamaguchi (Giappone) e presenta contributi multidisciplinari di Paul Harris (“Yellow Bird Artscape Residency: The Time of Limestone”), di Stephen Pike (“Brouwers’ Epiphany”), di Richard Uribe (“Women, Clocks and Portraits”), gl “Spolight” di Walter Schwidler e Sonia Front e, in chiusura, un ricordo del Jane Fraser, moglie e sodale del fondatore dell’ISST James T. Fraser. 
Come ogni anno, una sezione è poi dedicata a un’antologia di opere d’arte recenti che hanno affrontato temi temporali, curata da Laura Leuzzi e Antonella Sbrilli.
Ne fanno parte: i paesaggi stratigrafici di Pietro Ruffo, esposti nella mostra Anthropocene; le meridiane in ceramica policroma di Emma Hart, intitolate 
Big Time; l’omaggio verbovisivo di Alice Guareschi alla misura del tempo quotidiano,  Giorno; la scrittura sonora del tempo nell’opera di Maja Zećo , For the Time Being: Sarajevo Soundtrack; il film Cotidal di Tania Kovats, della durata di un giorno lunare (24 ore e 50 minuti),Footsteps di Fiona Tan, per cui “editing is like sculpting in time”;  le carte stellari dell’artista neozelandese  Locust Jones, Back in Time.

26 Febbraio

26 febbraio 2024

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“Siamo già nel golfo”, mi disse uno dei miei compagni quando mi alzai per far colazione, il 26 febbraio.Il giorno prima avevo avuto un po’ di paura per le condizioni del tempo nel golfo del Messico. Ma il cacciatorpediniere, anche se si muoveva un poco, scivolava via dolcemente. Pensai tutto contento che i miei timori erano infondati e salii in coperta. Il profilo della costa era svanito. Solo il mare verde e il cielo azzurro si stendevano intorno a noi

Gabriel García Márquez, Racconto di un naufrago, 1955 (1970), tr. it. C. Acutis, Mondadori 1987, p.29

“Racconto di un naufrago che andò per dieci giorni alla deriva in una zattera senza mangiare né bere, che fu proclamato eroe dalla patria, baciato dalle reginette di bellezza e reso ricco dalla pubblicità, e poi aborrito dal governo e dimenticato per sempre”: il lungo sottotitolo di questo libro percorre tutte le fasi della vicenda del marinaio Velasco, imbarcato sul cacciatorpediniere Caldas alla volta di Cartagena. Il 26 febbraio 1955 è nel golfo del Messico, e tutto deve ancora succedere. 

Dicono del libro
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6 Febbraio

6 febbraio 2024

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Tra il momento in cui ho smesso di scrivere, nel maggio scorso, e ora, 6 febbraio ’91, il previsto conflitto tra l’Irak e la coalizione occidentale è scoppiato. Una guerra “pulita” secondo la propaganda, benché siano già cadute sull’Irak “più bombe che sulla Germania durante tutta la durata della seconda guerra mondiale” (Le Monde di stasera) e testimoni dicano di aver veduto a Bagdad dei bambini, resi sordi dalle deflagrazioni, camminare per le vie come ubriachi. Non si fa altro che aspettare avvenimenti annunciati che non arrivano, l’offensiva terrestre degli “alleati”, un attacco chimico da parte di Saddam Hussein, un attentato alle Galeries Lafayette. E’ la stessa angoscia del tempo della passione, lo stesso desiderio – e impossibilità – di sapere la verità. L’affinità si ferma qui. Non v’è sogno né immaginazione

Annie Ernaux, Passione semplice,  1991, tr. it. I. Landolfi, Rizzoli 1992, p.68

La storia di una passione fra uno straniero sposato e una donna, che scrive queste annotazioni, si rivela una riflessione sul tempo e sulla sua percezione. Poiché la relazione è fatta di attese, di incontri a termine e di lontananze, la donna si interroga continuamente sulla natura del presente, sulla fuga degli istanti. Alcune date emergono nella narrazione, date private e date pubbliche come questo 6 febbraio del 1991. E ogni data è motivo per riandare a date analoghe nel tempo trascorso, con il desiderio di ritornare indietro, di “forzare il presente a ridiventare passato”.
[…] mi domandavo perché non è possibile passare in quel giorno, in quel momento, allo stesso modo in cui si passa da una stanza all’altra”. 

Dicono del libro

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Appuntamenti nel passato

“E non potremmo immaginare, proseguì Austerlitz, di avere appuntamenti anche nel passato, in ciò che è già avvenuto e in gran parte è scomparso, e di dover cercare proprio nel passato luoghi e persone che, quasi al di là del tempo, hanno con noi un rapporto?”
Questa frase viene dalle ultime pagine del romanzo Austerlitz dello scrittore tedesco W. G. Sebald (1944-2001). In cerca delle vicende della sua vita trascorsa, il protagonista professor Austerlitz ne trova via via le tracce dolorose, che “sente di aver sempre ospitato in sé come una sequenza di negativi non ancora sviluppati”. 
Incontrarsi nel passato: un paradosso temporale, un sogno a occhi aperti, uno stato di alterazione del proprio presente, e anche un esercizio dell’immaginazione e del linguaggio. Quello che le parole dello scrittore evocano, si ritrova visualizzato anche in alcune immagini, risultato di ricerche e intuizioni d’artista.

Il disegnatore Saul Steinberg si incontra con sé stesso bambino: l’uomo anziano dà la mano a una sagoma con una foto di lui da piccolo ed Evelyn Hofer fotografa l’incontro delicato nello scatto Saul Steinberg with Himself as a Little Boy (1978, Museum of Fine Arts, Houston).
In questo caso, l’entità da incontrare – sé stesso nell’infanzia – è richiamata dal passato al presente dell’artista adulto. 
Moira Ricci (Orbetello, 1977) compie il viaggio nella direzione inversa: è lei che va nel passato e non per incontrare sé stessa, ma per avvicinare virtualmente la madre scomparsa. 
Nella serie intitolata  20.12.53-10.08.04 l’artista manipola digitalmente una serie di fotografie che ritraggono la madre Loriana, una per ogni suo anno di vita, inserendosi all’interno di ciascuna di loro, come testimone anacronistica, presenza anticipata, viaggiatrice lungo la linea del tempo.
Il lavoro, premiato dal Piano per l’Arte Contemporanea 2021, è stato realizzato fra il 2004 e il 2014. 
Raccolte in un volume d’artista che allude a un album di famiglia (Corraini 2023), le fotografie, come scrive Roberta Valtorta, attivano “un processo di impossessamento di tutta la vita di Loriana, dalla nascita alla morte, come il titolo del lavoro dichiara. E perché questa operazione sia vera fino in fondo, Moira si vestirà, si pettinerà, si truccherà, si atteggerà con attenzione nel modo richiesto dalle mode delle varie epoche della vita della madre”. 
Nel sito del Museo di Fotografia Contemporanea (MuFoCo, Cinisello Balsamo), è possibile vedere un nucleo di queste potenti inserzioni, in cui l’artista affianca i suoi autoritratti alla madre, la osserva dentro casa, all’aperto, con amici e parenti, da sola, sporgendosi a volte, sempre voltandosi verso la sua figura.

A sinistra: Moira Ricci, Mamma nel giardino di nonna; a dx Ramón Salazar, La enfermedad del domingo, film, 2018, fotogramma

Un altro appuntamento col passato si incontra in un film del 2018 del regista spagnolo Ramón Salazar (Malaga, 1973). La enfermedad del domingo (tradotto in italiano come Eterna domenica) racconta le vicende di una giovane donna, Chiara, che è stata abbandonata dalla madre da piccola. Trovandosi a una svolta della sua vita, convince la madre a trascorrere con lei dieci giorni da sole, non tanto per recuperare un tempo oramai perduto, quanto per scuotersi dallo stato di “memoria immobile” in cui l’abbandono l’ha lasciata, per smettere di vivere in attesa di un ritorno, in un costante pomeriggio domenicale.
Durante la loro aspra convivenza, una sera Chiara proietta delle vecchie fotografie di famiglia: fra queste c’è un montaggio fatto da lei, in cui la madre, giovane e incinta, è affiancata da Chiara ragazza. Colpita da questa immagine che raddoppia la presenza della figlia e condensa tempi e corpi, la madre loda la perizia di Chiara nell’aver dato vita a un tale paradosso temporale (“paradoja temporal”). La figlia si schermisce, dicendo che è solo un esperimento, un semplice lavoro di taglia e incolla.
Dislocare la propria immagine in documenti del passato: un procedimento tecnico, una formula di memoria, un’iconografia che insinua la “prospettiva invisibile” del tempo nei rettangoli delle rappresentazioni. 

(a.s.)

Montaggi di tempo: Fiona Tan a Bologna il 29.10.23

In una video intervista dal titolo Sculpting Time (Lousiana Art Channel, I July 2023), l’artista Fiona Tan presenta sé stessa, e la sua profonda ricerca sulla memoria, le identità, la natura, chiamando il causa il tempo come materia prima e strumento del suo lavoro.
Come artista e filmmaker, l’attività di editing – il montaggio e la manipolazione dei materiali che vengono allungati, schiacciati, compattati – è per lei una sorta di “sculpting with time”. L’antica espressione che esprime l’azione del flusso immateriale sulla materia, usata da Victor Hugo, ripresa da Marguerite Yourcenar nella raccolta Le Temps, ce  grand sculpteur, rievocata da Salvatore Settis per Giuseppe Penone,  “scolpire il tempo”, è l’incipit del discorso di Fiona Tan, che la restituisce variandola a suo modo, “scolpire con il tempo”.
Il suo discorso prosegue con un’altra osservazione in cui è implicito, quasi incarnato, un ulteriore pensiero sul tempo, ancora più antico: “n
on si può non pensare al tempo” e insieme esso “è una delle cose più difficili di cui parlare”, afferma nel video l’artista, in risonanza con Sant’Agostino e con sapienze che le vengono dalla rete delle sue origini, dalla Cina, dall’Indonesia, dal Nord Europa, dall’Australia.
Dotata della capacità di spiegare insieme le scelte tecniche, i nuclei tematici che la ispirano e il loro trasformarsi in opere, Fiona Tan racconta alcune opere recenti, in 
cui filmati d’archivio delle collezioni olandesi sono accompagnati dall’audio delle lettere che il padre dell’artista le scriveva nei tardi anni Ottanta. Frammenti di repertori pubblici, spezzoni di documentari provenienti dal passato, si mescolano con la corrispondenza familiare, che parla del quotidiano e del presente. Consapevole che la storia non può considerarsi mai conclusa, Fiona Tan rende  percepibile – col suo lavoro di connessioni, accostamenti, riprese multiple – il carattere aperto e rinegoziabile degli archivi stessi: “Time always moves on and we need to go with flow”. 

Il 29 ottobre 2023 Fiona Tan è la protagonista di un incontro al MAMbo di Bologna, nell’ambito della rassegna Archivio aperto 2023, durante il quale sono visibili due cortometraggi:

il primo è News from the Near Future (2003) cheesplora la memoria e il passare del tempo attraverso filmati d’archivio in bianco e nero provenienti dall’Eye Filmmuseum di Amsterdam, colorati in modo da creare una texture quasi pittorica. Il motivo ricorrente è l’acqua: il mare, su cui navigano imbarcazioni di ogni tipo, dai piccoli yacht ai piroscafi più grandi; le onde che bagnano la riva del mare; i paesaggi con enormi cascate e i disastri che lasciano dietro di sé le inondazioni ci ricordano l’ambivalenza del rapporto tra uomo e natura”;  

il secondo risale al 1998 e si intitola Linnaeus’ Flower Clock.
Come si legge nel sito dell’artista, una donna che teme che l’intensità della sua felicità presente si affievolisca col tempo, evoca ripetutamente immagini che incarnano l’appagamento fisico ed emotivo per prolungare l’adesso (‘now’) e inciderlo nella memoria. Per farlo, cerca di costruire un orologio personale che mostri il suo tempo interiore, in contrapposizione a un orologio meccanico. 

Il suo fallimento nel fermare il tempo è dimostrato dalla continuità temporale del video e dalla vista dei fiori che si aprono e si chiudono. Accettare che la vita continui perché tutte le cose passano costringe le persone a concentrarsi sul presente e dà vita ai loro ricordi (Midoti Matsui)”.

Il titolo Linnaeus’ Flower Clock fa riferimento all’orologio floreale (horologium florae) proposto alla metà del Settecento da Linneo: osservando come ogni fiore si apra e chiuda in momenti precisi, il naturalista svedese ipotizzò di poter utilizzare i momenti delle fioriture per indicare le ore e i minuti. Impossibile da realizzare in un giardino reale, è stato allestito dall’artista inglese Anna Ridler con l’aiuto di sistemi di Intelligenza artificiale. 

Qui le informazioni sull’incontro Dearest Fiona, MAMbo, sala conferenze, 29 ottobre 2023

(a.s.)

 

Temporanea: un’antologia decennale

Nel 2013, questo blog iniziò a pubblicare – in tempo reale – i frammenti di narrazioni collegati al giorno in corso. Accanto a questo nucleo di crononimi, già uscito in antologia cartacea presso Giunti col titolo Il gioco dei giorni narrati (1994), il blog proponeva (e continua a proporre) segnalazioni, riflessioni, appunti, sul tema della presenza del tempo nelle arti, raccolte nella sezione Dicono del tempo
Da quell’incipit sono passati dieci anni, durante i quali sono stati pubblicati circa 200 post, articoli sintetici arricchiti di collegamenti, che riguardano mostre, ricerche specialistiche, rassegne e convegni, libri, applicazioni, approfondimenti. 
Una scelta di questi testi è riportata ora  in un libro stampato dall’editore Bernacca Immagine (Roma, 2023), dal titolo Temporanea. Indagini e incontri su arte e tempo da Diconodioggi.it.
I testi compaiono in ordine cronologico, dal più recente al più antico, dal trattato di Cronosofia del filosofo belga Pascal Chabot, tradotto in italiano da Treccani Libri nel 2023, al calendario del 2013 dell’illustratore Paolo Bernacca, che ogni anno interpreta la cifra dell’anno nuovo con un gioco verbo-visivo. In mezzo, si dispiega la varietà degli incontri, con il filosofo Franco Rella alla Galleria Nazionale di Roma per il suo libro L’arte e il tempo, con Julius T. Fraser e la sua rete internazionale e interdisciplinare di studi sul tempo, con il Centro di Studi sulla memoria dell’Università di San Marino, con gli automi cellulari a cui lo scienziato Domenico Parisi insegnava a capire le scansioni temporali, con le iniziative sulla percezione del tempo durante la pandemia, con tanti artisti e artiste, curatori e curatrici.
Un aspetto rilevante del blog è che è stato popolato negli anni da contributi di specialisti, di filosofia e linguistica, di letterature, di musica, di arti, di spettacolo: i loro interventi – anche se non trascritti in questa antologia – sono sempre leggibili nel blog e l’elenco dettagliato è riportato in fondo al volume. 

 


“Perché stampare questo materiale su carta?” si è chiesta a suo tempo  anche Valentina Tanni, quando nel 2011 ha dato alle stampe una selezione dei dieci anni del suo blog Random, importante osservatorio quotidiano sulla net art avviato nel 2001: la forzatura del passaggio dall’ipertesto alla pagina era compensata, secondo lei, dalla ricostruzione di un percorso e di un quadro d’insieme. Come nelle traduzioni, qualcosa si perde e qualcosa permane: stampare il blog diventa così anche una verifica di consistenza dei singoli interventi e delle loro relazioni reciproche, nel tempo.
Per un’altra impresa simile, la stampa del blog Ideasonair che l’artista Chiara Passa ha tenuto vivo on line dal 2005 al 2012, Antonello Tolve – nel volume che raccoglie i materiali del blog –  sottolinea che la “dislocazione lineare dal web al cartaceo” rivela anche una riflessione sull’archiviazione, “intesa come territorio stabile, come corazza protettiva contro il tempo e contro i dissapori dell’evanescenza che a volte non lascia scampo e rende instabile una lettura, cancellandone i contenuti”.
Nato come traccia quotidiana di una cronomania, il blog diventa temporaneamente un libro, mentre la sua casa-madre continua a registrare gli affacci dei linguaggi sul tempo.

a.s.

 

L’eterno settembre del meteo

Nel settembre del 2023 Forward Edizioni ha pubblicato Sereno, un libro-d ‘artista della fotografa romana Fulvia Bernacca. Della dimensione di un palmo di mano, molto curato nell’allestimento, avvolto da una sovraccoperta di pergamino,  “Sereno è un viaggio tra le nuvole e nel tempo, un racconto visivo e poetico sulla figura del colonnello del meteo Edmondo Bernacca”.
Le pagine, alcune opache e altre trasparenti, creano diversi livelli di visibilità dei testi, leggibili al dritto e al rovescio, e delle immagini di cieli, carte meteorologiche, foto di famiglia che – come nel libro-gioco Più e meno di Munari – si sovrappongono, arricchendosi a vicenda di segni, sfumature, compresenze.
A trent’anni dalla scomparsa di Bernacca (1914-1993), il primo meteorologo della televisione italiana, la nipote Fulvia affida a un’opera visiva e tattile un possibile racconto della sua figura.
I documenti rinvenuti nell’archivio professionale e in quello privato, le tante informazioni e anche gli stereotipi sul celebre colonnello, che ha dato uno stile inconfondibile alle previsioni del tempo,  sono sottoposti dall’autrice a un processo di decantazione che li rende leggeri e connessi.
Chi fosse interessato alla storia biografica del protagonista, in questo libro non la trova, non in forma diretta e lineare; le tracce della sua vita e delle sue attività, della rete dei suoi affetti, così come  quelle della disciplina meteorologica, sono disseminate – con un loro ritmo – nel piccolo volume: una citazione, una serie di cieli, una definizione scientifica, una fotografia d’archivio, una carta del meteo, un testo autografo, di nuovo una serie di cieli e così via. 


Chi legge può scegliere con quale intervallo sfogliare il libro e accostarsi al suo ritmo, seguendo il tema del cielo (“che è stato sempre la mia vita, da militare e da giornalista”), la magnetica tassonomia delle nuvole, i disegni delle carte, le foto discrete della famiglia Bernacca, le immagini degli strumenti, le citazioni.
Diconodioggi ha seguito una presenza ricorrente in questa narrazione: quella delle date di settembre. Nato un 5 di settembre, scomparso un 15 di settembre, Edmondo Bernacca – riandando alle svolte della sua esistenza privata e lavorativa – si sofferma sull’affollarsi delle date di questo mese nella sua vita (“settembre punteggerà altre date importanti”). 
Mese di riflessioni, di cambi di stagione e di orizzonti, mese che esalta la sensibilità per il meteo e per il tempo, che sembrano muoversi insieme nelle correnti calde e fredde dell’aria e dell’ora.
Avvolto dalla sovraccoperta trasparente, Sereno è racchiuso fra due alette che portano disegnate le frecce dell’aria fredda e dell’aria calda, convergenti verso le pagine di un libro che fluisce.

Le immagini sono tratte dal sito Sereno di Fulvia Bernacca

(Antonella Sbrilli)

Alla ricerca di una cronosofia

 

Cronosofia: una saggezza del tempo che si dimostri adatta alle forme che il rapporto con la dimensione temporale ha preso nel mondo contemporaneo, dove quattro regimi competono e si affollano sulle nostre vite: il Fato ineludibile dei ritmi biologici, l’imperativo del Progresso, l’onnipresenza tirannica dell’Ipertempo tecnologico, la minaccia della Scadenza legata alla catastrofe ecologica.
Il filosofo belga Pascal Chabot, nel suo saggio Avoir le temps. Essai de chronosophie, propone un affondo in queste forme del tempo, comparando la loro presenza, seguendone le trasformazioni, registrando le singolarità.
Si addentra nell’analisi degli schemi del tempo, quelle “strutture civili” condivise da gruppi sociali nelle varie epoche; lavora – consapevole che il tema “mette duramente a prova il nostro linguaggio” – sulle parole e le metafore del tempo; si appoggia a creazioni artistiche (i glifi di Nazca, la lanterna di Borromini, il monumento di Tatlin, la Spiral Jetty di Smithson, fino a Sphere Spirals di Escher) per illustrare le sue considerazioni sulla spirale che unisce forme cicliche e lineari.
Passando agilmente da considerazioni filosofiche a esempi della nostra via quotidiana, da fonti mitologiche a manufatti e dispositivi della tecnica, dalla sociologia alla finanza, Chabot conduce il lettore al punto apicale del suo ragionamento.
Nel capitolo dedicato alla figura della Scadenza, la frase “non avere tempo” – da cui il saggio aveva avuto inizio – si espande dalla condizione individuale alla prospettiva della sopravvivenza del genere umano sulla terra, generando nuovi sentimenti, come ad esempio “l’afuturalgia, il dolore di sentirsi privati di un futuro”. Lungi da atteggiamenti apocalittici e riduzionisti, Chabot invita a ragionare sulla necessità di pensare in quattro dimensioni, affrontare insieme i quattro schemi, fondere il diacronico e il sincronico in una “meta-spirale” aperta e complessa.
L’ultimo paragrafo è dedicato al concetto dell’Occasione, il momento opportuno, il kairos del pensiero greco. “L’Occasione” – dice Chabot – “è come un’uscita dal tempo”, è il momento della risoluzione veloce, dell’agire, del cogliere un’opportunità; è anche il tramite per “uscire dalla filosofia, per concretizzare la cronosofia”.

Pascal Chabot, Avere tempo. Saggio di cronosofia (2021), tr. it. S. Bertolini, Treccani Libri 2023

Come il tempo si rivela nell’arte: un libro di Beatrice Peria

“Parlare di prospettiva invisibile significa riconoscere l’esistenza di un’altra prospettiva“, scrive la storica dell’arte Beatrice Peria in un libro importante, in cui l’autrice affronta da docente e da iconologa il tema immenso della presenza del tempo nelle espressioni artistiche dal medioevo al contemporaneo.  Accanto alla prospettiva geometrica che organizza l’esperienza e la rappresentazione dello spazio, la studiosa si interroga sulla prospettiva invisibile del tempo, suggerendo, sin dall’incipit del volume, che “il tempo può essere espresso, implicato, evocato, comunicato, ma forse non rappresentato (…) se non in modo obliquo, attraverso forme e modi altri che qui vogliamo cercare di mettere in luce”. Le forme e i modi che Beatrice Peria presenta sono il frutto di una ricerca lunga e consistente, basata su fondamenti teorici e storici che includono Aby Warburg ed Etienne Souriau, su una ricchissima selezione di opere (benissimo illustrate nel testo) e su una struttura in cinque capitoli che servono allo stesso tempo da isole tematiche e da bussole per orientarsi nella lunga trasformazione della storia delle immagini. Il primo capitolo, dedicato ai Calendari, si apre con i calendari figurati, le raffigurazioni dei mesi e dei lavori, i cicli astrologici, e arriva all’epoca contemporanea, dove la griglia calendariale è intesa come dispositivo concettuale. Il secondo capitolo tratta del tema della Vanitas rintracciando la metamorfosi dei suoi simboli, teschi, frutti, bolle di sapone, dal grande repertorio della pittura rinascimentale e barocca ai linguaggi che esprimono la fragilità dell’epoca presente. Nel terzo capitolo La Narrazione il tempo è analizzato all’interno delle strategie di narrazione per immagini, e qui gli esempi arrivano anche dal mondo antico, appoggiandosi a fonti teoriche, estetiche, linguistiche. Istante/Durata è il titolo del quarto nucleo di indagine, in cui le serie di Monet, così come la cronofotografia rivelano l’emergere di un desiderio di rappresentare la trasformazione incessante del visibile; desiderio che procede nel tempo e si ritrova, modificato, in tanti esempi di fotografia contemporanea. Infine, Memoria/memorie conclude l’impresa di questo volume, intessendo un ragionamento sui rapporti fra memoria e immagini, documenti, storia, con omaggi all’Atlante Mnemosyne di Warburg e a protagonisti del Novecento come Richter, Kiefer, Boltansky.
Uno dei pregi del libro è proprio l’accostamento giudizioso fra passato e presente, fra opere del canone tradizionale ed espressioni contemporanee, che sbalzano il lettore da una temporalità all’altra, rivelando affinità, anacronismi, continuità e sorprese, che danno una scossa al flusso del tempo.

Beatrice Peria, La prospettiva invisibile. Forme visuali della temporalità nell’arte, L’Erma di Bretschneider, Roma – Bristol, 2022

Era su era nel giardino planetario di Pietro Ruffo

Allestita nella galleria Lorcan O’Neill di Roma, la mostra Il Giardino Planetario espone una serie di opere recenti che l’artista Pietro Ruffo dedica al tema del complesso equilibrio fra specie umana e pianeta, raccolte sotto al titolo Antropocene.
Ai visitatori che si aggirano nella prima sala della galleria, scenograficamente arricchita da tendaggi su cui è riprodotta una imponente foresta primordiale, la prima cosa che Ruffo dice è che la Terra si è sempre modificata e continuerà a farlo e che il punto su cui concentrarsi non è tanto e solo la nostra capacità di rovinare il pianeta, quanto quella di distruggere la nostra possibilità di vivere in esso, su di esso, insieme.
Artista, architetto – che di volta in volta si fa studioso di cartografia, botanica, geologia, antropologia, archeologia – Ruffo si ispira per il titolo della mostra a un saggio omonimo di Gilles Clément, il filosofo paesaggista e agronomo francese autore del Manifesto del terzo paesaggio, mentre le singole opere fanno riferimento al concetto di antropocene, una definizione che – con una dose di presunzione – usa il nome della nostra specie per definire un’era evolutiva.
Nella scia delle sue creazioni, caratterizzate dall’uso di mappe geografiche e carte antiche, dall’intaglio e dalla sovrapposizione di strati, Ruffo dà vita a una collezione di vedute arricchite: ogni immagine rappresenta un luogo in cui è stato ritrovato un teschio dei nostri antenati; da questo incipit si dispiega il palinsesto di forme vegetali, animali, minerali, cartografiche, raccordate da inserti di colore e dalla sagoma, spesso dissimulata e latente, del teschio di partenza.
«Questi lavori sono dei lavori classici sul paesaggio a cui però ho voluto aggiungere anche un elemento legato al tempo», spiega bene Ruffo. Ogni opera richiede infatti una strategia di indagine che sfogli percettivamente e cognitivamente gli strati di tempo accumulati in una porzione di paesaggio, avvicinati da Ruffo – con sapienza e leggerezza – in un modo che richiama gli assemblaggi di Piranesi, i libri animati dell’Ottocento: diorami dello spazio tempo da smontare e rimontare con responsabilità e piacere.   

Pietro Ruffo, Il Giardino Planetario, Galleria Lorcan O’Neill, Roma, vicolo dei Catinari
14 marzo 2023 – 29 aprile 2023
Il sito dell’artista: pietroruffo.com

(a.s.)

“Era ora” un film con le date dipinte

Il fim Era ora (2022), “commedia esistenziale” diretta da Alessandro Aronadio, interpretata da Edoardo Leo e Barbara Ronchi, distribuita da Netflix, è un piccolo regalo per chi è attratto dal grande tema del tempo e delle invenzioni narrative che ne raccontano i paradossi e i vincoli. La storia – ispirata a Long Story Short di Josh Lawson – è imperniata sul giorno del compleanno del protagonista Dante, un manager talmente concentrato sulla vita lavorativa che passa dal 26 ottobre del suo quarantesimo compleanno a quelli successivi senza rendersi conto di ciò che accade ai suoi cari: la moglie delicata illustratrice, la figlia Galadriel, il padre che perde la memoria, gli amici, le colleghe.
Solo nelle 24 ore del compleanno, il tempo della sua vita coincide con quello condiviso dagli altri, e Dante fa i conti con i cambiamenti di cui non si è accorto nel ritmo condensato delle sue giornate iperattive.
Una parte importante della storia è affidata alla figura della moglie Alice, che firma i suoi disegni con un datario, un vecchio timbro a data da ufficio, in cui le cifre giorno-mese-anno vanno sistemate manualmente.

A chi conosce il panorama degli artisti contemporanei interessati al tempo, non può non venire in mente la tecnica di Federico Pietrella, che ha sviluppato negli anni uno stile peculiare, in cui le forme rappresentate nelle sue tele – paesaggi, interni, ritratti –  sono ottenute proprio attraverso datari. E difatti, nel film, dal dettaglio della data si passa a vedere una grande composizione in cui il volto emerge dalla sapiente trama, più e meno fitta, più e meno regolare, delle date.


Ma anche i disegni di Alice hanno una fonte artistica reale, le opere dell’illustratrice e scrittrice Beatrice Alemagna,  pluripremiata, fra l’altro, per il libro, dal titolo assai pertinente, Un grande giorno di niente. Aver inserito gli stili di questi due artisti italiani nella narrazione dà al film un valore aggiunto, un’intensità visiva che accende la curiosità e permane nella memoria.

(a.s.)

Su diconodioggi: Le date dell’artista Federico Pietrella, di Franco Chirico
e Notizie da una mostra sul tempo

Giorno dopo giorno. Alice Guareschi

Il tubo arriva per posta e dentro, arrotolato, c’è un foglio di carta avoriata, un poster 50 x 70. Una volta disteso, mostra il suo messaggio: una frase di tre parole, composta al centro in modo che emerga – prima ancora della frase –  la consistenza dei gruppi di lettere in cui l’artista Alice Guareschi ha suddiviso e ricomposto le tre parole, che sono “Giorno dopo giorno”. Un sintagma di uso consueto prelevato dal linguaggio; una unità di misura lessicale che suggerisce il ritmo e la misura del tempo circadiano che scandisce le nostre vite;  un modo di dire e raccontare la ripetizione.
E anche una frase di sedici lettere: questo numero fa subito pensare ai quadrati magici di Alighiero Boetti in cui le lettere sono disposte in griglie di 4 righe e 4 colonne, le parole  (dare tempo al tempo / dall’oggi al domani) sono scritte in verticale e gli incroci regolari consentono scorrimenti ortogonali e diagonali dello schema. 
Nella sua opera, Alice Guareschi (nata a Parma nel 1976)  scompone la sua frase in quattro blocchetti che tagliano le parole in gruppi irregolari e li dispone uno sull’altro  (giorn / nod / opo / gior / no), producendo una lettura serpentina e lievemente instabile, che dona all’insieme una illusoria plasticità dinamica.
Realizzata nel 2022, quest’opera fa parte del progetto Utopia dell’Enciclopedia Treccani, che chiede ad artisti e artiste di interpretare visualmente un lemma a scelta fra gli oltre 150.000 del Vocabolario Treccani, “per completare l’impresa utopistica di creare un vocabolario di immagini”, e mettere a disposizione una collezione di poster d’artista acquistabili.
Nella pagina web dedicata al progetto, si possono visionare le parole che hanno trovato già la loro rielaborazione d’autore, fra di esse Ascolto del collettivo Claire Fontaine, Farfalla di Emilio Isgrò, Emigrazione di Giuseppe Stampone, Persona di Francesco Arena, la stessa Utopia, di Elisabetta Benassi e altre, che aggiungono dimensioni visive e concettuali alla nostra lingua.

Il lemma scelto da Alice Guareschi è Giorno e nel verso del poster è riportata per intero la voce del dizionario Treccani, ciò che rende il foglio una medaglia a due facce, da mantenere visibili entrambe.

Come si legge nelle note informative del progetto Utopia, “Alice Guareschi sceglie il lemma giorno, riprendendo la frase palindroma giorno dopo giorno, già protagonista di una sua opera di arte pubblica installata in modo permanente dal 2019 nella periferia sud di Milano”.
Invitata a partecipare al progetto Open (Bando Periferie 2018 del Comune di Milano), Guareschi ha infatti proposto – per quell’incarico – la 
scritta giorno dopo giorno, realizzata al neon in tre esemplari di colore blu, verde e rosa, installati in tre punti nei quartieri Chiesa Rossa e Stadera.
“Giorno dopo giorno è una scritta palindroma, che si può leggere sia in un verso che nell’altro; è una scritta aperta, che continua oltre sé stessa e può essere ripetuta all’infinito, come infinito è il tempo cosmico al di là delle scansioni numeriche del nostro calendario; è una scritta che non ha un soggetto definito, perché riguarda tutti, anche se ognuno a suo modo, a seconda della storia personale o più banalmente dell’umore del momento; è una scritta semplice, eppure complessa, perché allude alla vita quotidiana nelle sue molteplici, e a volte imprevedibili, sfaccettature”.
Mentre la scritta al neon corre in orizzontale, alludendo agli statement concettuali e alle suggestioni pop, quella disposta sul foglio rientra nella ricca tradizione della poesia visiva che manipola e ricombina gli elementi del linguaggio.
Come è stato scritto con acume “le lettere, ora nere su sfondo bianco, si fanno sobrie e minimal, mentre l’intervento di solo testo – quasi un ex libris – riduce all’essenziale la componente gestuale, cancellando ogni immagine e sottraendo elementi al fine di moltiplicare, ancora una volta, i possibili significati”.
Scorrendo l’archivio dell’artista, emergono poliedrici percorsi nel tema del tempo, delle sue misure e dei suoi intervalli, riflessi in opere come Every day, every morning, every day (2007),  I giorni e le ore (2010), 2005 (basato su un calendario), Ogni orologio è un labirinto (2014). 
(a.s.)

Il gioco dei giorni narrati ad Esquilibri 2023: leggere al passo col tempo

Esquilibri è la rassegna romana dedicata al libro usato e d’antiquariato che si tiene nella zona di piazza Vittorio, nel multietnico e letterario quartiere Esquilino. Una rassegna diffusa sotto i portici, nelle librerie e articolata in mostre ed eventi. Fra questi, diconodioggi è lieta di segnalare una conversazione sul Gioco dei giorni narrati, la raccolta di crononimi letterari che è all’origine di questo blog e dell’account Twitter. Pubblicata dall’editore Giunti nel 1994, diventata via via digitale e social, la raccolta è stata ristampata nel 2021, in una felice alternanza di immateriale e cartaceo.
Domenica 19 febbraio 2023 alle ore 15:00,  al Gatsby Cafè di piazza Vittorio, ne parlano l’autrice Antonella Sbrilli e Nicoletta Cardano.
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“Il gioco dei giorni narrati”: Leggere al passo col tempo.
Un incontro con Antonella Sbrilli, a partire dal suo libro “Il gioco dei giorni narrati”, Giunti Editore • Demetra 2021: un libro-calendario, un’antologia portatile, un aiuto per la memoria, un dono da fare o da farsi per attraversare il tempo in sincronia con la letteratura.
Una conversazione in “gioco” tra l’autrice e il pubblico, tra il calendario del tempo reale e il tempo della finzione narrativa, introdotta da Nicoletta Cardano.
Qui il link all’evento facebook

 

L’anno dei petali appuntiti: l’orologio floreale di Ridler

L’immagine statica che si vede riprodotta non restituisce se non in minima parte la natura dell’opera dell’artista Anna Ridler dal titolo Anno oxypetalum: il titolo è traducibile comel’anno dei petali appuntiti”, con riferimento al nome di un cactus a fioritura notturna, i cui petali hanno una tipica forma a punta, acuta (in greco ὀξύς ).
Si tratta di un’opera d’arte generativa che si muove – come sempre nella ricerca dell’artista britannica – intrecciando i temi del tempo, dei fenomeni naturali (in particolare botanici) e le occasioni che digitale e Intelligenza artificiale offrono nell’esplorazione e nella generazione di nuove forme miste di arte, calcolo, durata, interazione.
Per vedere l’opera nei suoi effetti mobili e vibratili, ci si può collegare tramite questo link al sito di Sotheby’s, che ha messo all’asta l’NFT (Non Fungible Token) collegato ad essa (2022).
Nel video, il ritmo della fioritura annuale di questo cactus che fiorisce di notte  è compresso in tre minuti. Come si legge nella scheda tecnica dell’opera, ogni mezzo secondo rappresenta un giorno, i fiori si aprono e si chiudono, mentre la luce cambia con le stagioni. Il video è sincronizzato con il solstizio d’inverno del 2021 a Londra, ma la caratteristica sorprendente è che quando viene acquistato (come NFT)  il video si sintonizza con la stagione del passaggio di proprietà.

Non solo: come spiega l’artista “la tempistica codificata algoritmicamente è precisa fino all’anno 3000. L’opera diventa una forma di cronometraggio ad alta precisione, anche se fa riferimento a una forma più medievale di calcolo del tempo, legata al tramonto e all’alba”. L’intento  è dunque anche quello di riflettere su come le capacità di calcolo, montaggio, sincronizzazione offerte dalla tecnologia attuale entrino in risonanza con una materia prima antica, ciclica, organica. Reti neurali e blockchain sono la forma attuale di un tentativo antichissimo di categorizzare tempo e natura. 
Anno oxypetalum si inserisce nella ricerca di Ridler sugli orologi crono-biologici delle piante, avviata con il progetto dal titolo Circadian Bloom, ispirato all’orologio floreale che Carlo Linneo propose nel 1751 nella sua Philosophia Botanica. Osservando come ogni fiore si apra e chiuda in momenti precisi e ricorrenti, il naturalista svedese ipotizzò  di poter utilizzare i momenti delle fioriture per segnare le ore e i minuti di quello che sarebbe stato un “horologium florae”. Sulla scorta di questa idea, Anna Ridler nel 2021 ha utilizzato la tecnologia più avanzata per realizzare una sorta di sistema di misurazione del tempo scandito dalle fioriture, un sistema che fa incontrare e reagire meccanismi naturali e artificiali, aspettative umane e algoritmi, istanti e stagioni. 

(a.s.)

The Age/L’Età

The Age/L’Età è il titolo di una mostra dell’artista inglese Emma Talbot (Stourbridge, UK, 1969), vincitrice dell’ottava edizione del Max Mara Art Prize for Women, nato dalla collaborazione fra Whitechapel Gallery, Max Mara e la Collezione Maramotti di Reggio Emilia.
Proprio alla Collezione Maramotti l’artista  presenta  un’opera complessa, realizzata con varie tecniche e materiali (dal disegno su seta all’animazione), frutto di ricerche sui temi intrecciati dell’invecchiamento, della crisi climatica, con uno sguardo al concetto di “permacultura” e alla sopravvivenza del  sostrato mitico e artigianale delle culture antiche nel presente.
Il  titolo  – come si legge nel comunicato stampa – “assume come punto di partenza il dipinto Le tre età della donna (1905) di Gustav Klimt”, studiato da Emma Talbot durante la sua residenza in Italia e di cui l’artista reinterpreta la figura della vecchia. 
Uno dei nuclei dell’esposizione è un’animazione in dodici capitoli, durante i quali la protagonista affronta una serie di prove simili alle dodici fatiche di Ercole. “Invece di superare le prove attraverso la distruzione, il furto, l’inganno e l’omicidio (come fece Ercole), la protagonista adotta soluzioni pratiche, produttive e incentrate sulla cura ispirate ai dodici principi della permacultura, un metodo che permette di convivere in modo etico e sostenibile con la terra”. 
Un’altra tappa della mostra è costituita da due grandi pannelli di seta dipinti con paesaggi in rovina e terreni vulcanici, frutto della riflessione svolta dall’artista in Sicilia, in un soggiorno che l’ha portata a contatto sia con le rovine classiche sia con la Casa di Paglia Felcerossa, azienda agricola sull’Etna in cui si sperimenta la costruzione di un ambiente sostenibile.
Ai tanti fili di questa ricerca creativa si aggiunge la competenza sul riciclo di materiali tessili e l’utilizzo di tessuti particolari per l’elemento culmine della mostra The Age/L’Età: una figura tridimensionale di donna anziana a grandezza naturale, per le cui rughe “sono stati utilizzati materiali ideati dall’artista in collaborazione con Imax, la divisione maglieria di Max Mara”.

A questo link le informazioni nel sito della Collezione Maramotti.

 

 

Per Anna Martinatti il tempo è

Fra i tanti completamenti della frase “Il tempo è” (tiranno, denaro, galantuomo, relativo ecc.), Anna Martinatti ne ha scelti alcuni collegati al tema del valore e li ha presi a oggetto di un’azione artistica trasformativa. 
Le frasi fatte sul tempo che ripetiamo nei discorsi quotidiani, spesso senza più pensare agli strati di significato che contengono, sono state scritte in grande su una parete: in corsivo l’incipit col soggetto e il verbo (“il tempo è”) e in maiuscolo il predicato nominale. Questa seconda parte Anna Martinatti l’ha poi modificata secondo le regole dell’anagramma, ottenendo nuovi completamenti, che cambiano profondamente il significato iniziale e quindi – come lei spiega  – possono stravolgere “potenzialmente anche la nostra interazione con il tempo”, nella fattispecie nel suo legame con i temi del valore di scambio. Per esempio “Il tempo è denaro – il tempo è donare”: qui basta lo spostamento di due vocali per ribaltare il detto che collega tradizionalmente la dimensione temporale a quella economica, aprendo alla gratuità e al regalo. 
Studentessa allo IUAV di Venezia, Martinatti ha allestito la sua azione nell’ambito della Summer School of Contemporary Art Counterproduction, organizzata annualmente a Palermo da Stefania Galegati, Davide Ricco e Daria Filardo. Si tratta di una scuola autoprodotta e innovativa che – sulla scia del così detto pedagogical turn –  intreccia pratiche artistiche, curatoriali, e formative. In questo contesto, Anna Martinatti ha scelto dunque di concentrarsi sulle parole e le metafore con cui  affrontiamo il tempo nel quotidiano, ottenendo ribaltamenti ironici, come questo: “Il tempo è risorsa limitata – il tempo è risata, moralisti!” e aperture esoteriche, come nel bellissimo:
“Il tempo è merce pregiata – il tempo è rete magica per…”, che lascia a chi legge la possibilità di completare a sua volta il pensiero.

Ph. courtesy Anna Martinatti, Giacomo Isidori
(a.s.)

Calendaria 2022

A gennaio troviamo ricordate la prima donna medico del mondo antico, la greca Agnodice, poi la dottoressa olandese Jacobs, pioniera della contraccezione, un’altra olandese, d’Eaubonne, considerata la fondatrice dell’ecofemminismo, l’attivista politica lussemburghese Thomas-Clement, e la storica e sociologa croata Sklevicky.
A febbraio la scrittrice e traduttrice bulgara Gabe, l’insegnante irlandese Herlihy, attiva nella nascita delle cooperative di credito, la politica spagnola Montseny, prima donna ministra della Sanità e della Previdenza sociale nel 1936, la fisiologa nutrizionista svedese Kronberg, a cui si deve l’invenzione del latte in polvere, e l’esperta di alimentazione Ochorowicz-Monatowa, nata in Polonia nella metà dell’Ottocento.
E così via, ogni mese del 2022 ricorda un nucleo di donne che “hanno dato una nuova idea del sapere femminile: concreto, realistico, ma profondamente intriso di umanità”, per un totale di 62 ritratti: biografie essenziali  in tre lingue, accompagnate da disegni realizzati da illustratrici di diversa provenienza. 
Stiamo parlando di Calendaria 2022, un calendario sui generis – è il caso di dirlo – curato da Toponomastica femminile, l’associazione che lavora da un decennio sui temi della parità, a partire da un dato statistico ben visibile: le strade, le piazze, i giardini, insomma gli spazi pubblici, intitolati a donne, sono nettamente di meno di quelli dedicati a uomini. Da qui l’impegno del gruppo di ricerca perché la presenza di nomi femminili nelle targhe stradali aumenti, compensando il gap attuale e arricchendo i percorsi quotidiani delle persone di presenze importanti, che hanno contribuito a migliorare le società in cui hanno vissuto e operato, rimanendo spesso in secondo piano.
Sul sito di Toponomastica femminile si trovano informazioni sulle attività dell’associazione, le iniziative educative, le collaborazioni con istituzioni e media, la documentazione su ricerche e progetti in corso, tutti collegati a questo obiettivo.
La creazione di un calendario rientra nelle imprese che contribuiscono a creare una nuova sensibilità: dopo Calendaria 2021, realizzato nel pieno della pandemia, l’edizione del 2022 prosegue nella diffusione di conoscenze su donne europee che si sono distinte – come si legge nella presentazione – “nei diversi campi correlati ai 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030”.
La Nobel polacca Wisława Szymborska – in Voltando pagina – ricorda che il destino del calendario è effimero e il suo carattere umile, ma la sua diffusione è capillare e quotidiana e la varietà di testi che contiene lo imparenta a una piccola grande narrazione collettiva. Trovare dentro la sua griglia di caselle con i giorni dell’anno le storie e i volti di scrittrici, sindacaliste, cuoche, scienziate ecc. consente di collocare queste donne nel tempo, in attesa di incontrarle nello spazio cittadino.

Il progetto editoriale è di  Donatella Caione, Maria Pia Ercolini, Livia Fabiani che firma anche  il progetto grafico.
(a.s.)

 

Nelle tappe del tempo, con Franco Rella (il 27 ottobre 2021)

In copertina c’è la riproduzione di una scatola di Joseph Cornell, della serie Aviary (voliera), in cui la sagoma di un pappagallo ci guarda da una incastellatura di quadranti d’orologio (marca Elgin), fra molle, spirali e un carillon rotto. È l’ingresso visivo, quanto mai pertinente, al libro del filosofo Franco Rella, L’arte e il tempo (Jaca Book 2020), da poco ristampato in seconda edizione, e che è presentato mercoledì 27 ottobre 2021 alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. 
Come un segnatempo, anche il libro di Rella rende omaggio alla scansione delle ore e dei mesi e raccoglie – nella prima parte – dodici saggi che attraversano il pensiero, la scrittura, la visione del Novecento, con affacci sul XIX secolo di Baudelaire, su Van Gogh (Volti e paesaggi), incursioni in Dürer (Specchi e clessidre), in Leonardo (Freud e Leonardo). 
Già pubblicati in diverse sedi e occasioni, questi dodici testi sono considerati dall’autore “capitoli di un libro sostanzialmente unitario, che disegna un lungo arco temporale fatto anche di rinvii, riprese, scoperte e riscoperte. Li vedo come una storia che si è dipanata in diverse tappe. Alcune cose sono ripetute, forse è meglio dire ribadite. Non ho cercato di cancellare questi segni che indicano anche nel tempo la costanza di temi, di concetti, di immagini che costituiscono di fatto il mio sguardo”. Qualunque sia infatti il focus o l’occasione del testo – presentazione, conferenza, saggio – la prosa dell’autore si dipana come un diario intellettuale, ritmato da paragrafi contigui, in cui chi legge ritrova – per motivi sempre leggermente diversi e sempre profondamente  affini – gli interlocutori e le interlocutrici del suo pensiero e del suo sguardo, Benjamin, Rilke, Adorno, Weil, Mann, fra molti (e qui un invito all’editore: proprio perché il libro costruisce una rete di relazioni, l’indice dei nomi sarebbe prezioso).

Nella seconda parte del volume, dal titolo Micrologie, Rella propone dieci “microsaggi”, definiti “elaborazioni, senza note o riferimenti”, che si affiancano ai dodici testi della prima parte, proponendosi come “una sequenza di domande che vengono poste al pensiero”. 
Chiude il libro un album di 41 immagini, riproduzioni di opere incontrate o alluse nei testi che le precedono e che entrano in tensione con essi, sempre attraverso la porta – e il gioco di specchi –  del tempo. Volendo, si può cominciare la consultazione del libro proprio da questa sequenza, che si apre con l’Inverno di Benedetto Antelami (una stagione) e si chiude con la Lupa di Kentridge dal fregio Triumphs and Laments sul muraglione del Tevere: un’opera del 2016, ottenuta togliendo la patina dal travertino, e che sta ormai svanendo, ricoperta da nuova patina. Un’opera che si introduce consapevolmente nell’azione entropica del tempo, facendone la sua sostanza. E da questa immagine che chiude il libro, si può cominciarne, o ricominciarne, la lettura. 

Presentazione del libro di Franco Rella L’arte e il tempo (Jaca Book)
con Cristiana Collu, Maurizio Gargano, Michele Trionfera
Mercoledì 27 ottobre 2021, alle 17:30
Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Roma, viale delle Belle Arti, 131

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Pablo Rubio, “un presente continuo”

Solo a leggere i titoli delle opere e dei progetti di Pablo Rubio (Córdoba, 1974), il tempo e la memoria emergono come i punti cardinali della sua ricerca: Llanuras para cinco vértices, Diarios de navegación, La mañana de un blanco lunes e così via. Ai titoli corrisponde spesso un racconto, sprigionato da un’esperienza, da un palinsesto di letture e di incontri, da una riflessione sulla perdita e sulla trasformazione continua di persone e di ambienti. 
Chi ha avuto l’occasione di conoscere l’artista spagnolo al lavoro, ha avuto un’idea del suo metodo: un contenuto, a volte doloroso, trova la sua forma percepibile attraverso la scelta di carte, tracce scritte, fotografie, oggetti, materie allestite con sapienza (e bellezza) nello spazio che le ospita, anche per breve tempo. 
La pietas di Pablo Rubio nei confronti delle memorie diventa tangibile e provoca in chi guarda, o percorre le sue opere, una gamma di reazioni, che vanno dal piano della sensibilità a quello dell’intuizione scientifica, là dove si sente che l’artista sta cercando di rappresentare l’impossibile,  il tempo. 
Il progetto più recente di Rubio si intitola Autobiografía para un presente continuo ed è visibile fino a dicembre 2021 a Córdoba, presso il Vestibulo dell’Hospital Universitario Reina Sofía.
Il progetto si lega allo stato di paura, solitudine e dolore che la pandemia ha instillato, e – coerentemente con la ricerca dell’artista – vuole dare vita a “un tempo che è passato troppo in fretta”, che “si disintegra all’istante”, con il rischio che tutto diventi “un ricordo remoto”.
Come si legge con chiarezza nella presentazione, si tratta di un progetto espositivo “per ringraziare i professionisti dell’Ospedale Universitario Reina Sofía per la loro dedizione e il loro impegno durante la pandemia di COVID-19, sia per la loro grande capacità di adattarsi a una situazione sconosciuta sia per la loro dedizione e il loro sforzo, che li ha resi un esempio di progresso e umanizzazione”.
In bilico fra solitudine e fragilità individuale e forza collettiva, l’Autobiografía para un presente continuo prende come fulcro un luogo, l’ospedale, inteso “come un gigantesco nido dove risiedono resistenze, sforzi e vittorie, e naturalmente la gratitudine nel senso più ampio della parola”.

Qui il sito di Pablo Rubio 

(a.s.)